OSCAR 2018. TONYA, L'ANGELO (CADUTO) SUL GHIACCIO
(Clicca sulla locandina per vedere il trailer).
USA, 2017
121'
Regia: Craig Gillespie
Interpreti: Margot Robbie, Allison Janney, Sebastian Stan, Julianne Nicholson, Bobby Cannavale, Caitlin Carver, Paul Walter Hauser.
Correva l'anno 1994.
Ai campionati nazionali statunitensi di pattinaggio su ghiacchio (validi per le qualificazioni alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer, in Norvegia) la concorrente Nancy Kerrigan viene colpita con un manganello ala gamba da uno sconosciuto.
Questo, individuato ed arrestato poco tempo dopo, si scopre essere stato ingaggiato da un tal Jeff Gillooly, ex marito di una delle avversarie della vittima, la campionessa Tonya Harding.
La vicenda diventerà un caso mediatico, che raggiungerà il suo apice proprio ai Giochi olimpici, quando le due rivali si ritroveranno in competizione - una, ripresasi dall'aggressione; l'altra, riconosciuta responsabile dell'agguato ma ammessa dalla Federazione americana dopo la minaccia di una causa legale miliardaria.
Sotto i flash, la prima vincerà un'amara medaglia d'argento; la seconda non reggerà la pressione e farà una prova disastrosa.
Successivamente sarà bandita a vita.
A rispolverare questo fattaccio di cronaca nera sportiva ci ha pensato l'australiano Craig Gillespie, regista pubblicitario e (con minore fortuna, prima di questo lavoro) cinematografico, che si è avvalso di una sceneggiatura (ottima) di Steven Rogers.
A differenza di quanto si potrebbe pensare, la trama del film non è incentrata tanto sulla rivalità Harding-Kerrigan, quanto piuttosto sulla vita tormentata e travagliata della prima.
Lo dimostra il fatto che il personaggio della Kerrigan - affidato a Caitlin Carver - compare poco, mentre ad interpretare la Harding è stata chiamata la ben più nota Margot Robbie.
La bionda protagonista di The Wolf of Wall Street e Suicide Squad, oltre a metterci un corpo statuario - pur sempre necessario per rappresentare una pattinatrice di livello olimpico - dimostra capacità recitative notevoli, a dimostrazione che oramai a Hollywood non basta solo la presenza fisica per accreditarsi come attrice credibile.
E riesce a rendere il suo personaggio molto più sfaccettato di quanto i media l'abbiano allora dipinto - cioè, come l'angelo caduto dell'American Dream, la cattiva che l'America (e il mondo) aveva bisogno di odiare.
Nata in una famiglia povera e disagiata, perennemente umiliata da una madre anaffettiva e picchiata da un marito manesco, la Harding della Robbie ne esce come una vittima di un mondo violento in cui gli affetti non trovano spazio, un mondo popolato di individui gretti, perdenti, sballati.
Grinta e talento a nulla serviranno e le sue fragilità e insicurezze erutteranno in modo drammatico, fino a lasciarla sola contro tutti, anche per colpa di un caratteraccio che ha semplificato il compito dei media, che hanno avuto vita facile a descriverla come la cattiva di turno.
Nominata a Golden Globe e Oscar per la migliore interpretazione femminile, la Robbie non è riuscita a vincere, come invece è successo a Allison Janney.
Nella parte della madre della Harding, il volto noto soprattutto in Tv (per la telenovela Sentieri e per la serie West Wing) ruba la scena a tutti con una prova sopra le righe, esagerata, che concorre a caratterizzare questa dark comedy: senza il suo personaggio, la storia non avrebbe avuto la stessa forza, e senza la sua bravura e il suo carisma il film non sarebbe stato così riuscito.
Per "cattiveria" e incisività, la LaVona Harding della Janney ci ricorda un altro villain del cinema indie, il Terence Fletcher di Whiplash incarnato da J.K. Simmons, anch'egli premiato con Golden Globe e Oscar da non protagonista nel 2015.
Speriamo di rivedere l'attrice di Dayton (Ohio) più spesso sul grande schermo, com'è successo al collega dopo gli allori conquistati: se lo meriterebbe.
Nella parte del marito di Tonya troviamo Sebastian Stan.
La presenza dell'attore rumeno è un po' spiazzante - siamo abituati a vederlo in ben altri panni, quelli di Bucky, amico di Capitan America - ma tutto sommato rende bene la dualità del ruolo, sospeso tra ingenuità e odiosa violenza domestica.
Fanno colore invece i personaggi estremi interpretati da Paul Walter Hauser e Bobby Cannavale, nelle vesti rispettivamente della "mente" e dell'esecutore del crimine.
Insomma, in questa commedia nera - ma comunque meno nera della cronaca alla quale è ispirata - la grottesca vicenda dell'atleta diventa emblematica del lato oscuro del Sogno Americano, infranto in questo caso da errori e scelte sbagliate.
E la pellicola, nella sua denuncia, risulta affilata almeno quanto la lingua e i pattini di Tonya Harding.
Etichette: Captain America: Il Primo Vendicatore, Craig Gillespie, Golden Globe 2018, J.K. Simmons, Janney, Margot Robbie, Oscar 2018, Sebastian Stan, Suicide Squad, The Wolf of Wall Street, Tonya, Whiplash
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