lunedì 5 febbraio 2018

OSCAR 2018. NOMINATION: DOCUMENTARI E CORTOMETRAGGI

Dall'alto: Kobe Bryant in versione cartone animato in Dear Basketball; una scena da Lou della Pixar; batraci in Garden Party; la strana coppia JR-Agnès Varda in Visage Villages.


5 campionati NBA, 2 ori olimpici, innumerevoli riconoscimenti individuali... E ora un Oscar?

Kobe Bryant è una delle grandi sorprese di questa edizione degli Academy Award, candidato per il miglior cortometraggio animato con un'opera ispirata alla toccante lettera che ha annunciato il ritiro dallo sport giocato del campione dei Los Angeles Lakers nel 2015.

Dear Basketball può contare sui disegni del grande illustratore Disney Glen Keane, sulle musiche di John Williams (ha bisogno di presentazioni uno che ha appena ricevuto la sua 51a nomination? Di lui riparleremo prossimamente, comunque), su un nutrito gruppo di tifosi ed estimatori di Bryant in tutto il mondo, sulla popolarità di una leggenda sportiva.

Basterà?
Non è detto: la candidatura ha fatto riemergere anche un controverso caso di violenza sessuale di alcuni anni fa che ha visto come imputato lo stesso giocatore e sono in molti a chiedersi come mai Hollywood sia stata tanto indulgente nel concedere questo onore ad un uomo che sì, è stato assolto, ma sul quale aleggiano ancora molti dubbi.

Tale polarizzazione potrebbe favorire gli avversari, primo fra tutti Lou, corto Pixar (che potete vedere qui sotto! E vi assicuriamo che merita) contro il bullismo.

Ma meglio non sottovalutare neppure gli altri: il francese Garden Party, con protagonisti rane e rospi, visivamente straordinario; Negative Space, che parla del rapporto tra un figlio e il padre spesso via per lavoro; Revolting Rhymes, tratto da ul libro di Roald Dahl, che "riscrive" le fiabe tradizionali di Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso (ehi, ci ricorda qualcosa)...






Non fosse per la presenza di Kobe Bryant, il riflettore su queste quattro categorie ancora troppo poco considerate noi lo avremmo puntato su Agnès Varda.

Per chi non la conoscesse, questa piccola e anziana signora è una delle registe più apprezzate della storia del cinema, rappresentante di spicco della Nouvelle Vague, autrice di pellicole innovative quali Cléo dalle 5 alle 7 e Senza Tetto nè Legge (Leone d'Oro a Venezia nel 1985), fresca vincitrice di un Oscar alla carriera.

E co-realizzatrice di uno dei più curiosi documentari degli ultimi tempi, Visages Villages - presentato al Festival di Cannes dell' anno scorso -, racconto di un viaggio alla scoperta di piccole grandi storie nella provincia francese fatto con il giovane street artist JR, autore di fotografie giganti.

Di ben altro tenore gli altri documentari in competizione.

Strong Island narra dell'uccisione di un giovane afroamericano e dell'ingiustizia e il dolore che la famiglia ha dovuto subire; Icarus ha come protagonista un ciclista dilettante che, volendo fare un reportage sul doping a livello amatoriale, si ritrova invece invischiato nel grande scandalo che ha coinvolto gli atleti olimpici russi; Abacus: Small Enough to Jail fa il verso a Too Big To Fail (film Tv sulla crisi dei subprime) e tratta di una piccola banca di Chinatown, l'unico istituto di credito statunitense ad aver subito un processo penale per la truffa sui mutui; Last Man in Aleppo parla dei Caschi Bianchi, il gruppo di volontari che cerca superstiti tra le macerie dei palazzi bombardati in Siria che era già stato al centro del corto documentario che aveva vinto nella categoria lo scorso anno - primo storico Academy Award ad una produzione originale Netflix.

