martedì 8 maggio 2018

CANNES 2018. CROISETTE, ANGOLO VIALE DEL TRAMONTO

La locandina del 71° Festival di Cannes. 


Inseguito dai creditori, un giovane soggettista si rifugia in una villa sul Sunset Boulevard a Los Angeles.

In questa sorta di casa-museo già sfarzosa e ora decadente, abita Norma Desmond, ex celebre diva del cinema muto che vive dei ricordi dei bei tempi che furono - ravvivati dal fedele maggiordomo, che segretamente e giornalmente le scrive lettere di ammirazione facendole passare per posta di fan adoranti.

La matura signora frequenta solamente una ristretta cerchia di ex colleghi, altezzosamente disprezza i film moderni e vagheggia un ritorno in grande stile sulle scene.
Ma i tempi sono cambiati.

Più che il bacio di Jean-Paul Belmondo e Anna Karina tratto da Il Bandito delle 11 (Pierrot Le Fou) di Jean-Luc Godard che campeggia nella bellissima locandina della settantunesima edizione (qui il programma), è la protagonista del capolavoro di Billy Wilder Viale del Tramonto (1950) che ci viene in mente quando ormai pensiamo al Festival di Cannes.






Il caso Netflix ne è l'esempio lampante.
La piattaforma di streaming - la quale, sebbene controversa, è pur sempre una delle realtà produttive televisive e cinematografiche più importanti degli ultimi anni - è stata esclusa dalla competizione dopo le polemiche dell' anno scorso seguite al rifiuto di passare anche al cinema i contenuti presentati al Festival (in base ad una norma creata ad hoc e imposta a pochi giorni dall'inizio della rassegna).

Le motivazioni dell'esclusione sanno tanto di dispetto e di snobismo nei confronti del cinema "basso", popolare.

E non basta l'aver messo in cartellone l'atteso Solo: A Star Wars Story, secondo film delle storie antologiche di Guerre Stellari dopo Rogue One: l'impressione resta e, anzi, ciò sembra una pezza per nascondere un programma pensato soprattutto per cinefili radical chic, a scapito dello "spettatore medio".

Se poi persino sul red carpet della Croisette è severamente vietato farsi selfie...
Ma dai!

Stia attenta Cannes: isolarsi in una torre eburnea e non accorgersi del mondo che sta cambiando velocemente sotto di sé potrebbe costarle caro.

E la Mostra di Venezia, già da qualche anno, la sta surclassando in prestigio ed interesse - basti pensare che al Lido recentemente sono passati gli apprezzatissimi e premiatissimi La La Land, Animali Notturni, La Battaglia di Hacksaw Ridge, The Shape of Water, Tre Manifesti a Ebbing Missouri, The Devil and Father Amorth...

Il delegato generale del Festival Thierry Frémaux ha provato in verità qualche colpo ad effetto, ma a parte il già citato capitolo di Star Wars, niente da attesa spasmodica.






Certo, c'è curiosità di vedere The Man Who Killed Don Quixote, film maledetto tratto dal capolavoro di Miguel de Cervantes dalle interminabili traversie produttive e sul quale Terry Gilliam sta lavorando da decenni.
Ma una controversia giudiziaria potrebbe far saltare la proiezione, prevista per l'ultimo giorno - che figuraccia sarebbe per la kermesse!

Fa effetto pure la presenza di Lars von Trier, che presenterà il suo nuovo The House That Jack Built con Matt Dillon (nella parte di un assassino seriale) e Uma Thurman: dopo le deliranti dichiarazioni filo-naziste del 2011 Frémaux & C. avevano bandito il cineasta danese.
Ora è di nuovo in Riviera: perdono, opera imprescindibile? Oppure opportunismo (nel cast ci sono pur sempre due divi di richiamo), tentativo di creare scandalo e discussioni?

