CINEMA A BOMBA!

giovedì 31 luglio 2014

I CLASSICI: POINT BREAK, UN' ESTATE AL LIMITE (E ANCHE OLTRE)

(Clicca sull'immagine per vedere il trailer) 

USA, 1991
123'
Regia: Kathryn Bigelow
Con: Keanu Reeves, Patrick Swayze, Gary Busey, John C. McGinley, Lori Petty, James LeGros, Tom Sizemore, Anthony Kiedis.


California meridionale. Ex campione di football americano entrato nel FBI (Reeves), con l'aiuto di un casinaro collega di mezza età (Busey), indaga per identificare una banda di rapinatori di banche mascherati con le facce degli ex presidenti USA (Lyndon Johnson, Richard Nixon, Jimmy Carter e Ronald Reagan).
Si infiltra quindi in un gruppo di surfisti capelloni - guidati da un carismatico filosofo pseudobuddista (Swayze) - che a tempo perso praticano anche il paracadutismo estremo.

Chi lo avrebbe detto che da una delle trame più improbabili della storia del cinema sarebbe scaturita una pellicola memorabile ed esaltante?
Per rispondere alla domanda bisogna considerare anzitutto il travagliato percorso del copione, apportato in prima battuta da W. Peter Iliff col contributo di Rick King, e quindi riscritto definitivamente dalla regista con l'allora marito James Cameron, che figura come produttore esecutivo (ma né la Bigelow né il futuro autore di Titanic e Avatar sono accreditati come sceneggiatori, a causa di problemi col sindacato di categoria).

I meriti principali sono invece riconducibili alla direzione fluida e muscolare - alla faccia del "sesso debole"! - di Kathryn Bigelow, quasi certamente la miglior regista donna di sempre.
Forse qui, ancor più che nei successivi e osannatissimi The Hurt Locker (che pure le è valso il Premio Oscar) e Zero Dark Thirty, emerge il talento di questa impavida (ex) ragazza californiana: le sequenze d'azione sono impressionanti, da quelle marine a quelle volanti, passando per un inseguimento al cardiopalma filmato con la videocamera a spalla.

Innumerevoli le scene cult. Da segnalare almeno: la retata contro la gang dei nazi-surfisti armati, la sessione di paracadutismo acrobatico e la rapina in banca finale.
Ma il momento che rimane più impresso è di certo il "volo senza paracadute" di Keanu Reeves, forse perché rappresenta anche l'acme dell'inverosimiglianza narrativa del film (e quindi uno dei suoi momenti più divertenti).

Il cast, poi, è in stato di grazia. Reeves e il compianto Swayze fanno a gara di piacioneria: il primo, in preparazione della riprese, ha imparato a surfare da zero e continua a farlo ancora oggi come hobby (la stessa rivelazione la fa il suo personaggio nel malinconico epilogo); il secondo concede un'interpretazione ricca di sfumature, senza mai andare sopra le righe.
E che dire di Gary Busey? Quello del caustico sbirro Angelo Pappas è il suo ruolo della vita: mai l'attore texano è stato (e sarà) altrettanto spassoso e simpatico.
Segnaliamo inoltre il piccolo ruolo da agente infame di John C.McGinley (il Dott. Cox di Scrubs) e la comparsata di Anthony Kiedis, cantante dei Red Hot Chili Pepper (è il bullo con la coda che si spara in un piede).

Però non possiamo neppure nascondere il fatto che se questa pellicola piace ancora così tanto a distanza di tanti anni (già più di venti: incredibile...) in fondo è anche perché c'è un po' di Johnny Utah e di Bodhi (i due protagonisti) in tutti noi.
Chi infatti non è mai stato combattuto tra il desiderio di pace e l'impulso a lasciarsi andare, tra la calma e la voglia di sentire l'adrenalina in circolo?

Dai, non si può vedere un film così durante questa stagione: uno poi si immedesima...
Infatti Point Break è perfetto per l'estate.
Un'estate al limite.
E anche oltre.

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venerdì 25 luglio 2014

I CORTI: HUNTER OF INVISIBLE GAME, BRUCE SPRINGSTEEN ORA FA PURE IL REGISTA

(Clicca sull'immagine per vedere il corto) 

USA, 2014
10'
Regia: Bruce Springsteen, Thom Zimmy
Interpreti: Bruce Springsteen, Danielle Panek, Ludo Roveda, Isabel Danyluk, Raffaela Danyluk, Roman Danyluk.


Un uomo non più giovanissimo ma ancora gagliardo - il "cacciatore del gioco invisibile" del titolo (il "gioco invisibile" è l'amore, per la cronaca) - vaga in un mondo post-apocalittico.
Persi i suoi affetti, aiuterà un bambino a ricongiungersi con la sua famiglia.

