martedì 6 settembre 2011
ALOIS NEBEL, UN DIVO IN PLATEA E UN ARTISTA IN GALLERIA
Nel contesto dei grandi cambiamenti portati dalla Rivoluzione di Velluto di Vaclav Havel e dal crollo della Cortina di Ferro, le vite del protagonista (misantropo capostazione ferroviario di una piccola cittadina cecoslovacca), di un misterioso esule muto braccato e ritornato in patria per compiere la sua vendetta, di un’inserviente di mezz’età della Stazione Centrale di Praga, di due maneggioni (padre e figlio) senza alcuna remora morale, si intrecciano e vengono sconvolte nell’atmosfera opprimente della regione dei Sudeti, abitata da una popolazione di lingua germanica che nel 1939 aveva accolto con entusiasmo l’invasione delle truppe naziste, ma che dopo il 1945 è stata oggetto di una vera e propria persecuzione.
La neve, che cancella i passi del fuggitivo, non riesce invece a cancellare il martoriato passato di questa terra e dei suoi uomini, né la pioggia lava via il sangue e i brutti ricordi.
Girato con attori in carne e ossa, la pellicola è stata poi ridisegnata da Jaromir 99 in modo tale da ricalcare in forma filmica la graphic novel da lui stesso ideata, che ha avuto un certo successo in patria, in Germania e in Polonia.
Ed è questo poliedrico artista (ha firmato anche la colonna sonora del film) il vero autore di Alois Nebel, colui che ne ha dato l’anima.
Il risultato è un’opera sicuramente suggestiva dal punto di vista visivo, seppur appesantita dall’atmosfera plumbea che permea tutta la storia e penalizzata dalla proiezione fuori concorso (e per di più in un orario da nottambuli). Peccato, avrebbe meritato più visibilità.
Nota di costume. Indovinate chi era seduto in platea due file davanti a noi alla prima mondiale in Sala Grande (presenti il direttore della Mostra Marco Mueller e gli autori della pellicola) tra gli spettatori comuni?
Nientemeno che James Franco! Che, a titolo di cronaca, nel bel mezzo della proiezione si è fatto un bel pisolino (o forse stava assaporando ogni parola dei dialoghi a occhi chiusi).
Anche i divi patiscono i bagordi?
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