domenica 8 luglio 2012

GLI INEDITI: RED STATE, IN CERCA DI KEVIN (SMITH)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2011
88'
Regia: Kevin Smith
Interpreti: Michael Parks, John Goodman, Kerry Bishé, Melissa Leo, Kevin Pollak, James Parks, Jennifer Schwalbach Smith.


"I f***ing love this movie!" (più o meno traducibile con "Questo film mi piace un sacco!") è stato il colorito commento a caldo di Quentin Tarantino, amico di Kevin Smith e come lui un tempo membro del club virtuale dei cosidetti "registi da supermarket", cinefili non professionisti che all'inizio degli anni 90 si lanciarono nell'industria cinematografica con entusiasmo e successo.
Il primo, come è noto, sfondò nel 1994 con Pulp Fiction, mentre nello stesso anno il secondo raccoglieva premi e consensi per una divertente e insolita commedia very low budget: Clerks.

Poi, però, le loro carriere hanno preso direzioni diverse: l'italo-americano è divenuto uno dei cineasti più celebri e celebrati del mondo, l'altro - con l'eccezione di Clerks II - non ha più saputo replicare il successo della sua prima pellicola.
In effetti, quello che sembrava uno dei registi più interessanti ed innovativi della sua generazione si è perso per strada dopo una serie di opere medie e mediocri.

Non fa eccezione, purtroppo, Red State, che vorrebbe essere una denuncia del fanatismo religioso nel Sud degli Stati Uniti e dell'uso disinvolto della violenza da parte delle forze dell'ordine dopo l'11 Settembre.
Ispirato alla strage di Waco del 1993 (decine di membri di una setta, asserragliatisi all'interno di un ranch armati fino ai denti, morirono in seguito ad un incendio dopo un lungo assedio da parte dell'FBI), racconta di tre ragazzi rapiti da un predicatore psicotico (Parks) e dalla sua famiglia, e di un agente speciale (Goodman) incaricato di indagare sulle attività illecite della comunità.

Parafrasando il titolo di un' altra sua pellicola - In Cerca di Amy - si potrebbe pensare che Smith, mutando radicalmente genere, abbia voluto andare in cerca del proprio ego auctoris perduto. Inutilmente.
Nonostante la buona parola dello zio Quentin, tutto sa di déjà vu in questo film: dall'atmosfera malsana, che vorrebbe richiamare quella degli horror di Tobe Hooper o di Eli Roth, alle soggettive con camera a spalla, che non riescono ad aggiungere dinamicità ad una messinscena alquanto blanda, passando per i pochi e non impressionanti inserti splatter.

Si salvano il sempreverde Goodman, impegnato in una performance misurata, e la graziosa Bishé di Scrubs: Med School che ci mette almeno la bella presenza, anche se la parte del leone tocca a Michael Parks.
L'attore californiano - noto per il ricorrente ruolo dello sceriffo Earl McGraw nelle pellicole di Tarantino, che lo idolatra ("E' il più grande attore vivente") - ruba la scena a tutti con un'interpretazione istrionica e sopra le righe, canta (benissimo) gospel e country, improvvisa, gigioneggia senza pudore e inietta nel suo scomodo personaggio una carica di morbosa simpatia.

A Kevin Smith auguriamo di ritrovare al più presto la vena eversiva e caustica delle sue opere migliori (non basta infarcire i dialoghi di parolacce e trivialità!).
Almeno ci ridia Jay e Silent Bob!

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