OSCAR 2022. CODA-I SEGNI DEL CUORE, QUANDO UNA FAMIGLIA SORDA SI FA SENTIRE
USA/Francia/Canada 2021
111'
Regia: Siân Heder
Interpreti: Emilia Jones, Marlee Matlin, Troy Kotsur, Eugenio Derbez, Ferdia Walsh-Peelo, Daniel Durant, Amy Forsyth.
Ruby (Jones) frequenta il liceo, ma è emarginata perché suo padre (Kotsur), sua madre (Matlin) e suo fratello (Durant) sono sordi.
Il suo sogno è cantare ed in questo è incoraggiata dal suo eccentrico insegnante (Derbez), ma i suoi non la capiscono e preferirebbero che desse una mano nell'attività di famiglia.
Riuscirà l'amore per la musica a trionfare? O Ruby dovrà rinunciare alle proprie aspirazioni?
Alla fine gli Oscar sono stati vinti dal film meno favorito della vigilia.
Tra gli avversari c'erano infatti opere di registi affermati - The Power of the Dog di Jane Campion, Dune di Denis Villeneuve, West Side Story di Steven Spielberg, Nightmare Alley di Guillermo del Toro, Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson, Don't Look Up di Adam McKay, Belfast di Kenneth Branagh (King Richard con Will Smith e Drive My Car di Ryūsuke Hamaguchi erano già destinate ad essere premiate rispettivamente per il miglior attore protagonista e per il miglior film internazionale, come poi effettivamente è successo).
Eppure è stato il film più piccolo, quello con il minore budget, quello più sconosciuto, ad imporsi.
E - cosa che rende storico l'exploit - quello non pensato per le sale cinematografiche: è la prima volta che il premio più ambito è andato ad un prodotto di una piattaforma streaming (e questa piattaforma non è quella dei colossi Netflix o Disney+, bensì quella di Apple TV+).
Ciò che non era riuscito a Roma di Alfonso Cuarón, The Irishman di Martin Scorsese, Mank di David Fincher, Il Processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin negli anni passati è riuscito invece ad una pellicola della quale non moltissimi avevano sentito parlare prima delle nomination.
Che però ha fatto breccia nel cuore dei giurati.
Su come ce l'abbia fatta, è francamente un mistero.
CODA non è certamente il classico film da Oscar: non ha potuto contare su un budget importante e su una campagna promozionale imponente, non è un drammone, non è un film di denuncia, non è stucchevolmente politically correct come piace tanto a Hollywood, non può contare su grandi nomi - la regista è pressoché sconosciuta (e non è stata neppure nominata per la migliore regia) e gli attori non sono molto noti (ad eccezione della brava Marlee Matlin, prima donna affetta da sordità e più giovane vincitrice ad aggiudicarsi l'Oscar come migliore attrice protagonista per Figli di un dio minore nel 1987, a fianco al recentemente scomparso William Hurt, con il quale aveva poi intrattenuto una breve e tormentata relazione) -, la storia sa un po' di déjà vu (è comunque il remake di un film francese del 2014, La Famiglie Bélier), non ha creato reazioni entusiastiche nel pubblico (pur essendo generalmente apprezzato) né ha fatto urlare al capolavoro tra gli esperti di settore.
Eppure i tre Oscar (e pure "pesanti") su altrettante candidature - film, sceneggiatura originale (a nostro avviso, però, non il suo punto più forte) e attore non protagonista (meritatamente andato a Troy Kotsur, una rivelazione anche dopo la vittoria) - sono lì a dimostrare un successo sicuramente inaspettato ma anche chiaro.
Forse ha giovato il fatto di essere una commedia (l'unica tra le nominate) gradevole e di buoni sentimenti, "inclusiva", con un finale scontato ma rassicurante, con protagonisti bravi e simpatici: nei tempi cupi che stiamo vivendo una storia che scalda i cuori e che fa sorridere senza essere volgare né fracassona è un vero toccasana.
O forse anche il fatto che per interpretare dei personaggi sordi sono stati ingaggiati degli attori veramente sordi, rendendo CODA meno artificioso e più sincero e "vero".
Quando Hollywood ha cominciato a parlare di inclusività, si è focalizzata maggiormente sul colore della pelle, sull'orientamento e l'identità sessuale, sul genere, mentre il tema della disabilità è rimasto marginale: troppo spesso gli studios hanno ripiegato su attori cosiddetti normodotati per interpretare persone con disabilità (con risultati non sempre brillantissimi).
Ora CODA potrebbe aver aperto una breccia e portare a legittime richieste di visibilità da parte di artisti diversamente abili.
Richieste alle quali lo showbusiness non dovrebbe mai più rimanere sordo.
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