Hunter of Invisible Game, prima strombazzata regia di Bruce Springsteen, è in realtà un lungo videoclip di lancio del singolo omonimo tratto dall'album di quest'anno High Hopes: la trama è un pretesto per accompagnare il testo della canzone con immagini evocative e arty di paesaggi desolati e del cantautore del New Jersey dalla faccia ormai ruvida.

E anche il gran battage pubblicitario incentrato sull'esordio dietro alla macchina da presa del Boss - che peraltro firma la regia assieme a Thom Zimmy, cioè colui che da 15 anni documenta con filmati i momenti clou della sua carriera - sembrerebbe orientato più a promuovere la sua ultima fatica musicale piuttosto che a dimostrare quanto sia bravo il nostro come attore e regista.
Che - a dire il vero - non se la cava male, soprattutto come interprete: ce lo vedremmo bene in ruoli da duro-dal-cuore-tenero anche sul grande schermo.

Cinematograficamente parlando, invece, non possiamo non apprezzare i riferimenti a The Road di John Hillcoat (regista che i lettori di CINEMA A BOMBA! conoscono già grazie a Red Dead Redemption) e ai film di Terrence Malick (cineasta cult di The Tree of Life e To The Wonder in primis).

Insomma, questo corto piacerà agli Springsteen-dipendenti; ma anche chi non lo è potrà comunque godersi un video ben fatto e una ballad dal testo non banale cantata con passione.
In questo sì che il Boss non teme rivali.

"Now pray for yourself and that you may not fall/When the hour of deliverance comes on us all/When high hope and faith and courage and trust/Can rise or vanish like dust and dust/Now there's a kingdom of love waiting to be reclaimed/I'm the hunter of the invisible game".

[Ora prega per te stesso e che tu possa non cadere./Quando l’ora della liberazione arriva per tutti noi/Quando grandi speranze e fede e coraggio e fiducia/Possono sorgere o svanire come polvere su polvere/Ora che c’è un regno di amore in attesa di essere reclamato/Io sono il cacciatore del gioco invisibile.]


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domenica 20 luglio 2014

I CLASSICI: LORDS OF DOGTOWN, LO SKATE COME CURA DEL DISAGIO GIOVANILE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2005
107'
Regia: Catherine Hardwicke
Con: Emile Hirsch, John Robinson, Victor Rasuk, Heath Ledger, Rebecca De Mornay, Nikki Reed, America Ferrera, Johnny Knoxville, Eddie Cahill, Sofia Vergara, Jeremy Renner, Jay Adams, Tony Alva, Stacy Peralta, Skip Engblom, Tony Hawk.


E come vi avevamo promesso, ecco a voi Lords of Dogtown, ovvero la trasposizione filmica di Dogtown and Z-Boys, il bel documentario che narrava la storia degli Z-Boys, ragazzini cresciuti nel degrado riusciti - grazie prima al surf e poi allo skate - a riscattarsi e a diventare delle superstar.

La versione cinematografica, rispetto al documentario, focalizza l'attenzione soprattutto su Stacy Peralta, Jay Adams e Tony Alva e si sofferma maggiormente sui rapporti tra di loro: dalle prime esibizioni clandestine alle gare professionistiche, dalle foto sulle riviste specializzate alle rivalità personali e professionali.
E' la storia - condita da spettacolari sequenze di skateboarding - di un'amicizia più forte delle differenze e delle incomprensioni, come dimostra la scena finale della visita al compagno morente.

Questa volta il vero Stacy Peralta passa dalla regia allo script, lasciando le redini ad una donna, Catherine Hardwicke.
Eh sì, proprio colei che ha diretto il primo episodio cinematografico della saga Twilight (il meno peggio, ad essere onesti)!
Ma ai tempi aveva in attivo il solo Thirteen-13 Anni, co-sceneggiato con la allora adolescente Nikki Reed - presente anche nella pellicola che stiamo recensendo e nel film vampirico - e acclamato dalla critica di mezzo mondo.
La scelta ricadde su di lei probabilmente perché, abitando da anni a Venice, conosceva già la storia e i protagonisti della vicenda reale.

E infatti, Lords of Dogtown sembra una sorte di rimpatriata tra vecchi amici: tra le comparse ritroviamo infatti, oltre allo stesso Peralta, i veri Tony Alva, Jay Adams e Skip Engblom,
Da non perdere la breve apparizione del celeberrimo Tony Hawk, già giovanissimo allievo di Stacy, che gli riserva la parte di un astronauta che cerca di darsi allo skate, ma con risultati da schiappa.

