mercoledì 15 gennaio 2014

LA GRANDE BELLEZZA, LA ROMA BELLA E STRACAFONAL DI SORRENTINO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

Italia/Francia, 2013
142'
Regia: Paolo Sorrentino
Interpreti: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Isabella Ferrari, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Serena Grandi, Pasquale Petrolo (Lillo), Roberto Herlitzka, Fanny Ardant, Antonello Venditti.


Quest'anno, finalmente, l'Italia ha buone possibilità di tornare nel gotha del cinema internazionale.
La Grande Bellezza, ultima ambiziosa opera firmata Paolo Sorrentino, è la speranza tricolore all'ormai prossima notte degli Oscar, forte degli osanna tributatigli l'anno scorso al Festival di Cannes, del successo di pubblico e critica che sta ottenendo negli States e soprattutto dal recentissimo Golden Globe conquistato come miglior film straniero.

La pellicola ruota intorno a Jep Gambardella (Servillo), un tempo promessa della letteratura italiana grazie ad un unico romanzo di grande successo, ora intervistatore a tempo perso e "re dei mondani" a tempo pieno.
Tra un festino e l'altro il nostro ha diversi incontri più o meno surreali, ma la notizia della morte della mai dimenticata fidanzata di gioventù lo scuote dal torpore e lo spinge a dare una svolta alla propria vita.

La cosa che più balza all'occhio è che, una volta tanto, in questo film complesso e apparentemente privo di una trama lineare l'Italia non è rappresentata come una nazione che si piange addosso e fa sfoggio unicamente delle proprie magagne.
Questa eterna autoindulgenza è il reato principale della cinematografia nostrana degli ultimi decenni, peccato gravissimo per un'industria capace in passato di innovare come pochi il linguaggio filmico: basti pensare alla narrazione universale del Neorealismo, ma pure alle pellicole di genere degli anni 60-70 (Tarantino aveva ragione, e la cosa brucia ancora a certi miopi campanilisti).

Ciò non toglie che il talentuoso regista napoletano sia spesso impietoso nella descrizione del mondo intellectual-chic - o meglio, "intellettualoid-chic" - della Capitale, tanto snob quanto volgare, fatuo, vuoto.
Spassose in questi termini almeno due sequenze: quella dell' intervista del protagonista all'emula di Marina Abramović e quella della metodica demolizione della matrona altoborghese fintamente impegnata.

Tuttavia, ciò che rende più profondo il suo sguardo è la proibita fascinazione - in fondo, comprensione - verso questo mondo "altro", fatto di "trenini che non vanno da nessuna parte" e di feste rutilanti piene di musica, luci, colori sulle terrazze di attici dalla vista spettacolare (il Colosseo compare spesso, sullo sfondo), dove si mischiano starlette, donne avvenenti e disponibili, imprenditori, poeti silenziosi, cardinali gastronomi, nobili decaduti, scrittori da quattro soldi, parvenu...

Forse perché, per riuscire a catturare qualche sprazzo di sincerità e bellezza, bisogna prima immergersi in questo inferno di miseria spirituale e poi liberarsene; come fa il protagonista, prima nauseato dallo squallore e dall'ipocrisia di una classe sociale oziosa e velleitaria, e infine proiettato verso una dimensione più autentica della propria esistenza.

Già, la bellezza: grazie alla fotografia dell'ottimo Luca Bigazzi, era da tempo che Roma non veniva rappresentata così piena di charme, poesia, arte, mistero: i suoi scorci sono uno spettacolo nello spettacolo e riescono a far dimenticare la versione maldestra e anacronistica che Woody Allen aveva cercato di immortalare lo scorso anno con l'irrisolto To Rome with Love.

Un paio di note sugli attori: la prima riguarda il massiccio utilizzo di professionisti di estrazione teatrale, tra i quali il sempre bravissimo Servillo, oramai il più importante interprete del nostro Paese; la seconda il fatto - piuttosto curioso - che Carlo Verdone e Sabrina Ferilli, alfieri della romanità, interpretano personaggi che si chiamano rispettivamente Romano e Ramona (anagramma di "romana"). Una coincidenza?

Abbiamo sorvolato volutamente sul parallelismo tra La Grande Bellezza e l'immortale capolavoro felliniano La Dolce Vita: troppo diversi gli stili registici, troppo lontane le epoche in cui sono stati girati, troppo fuorviante il dibattito in cui si è infognata buona parte della critica per poter confrontare le due opere.
Ora è il momento di concentrarsi sull'Oscar, una statuetta che manca all'Italia da un quindicennio.
Forza, Paolo. Se non ci riesci tu, chi può?

Etichette: , , , , , , , , , , , ,

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page