(Clicca sulla locandina per vedere il trailer).
USA, 2019
123'
Regia: Todd Phillips
Interpreti: Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett Cullen, Douglas Hodge, Dante Pereira-Olson, Shea Whigham, Bill Camp, Marc Maron, Bryan Callen
A Gotham City le profonde e durature disparità economiche hanno incattivito le persone: la criminalità dilaga indisturbata, i ricchi arroganti e strafottenti palesemente disprezzano e discriminano i più bisognosi, le periferie sono abbandonate al degrado e alla sporcizia.
Arthur Fleck (Phoenix) è un poveraccio con problemi psichici (che lo fanno ridere in modo parossistico e involontario) che vive con la madre (Conroy), anch'essa poco lucida, in uno squallido appartamentino in un edificio mal tenuto - dove vive anche la comprensiva ragazza-madre Sophie (Beetz) - e che guadagna qualche soldo facendo il clown in strada e in ospedale.
Il suo desiderio sarebbe quello di diventare un cabarettista - su modello del brillante conduttore televisivo Murray Franklin (De Niro) - ma la sua condizione mette a disagio le persone e in pubblico egli appare goffo e poco buffo.
La sua vita, poi, non è di certo una commedia: maltrattato da bambino, pure da adulto subisce ogni sorta di angheria e prepotenza.
Finché un giorno riesce a reagire all'ennesimo sopruso, scatenando un effetto domino sulla sua vita e su quella della città.
Preannunciato dalla clamorosa vittoria del prestigiosissimo Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, da un nugolo di polemiche per un presunto incitamento alla violenza e dal timore di atti emulativi (soprattutto negli Stati Uniti), è arrivato come una bomba Joker, film sulla genesi del principale antagonista di Batman.
Grossi incassi finora al botteghino in tutto il mondo, fiumi di inchiostro sui giornali, in tendenza in tutti i social network, pubblico in visibilio, critici sommersi di...critiche in caso di recensioni non entustiastiche e comunque molto divisi (soprattutto in patria; in Italia invece il consenso è stato quasi unanime): poche opere riescono a suscitare reazioni così viscerali - ed il cinema, in crisi, ha un gran bisogno di ritrovare passione e idee, schiacciato com'è dalla concorrenza spietata delle Tv e delle piattaforme di streaming (si veda il caso Netflix, capace di sfornare ottimi lavori quali Roma di Alfonso Cuarón, La Ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen e il prossimo e già acclamato The Irishman di Martin Scorsese).
È vero, pochi mesi fa Avengers: Endgame ha spinto milioni di persone nelle sale ed è divenuto il film che ha incassato di più nella storia del cinema; ma si tratta del frutto di una programmazione attenta alla fidelizzazione degli spettatori (e quindi finalizzata soprattutto a fare profitti): prodotto rassicurante per i fan, molto gradevole, fatto molto bene, ricco di effetti speciali, con attori belli e scanzonati.
Recentemente Scorsese ha definito le pellicole Marvel come un parco divertimenti, come un puro intrattenimento senza alcuna pretesa artistica.
Si può essere d'accordo o meno con il pensiero di un cineasta così illustre - un vero appassionato, comunque, della Settima Arte - ma non si può non notare la penuria di "cose nuove" e di progetti audaci in campo cinematografico.
Ecco che allora Joker rappresenta una novità, un qualcosa di visto pochissime altre volte (e mai in modo così efficace): il tentativo di proporre un film d'autore, un film di denuncia a basso budget, camuffandolo da cinecomics, da film popolare.
Come si fa a rendere interessante ad un ampio pubblico la storia di un uomo solo e con problemi psichici in balia della violenza, dell'indifferenza, del disprezzo?
Sarebbero in pochi quelli disposti a vedere una pellicola che tratta un argomento così duro e crudo.
Ma se quest'uomo così disgraziato diventasse poi un personaggio iconico e carismatico, principale antagonista di uno dei supereroi più celebri del mondo...
La rivincita di Arthur Fleck - avete notato che "A. Fleck" richiama il cognome del celebre attore che impersona l'Uomo Pipistrello nel ciclo della Justice League? - sulla società che lo ha così maltrattato, proprio in virtù del suo destino (da perdente sappiamo che diverrà un numero uno - sebbene del crimine), rappresenta allora un più potente megafono della protesta degli ultimi.
Chi, preoccupandosi, ha interpretato Joker come una chiamata alle armi rivolta a disagiati, però a nostro avviso non ha centrato il punto: con il pretesto del racconto delle origini di un cattivo, si affrontano i temi della malattia mentale, dell'emarginazione, della sopraffazione in un modo che possa arrivare diritto come un pugno agli stomaci degli spettatori.