Tra i contributi tecnici, invece, notevole è quello di un cameraman d'eccezione: Lance Mountain, uno degli skater più importanti ed influenti degli anni Ottanta, che non ha esitato a risalire sulla tavola per realizzare le scene all'interno delle piscine vuote.
Personaggio eclettico, Mountain è anche un artista apprezzato: tra le altre cose, nel 2011 - assieme al figlio - ha preso parte ad un'originale mostra-omaggio al leader dei Clash Joe Strummer (vedi qui).

Il resto del cast, poi, non è affatto banale: scorrendo i titoli di coda, oltre al compianto Heath Ledger e all'Emile Hirsch di Killer Joe, si nota la presenza di America Ferrera (Ungly Betty), Johnny Knoxville (star della serie Jackass), Eddie Cahill (CSI:New York), Sofia Vergara (Modern Family), Jeremy Renner (candidato all'Oscar per The Hurt Locker di Kathryn Bigelow e per The Town di Ben Affleck), giovani interpreti ai quali questa pellicola ha fatto da trampolino di lancio per fortunate carriere nel mondo del cinema e della televisione.

Insomma se amate lo skate, se avete giocato almeno una volta ad un videogame della serie Tony Hawk's Pro Skater, se vi siete messi in testa di riesumare quella tavola a quattro ruote dalla cantina dove giaceva da anni...o semplicemente se vi va di passare poco meno di due ore con un bel film, Lords of Dogtown è quello che fa per voi.

Ora, però, non "grindate" troppo e in bocca al...loop!

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martedì 15 luglio 2014

I DOC: DOGTOWN AND Z-BOYS, I RAGAZZINI TERRIBILI CHE RIVOLUZIONARONO LO SKATE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2001
91'
Regia: Stacy Peralta
Con: Jay Adams, Tony Alva, Jeff Ament, Stacy Peralta, Craig Stecyk, Skip Engblom, Jeff Ho, Tony Hawk, Sean Penn (voce narrante).


Tra la fine degli Anni '60 e l'inizio dei '70 il sobborgo californiano di Dogtown - situato tra Santa Monica e Venice e non distante da Beverly Hills e Hollywood - era tutto fuorché un luogo tranquillo, frequentato com'era da spacciatori, delinquenti e sbandati di vario genere.

Nonostante ciò la zona, fino a poco tempo prima, era molto frequentata dai turisti, attirati soprattutto da un enorme luna park costruito sopra un pontile.
Dieci anni dopo, di questa enorme struttura - collassata nel frattempo per un cedimento di quest'ultimo - rimanevano soltanto rovine e pericolosi piloni sfasciati affioranti dal mare.

Eppure un gruppetto di adolescenti dalla vita sballata, per il gusto del rischio, si misero a praticare illegalmente surf proprio in questo tratto di costa, prendendo a frequentare assiduamente un negozio che realizzava in modo artigianale tavole personalizzate: il "Jeff Ho & Zephyr Shop" (Z-Boys sta per "i ragazzi dello Zephyr Shop"), gestito dallo stesso Ho e dal carismatico Skip Engblom.

Ma le onde grosse, a Dogtown, ci sono soltanto al mattino presto e, per passare il resto della giornata, i ragazzi decisero così di darsi allo skateboard, sforzandosi di replicare i movimenti del surf e utilizzando tavole assemblate da loro stessi con quattro ruote in poliuretano, più resistenti e scorrevoli di quelle in gomma sintetica utilizzate dagli skater fino ad allora.

Nacque così un nuovo modo di fare skate - più dinamico e spettacolare - dapprima limitato ad esibizioni per pochi intimi nei cortili deserti delle scuole e all'interno di piscine svuotate dalla siccità, e poi diffusosi rapidamente grazie sia all'affermazione degli Z-Boys in gare ufficiali che alle fotografie cool di Craig Stecyk sulle riviste specializzate.

Presto personaggi come Jay Adams, Tony Alva e Stacy Peralta - i più talentuosi del gruppo - divennero molto popolari all'interno del circuito underground.
Alcuni di essi - come gli ultimi due - riuscirono a sfruttare il successo anche commercialmente, ma ciò creò divisioni e incomprensioni nel gruppo guidato da Ho e Engblom, che infine si sciolse.

Adams - il più duro-e-puro degli Z-Boys, colui che mai ha voluto diventare professionista e vendersi - è quello che ha avuto più problemi, con la legge e con la dipendenza alla droga.
Alva ha fondato una propria compagnia di skate e oggi è un businessman di successo.
Peralta è diventato regista di video ed è anche l'autore di questo bellissimo documentario, realizzato con materiale di repertorio, foto d'epoca, una colonna sonora accattivante e interviste ai protagonisti di questa esaltante avventura.

