mercoledì 29 maggio 2019

CANNES 2019. PREMI A CASACCIO (MA OTTIMA SELEZIONE)

Dall'alto: il messicano Alejandro G. Iñárritu indica il sudcoreano Bong Joon-Ho e lo spagnolo Antonio Banderas; l'inglese Ken Loach sembra perplesso. 


Scorrendo l'elenco completo dei vincitori della 72a edizione del Festival di Cannes, viene da chiedersi che cosa si siano fumati Alejandro G. Iñárritu e soci.

La giuria capitanata dal plurioscarizzato regista di Birdman e The Revenant ha sovvertito - con poche eccezioni - ogni pronostico, dando la netta impressione di aver assegnato i premi un po' a casaccio.

Certo, incensare un film asiatico è un trend immortale per ogni festival internazionale.
E assegnare uno o più contentini ai padroni di casa - oppure a qualche pellicola francofona, tanto per stare sul sicuro - è quasi una regola, a Cannes.






Questo spiegherebbe i riconoscimenti assegnati a Young Amhed di quegli allegroni dei fratelli Dardenne (miglior regia), ad Atlantics (Gran Premio della Giuria; prima vittoria di una regista nera, in qualsiasi categoria, in oltre 7 decenni di Festival!), a Portrait of a Lady on Fire (miglior sceneggiatura) e a Les Misérables (Premio della Giuria; niente a che vedere con l'omonimo musical).

Oltre ovviamente all'ambita Palma d'Oro finita nelle mani del regista di Parasite, il sudcoreano Bong Joon-Ho.

Gli unici premi ragionati sembrano essere quelli per gli interpreti (Emily Beecham per Little Joe e il redivivo Antonio Banderas per Pain and Glory) e quello della Giuria conquistato dal bizzarro western Bacurau (a conferma della buona salute del cinema brasiliano: ricordate Tropa de Elite?).

Niente ai big: il più sconfitto - Banderas a parte - è lo spagnolo Pedro Almodovar, favoritissimo alla vigilia.
Una terza Palma d'Oro al britannico Ken Loach (dopo Il Vento che Accarezza l'Erba nel 2006 e I, Daniel Blake 10 anni dopo) forse è stata giudicata eccessiva, mentre al texano Terrence Malick è stata probabilmente fatta pagare qualche velleità arty di alcune sue pellicole precedenti (vedere ad esempio To The Wonder e Knight of Cups).

Neppure il nostro Marco Bellocchio con Il Traditore ha fatto breccia nel cuore dei giurati.
Può essere che il tema dei pentiti di mafia sia un argomento scomodo pure dall'altra parte delle Alpi...






E Quentin Tarantino?
Il suo nuovo lungometraggio C'era una Volta a Hollywood, personale omaggio alla Los Angeles degli anni 60, ha ricevuto nel complesso critiche più che positive (merito anche dell'accoppiata DiCaprio-Pitt, "il più eccitante duo cinematografico dopo Redford-Newman", a detta del regista), ma non ha incassato alcun premio.

Tutto da buttare, allora? Niente affatto.
Sorvolando sull'assurda guerra a Netflix, il direttore artistico Therry Frémaux non ha sbagliato un colpo, accaparrandosi una rosa di pellicole di altissimo livello che alla Croisette mancava da anni.
Questa volta la Mostra del Cinema di Venezia avrà serie difficoltà a rispondere a tono.

Bocciata la Giuria, promossa la kermesse.
Per il secondo match, l'appuntamento è tra pochi mesi in Laguna...




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