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Regno Unito/Australia/Nuova Zelanda/Canada, 2021
126'
Regia: Jane Campion
Interpreti: Benedict Cumberbatch, Kodi Smit-McPhee, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Frances Conroy, Thomasin McKenzie, Keith Carradine.
Phil (Cumberbatch) e George (Plemons) Burbanks sono fratelli, hanno un florido ranch, ma sono diversissimi tra di loro: il primo, che ha come mito il burbero mentore Bronco Henry (morto anni prima e del quale conserva gelosamente una bella sella da cavallo), è magro, ha un'indole violenta e prevaricatrice; il secondo è grassottello, è calmo e riflessivo.
Quando quest'ultimo sposa la vedova Rose (Dunst) e porta a vivere nella fattoria lei e il figlio adolescente di lei, l'introverso e sensibile Peter (Smit-McPhee), la vita solitaria di Phil viene sconvolta.
In un crescendo di tensioni e ripicche, ognuno cercherà di sopravvivere come può.
Ma a qualcuno andrà veramente male.
The Power of the Dog, tratto da un romanzo dello scrittore cult Thomas Savage e presentato in anteprima e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, ai Golden Globe (dai quali è uscito trionfante) e ai recenti Oscar (per la regia, unica statuetta su ben 12 nomination!), è un film duro, asciutto.
Non è un caso che qui la natura (del Montana) non sia un lussureggiante, bucolico, rassicurante, consolatorio rifugio per i personaggi, ma un testimone muto e impassibile dei loro drammi e di un mondo che sta cambiando troppo velocemente (la vicenda è ambientata un secolo fa).
Non è un caso che sugli animali sani dell'allevamento incombano morte, putrefazione, malattia.
Non è un caso che il cane del titolo sia un gioco di luci sulle montagne che sembra ricordare ai protagonisti non un docile animale domestico, ma una bestia che mostra i denti minacciosa, rabbiosa, pronta ad aggredire i deboli e a farli soccombere senza pietà, dalla potenza biblica.
Phil ha il fisico asciutto ed il carattere aspro della sua terra.
Il suo West sta sparendo, soppiantato dalla modernità e dal rumore, ed egli vive di ricordi, di silenzi, di segreti, di pulsioni ed inclinazioni represse da un ambiente dove tutti si aspettano che sia rude e macho, e risponde in modo aggressivo (difensivo?) alle novità, agli sconvolgimenti del proprio tranquillo e ripetitivo tran tran quotidiano.
Al personaggio interpretato da un ottimo Benedict Cumberbatch (i più lo conoscono come lo Sherlock Holmes di una fortunata serie Tv o come Dottor Strange per la Marvel; ma noi lo ricordiamo sul red carpet a Venezia per La Talpa) si contrappone quello impersonificato da Kodi Smit-McPhee (volto noto: è comparso in Deadpool 2 ed ha preso parte a X-Men-Apocalisse e X-Men-Dark Phoenix), sorprendentemente non meno bravo.
Il giovane Peter ha un caratetre introverso ed è molto attaccato alla madre (nota: dovremmo ricordarci più spesso che Kirsten Dunst non è solo la Mary Jane Watson dello Spider-Man di Sam Raimi...); ma la vita in un ambiente così ostico per la sua sensibilità lo ha indurito.
Ciò che rende questo film interessante è il modo in cui Jane Campion tratta il rapporto tra i due.
La regista del celebre Lezioni di piano (ma anche di Ritratto di signora con Nicole Kidman e In the cut con un'insolita Meg Ryan in coppia con Mark Ruffalo, futuro Hulk) gioca sul filo del non detto, dell'ambiguità (qual è il rapporto tra Phil e Peter? Si trasforma in qualcosa di più di un semplice legame maestro-discepolo? E' un modo del primo per plasmare e manipolare il secondo ad immagine del compianto mentore? E perché Phil è così legato a quest'ultimo?).
Campion non dà certezze, ma lascia al pubblico il compito di trarre le proprie conclusioni.
Persino l'ultima scena è tutt'altro che catartica, rimane sospesa, si presta ad interpretazioni.
The Power of the Dog è quindi un film profondamente pessimista o ha un finale consolatorio?
A noi spettatori l'ardua sentenza, le discussioni, i dibattiti - ed è meglio così.
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