Un'avventura narrata con partecipazione emotiva e nostalgia. Un vero omaggio a quel periodo irripetibile, pieno di novità e promesse, che è l'adolescenza.

PS: anche a causa del successo di questo documentario, pochi anni dopo è stato realizzato il film di fiction Lord of Dogtown, scritto dal solito Peralta e interpretato tra gli altri dall'Emile Hirsch di Killer Joe.
Presto la nostra recensione nella sezione I CLASSICI!

PPS: tempo fa uno dei redattori di CINEMA A BOMBA! si è cimentato con lo skate.
Dopo aver visto Dogtown and Z-Boys - che lo ha esaltato - prevediamo quindi una ricaduta e... altre cadute.
Quindi un consiglio dal resto dello staff, proteggendo il più possibile la sua privacy: Fede, la prossima volta ricordati almeno le ginocchiere!

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lunedì 7 luglio 2014

GLI INEDITI: WHERE THE BUFFALO ROAM, PAURA E DELIRIO...CON BILL MURRAY!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1980
99'
Regia: Art Linson
Con: Bill Murray, Peter Boyle, Bruno Kirby, R.G. Armstrong, Mark Metcalf.


Prima di Johnny Depp con Paura e Delirio a Las Vegas e, più recentemente, The Rum Diary, c'era...Bill Murray.
Il grande comico americano - ai tempi nome di punta dello show televisivo Saturday Night Live e quasi esordiente al cinema - è stato il primo ad interpretare sul grande schermo il leggendario Hunter S. Thompson, cronista underground e padre del gonzo journalism.

Mai arrivato nelle nostre sale, il film non presenta una trama lineare, trattandosi piuttosto di un compendio degli articoli e dei romanzi dello scrittore di Louisville.
I lettori più appassionati e/o gli spettatori più attenti possono facilmente trovarvi citazioni e riferimenti estrapolati da Fear and Loathing at the Superbowl come da Fear and Loathing On The Campaign Trail '72, passando per Strange Rumblings in Aztlan e The Banshee Screams for Buffalo Meat, ma senza tralasciare il celeberrimo Paura e Delirio a Las Vegas (la scena dell'autostoppista sarebbe stata ripresa quasi letteralmente da Terry Gilliam nel suo adattamento di 18 anni dopo).

La pellicola è degna di nota principalmente per i contributi tecnici: la musica Neil Young; la fotografia del nipponico Tak Fujimoto, già collaboratore di Terrence Malick in La Rabbia Giovane; la partecipazione di Hunter in persona come consulente esecutivo ("Ma facevo poco altro che gironzolare per il set e sparare con la mia pistola a salve", ammetterà in un'intervista), il poster e i titoli di testa firmati da Ralph Steadman, illustratore storico di HST.

Ancora meglio la resa dei due protagonisti.
Bill Murray - aiutato da Steadman - aveva studiato a fondo i tic, il modo di parlare e di muoversi di Thompson, passando diversi giorni nel ranch di quest'ultimo a bere e divertirsi, rischiando anche di affogare nella piscina; la sua immersione nel ruolo è impressionante, e mise tanto a dura prova l'attore da farlo rimanere nel personaggio anche dopo la fine delle riprese e l'inizio della nuova stagione del SNL, per la costernazione dei suoi colleghi.
L'ex Frankenstein Junior Peter Boyle, dal canto suo, tira fuori un inconsueto istrionismo selvaggio e tiene testa a Murray dall'inizio alla fine, concedendosi almeno una sequenza da mattatore (a scelta: il processo ai giovani hippy o lo scontro nel bar con l'avvocato fighetto).

I limiti del film sono invece rappresentati da regia e copione.
Linson di mestiere fa il produttore, e si vede: questo rimarrà il primo di soli due tentativi dietro alla macchina da presa e, data la scarsissima dimestichezza coi tempi comici, non è difficile capire perché.
La sceneggiatura di John Kaye - squinternata come quella di un film di Cheech & Chong - fa acqua da tutte le parti, al punto da rendere vani anche i tentativi di riscriverla da parte degli stessi Murray e Thompson, che aggiunsero il prologo, l'epilogo e la voce fuori campo, cambiando altre parti qua e là.

Non una pellicola fondamentale nella storia del cinema, quindi, ma di certo consigliabile ai fan di Bill o ai seguaci di HST.

"Durante le riprese affitai una casa a Los Angeles per me e una guest house per Hunter. Di giorno lavoravo e di notte passavo tutto il tempo sveglio con lui... Una parte di Hunter è ancora dentro di me."
(Bill Murray)

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