I CLASSICI: TAXI DRIVER, GIUSTIZIERE CHE NON DORME MAI NELLA CITTA' CHE NON DORME MAI
(Clicca sulla locandina per vedere il trailer).
USA, 1976
113'
Regia: Martin Scorsese
Interpreti: Robert De Niro, Cybill Shepherd, Peter Boyle, Albert Brooks, Jodie Foster, Harvey Keitel, Leonard Harris, Martin Scorsese.
Travis Bickle (De Niro) è un reduce del Vietnam insonne e dipendente dagli psicofarmaci che per campare decide di fare il tassista di notte.
Durante il turno gira lungo le strade più malfamate di New York, covo di spacciatori, prostitute, teppisti, rapinatori; quando non lavora se ne sta rintanato in casa e occasionalmente va nei cinema a luci rosse o esce coi colleghi.
L'unico raggio di luce in tutto questo squallore è rappresentato dalla bella Betsy (Shepherd), che lavora nello staff elettorale del senatore Palantine (Harris), ambizioso politico che vuole diventare presidente degli Stati Uniti.
Travis, però, non sa come trattare le donne e, dopo un appuntamento disastroso, viene rifiutato dalla ragazza.
Preso dalla frustrazione e dalla rabbia, matura la decisione di fare giustizia di tutte le storture che sta vivendo: decide così di compiere un gesto eclatante e di salvare anche una baby prostituta (una giovanissima Jodie Foster) dalle grinfie del suo protettore (Keitel).
La vittoria del Leone d'Oro del Joker di Todd Phillips all'ultima Mostra del Cinema di Venezia ha ridestato l'interesse su uno dei capolavori della storia del cinema presi a riferimento dal film del regista di Una Notte Da Leoni: Taxi Driver di Martin Scorsese.
L'Arthur Fleck di Joaquin Phoenix, che da reietto della società si prende la sua folle rivincita sul mondo con la violenza, è ispirato proprio all'iconico Travis Bickle di Robert De Niro.
Costui, per calarsi nel ruolo, frequentò per un po' di tempo dei tassisti (e prese addirittura la licenza per guidare!), si informò presso militari e veterani circa la loro vita e raccolse notizie a proposito di Arthur Bremer, che nel 1972 attentò alla vita del candidato democratico alla presidenza George Wallace.
E ci mise anche del suo - come nella celeberrima scena davanti allo specchio, improvvisata - dimostrando, oltre all'adesione maniacale al Metodo Stanislavskij, un formidabile intuito recitativo.
De Niro, che aveva già vinto il suo primo Oscar nel 1975 per Il Padrino - Parte Seconda e che proprio in quel periodo stava lavorando pure in Italia per Novecento di Bernardo Bertolucci facendo avanti e indietro da un set all'altro, si dimostrò uno dei talenti più brillanti della sua generazione e perfetto per incarnare un personaggio così complesso.
A rendere l'interpretazione dell'italo-americano indimenticabile è ovviamente anche una storia piuttosto incisiva: la sceneggiatura di Paul Schrader è potente e la regia di Martin Scorsese è piena di invenzioni - spesso si è discusso della scena dello specchio, della sparatoria e del finale ambiguo; ma tutto il film sarebbe da rivedere fotogramma per fotogramma per apprezzare meglio le scelte del cineasta.
Taxi Driver è un film cupo, pessimista, un noir - impreziosito dalla colonna sonora del grande Bernard Herrmann (quello delle pellicole di Hitchcock; qui al suo ultimo lavoro)- che accompagna il protagonista verso una vera e propria discesa agli inferi in un climax di paranoia e delirio e trascina lo spettatore nel cuore di tenebra di una civiltà corrotta e brutale.
È un ritratto impietoso di un'America uscita distrutta dalla guerra in Vietnam, con i reduci abbandonati a se stessi e in preda a disturbi da stress post traumatico, non in grado di riambientarsi nel mondo civile né di intrattenere rapporti normali con le persone.
È un ritratto crudo di una New York senza legge né ordine, una città da Far West con giustiziere annesso.
È un'opera che smaschera il mito del "Sogno Americano", trasformato in un incubo metropolitano nel quale la violenza assume una valenza catartica, liberatoria e viene persino giustificata dai mass media.
Così, mentre Travis probabilmente riesce solo a placare temporaneamente i propri demoni interiori, per l'opinione pubblica egli diventa una sorta di cavaliere dell'Apocalisse, un angelo vendicatore, un San Giorgio che uccide il drago e salva la fanciulla in pericolo.
Ma ben diverso sarebbe stato il giudizio, se avesse assassinato il potente uomo politico anziché il pappone e i suoi compiacenti sodali: sarebbe stato considerato come un pericoloso criminale dalla gloria sinistra.
Scorsese svela quindi anche l'ipocrisia dei mezzi di comunicazione di massa, che non si fanno scrupoli di influenzare l'opinione pubblica, offrendole in pasto "il mostro" o "l'eroe", a seconda dei casi, e di soffiare sul fuoco fino a quando la storia perde interesse.
Manifesto e rappresentazione di un'epoca, Taxi Driver è un film che non perde smalto con gli anni e che riesce ancora ad essere un punto di riferimento per chi vuole fare cinema - proprio come i veri capolavori.
Etichette: Boyle, Brooks, De Niro, I CLASSICI, Jodie Foster, Joker, Keitel, Scorsese, Shepherd, Taxi Driver, Venezia 2019
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