A proposito della celebre piattaforma di streaming, occorre notare che essa presenta un candidato molto forte anche quest'anno tra i corti documentari - Heroin(e), storia di tre donne che cercano di contrastare il diffondersi dell'uso degli oppiacei nella loro comunità -, prova della grande attenzione che sta riservando a questo tipo di espressione filmica, attenzione che si manifesta in prodotti di qualità che riescono (anche grazie a budget non comuni per il genere) ad attirare l'attenzione degli spettatori.

Ci voleva!
Ma se i competitor non si adegueranno, il rischio che Netflix riesca in futuro a monopolizzare le categorie documentarie è molto forte.

Tra gli avversari delle eroine antidroga, il Premio Simpatia simbolicamente potrebbe andare ai due protagonisti di Edith+Eddie - afroamericana lei, bianco lui - che in barba a tutto e a tutti (soprattutto ai familiari) hanno deciso di sposarsi a 90 e passa anni, diventando i neosposini "misti" più anziani al mondo.

Heaven is a Traffic Jam on the 405 (che potete vedere per intero qui sotto) ci presenta invece la vita dell'artista Mindy Alper che, affetta da disturbi mentali e depressione, ha dovuto subire terapie di elettroshock e vivere un periodo di 10 anni senza poter parlare; Traffic Stop è un racconto di come un semplice controllo per un'infrazione stradale sia degenerato nel drammatico arresto di una giovane insegnante dalla pelle nera; Knife Skills segue infine le vicende di un gruppo di freschi ex carcerati che cercano di aprire un ristorante di lusso di cucina francese e di riscattarsi pertanto agli occhi della comunità.






Per quel che riguarda i corti di finzione, c'è una sola commedia, The Eleven o'Clock, nel quale uno psichiatra cerca di analizzare un paziente deluso, che a sua volta pensa di essere uno psichiatra e che quindi cercherà di analizzare il vero psichiatra pensando che sia un paziente.

Non preoccupatevi: le trame degli altri sono meno vertiginose.
DeKalb Elementary parla di una sparatoria in una scuola elementare; My Nephew Emmett, di un predicatore nero che cerca di impedire che due uomini portino via suo nipote adolescente, accusato di aver rivolto apprezzamenti ad una ragazza bianca; The Silent Child, di una bambina muta e dei suoi genitori, riluttanti ad essere coinvolti nella sua educazione; Watu Wote/All of Us (ispirato ad una storia vera), del sequestro di un bus da parte di un gruppo terroristico islamico e del rifiuto dei passeggeri musulmani di collaborare per identificare i cristiani presenti sul mezzo.

Detto questo, andiamo a conoscere i singoli candidati.

Perché, come vedrete, oltre a Kobe Bryant c'è di più.

MIGLIOR DOCUMENTARIO
Abacus: Small Enough to Jail, regia di Steve James
Icarus, regia di Bryan Fogel
Last Man in Aleppo, regia di Firas Fayyad
Strong Island, regia di Yance Ford
Visages Villages, regia di Agnès Varda e JR

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO
Edith+Eddie, regia di Laura Checkoway e Thomas Lee Wright
Heaven is a Traffic Jam on the 405, regia di Frank Stiefel
Heroin(e), regia di Elaine McMillion Sheldon e Kerrin Sheldon
Knife Skills, regia di Thomas Lennon
Traffic Stop, regia di Kate Davis e David Heilbroner

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
DeKalb Elementary, regia di Reed Van Dyk
The Eleven o'Clock, regia di Derin Seale e Josh Lawson
My Nephew Emmett, regia di Kevin Wilson, Jr.
The Silent Child, regia di Chris Overton e Rachel Shenton
Watu Wote/All of Us, regia di Katja Benrath e Tobias Rosen

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO D'ANIMAZIONE
Dear Basketball, regia di Glen Keane e Kobe Bryant
Garden Party, regia di Victor Caire e Gabriel Grapperon
Lou, regia di Dave Mullins e Dana Murray
Negative Space, regia di Max Portner e Ru Kuwahata
Revolting Rhymes, regia di Jakob Schuh e Jan Lachauer




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