domenica 8 settembre 2019

VENEZIA 2019. VINCERE IL LEONE? UN... JOKER DA RAGAZZI!

Dall'alto: il direttore Alberto Barbera fa le bolle; Joaquin Phoenix fa San Tommaso col Leone d'Oro; lo svedese Roy Andersson se la ghigna. 


Prima il cartellone completo.
Poi il commento ad esso collegato.
Quindi l'elenco dei vincitori.

Se avete letto questi 3 post precedenti (o almeno l'ultimo), allora sapete già che Joker di Todd Phillips - lo stesso regista di Una Notte Da Leoni, non dimentichiamolo - ha vinto il Leone d'Oro della 76a Mostra del Cinema di Venezia.
E che, per quanto clamorosa, questa notizia non è affatto sorprendente.

Più sorprendente è il fatto che non sia stato premiato il suo protagonista, Joaquin Phoenix, con la Coppa Volpi.
Purtroppo, in base ad una regola sciocca, non è possibile assegnare due riconoscimenti alla stessa pellicola.
Peccato, perché la critica è stata unanime nell'incensare la sofferta performance dell'attore, che pure aveva già ottenuto il riconoscimento a Venezia 2012 - ex aequo col collega Philip Seymour Hoffman - per il suo ruolo in The Master di Paul Thomas Anderson.

Era già successo anni fa, proprio al Lido: Leone d'Oro a The Wrestler di Darren Aronofsky, ma bocca asciutta per il suo interprete Mickey Rourke, nonostante le lodi sperticate ricevute da tutti.
Ora come allora, la prestigiosa Coppa è finita nelle mani di un italiano: ieri Silvio Orlando, oggi Luca Marinelli (fortissimo in entrambi i casi il sospetto di un "contentino").

Phoenix tornerà a casa a mani vuote, ma ha avuto il merito di essere riuscito a dare nuove sfaccettature a un personaggio ingombrante e difficilissimo, già reso indimenticabile dalle interpretazioni passate di Jack Nicholson (clownesco e geniale in Batman) e Heath Ledger (psicopatico e minaccioso ne Il Cavaliere Oscuro).
Di certo ha surclassato il precedente Joker dandy e metrosessuale di Jared Leto (apparso nel deludente Suicide Squad).






Per quanto concerne le altre opere in programma, le sconfitte più cocenti sono quelle di J'Accuse di Roman Polański e di The Laundromat di Steven Soderbergh.
Il primo si è dovuto "accontentare" del Gran Premio della Giuria; a favore hanno giocato l'intensa interpretazione del mitico Jean Dujardin e, forse, la vertiginosa scollatura sfoggiata dalla Signora Polansky - ossia l'attrice Emmanuelle Seigner - sul red carpet.
Il secondo non ha ottenuto nulla, nonostante il consueto cast stellare.

Niente da fare anche per La Verité, film d'apertura della Mostra diretto da Hirokazu Kore'eda (già vincitore della Palma d'Oro a Cannes 2018 con Un Affare di Famiglia) e Ema dell'acclamato cineasta cileno Pablo Larraín (di cui avevamo assai apprezzato il politico No al Torino Film Festival di qualche anno fa).
Persino Marriage Story di Noah Baumbach, sodale di Wes Anderson, è stato ignorato, benché qualcuno ne abbia parlato in ottica di Oscar.

Per non parlare di Wasp Network di Olivier Assayas.
Il cineasta francese è un abitué dei festival, avendo già concorso a Venezia 2018, a Cannes 2016, a Cannes 2014 e Venezia 2012... Ma stavolta gli è andata male.

Chi invece gongola è lo svedese Roy Andersson, già Leone d'Oro a Venezia 2014.
Il suo About Endlessness non era certo tra i favoriti, ma ha conquistato il Leone d'Argento per la miglior regia, alla faccia della concorrenza.

Chi piange e chi ride, chi vince e chi perde, chi si esalta e chi si infuria.
Insomma, un'altra Mostra del Cinema.




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