(Dall'alto: Jim Jarmusch con la Palma d'Oro; la regista Kawthar ibn Haniyya mentre mostra la foto della piccola Hind Rajab; Werner Herzog premiato alla carriera dal collega Francis Ford Coppola)
Alla fine, il Leone d'Oro della 82a Mostra del Cinema di Venezia è andato a Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch (qui trovate l'elenco completo dei vincitori).
L'autore di Daunbailò, Mystery Train e The Limits of Control ha realizzato una dramedy in 3 atti girata tra New Jersey, Dublino e Parigi, che ha conquistato la Giuria capitanata dal collega Alexander Payne (quello di The Descendants, Golden Globe nel 2012).
Un cineasta americano indie che premia un cineasta americano indie... non sembra proprio essere una coincidenza, considerando che anche il Leone d'Argento per la miglior regia è stato assegnato ad un cineasta americano indie (Benny Sadfie per The Smashing Machine).
A farne sostanzialmente le spese è stata la pellicola favorita alla vigilia: Ṣawt al-Hind Rajab (letteralmente: "la voce di Hind Rajab") della regista tunisina Kawthar ibn Haniyya, che documenta l'omicidio di una bambina palestinese di 5 anni da parte dell'esercito israeliano nei primi mesi dell'invasione della Striscia di Gaza.
Un'opera forte, che si avvale della registrazione originale della bimba quando - intrappolata in auto con la cugina - chiamò gli operatori della Croce Rossa, che non poterono però far nulla per impedire l'uccisione della piccola e della sua intera famiglia (papà, mamma e tre fratelli).
Al film è andato il Gran Premio della Giuria: un po' poco.
Possono invece ritenersi soddisfatti i padroni di casa: l'Italia ha ottenuto ben 2 riconoscimenti, la Coppa Volpi al solito Toni Servillo (con La Grazia, del solito Paolo Sorrentino) e il Premio speciale della Giuria per Sotto le Nuvole di Gianfranco Rosi (documentarista che aveva già vinto il Leone d'Oro nel 2013, come ricorderete).
Tornano in patria con le pive nel sacco tanto Jay Kelly (con l'inedito duetto tra George Clooney e Adam Sandler) quanto Il Mago del Cremlino di Olivier Assayas (con un sulfureo Jude Law in versione Vladimir Putin), ma soprattutto due pellicole che avevano raccolto i favori della critica.
Guillermo del Toro col suo Frankenstein e l'acclamatissima Kathryn Bigelow con l'apocalittico A House of Dynamite sono i grandi delusi della kermesse, ma chissà che non si prendano una rivincita ai prossimi Oscar.
In definitiva, questa edizione della Mostra verrà ricordata per le scelte non esattamente felici della Giuria e per le polemiche da esse scaturite, con i contestatori che ora accusano Payne e compagnia - tra i giurati anche l'italiana Maura Delpero - di non aver avuto il fegato di condannare Israele.
Qualcuno dirà che non vanno messe insieme arte e politica; d'accordo, ma arte e coraggio sì.
E quest'ultimo davvero non si è visto.
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