martedì 26 aprile 2022

THE NORTHMAN, C'È DEL MARCIO NEL VALHALLA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Cina, 2022
137'
Regia: Robert Eggers
Con: Alexander Skarsgård, Nicole Kidman, Anya Taylor-Joy, Ethan Hawke, Willem Dafoe, Björk.


Il giovane Amleth è un principe vichingo destinato a succedere al padre, il re Aurvandill (Hawke).
Ma questi viene ucciso dal fratellastro Fjölnir, che gli ruba il trono e la moglie Gudrun (Kidman) con un colpo di stato.

Il ragazzino è costretto alla fuga; crescendo, diventa uno spietato schiavo-guerriero (Skarsgård) e, una volta scoperto che il suo nemico si è trasferito con i sudditi e la nuova famiglia in Islanda, si infiltra alle sue dipendenze e prepara la propria vendetta...


Robert Eggers è un grande cineasta o semplicemente un autore velleitario e sopravvalutato?

Adattamento "vichingo" della più celebre tragedia di Shakespeare, The Northman mantiene quello che ci si potrebbe aspettare dal regista di The Lighthouse: oltre due ore di sfacciati sbudellamenti, inquadrature statiche riccamente composite, una colonna sonora martellante, ritmo lasco, la totale assenza di (auto)ironia.

Sadicamente prolisso (chi scrive si è ritrovato spesso a guardare l'orologio durante la proiezione) e inutilmente violento à la Nicolas Winding Refn, questo incrocio tra Walhalla Rising e Vikings sfiora costantemente il ridicolo involontario e in più di un'occasione vi ci sprofonda.

La sequenza più trash?
Probabilmente l'iniziazione del giovane principe, con annessa comparsata superflua di Willem Dafoe in versione Goblin druido.

Il resto del cast fa quel che può: Hawke compare troppo poco, la recentemente globizzata Kidman è sprecata, Skarsgård sembra possedere solo due espressioni (ricoperto di sangue e non).
Chi se la cava meglio è l'emergente Anya Taylor-Joy (La Regina degli Scacchi), per quanto in un ruolo di supporto.

Tutto da buttare, allora?
No, i contributi tecnici - costumi, scenografie e fotografia in particolare - sono di prim'ordine ed Eggers possiede un certo talento visionario che, benché non raggiunga mai il lirismo cui aspira, dimostra quantomeno una personale idea di cinema.

Per rispondere alla domanda di inizio recensione: questo giovane newyorkese barbuto ha i numeri per diventare un giorno un buon regista, ma deve imparare a limare i propri eccessi stilistici.
E, soprattutto, trovare qualcuno che gli scriva dialoghi migliori.


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