lunedì 10 settembre 2018

VENEZIA 2018. NETFLIX PUO' DIRE "GRAZIE ROMA!"

Dall'alto: Alfonso Cuarón con il Leone d'Oro ricevuto per Roma; Willem Dafoe con la Coppa Volpi vinta per il ruolo di Vincent Van Gogh in At Eternity's Gate di Julian Schnabel; Olivia Colman (The Favourite) con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile; il regista greco di The Favourite Yorgos Lanthimos con il Leone d'Argento Gran Premio della Giuria. 


Guillermo del Toro non si è fatto influenzare dai mugugni che avrebbero potuto piovergli addosso nel caso avesse fatto vincere un suo amico.

E così il Leone d'Oro della settantacinquesima edizione della Mostra del Cinema è andato al film che, a detta di critica e pubblico, avrebbe maggiormente meritato di aggiudicarsi il riconoscimento più prestigioso: Roma, intensa opera semi-autobiografica in bianco e nero diretta da Alfonso Cuarón (che a Venezia aveva già portato Gravity nel 2013, che gli aveva fruttato un Oscar per la migliore regia - primo messicano nella storia dell'Academy - nel 2014).

La vittoria della pellicola ambientata a Città del Messico va tuttavia al di là delle mere statistiche e si pone ad uno snodo cruciale nella storia del cinema.

È infatti la prima volta in assoluto che ad aggiudicarsi il riconoscimento più importante di un festival cinematografico prestigioso è un film prodotto dalla piattaforma digitale Netflix e pensato per lo streaming e per una fruizione a pagamento e in abbonamento piuttosto che per una distribuzione nelle sale cinematografiche.

Il colosso dell'intrattenimento via Internet, bisogna dire, è stato molto coraggioso ad investire anche su prodotti di altissima qualità e la tenacia degli scorsi anni è stata ora ripagata.

Chissà se l'Academy (che decide i Premi Oscar) farà cadere l'ormai anacronistico bando sulle produzioni Netflix - finora rilegate in categorie "minori" - per dar modo a Roma e agli altri di poter concorrere ad armi pari con i rivali delle major hollywoodiane.

Bando che finora resiste invece per il Festival di Cannes; con effetti boomerang, vista la penuria di titoli di richiamo quest'anno e in quelli scorsi.

Un bello smacco per Frémaux & C., arroccati su posizioni ormai conservatrici e in questo caso indifendibili, visto che Netflix si è mostrata disponibile a proiettare nelle sale i suoi film in concorso al Lido - Roma, appunto, 22 July di Paul Greengrass (sulla strage di Utøya) e The Ballad of Buster Scruggs.






Quest'ultimo è un altro fiore all'occhiello della piattaforma: nato come serie in streaming, è diventato un film a episodi - tipo quelli che si facevano in Italia negli anni dai Cinquanta ai Settanta - composto da cortometraggi legati tra loro dall'ambientazione western e diretto nientemeno che dai fratelli Joel e Ethan Coen, che proprio per questo lavoro si sono aggiudicati il premio per la migliore sceneggiatura, battendo una concorrenza piuttosto agguerrita.

Accanto a Cuarón e ai fratelli Coen, altri tre ottimi registi hanno lasciato il Lido con grandi soddisfazioni.

Jennifer Kent, oggetto di vergognose offese sessiste al momento della presentazione del suo The Nightingale, si è portata a casa il Premio speciale della giuria, mentre il suo attore Baykali Ganambarr si è aggiudicato il Premio Mastroianni come migliore attore emergente.

Molti hanno letto queste aggiudicazioni come un atto dovuto nei confronti dell'unica regista donna in competizione, a scapito del reale valore della pellicola; ma noi di CINEMA A BOMBA!, che abbiamo molto apprezzato il suo precedente Babadook, le lasciamo almeno il beneficio del dubbio.

Jacques Audiard ha vinto il Leone d'Argento per la migliore regia per il suo atipico western The Sisters Brothers: un'altra bella soddisfazione per l'autore francese, che nel 2015 aveva avuto la Palma d'Oro al Festival di Cannes.

Uno che un premio se lo aggiudica sempre è Yorgos Lanthimos: dopo Alps, The Lobster e The Killing of a Sacred Deer - rispettivamente migliore sceneggiatura a Venezia 2011, Premio della Giuria a Cannes 2015 e nomina agli Oscar 2017, migliore sceneggiatura a Cannes 2017 - il greco fa centro anche con The Favourite, Leone d'Argento (Gran Premio della Giuria), e Coppa Volpi a una delle sue straordinarie protagoniste (non le dive Emma Stone e Rachel Weisz, bensì la meno nota ma non meno brava Olivia Colman).

Noi della redazione siamo entusiasti della Coppa Volpi assegnata per la migliore interpretazione maschile.






Ad aggiudicarsela è stato Willem Dafoe ( Vivere e Morire a Los Angeles, Basquiat, Spider-Man, Grand Budapest Hotel, tra gli altri), che ha convinto tutti nella parte di Vincent Van Gogh in At Eternity's Gate di Julian Schnabel.
Finalmente qualcuno ha riconosciuto il suo grande talento!

Sono rimasti a bocca asciutta anche quest'anno i film italiani - ma tra What You Gonna Do When The World's On Fire di Roberto Minervini, Capri-Revolution di Mario Martone e Suspiria di Luca Guadagnino, solo quest'ultimo ha suscitato interesse fuori dai confini patrii.

Nessun riconoscimento neppure per First Man-Il Primo Uomo di Damien Chazelle, ma solitamente i film che aprono la Mostra non vengono premiati, avendo già ricevuto questo grande onore e una notevole attenzione mediatica.

Ne sentiremo comunque parlare anche nei prossimi mesi, così come di A Star Is Born con Bradley Cooper (anche regista, all'esordio) e Lady Gaga, che però era fuori concorso.

Eh sì, perché come insegnano gli ultimi anni, la corsa verso gli Oscar ormai parte da Venezia.

Nel frattempo da Venezia è partita anche la rivoluzione (targata Netflix) che potrebbe cambiare la storia del cinema.

Gli autori e gli esercenti cinematografici sono molto preoccupati per il futuro delle sale e il trionfo di Netflix ha già suscitato un'alzata di scudi.

Vedremo cosa succederà.

E noi che pensavamo che questa fosse solo un'ottima (e tranquilla) edizione della Mostra del Cinema...




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