domenica 18 marzo 2018

OSCAR 2018. TRE MANIFESTI A EBBING MISSOURI, LA GUERRA DI MILDRED

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Regno Unito, 2017
115'
Regia: Martin McDonagh
Interpreti: Frances McDormand, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Caleb Landry Jones, John Hawkes, Lucas Hedges, Peter Dinklage, Abbie Cornish, Samara Weaving, Željko Ivanek.


Nel paesino (immaginario) di Ebbing nel Missouri, Mildred Hayes (McDormand) non riesce a darsi pace per la morte della figlia, barbaramente uccisa.

L'assassino non è stato ancora individuato e le indagini sono a un punto morto; così la donna affitta tre spazi pubblicitari e affigge altrettanti grossi cartelloni che puntano il dito contro la polizia locale, accusata di non aver fatto abbastanza per trovare il colpevole.

Ad essere chiamato in causa, in particolare, è lo sceriffo Willoughby (Harrelson), membro rispettato della comunità e padre e marito esemplare.

Costui ha già le sue grane, essendo malato di cancro in fase terminale ed essendo alle prese con le continue intemperanze del giovane agente Dixon (Rockwell), alcoolizzato, razzista e violento.

L'iniziativa della donna scatenerà una catena di eventi che cambieranno la vita di tutte le persone coinvolte.







Presentato in anteprima tra gli applausi a Venezia 2017 (dove ha vinto il premio per la sceneggiatura), Tre Manifesti a Ebbing, Missouri ha poi trionfato ai successivi Golden Globe (miglior film drammatico, migliore sceneggiatura, migliore attrice protagonista e miglior attore non protagonista), mentre agli Oscar si è dovuto "accontentare" delle statuette per la McDormand e Rockwell dopo aver raggranellato ben 7 nomination - film, sceneggiatura originale (di Martin McDonagh, clamorosamente escluso, invece, tra i registi), attrice protagonista (McDormand), attore non protagonista (Rockwell), attore non protagonista (Harrelson), montaggio e colonna sonora (di Carter Burwell).

Questa messe abbondante di premi non si è tramutata però in un successo travolgente di pubblico - ed è un vero peccato.

Già, anche perché solo lo script dovrebbe essere studiato nei corsi di sceneggiatura, ricco com'è di profondità, sfumature, colpi di scena, svolte improvvise di tono e di trama, personaggi interessanti e sfaccettati, dialoghi caustici, umorismo nero, pathos, pietas.

[Se volete leggerlo, cliccate qui.]

Il suo autore, Martin McDonagh, è un drammaturgo tra i più apprezzati del teatro mondiale - e non fatichiamo a capire perché - che ha saputo dire la sua anche dietro ad una macchina da presa.

Basti ricordare il suo cortometraggio Six Shooter (per il quale vinse un Oscar), ma anche i premiatissimi In Bruges (candidatura all'Oscar per la sceneggiatura originale nel 2009 e Golden Globe a Colin Farrell) e 7 Psicopatici (uscito nel 2012), black comedy con una vena sovversiva e nelle quali è bandito il politicamente corretto.

Anche in Tre Manifesti ci si diverte, ci si commuove, si riflette - e tutto ciò in un unico film, che pure ha una linearità e un equilibrio impeccabili.

E una storia che coinvolge, originale e ben congegnata, che porta ad un anticlimax finale che rappresenta la giusta conclusione per la vicenda.

Oltre a McDonagh, il merito della riuscita del film è da attribuire a contributi tecnici di grande livello e alle interpretazioni di un cast in stato di grazia.

Nelle parti di contorno funzionano molto bene John Hawkes (uno dei volti più noti del cinema indie USA, comparso anche nel Lincoln di Steven Spielberg), Peter Dinklage (uno dei protagonisti di Il Trono di Spade), Abbie Cornish (vista nel RoboCop del 2014), Željko Ivanek ( Argo e X-Men-Apocalisse) e i giovani Lucas Hedges (candidato all'Oscar come miglior attore non protagonista l' anno scorso), Caleb Landry Jones (è presente anche in Get Out) e Samara Weaving (spassosa!).

Ma è il terzetto di testa a fare la differenza - non per niente tutti e 3 gli interpreti principali sono stati candidati all'Oscar.

Woody Harrelson gigioneggia da par suo, ma riesce a dare al suo sceriffo Willoughby una dolente umanità.

Sam Rockwell, nella parte dell'agente Dixon, all'inizio è sopra le righe, volutamente esagerato; ma nel corso del film assistiamo ad una sorprendente evoluzione che porta infine ad un ribaltamento del suo personaggio.
Una prova attoriale straordinaria, che gli è valsa numerosi riconoscimenti, tra i quali una meritata statuetta nella Notte delle Stelle.

Statuetta sacrosanta anche per Frances McDormand, che ha fatto così il bis dopo la vittoria nel 1997 per Fargo, diretta dal marito Joel Coen (uno dei fratelli Coen).

Il suo personaggio è stato da più parti liquidato come una sorta di John Wayne al femminile, grezzo, turpiloquente e duro, assetato di vendetta e di giustizia.

Ma l'attrice di Chicago riesce a far trapelare le debolezze e la sensibilità di una donna che si è autocostretta ad essere forte per non sprofondare nella disperazione, di una donna che nonostante tutto non ha perso l'umanità, di una madre che si fa coriacea per non farsi sopraffare dai sensi di colpa.

I tre manifesti sono il suo urlo di rabbia e di dolore contro il mondo.

Ci sono dei film, magari non troppo noti né di grande successo commerciale, che riescono a colpirti e non ti escono più dalla testa.

Pochi anni fa ci era successo con Whiplash, che aveva rivelato il talento di Damien Chazelle - poi divenuto il più giovane vincitore dell'Oscar per la migliore regia nella storia di Hollywood grazie a La La Land.

Quest'anno è stata la volta di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.

Ne facessero, di film così...





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1 Commenti:

Blogger SamSimon ha detto...

Meritatissimo l'Oscar di Frances McDormand, ma per noi il film non va oltre l'OK...

https://vengonofuoridallefottutepareti.wordpress.com/2018/01/15/three-billboards-outside-ebbing-missouri-e-ok/

5 aprile 2018 alle ore 15:12  

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