domenica 6 gennaio 2013

I CLASSICI: PULP FICTION, LA RIVOLUZIONE TARANTINO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1994
154'
Regia: Quentin Tarantino
Interpreti: John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Bruce Willis, Ving Rhames, Harvey Keitel, Tim Roth, Eric Stoltz, Rosanna Arquette, Angela Jones, Christopher Walken, Quentin Tarantino.


Due killer nerovestiti - uno eroinomane e imbranato (Travolta), l'altro colto da un'epifania religiosa (Jackson) - alle prese con una giornata di "lavoro"; un pugile (Willis) fugge da un incontro truccato e se la vede col boss che ha tradito (Rhames); la moglie del boss (Thurman) va in overdose e viene portata a casa di uno spacciatore (Stoltz) per essere rianimata; un "risolutore di problemi" (Keitel) deve far sparire un'auto imbrattata di sangue; un balordo (Roth) e la sua compagna decidono di rapinare una tavola calda.

Il 1994 è l'anno in cui l'universo cinematografico, quantomeno quello moderno, cambiò: uscì Pulp Fiction, opus n.2 di un giovane ed entusiasta regista semi-dilettante, e a Hollywood nulla fu più lo stesso.
Dopo aver vinto una clamorosa Palma d'Oro al Festival di Cannes e un meritato Oscar per la miglior sceneggiatura originale, la rivista Esquire arrivò a definirlo - non senza esagerazione - "Il miglior film della storia del cinema".

Ma che cosa aveva fatto di così innovativo questo longilineo trentenne del Tennessee, ex commesso di un videonoleggio?
Apparentemente non molto: la cronologia destrutturata, i bruschi cambi di tono e di genere, persino le vicende e i personaggi descritti non sono nuovi, è possibile ritrovarli in diversi film noir e nelle vecchie riviste pulp cui Quentin chiaramente - e dichiaratamente - si ispira.

Le cose che risultano davvero all'avanguardia sono sostanzialmente due: lo stile visivo insistentemente cool, ricco di particolari e citazioni provenienti dalla cultura pop (aspetto che gli imitatori ripeteranno alla nausea, con scarsissimi risultati), e l'uso innovativo del piano sequenza, che viene destituito del proprio "ruolo" - quello di evidenziare una scena particolarmente nobile o importante - e piegato alle esigenze (o alla volontà) dei personaggi (e dell'autore).

Tarantino si diverte quindi a giocare con la messinscena come un burattinaio, rompendo il legame, fino ad allora molto stretto, tra "segno" e "senso" cinematografico, e dimostrando che un film di genere può benissimo essere anche un film d'autore (e viceversa, ma questo solo nella fase più recente della sua carriera).

Il significato di Pulp Fiction come emblema del postmodernismo è tutto qui.
Se il cinema moderno è stato in grado di rinnovarsi dal proprio interno, rivelando una nuova linfa cui attingere, lo dobbiamo anche e soprattutto a questo stralunato regista di origine italiana.
Lunga vita a San Quentin!

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