domenica 7 aprile 2019

OSCAR 2019. BLACKKKLANSMAN, COME TI INFILTRO UN NERO TRA I BIANCHI RAZZISTI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2018
135'
Regia: Spike Lee
Con: John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Laura Harrier, Jasper Pääkkönen, Paul Walter Hauser, Harry Belafonte, Alec Baldwin.


Colorado Springs, primi anni 70.
Ron Stallworth (Washington) diventa il primo poliziotto afroamericano della contea.

Dopo aver fatto esperienza dei pregiudizi e del razzismo di alcuni suoi colleghi, viene riassegnato al dipartimento di intelligence.

Qui nota un annuncio di reclutamento del Ku Klux Klan, nota organizzazione suprematista e xenofoba, e ha un'intuizione geniale: perché non infiltrarsi all'interno e raccogliere prove a carico dei suoi membri?

Certo, per un nero sarebbe impossibile: ecco allora venirgli in aiuto il collega bianco Flip Zimmerman (Driver).
Ron si limita a prendere contatti telefonici, mentre Flip si presenta agli incontri di persona, fingendosi Ron...






Un poliziotto afromericano infiltrato nel KKK?!?
Suona come lo spunto per uno sketch di Dave Chappelle, e invece si tratta di una storia vera.

Dopo averla scoperta, Spike Lee l'ha fatta sua, aggiungendo al copione elementi di commedia e riferimenti espliciti all'attualità (ossia all'era Trump).

Un'operazione che ha dato frutto, tant'è che il regista ha conquistato il primo Oscar della propria carriera, per la miglior sceneggiatura.
Lo stesso ambito - guarda un po' - in cui era uscito vincente il suo eterno amico/nemico Quentin Tarantino (prima con Pulp Fiction, poi con Django Unchained).

Spike è solo il secondo afroamericano nella storia del cinema a essere stato premiato nella categoria.
Prima di lui solo Jordan Peele, lo scorso anno con l'ottimo Scappa-Get Out (qui il cineasta-comedian figura come co-produttore).






Dimenticate le polemiche e le provocazioni seriose di tante sue pellicole precedenti (e non solo quelle: pure la sua esagerata protesta agli Academy Awards, nel momento in cui la statuetta più ambita è finita a Green Book).
Lee questa volta ha trovato il tono e il ritmo giusti, come conferma - tra le altre cose - il Gran Premio della Giuria all'ultimo Festival di Cannes.

Di più: BlacKkKlansman è il miglior film della sua carriera.

Pur con qualche libertà artistica e cronologica (la vicenda è ambientata nel 1972, a ridosso delle presidenziali vinte da Nixon, ma nella realtà avvenne nel 1979), la pellicola restituisce fedelmente lo spirito dei tempi e le caratteristiche delle persone che di quella storia furono protagoniste.

Ciò avviene anche in virtù di un cast scelto e guidato con intelligenza.
E se da un lato J.D. Washington - figlio d'arte: suo padre si chiama Denzel... - è una rivelazione, Adam Driver (alias Kylo Ren di Star Wars) è una gradita conferma.

Nelle retrovie, segnaliamo la comparsata satirica di Alec Baldwin nel prologo (deve portare fortuna, perché un altro suo cammeo era presente in
A Star is Born, anch'esso oscarizzato) e quella magnetica di Harry Belafonte, celeberrimo musicista calypso con l'hobby della recitazione.

Il ruolo più difficile è però toccato a Topher Grace, che ricorderete come il primo Venom apparso sul grande schermo (in Spider-Man 3).
Il suo David Duke - figuro cinico e spregevole, eppure dotato di un ottimo eloquio e di un certo charme - non si dimentica facilmente.
Ancor più se messo in confronto con il vero Duke, che appare in recenti immagini di repertorio.

Qui sta il geniale colpo di coda di Spike: concludere il film con video amatoriali e riprese tratte dai telegiornali, che testimoniano una verità inquietante.
L'America non è cambiata, è ancora (di nuovo?) come ieri.

Non vale solo per l'Oltreoceano.
Vale anche per noi.




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