venerdì 7 marzo 2014

OSCAR 2014. MO' BASTA CON 'STO "POLITICAMENTE CORRETTO"!

Dall'alto: Brad Pitt festeggia con un divertito Will Smith la vittoria di 12 Anni Schiavo; Paolo Sorrentino fa il timido coi fotografi reggendo la statuetta per il miglior film straniero, vinta con La Grande Bellezza; Leonardo DiCaprio si congratula sportivamente con Matthew McConaughey, che gli ha soffiato l'Oscar come miglior attore. 


Domanda provocatoria: e se la rassegna dei Golden Globe - i premi cinematografici stabiliti ogni anno dalla stampa estera e spesso considerati come una semplice anteprima degli Oscar - fosse più importante e significativa di quella degli Academy Award?

Per la seconda volta consecutiva abbiamo la sensazione che i primi vengano assegnati secondo meriti genuinamente artistici, mentre i secondi siano almeno in parte legati a mere logiche politiche/economiche.
Insomma, anche quest'anno le statuette sembrano essere state distribuite un po' a casaccio, nel maldestro tentativo di accontentare tutti.
Ma chi ha vinto davvero? Chi ha perso?

Tra i trionfi c'è sicuramente quello de La Grande Bellezza, premiato come miglior film straniero: uno splendido risultato per Paolo Sorrentino e i suoi collaboratori, non certo per il cinema italiano in sé, che nel complesso continua a galleggiare su un livello di imbarazzante mediocrità.
Opere come quella interpretata da Toni Servillo sono un'eccezione nel panorama nostrano, non certo la regola. Speriamo che questa vittoria sia un incentivo per i nostri cineasti ad osare di più e ad essere meno provinciali e autoreferenziali.

Brad Pitt si è invece preso una bella soddisfazione aggiudicandosi il suo primo Oscar.
Era già successo lo scorso anno a Ben Affleck e George Clooney con Argo che un divo di Hollywood vincesse come produttore, ma questa volta è toccato al marito di Angelina Jolie portarsi a casa la statuetta per il miglior film, conquistato da 12 Anni Schiavo-12 Years a Slave (un colpo di coda dell'era Obama?).

Come miglior regista, al cineasta inglese black Steve McQueen l'Academy ha preferito il messicano Alfonso Cuarón.
Niente male per l'autore di Gravity, partito come outsider e man mano divenuto sempre più competitivo: il blockbuster fantascientifico ha collezionato in tutto 7 riconoscimenti (tra cui quello per la fotografia del grande Emmanuel Lubezki, già magistrale nei malickiani The Tree of Life e To The Wonder), diventando di fatto il vincitore morale di questa edizione.
Ma essendosi aggiudicato più premi di tutte le pellicole in concorso – compresa 12 Anni Schiavo, fermatasi a 3 – allora perché non assegnargli anche quello per il miglior film? Mah...

In ambito recitativo, è stata la volta di Cate Blanchett e Matthew McConaughey.
Lei – al secondo Oscar – conferma in Blue Jasmine la straordinaria abilità di Woody Allen nella direzione degli attori (ma spiace per Amy Adams, sua principale contendente: quinta candidatura andata a vuoto in 8 anni!).
Lui corona invece la propria seconda giovinezza artistica: folgorato dal maestro William Friedkin sulla via di Killer Joe, l'ex bellone texano da allora ha abbandonato i ruoli romantici per intraprendere una carriera "impegnata" con cui ha rivelato le proprie doti di star non monocorde, fino alla fragorosa vittoria come attore protagonista.

Tornano a casa col sorriso anche la squadra di Frozen, miglior film d'animazione e miglior canzone (meritatamente: è la più riuscita pellicola Disney da qualche anno a questa parte), e il cineasta indie Spike Jonze, premiato per la sceneggiatura di Lei-Her (prossimamente l’anteprima esclusiva di CINEMA A BOMBA!).

Gli sconfitti? In primo luogo American Hustle, fino all'ultimo dato tra i favoriti: zero statuette su 10 nomination!
Un verdetto forse troppo duro per la commedia interpretata tra gli altri dalla lanciatissima Jennifer Lawrence, che si è vista portar via anche l'Oscar per la miglior attrice non protagonista, pur presentandosi alla vigilia come frontrunner.
Senza nulla togliere all'esordiente Lupita Nyong'o, messicana naturalizzata kenyota (il suo nome deriva da un'abbreviazione di Nuestra Señora de Guadalupe, appellativo con cui viene venerata Maria in seguito ad un'apparizione in Messico nel 1531), questa ci pare una mossa dettata unicamente dal politically correct, similmente a quanto accadde 2 anni fa quando Octavia Spencer (who?) venne inspiegabilmente favorita a scapito della straordinaria Jessica Chastain.

Non dimentichiamo il sempre ottimo Michael Fassbender, che come non protagonista ha dovuto cedere la statuetta al "cantattore" Jared Leto, idolo delle ragazzine tramutatosi in transgender per Dallas Buyers Club.
E che dire di Leonardo DiCaprio, per l'ennesima volta snobbato dall'Academy nonostante lo sforzo profuso in The Wolf of Wall Street? Beh, non si rassegni: il suo mentore Martin Scorsese arrivò all'Oscar solo al 7° tentativo...

Spazio a qualche delusione anche nelle categorie minori: al coraggioso ed innovativo documentario The Act of Killing è stato preferito il più scontato 20 Feet from Stardom, mentre come miglior corto animato è emerso a sorpresa Mr. Hublot, di produzione franco-lussemburghese, anziché lo strafavorito Tutti in Scena, proiettato prima di Frozen nei cinema.

Insomma, come avrete capito, questa è stata un'edizione che non ci ha convinti fino in fondo. Ma per rifarci potrebbe essere sufficiente aspettare un altro anno, no?
Una sola cosa è certa: CINEMA A BOMBA! ci sarà. Come sempre.

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