giovedì 13 settembre 2018

I CLASSICI: MOTHER!, MADRE(!) CORAGGIO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
121'
Regia: Darren Aronofsky
Interpreti: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson, Brian Gleeson, Kristen Wiig.


Lui (Bardem) è un famoso scrittore in crisi di ispirazione.

Lei (Lawrence) è la sua giovane moglie devota, impegnata tutto il giorno a sistemare la loro casa, bella ma isolata da tutto e da tutti.

Un giorno bussano alla loro porta uno sconosciuto (Harris) e sua moglie (Pfeiffer): la loro invadenza ben presto sconvolgerà la quiete e il tran-tran domestico della coppia.

Fino a conseguenze drammatiche.






L'annuncio delle pellicole in cartellone per la 74a Mostra del Cinema di Venezia aveva suscitato grande interesse e entusiasmo.

L'apertura era stata affidata a Downsizing di Alexander Payne, uno degli autori più apprezzati a Hollywood, ma gli occhi erano puntati soprattutto su Suburbicon di George Clooney, Human Flow di Ai Weiwei, La Forma dell'Acqua-The Shape of Water di Guillermo del Toro, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh.

E su Mother! (Madre!) di Darren Aronofsky, forse il titolo più atteso di tutti.

Se i primi tre film citati avevano ricevuto un'accoglienza tiepidina, lo stesso non si può dire dei successivi due.

Quello diretto dal regista messicano era stato subito acclamato, aveva vinto clamorosamente (e molto meritatamente) il Leone d'Oro, primo di una serie impressionante di allori culminati con la conquista di un Golden Globe e di 4 Oscar (film, regia, colonna sonora, scenografia).

Quello dell'autore irlandese, forte di un cast in stato di grazia, a Venezia aveva conquistato critica, pubblico e il riconoscimento per la sceneggiatura, aveva sbancato i premi assegnati dalla stampa estera ed era uscita dalla cerimonia degli Academy Award con le statuette per la migliore attrice protagonista e il migliore attore non protagonista (rispettivamente, gli straordinari Frances McDormand e Sam Rockwell).

E Mother! ?
L'opera numero 7 del cineasta già trionfatore a Venezia nel 2008 con The Wrestler con Mickey Rourke, già osannato per Black Swan con Natalie Portman (film di apertura della Mostra nel 2010), già presidente della giuria a Venezia 2011 (ehi, lo abbiamo visto sfilare sul red carpet!), beh, quella è stata la pellicola più discussa e divisiva dell'intera manifestazione.

Vigendo il più stretto riserbo intorno alla pellicola, gli spettatori della prima proiezione si sono trovati catapultati in una fantasmagoria vivida, ma nello stesso tempo angosciosa e claustrofobica, che in un crescendo iperbolico, crudo, violento, giunge infine ad una conclusione straniante e disturbante.

Le stroncature sono piovute già da subito abbondanti e si sono soffermate soprattutto sulla trama, definita senza senso, e sull'eccessivo intellettualismo di Aronofsky, accusato di aver fatto un film marcatamente sperimentale e troppo solipsista, troppo ermetico.

In modo non troppo convinto, c'è chi ci ha letto una rilettura personale della Bibbia, chi una metafora del processo creativo, chi una critica all'esasperazione del divismo.

Di fronte alle numerose critiche e per difendere la sua creazione, il regista ha commesso quello che per noi è stato un errore: ha spiegato cosa intendeva trasmettere, cosa voleva veicolare - per la cronaca, secondo il suo autore, l'intera vicenda è un'allegoria del rapporto tra Uomo e Madre Terra - togliendo così al pubblico il piacere di interpretare un'opera così complessa.

E in fondo così affascinante.

Non è bastata la presenza di una delle attrici più pagate, richieste e amate del mondo, il Premio Oscar Jennifer Lawrence, per risollevare le sorti (soprattutto al botteghino) di un film decisamente troppo poco convenzionale.

Tuttavia le veementi proteste - alle quali i media hanno dato molto spazio, spesso senza entrare nel merito prettamente artistico - hanno messo in ombra le non poche qualità della pellicola.

Per esempio, riguardo alla stessa Lawrence, non si può non riconoscere che, ripresa per la maggior parte del tempo da vicino, la diva di X-Men e Hunger Games ha affrontato con personalità una prova recitativa complicata e difficile - per lei, comunque, anche la lavorazione del film è stata particolarmente travagliata, dato che durante una scena si è perfino dislocata una costola - e la sua interpretazione risulta veramente intensa.

Molto efficaci anche Bardem, Harris, Domhnall Gleeson, Wiig, ma particolarmente incisiva è la "panterona" Michelle Pfeiffer, ancora affascinante e magnetica come ai tempi di Batman-Il Ritorno.

Nonostante manchi del tutto una colonna sonora - il compianto Jóhann Jóhannsson ne aveva composta una, che però poi non è stata utilizzata - eccellente è stato il lavoro degli addetti al sonoro e al montaggio sonoro, che di fatto hanno fatto "parlare" la casa - a proposito, complimenti anche agli scenografi (che la casa l'hanno fatta invece "vivere") e al direttore della fotografia Matthew Libatique.

Per quel che riguarda la regia, non si può non apprezzare l'abilità tecnica e soprattutto il tentativo coraggioso di Aronofsky di liberarsi dei cliché, di provare nuove forme narrative lontane dal mainstream, dai prodotti seriali fabbrica-soldi (in fondo tutti uguali) di Hollywood.

Di fatto, egli ha utilizzato un budget medio-alto, attori di un certo richiamo, il proprio prestigio e li ha messi a servizio di un progetto molto personale, di un film d'autore non troppo dissimile da tanti altri prodotti "da festival", ma distante anni luce da gusti e canoni americani.

Magari altri autori affermati decidessero di mettersi in gioco e di osare così: il cinema ha bisogno ormai di trovare nuovi linguaggi e nuove storie, se non vuole soccombere a serie Tv e in streaming qualitativamente sempre migliori e originali.

Peccato, Darren: questa volta ti è andata male.
Ma hai fatto bene almeno a provarci.




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