domenica 17 settembre 2017

DUNKIRK, NOLAN VA ALLA GUERRA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Regno Unito, 2017
106'
Regia: Christopher Nolan
Interpreti: Fionn Whitehead, Kenneth Branagh, Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance, Tom Glynn-Carney, Aneurin Barnard, Barry Keoghan, Jack Lowden, James D'Arcy, Harry Styles.


1940.
Le armate della Germania nazista, aggirando la Linea Maginot, sono dilagate in Francia.
L'invasione, rapidissima e inarrestabile, sorprende centinaia di migliaia di soldati britannici che, sulle spiagge di Dunkerque (Dunkirk, in inglese), aspettano di essere salvati.

Ma essi sono accerchiati e continuamente bombardati.
Ogni piano di evacuazione sembra destinato all'insuccesso e la disfatta sembra inevitabile. Ma...






Ha scelto un episodio poco conosciuto della Seconda Guerra Mondiale Christopher Nolan per il suo primo film tratto da vicende veramente accadute.

Colui che è considerato uno dei registi più popolari e talentuosi del nuovo secolo - da Memento (2000) in poi non ha fato altro che accumulare successi su successi, dalla trilogia del Cavaliere Oscuro a Interstellar, passando per Insomnia, The Prestige, Inception - ha deciso di mettersi nuovamente in gioco e di cimentarsi in un genere (quello bellico) non ancora affrontato prima, sebbene il progetto di fare una pellicola sull'evacuazione di Dunkerque covasse in lui già da parecchi anni.

Attesa ripagata dall'attuale acclamazione di critica e pubblico che, nonostante l'uscita prematura (fine luglio negli USA, un mesetto dopo in Italia) rispetto alla cosiddetta stagione di preparazione ai Golden Globe e agli Oscar - che tradizionalmente inizia con la Mostra di Venezia ed ha il suo culmine a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno - potrebbe spingere Dunkirk verso traguardi importanti.

E sì, perché non ci troviamo di fronte ad un war movie come gli altri - e da Nolan non ci aspettavamo di certo un film pieno di cliché che svolgesse in modo diligente il compitino di narrare fatti storici - bensì ad un'opera che da una parte sovverte i tópoi del genere e dall'altra dà loro nuova linfa.

Innanzitutto non ci sono protagonisti, bensì singoli personaggi che emergono: piccole storie in una storia più grande che si compone sì di atti di valore e di senso del dovere, ma soprattutto di paura, angoscia, vigliaccheria, istinto di sopravvivenza, disperazione.

È la guerra vissuta non dai politici (che non compaiono e che tutt'al più sono citati nei discorsi) o dai generali ma dai soldati - ragazzi in balia degli eventi che gli orrori del conflitto li vivono in prima persona, un'intera generazione allo sbando mandata al macello e ritrovatasi a doversi battere con le unghie e con i denti per portare a casa la pelle - e da chi ha perso un proprio caro nelle ostilità.
È la guerra, ma quella raccontata dal basso.

Tre sono le ambientazioni.

La spiaggia di Dunkerque, dove i militari britannici, continuo bersaglio dei Tedeschi che li circondano, aspettano di essere evacuati.
L'azione si svolge nell'arco temporale di una settimana.

Il mare dinnanzi a Dunkerque, da dove si vede la costa inglese, così vicina e così disperatamente difficile da raggiungere, ma dalla quale partono le piccole imbarcazioni da diporto requisite dalla Royal Navy o condotte dai proprietari con il compito di aggirare il blocco navale imposto dagli occupanti.
L'azione si svolge nell'arco temporale di un giorno.

I cieli sopra Dunkerque, teatro di scontri aerei senza esclusione di colpi.
L'azione si svolge nell'arco temporale di un'ora.

Grazie al sapiente montaggio dell'australiano Lee Smith, queste differenze di durata - che sembrerebbero inconciliabili tra di loro - non ingolfano però la narrazione, ma anzi - pur risultando spiazzanti in certi momenti - sono amalgamate in modo tale da creare una certa continuità.

Tale continuità contribuisce, a sua volta, al crescendo di tensione, al senso di attesa nel quale veniamo trascinati pure noi spettatori, per merito anche di una colonna sonora (firmata Hans Zimmer!) quasi non percepita tanto è poco invasiva, ma che si fonde con le immagini in modo molto efficace.

Il coinvolgimento emotivo è reso anche dalla fotografia ad alta definizione (grazie alle pellicole IMAX 65mm e alle pellicole a grande formato 65 mm) di Hoyte Van Hoytema (lo stesso di La Talpa, Lei-Her, Interstellar, Spectre), che rende le immagini nitidissime.

L'accuratezza nella composizione delle inquadrature si vede anche dei dettagli - le navi e gli aerei utilizzati sono quelli del tempo - mentre il ricorso ad effetti speciali è limitato e comunque funzionale alla storia.

Non aspettatevi un film verboso, pieno di frasi e monologhi da citare e ri-citare: i dialoghi sono scarni - d'altra parte Nolan, all'inizio, aveva addirittura pensato di rinunciare alla sceneggiatura per focalizzarsi maggiormente sull'azione - e a parlare sono soprattutto i volti degli attori, quasi tutti ben scelti (non ce ne vogliano le fan degli One Direction, ma quel "quasi" è proprio per Harry Styles...) e ben impiegati.

Nel cast troviamo veterani inglesi del calibro di Kenneth Branagh, Mark Rylance, Tom Hardy - rispettivamente uno dei più famosi interpreti britannici sia al cinema che a teatro, candidato a 5 Academy Award e a 5 Golden Globe; il vincitore del Premio Oscar per il miglior attore non protagonista nel 2016 per Il Ponte delle Spie; il candidato battuto nella stessa categoria e nello stesso anno per The Revenant, però iconico protagonista di pellicole quali Bronson e Mad Max: Fury Road - oltre all'irlandese Cillian Murphy, uno dei pupilli del regista.

Quest'ultimo, però, ha il merito di aver dato loro il giusto spazio senza soffocare i ruoli dei giovani ed espressivi comprimari - l'esordiente sul grande schermo Fionn Whitehead (quello che paradossalmente ha il ruolo più incisivo di tutta la pellicola) e i poco più esperti Tom Glynn-Carney e Aneurin Barnard (solo per citarne due) - ai quali sono affidate parti tutt'altro che facili.

E i soldati tedeschi?
La novità - soprattutto per un film che parla della Seconda Guerra Mondiale - è che essi non compaiano praticamente mai: si avverte la loro ingombrante presenza, si subisce le loro azioni, ma essi sono come invisibili; sono come fantasmi, ma terribilmente concreti e pericolosi.

L'angoscia dei militari britannici è resa benissimo: come si fa a combattere, che speranza si ha di sopravvivere se si è in balia di un nemico che non si vede?

Insomma, è riduttivo (e fuorviante) definire Dunkirk un film di genere: va molto oltre per visione, innovazioni, ambizioni, budget ed eccellenza di regia e contributi tecnici.

Possiamo parlare di un kolossal - ma anche di un film d'autore - che riesce ad intrattenere pur non perdendo profondità, a far pensare e a suscitare discussioni: cosa che solo pochi autori sono in grado di fare.

Abbiamo l'impressione che Dunkirk sarà ricordato ancora a lungo.
Sempre che Nolan non riesca a superarsi nuovamente.




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