VENEZIA 2020. LA MOSTRA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Il logo dell'edizione n. 77 della Mostra del Cinema di Venezia.
E così, dopo avervi presentato le diverse sezioni (vedi post precedente), parliamo un po' di questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Come avrete visto, causa coronavirus, questa volta non ci sono opere in grado di accendere entusiasmo o grande curiosità alla vigilia - negli anni scorsi erano passati al Lido titoli strepitosi quali Le Idi di Marzo, Killer Joe, Wilde Salomé (2011), The Master, To The Wonder (2012), Gravity (2013), Birdman (2014), A Bigger Splash, Il Caso Spotlight (2015), La La Land, Animali Notturni, La Battaglia di Hacksaw Ridge (2016), La Forma dell'Acqua, Madre!, Tre Manifesti a Ebbing. Missouri (2017), Roma, Opera senza Autore, First Man, La Ballata di Buster Scruggs, A Star Is Born (2018), Joker (2019).
E molti di questi sono poi finiti nella nostra lista dei migliori film degli ultimi 10 anni.
Quest'anno le grandi case di produzione - soprattutto quelle americane - hanno dovuto dare forfait e hanno preferito proporre i propri pretendenti all'Oscar più in là nel tempo (visto che le date dei premi sono state tutte posticipate).
Risultato: la Mostra probabilmente sarà snobbata dal grande pubblico, ma potrebbe piacere ai cinefili più duri e puri, quelli che mal sopportano l'invadenza della cinematografia a stelle e strisce.
Tale vuoto ha anche avuto come conseguenza una presenza più massiccia del solito di film diretti da donne.
Si sa, sebbene recentemente siano stati fatti passi avanti, gli studios difficilmente affidano progetti ambiziosi a registe, costrette pertanto a sgomitare nell'affollatissimo ma poco redditizio (in termini di incassi) campo del cinema indipendente.
Questa volta sono proprio le cineaste il fiore all'occhiello di questa edizione.
Si va dalle nostre Susanna Nicchiarelli - che dopo la vittoria nella sezione Orizzonti nel 2017 con il suo Nico, 1988 questa volta approda nel tabellone principale con il biopic sulla notevole vita di Elanor Marx, figlia del più celebre Karl - ed Emma Dante (premiata nel 2013 per Via Castellana Bandiera, ora presenta un film tratto da una sua pièce teatrale) all'emergente Chloé Zhao, che porta l'atteso Nomadland, impreziosito dalla presenza di Frances McDormand come protagonista, passando per la polacca Małgorzata Szumowska, la norvegese Mona Fastvold (promette bene, il suo The World To Come), la tedesca Julia von Heinz (idem), la bosniaca Jasmila Žbanić, la veterana francese Nicole Garcia.
Nelle altre sezioni, segnaliamo l'esordio alla regia dell'attrice Premio Oscar Regina King (fuori concorso) e i cortometraggi di Alice Rohrwacher e Jasmine Trinca, oltre a numerose altre opere.
Comunque, la giuria è presieduta dalla grande Cate Blanchett e gli uomini sono in minoranza: chissà se sarà la volta buona per una vittoria finalmente al femminile...
Tra i colleghi maschi, occhio al messicano Michel Franco (il favorito della vigilia?), al discontinuo Andrej Končalovskij, all'ungherese Kornél Mundruczó, mentre la sorpresa potrebbe essere l'azero Hilal Baydarov.
Seguiamo poi con attenzione i nostri Gianfranco Rosi, documentarista tra i più apprezzati al mondo (è riuscito persino a vincere il Leone d'Oro nel 2013 con Sacro GRA!), e Claudio Noce (nel suo Padrenostro il protagonista è Pierfrancesco Favino).
A proposito di documentari, notiamo che ormai Venezia è diventata il palcoscenico principale per i migliori autori del genere: oltre al già citato Rosi, ci sono i maestri Wiseman e Gibney, il bravo Andrea Segre, la sempre interessante coppia D'Anolfi-Parenti, ma anche registi di finzione affermati come Abel Ferrara e Luca Guadagnino (presente addirittura con due lavori), nonché un'opera postuma del grande Orson Welles sul compianto Dennis Hopper.
Fuori concorso c'è pure - guarda un po'! - Pedro Almodóvar, che però presenta un cortometraggio di finzione, con Tilda Swinton, che sarà premiata (con la regista cinese Ann Hui) con il Leone d'Oro alla carriera.
Sempre fuori concorso sarà presentato il film di apertura: Lacci di Daniele Luchetti - era da 11 anni (da Baarìa di Tornatore) che un'opera nostrana non battezzava la Mostra.
Nel cast, i soliti Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno: un must per gli amanti del cinema italiano anni Novanta.
Gradite sorprese potrebbero giungere da The Book of Vision, prodotto da Terrence Malick e dal simpatico Gnomes and Goblins, cartone animato in realtà virtuale firmato da Jon Favreau (proprio il regista di Iron Man, nonché attore in numerosi film Marvel, tra i quali il super campione d'incassi Avengers: Endgame).
Insomma, è vero che i divi saranno meno numerosi del solito, che nessuno dei titoli è da attesa spasmodica, che il pubblico non sarà quello delle grandi occasioni, che il red carpet sarà in tono minore, che il film chiamato ad aprire la rassegna non è dei più glamour, che criticare non costa nulla.
Però va dato atto al direttore Alberto Barbera di aver saputo allestire, pur tra innumerevoli difficoltà, un'edizione sulla carta piuttosto interessante e stimolante, tutto sommato.
Il mondo del cinema ha bisogno di ripartire dopo il lockdown e la conseguente grave crisi economica del settore.
Barbera & C. hanno avuto coraggio nell'aver voluto organizzare la kermesse nonostante tutte le incertezze del caso.
Sarà una Mostra anomala, ma ci sarà.
E questo è già un buon segno.
Etichette: Almodóvar, Barbera, Blanchett, Emma Dante, Favreau, Gianfranco Rosi, Gibney, Guadagnino, Končalovskij, Luchetti, McDormand, Michel Franco, Nicchiarelli, Swinton, Venezia 2020, Wiseman, Zhao
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