Interessanti i documentari, su Whitney Houston, Papa Francesco (firmato Wim Wenders!), Jane Fonda, Orson Welles, Ingmar Bergman (ben due, uno della brava Margarethe von Trotta), Alice Guy-Blanché (la molto talentuosa prima regista della storia del cinema).

Sulla Croisette ci sarà anche uno degli attori del momento, Michael B. Jordan, che dopo l'exploit nel fortunato Black Panther (faceva il cattivo) presenterà Fahrenheit 451, versione per la Tv del celebre romanzo di Ray Bradbury (già portato sul grande schermo nel 1966 da François Truffaut).

Ma queste opere, che sono quelle che saltano di più all'occhio, non sono in concorso.

Chi troviamo, allora, in competizione?






Innanzitutto Todos lo saben, thiller diretto da Asghar Farhadi (regista iraniano che ha vinto già due Oscar, nel 2012 e nel 2017) che può contare su due attori ad alto tasso di glamour - la coppia (anche nella vita reale) Penélope Cruz e Javier Bardem - e su Ricardo Darín (bravissimo interprete di Il Segreto dei Suoi Occhi, ricordate?).
Aprirà la kermesse, e sulla carta è un'ottima scelta.

BlacKkKlansman di Spike Lee è la storia (tratta da una vicenda reale) di un poliziotto afroamericano che si è infiltrato nel Ku Klux Klan (mandando alle riunioni un collega bianco).
La trama è potenzialmente esplosiva e il regista è sempre fonte di polemiche: speriamo che questo lungometraggio sia al livello dei suoi migliori lavori.

Altre polemiche potrebbero venire dalla presenza dell'iraniano Jafar Panahi e del russo Kirill Serebrennikov, etichettati come dissidenti in patria ed entrambi agli arresti.
Eventuali riconoscimenti avrebbero una forte valenza politica - ma il secondo presenta un film molto rock ambientato nella Leningrado dei primi anni Ottanta che potrebbe suscitare comunque curiosità.

Le rassegne cinematografiche di livello internazionale tendono spesso a mettere un po' in disparte le registe, ma quest'anno Cannes ne prevede tre in concorso: la francese Eva Husson, la libanese Nadine Labaki e l'italiana Alice Rohrwacher.

Quest'ultima, già Grand Prix Speciale della Giuria nel 2014 con Le Meraviglie, guida la delegazione nostrana, che comprende anche Matteo Garrone che, dopo lo sgradevole Il Racconto dei Racconti ( 2015), torna con un'opera ispirata ad un efferatissimo fatto di cronaca nera (quello del cosiddetto "canaro della Magliana") che ha atmosfere livide che ricordano quelle del suo film forse più riuscito, L'Imbalsamatore.
Nelle altre sezioni si trovano Valeria Golino, Marco Bellocchio (con un corto) e i meno noti Stefano Savona e Gianni Zanasi (con due lavori decisamente accattivanti).

I più cinefili esulteranno per la presenza di Nuri Bilge Ceylan, Jia Zhangke, Pawel Pawlikowski, pluripremiati ma pressoché sconosciuti ai non addetti ai lavori.

I Francesi saranno soddisfatti per l'ennesima selezione autoreferenziale: solo a Cannes le pellicole d'Oltralpe trovano molto spazio e generalmente solo a Cannes esse vengono premiate - è la regola non scritta: al Festival almeno un riconoscimento deve andare ad un film francese.
Senza contare le co-produzioni, esse sono quattro, alle quali bisogna aggiungere quella di Jean-Luc Godard (ancora lui?! Ebbasta!), che però è iscritta come svizzera.

Tutto qui?
Purtroppo sì: c'è ben poco di esaltante nell'edizione di quest'anno.

Solo gli intellettuali francesi e qualche critico che se la tira possono far finta di niente e non vedere che il Festival di Cannes si sta auto-condannando all'irrilevanza: ormai ha imboccato il viale del tramonto.

Qualcuno dica ai conducenti che stanno sbagliando strada!




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