Chi entra in sala convinto di vedere lo spin-off di un film di supereroi, si ritrova invece catapultato nella vita disgraziata di un pover'uomo e viene portato a trovare comprensione, rispetto, tenerezza per lui.
Il deflagrare della violenza, così, diventa la goccia che fa traboccare un vaso pieno di frustazione e, lungi dal giustificarne gli atti, diviene un urlo di rivolta liberatorio nei confronti di un mondo ingiusto in cui gli ultimi sono abbandonati a se stessi e i ricchi si permettono di deriderli o di liquidare le loro istanze come pretese irrealizzabili e comunque non prioritarie, se non addirittura come pericolose.
Joker ci avvisa: il mondo è in fermento, guai a far finta di nulla.
Todd Phillips non sbaglia niente, nella rappresentazione della sua visione: lasciati da parte Una Notte da Leoni e i suoi seguiti, ispirandosi a due classici del calibro di Taxi Driver e Re Per Una Notte di Scorsese, egli opta per un ritratto cupo, crudo, pessimistico della società.
La regia è grezza e realistica, ben lontana dalle esagerazioni dei cinecomics - apprezzabili, in questo contesto, la mancanza di effetti speciali fracassoni e invadenti e la fotografia "sporca" di Lawrence Sher.
La straordinaria colonna sonora composta dall'islandese Hildur Guðnadóttir è eterea e straniante; le canzoni That's Life e Send In The Clowns, rese universalmente note da Frank Sinatra, e Smile di Charlie Chaplin offrono un contrappunto ironico, mentre Rock & Roll Part 2 del molto discusso Gary Glitter e White Room dei Cream sono in sottofondo a due scene divenute iconiche - rispettivamente, quella della scalinata e quella dell'insurrezione.
Il trucco di Nicki Ledermann e Kay Georgiou e i costumi di Mark Bridges dovevano discostarsi in modo significativo da quelli delle personificazioni precedenti del personaggio: missione compiuta, sono stati apprezzati dal pubblico e sono divenuti riconoscibili e popolari.
Bravissimi gli attori "di contorno": Robert De Niro, quando vuole, sa essere straordinario (questa è la conferma); Zazie Beetz (già vista in Deadpool 2) ha una faccia che funziona; Frances Conroy (la madre di Arthur) e Brett Cullen (Thomas Wayne) sono convincenti.
Ma Joker, volenti o nolenti, è il film "di" Joaquin Phoenix.
Che fosse un interprete eccellente lo sapevamo già - è a dir poco strepitoso in Lei-Her di Spike Jonze e in The Master di Paul Thomas Anderson, giusto per fare due esempi.
Ma che fosse così bravo...
Non è molto corretto fare accostamenti con Jack Nicholson e col rimpianto Heath Ledger, che avevano già portato sullo schermo il personaggio, rispettivamente in Batman di Tim Burton e Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, anche perché i due erano co-protagonisti (sebbene molto carismatici e incisivi), mentre Phoenix è il fulcro dell'intero film, capace di reggerne il peso dalla prima all'ultima scena.
Scheletrico, nevrotico, sofferto, sgraziato, ferito, deformato, il corpo di Joaquin Phoenix si fa rappresentazione del dolore e dell'ingiustizia, così come il suo volto dolente è una smorfia di una sofferenza anche interiore e non un sorriso o un ghigno.
L'attore nato a Porto Rico dà un'interpretazione viscerale e totalmente immersiva, tanto da diventare lui stesso il personaggio che porta in scena, in una trasformazione che è impressionante: non si tratta di un semplice gigioneggiare in modo istrionico, né di un'adesione totale al Metodo Stanislavskij di immedesimazione maniacale.
È come se trasferisse tutti suoi demoni interiori, il suo vissuto, nel dolore, nella maschera, nella risata terrificante e straziante di Arthur Fleck.
Praticamente tutti quelli che hanno visto il film concordano sul fatto che egli meriterebbe ampiamente l'Oscar come miglior attore protagonista, ma indipendentemente dalla sua vittoria o dalla sua sconfitta sappiamo già che la sua magistrale prova attoriale sarà ricordata a lungo, tanto è incisiva, disperata, viva e sconvolgente.
Sicuramente la sua recitazione è l'asso vincente di un film che non esitiamo a definire un capolavoro incendiario - tanto è potente e in grado di generare discussioni.
Certo la scelta dei produttori di discostarsi dalla travagliata serie DC Extended Universe (L'Uomo d'Acciaio, Batman v Superman, Suicide Squad, Wonder Woman, Justice League, Aquaman, Shazam!) si è già rivelata un azzardo vincente.
Solo tra qualche anno vedremo se Joker resterà un caso isolato o se assumerà il titolo di precursore di un nuovo modo di intendere i cinecomics.
Noi tifiamo per quest'ultima ipotesi.
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