martedì 6 ottobre 2015

AMERICANA. OMBRE ROSSE, IL MONUMENTO DI JOHN FORD ALLA MONUMENT VALLEY

Le caratteristiche guglie rocciose della Monument Valley.
(Clicca sull'immagine per vedere il trailer). 

USA, 1939
96'
Regia: John Ford
Interpreti: John Wayne, Claire Trevor, Andy Devine, John Carradine, Thomas Mitchell, Louise Platt, George Bancroft


La Monument Valley...
Semplicemente uno dei luoghi più familiari per i cinefili: quante volte abbiamo visto sullo schermo il suo paesaggio arido e desertico e le sue imponenti e solitarie creste rocciose?

La Monument Valley, un set ideale per qualsiasi film di genere western, tanto da diventarne un vero e proprio tòpos.

Fede - dopo San Francisco, lo Yosemite National Park, il Sequoia National Park, Las Vegas e il Bryce Canyon - vi si recherà per ammirarne le bellezze naturali, ma non ci meraviglieremmo se il suo pensiero andasse anche a Ombre Rosse.

Ebbene sì: il film western per antonomasia, il capolavoro di John Ford - uno dei più grandi registi di tutti i tempi; vincitore di ben 6 premi Oscar, tra i quali 4 per la miglior regia - che lanciò nell'empireo hollywoodiano la stella di John Wayne (prima di allora, un caratterista semi-sconosciuto), è in buona parte ambientato nel pianoro tra Utah e Arizona.

In particolare, è la location del celeberrimo assalto alla diligenza da parte degli agguerriti guerrieri Apache guidati dal capo Geronimo: una scena tra le più eccitanti della storia del cinema, ricca di ritmo (le riprese vennero effettuate su macchine lanciate ad alta velocità per stare al passo dei cavalli), di invenzioni registiche (le riprese dal basso sono impressionanti; ma lo sono anche quelle girate dal posto del vetturino), di azione (una su tutte: John Wayne che salta sul tiro di cavalli lanciati in una folle corsa).
Conclusa con uno scatenato coup de théâtre all'arrivano-i-nostri.

Limitare Ombre Rosse a questa sequenza è però troppo riduttivo: al di là della composizione delle inquadrature, il regista si dimostra abile anche come narratore.

La vicenda - che narra il viaggio di un gruppo eterogeneo di persone nello spazio angusto e claustrofobico di una diligenza (lo Stagecoach che dà il titolo - in originale - alla pellicola) attraverso ampi territori controllati da bellicosi Indiani in guerra - non è infatti raccontata distinguendo in modo netto i buoni dai cattivi, le persone rispettabili dai poco di buono.

L'evaso in cerca di vendetta (Wayne), la prostituta ostracizzata dal proprio villaggio (Trevor), il baro gentiluomo (John Carradine, padre degli attori David - tra i protagonisti di Kill Bill di Quentin Tarantino - , Robert - comparso in Django Unchained dello stesso cineasta italo-americano -, Keith e Bruce) e il medico ubriacone (Mitchell, che per questo ruolo ebbe l'Oscar come miglior attore non protagonista) sono certamente personaggi più positivi dello sceriffo, della ragazza di buona famiglia, del banchiere, del rappresentante di liquori.

Eppure tutte queste persone, pur molto diverse tra loro per condizione sociale e morale, riescono nelle necessità ad allearsi contro le difficoltà - siano esse il far nascere il figlio della gentildonna, il difendersi dall'attacco degli Apache (che comunque, pur essendo dipinti come "cattivi", sono comunque fieri e coraggiosi), l'affrontare una pericolosa banda di criminali.

È ciò che auspica anche questo film, uscito nel 1939 - l'anno dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale; l'attacco a Pearl Harbour e l'ingresso tra i Paesi belligeranti degli USA sono del Dicembre 1941 -: lasciamo da parte ciò che ci divide e facciamo fronte comune contro ciò che ci minaccia.

Ogni riferimento all'odierna situazione politica ed economica internazionale non è puramente casuale...

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