martedì 12 dicembre 2023

I CLASSICI: SENTIERI SELVAGGI, IL WEST CHE PIACEVA A GODARD (E A TARANTINO)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1956
119'
Regia: John Ford
Interpreti: John Wayne, Vera Miles, Ward Bond, Jeffrey Hunter, Harry Carey Jr., Patrick Wayne, Natalie Wood.


Texas occidentale. 3 anni dopo la Guerra di Secessione, Ethan Edwards (Wayne) torna a casa pieno di monete d'oro e di risentimento nei confronti dei Pellerossa.

Quando i Comanche - dopo avergli trucidato la famiglia - rapiscono la sua nipote più giovane (Wood), l'uomo guida una spedizione per ritrovarla.
L'obiettivo è il salvataggio della ragazza o la sua uccisione in quanto ormai "contaminata" dal nemico?


L'amore che si prova per John Wayne nella scena in cui solleva Natalie Woods in "Sentieri Selvaggi" racchiude il mistero e il fascino del cinema americano.

Parole di Jean-Luc Godard, regista francese ed ex critico che più agli antipodi di Wayne - anche ideologicamente: marxistissimo il primo, ultraconservatore il secondo - non poteva essere.
Questo celebre giudizio da parte dell'auteur di Fino all'Ultimo Respiro rivela invece quanto l'arte possa mettere d'accordo persone anche molto diverse.

Non usiamo questo sostantivo a caso: Sentieri Selvaggi è davvero un'opera d'arte, una della vette - se non proprio la vetta, ma su questo punto torneremo in fondo - della folta filmografia di John Ford, il maestro indiscusso del western "classico" hollywoodiano.

Il regista di Ombre Rosse torna a girare nella propria location preferita - la stupenda Monument Valley - un dramma epico ed elegiaco, una lettera d'amore al mito della Frontiera, un'epopea familiare ricca di sfumature e di interrogativi (etici e non).

Perché il protagonista odia tanto gli Indiani? Dove è stato e che cosa ha fatto dopo la fine della guerra? In che modo ha guadagnato tutto quell'oro? Ha avuto una relazione con la cognata? E, nel caso, la ragazza rapita è sua nipote o sua figlia?
Domande cui Ford e i suoi collaboratori non danno risposte, se non in alcuni casi in maniera molto implicita (anche per non avere noie con la severa censura dell'epoca).

Ma probabilmente al grande cineasta con la benda sull'occhio le risposte importano fino a un certo punto.
Il suo interesse è - sì - realizzare una parabola morale, ma visivamente romantica e strutturalmente ineccepibile.

Obiettivo raggiunto, grazie anche ad un cast solido e ben diretto: il regista riesce a tirare fuori dal suo attore-feticcio Wayne - divo indiscusso ma attore monocorde - una delle migliori interpretazioni della propria carriera.

Numerose le sequenze memorabili, ma quella finale col protagonista che esce e si allontana, lasciando aperta la porta dalla quale vediamo il deserto stagliarsi sullo sfondo, è entrata di diritto nella Storia del Cinema ( Quentin Tarantino, per dire, l'ha copiata almeno due volte: in Kill Bill vol.2 e in Bastardi Senza Gloria).

Se Ombre Rosse è il film per cui Ford e Wayne verranno (vengono) ricordati, e L'Uomo che Uccise Liberty Valance si può considerare la loro ultima grande collaborazione, Sentieri Selvaggi è l'opera facilmente più rappresentativa del loro "periodo d'oro".

Il loro capolavoro? Il miglior western di tutti i tempi?
Giudicate voi.


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