domenica 2 aprile 2017

OSCAR 2017. ANIMALI NOTTURNI, QUANDO IL THRILLER È GRIFFATO TOM FORD

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2016
116'
Regia: Tom Ford
Interpreti: Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Armie Hammer, Isla Fisher, Laura Linney, Andrea Riseborough, Michael Sheen, Jena Malone


Susan (Adams) sembra avere tutto - bellezza, soldi, amicizie altolocate, un lavoro cool (fa la gallerista di arte contemporanea), un uomo affascinante al suo fianco (Hammer) - ma sotto la patina di una vita dorata è profondamente infelice e sta vivendo un periodo di crisi esistenziale e coniugale.

Un giorno riceve il manoscritto di un romanzo scritto dal suo ex marito Edward (Gyllenhaal), uno squattrinato aspirante scrittore romantico e idealista da lei drammaticamente lasciato anni prima.

Il libro è un thriller che segue le vicende di Tony, alter ego dell'autore, con moglie (Fisher) e figlia aggredito brutalmente di notte in una strada in mezzo al deserto da una banda di balordi capeggiata dal selvaggio Ray (Taylor-Johnson).
Nella sua ricerca di giustizia verrà aiutato dal detective Andes (Shannon), poliziotto meticoloso che non ha nulla da perdere.

Susan si lascerà coinvolgere dalla trama, proiettando nei personaggi e nella storia se stessa, il precedente coniuge, quella vita che avrebbero potuto avere insieme.

E ripenserà alle scelte passate.






Stilista, già direttore creativo delle maison Gucci e Yves Saint Laurent, costumista per gli ultimi film di James Bond: se c'è una persona che si intende di stile e moda, questa è Tom Ford.

Cinematograficamente parlando lo aveva già dimostrato con il suo film d'esordio da regista, A Single Man, nel quale Colin Firth (premiato con la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia del 2009 proprio per questa pellicola e poi tornato al Lido nel 2011) era un professore omosessuale sconvolto dalla morte del compagno: impeccabile la messa in scena, come l'elegantissimo protagonista.

C'era molta curiosità a Venezia 2016 per la presentazione della sua opera seconda, Animali Notturni (Nocturnal Animals), tratto dal romanzo Tony & Susan dello scrittore Austin Wright.

L'attesa è stata ben riposta, tanto è vero che molti sono stati fin dall'inizio gli applausi e gli apprezzamenti - a cominciare dal Leone d'Argento-Gran Premio della Giuria vinto da Ford - che ne hanno fatto uno dei titoli più rappresentativi di un' edizione comunque memorabile assieme a La La Land di Damien Chazelle (qualche mese dopo divenuto il più giovane vincitore di sempre dell' Oscar per la regia), La Battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson, Arrival di Denis Villeneuve e Jackie di Pablo Larraín.

Già da subito sono stati lodati le capacità direttoriali, l'attenzione ai dettagli (ad arricchire le scene, oltre ai bei vestiti, ci sono anche opere d'arte vere di Julian Schnabel, Andy Warhol, Jeff Koons e Damien Hirst) e la sceneggiatura dello stilista, la fotografia di Seamus McGarney, le suggestive partiture musicali di Abel Korzeniowski e soprattutto le interpretazioni di un cast di altissimo livello, che solo per i ruoli di secondo piano può contare su gente del calibro di Laura Linney ( L'Uomo dell'Anno, Sully), Andrea Riseborough ( Birdman), Armie Hammer, Isla Fisher, Jena Malone, Michael Sheen (nessuna parentela con Martin e Charlie).

La vicenda si dipana come due storie apparentemente parallele l'una con l'altra, diversissime nello stile e nell'ambientazione eppure non così dissimili: da una parte, l'ambiente elegante, asettico, freddo e sterile nel quale vive Susan; dall'altra, il deserto (quello del Texas occidentale, anche se in realtà è quello del Mojave), non meno arido e desolato, nel quale si consuma la tragedia di Jack.

Si trovano così a convivere glamour patinato e brutalità, volgarità (non spaventatevi dalla prima scena, nella quale donne obese ballano nude in pieno stile flesh & trash), profumi costosi e puzza, amore puro e cinismo, pietà e vendetta, perdita e colpa.

Ford riesce a trovare un equilibrio soprattutto nella narrazione, coinvolgendo lo spettatore e rendendolo lettore e, nello stesso tempo, osservatore in un gioco di vertiginosi cambi di piano: la "realtà" (dove vive Susan) è finzione per noi del pubblico, ma non lo è nella pellicola, dove invece la "finzione" è quella descritta dal libro; finzione che però diventa reale nell'immedesimazione della protagonista, che trova nella parola scritta un catalizzatore di ricordi, non dissimile dai dolcetti (le madeleine) della Recherche di Proust.

Alla sua seconda regia il cineasta texano dimostra di avere padronanza del mezzo anche nell'affrontare e riadattare un romanzo e una storia non così facili da trasporre.

E poi sa scegliere bene gli attori.

Jake Gyllenhaal offre una delle sue prove più convincenti dai tempi di I Segreti di Brokeback Mountain.

Il britannico Aaron Taylor-Johnson ( Anna Karenina), per la sua parte da cattivo, ha vinto il Golden Globe come miglior attore non protagonista (complessivamente, tre nomine per i premi attribuiti dalla stampa estera: gli altri erano per la regia e la sceneggiatura).

Michael Shannon - che abbiamo precedentemente apprezzato per Bug del Maestro William Friedkin e Take Shelter di Jeff Nichols e visto in Batman v Superman - nel ruolo sotto le righe di un detective stanco e disilluso nei confronti della giustizia dimostra un'asciutta maestria.
Ancora una volta bravissimo: ha ben meritato la nomination agli Oscar - l'unica della pellicola! - come miglior attore non protagonista.

Ingiustamente snobbata invece Amy Adams: la sei volte candidata all'Oscar (l'ultima volta nel 2014 per American Hustle) nonché due volte vincitrice del Golden Globe (nel 2014 e 2015) offre una prova superlativa, ricca di sfumature (sebbene incarni una donna piuttosto algida) anche senza parlare molto: la sua espressività è resa al meglio attraverso primi piani che valgono più di mille parole (si veda la magistrale scena finale).

È lei a incarnare, attraverso il suo personaggio, la critica al mondo contemporaneo, un mondo che vive in modo artificiale avendo perso l'autenticità e la sincerità dei sentimenti, troppo spesso soffocati da modelli comportamentali che tendono a rendere sempre più utilitaristici i rapporti personali tanto più è alto il censo.

Essendo uno stilista affermato e un abituale frequentatore del jet set internazionale, possiamo immaginare che Tom Ford sappia di che cosa stia parlando.





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