(Clicca sulla locandina per vedere il trailer).
USA, 2023
109'
Regia: William Friedkin
Interpreti: Kiefer Sutherland, Jason Clarke, Lance Reddick, Monica Raymund, Jake Lacy, Dale Dye.
Il tenente Greenwald (Clarke), avvocato militare, accetta con riluttanza di difendere il giovane ufficiale di Marina Maryk (Lacy) in un processo che vede questi accusato di ammutinamento nei confronti del capitano Queeg (Sutherland).
L'imputato ha preso il comando della nave - la Caine del titolo - durante un violento uragano nel Golfo Persico.
Eccesso di zelo o inevitabile
extrema ratio per sottrarre il comando ad un uomo dispotico e ossessivo, inadeguato al ruolo?
Ho scoperto che [...] dei tanti strumenti nell'arsenale di Billy, la gentilezza era uno dei più efficaci.
Parole del
due volte premio Oscar Guillermo del Toro, chiamato dalla Paramount a supervisionare - per mere questioni assicurative - le due settimane di riprese dell'ultimo lavoro firmato William Friedkin (il cineasta messicano si è limitato a guardare il collega al lavoro e, come egli stesso ha raccontato, si è goduto lo spettacolo).
Il bel tributo di GdT potrebbe benissimo essere nostro.
Il compianto cineasta di Chicago - scomparso lo scorso agosto, poche settimane prima di compiere 88 anni - è stato una figura fondamentale per questo blog.
Ricordiamo:
l'incontro sul red carpet di Venezia nel 2011, dove coniammo per lui l'epiteto - poi usato anche da altri - di Maestro (
sic, con la maiuscola); le occasionali interazioni via
social, in cui Billy ci aveva inorgoglito chiamandoci
"my italian friends"; la campagna da noi condotta affinchè venisse
insignito del Leone d'Oro alla carriera; lo
Speciale del 2013, le recensioni, gli articoli e
l'episodio del podcast che in varie occasioni gli dedicammo.
The Caine Mutiny, presentato postumo proprio alla
scorsa Mostra del Cinema, è una chiusura del cerchio non solo per noi, ma anche per lo stesso Friedkin, che aveva avviato la carriera girando documentari per la tv (
medium al quale era
tornato solo occasionalmente).
In origine c'è un'acclamata
pièce teatrale del romanziere premio Pulitzer Herman Wouk, già adattata per le sale nel 1954 (con Humphrey Bogart nel ruolo di Queeg) e per il piccolo schermo nel 1988 (con la regia di Robert Altman).
Billy ha riscritto personalmente il copione, modificando alcuni dettagli e rendendolo contemporaneo.
Il nostro non è nuovo al genere
legal thriller, avendo già girato in passato l'ottimo
La Parola ai Giurati (altro
remake di un celebre film degli anni 50) e il controverso
Regole d'Onore: questa pellicola condivide col primo lo svolgimento dell'intreccio in un'unica stanza (o quasi), col secondo l'ambientazione militare.
Il regista non tradisce la dimensione teatrale, ma riesce a trascenderla, mantenendo alta la tensione nonostante la totale assenza di azione (in questo il Maestro era davvero... un maestro!) e adottando una messinscena tanto minimale quanto geniale.
Si vedano i movimenti della macchina da presa: l'inquadratura si stringe quando i personaggi hanno il controllo o sono in una posizione di superiorità, mentre si allarga per enfatizzarne la debolezza o i momenti di difficoltà.
Un film che si affida alla forza della parola, quindi, ma anche alle
performance dei suoi interpreti.
In un cast di grande livello fanno macchia Reddick nella parte del giudice (all'attore di
Lost e
Godzilla vs. Kong, morto anch'egli poco dopo le riprese, è dedicata la pellicola) e Sutherland nei panni di Queeg (bravo il protagonista di
24 a non imitare Bogart).
Ma più di tutti emerge Jason Clark, cui Billy cuce addosso il ruolo della vita come precedentemente aveva fatto con Michael Shannon in
Bug e con Matthew McConaughey in
Killer Joe.
L'interprete di
Zero Dark Thirty e
Oppenheimer offre una prova sublime, esaltata dal monologo conclusivo che è il
climax e la chiave di volta di tutto il lungometraggio.
Un finale che è un ribaltamento inaspettato, la virtuale rivincita del capitano del Bounty (riferimento ad un altro famoso ammutinamento cinematografico!), il testamento morale dell'intero film e probabilmente del suo autore.
È un invito a pensare e ad agire fuori dagli schemi, così come Friedkin ha sempre fatto nel corso della sua lunga carriera.
L'inquadratura che chiude l'opera, un attimo prima che una canzone
funk accompagni i titoli di coda (scelta bizzarra), è l'ultima zampata di un vecchio leone, il colpo di coda di un cineasta come non ce n'è quasi più.
A parziale consolazione di ciò, condividiamo l'affermazione dell'amico e critico britannico Mark Kermode: è morto l'uomo, ma almeno ci rimangono i suoi film.
Grazie di tutto, Billy.
Grazie di tutto, Maestro.
[PS: se volete approfondire l'argomento, qui sotto trovate una filmografia parziale, in ordine cornologico; cliccate sui link per leggere le nostre recensioni e guardare i trailer!]
1971:
Il Braccio Violento della Legge.
1973:
L'Esorcista.
1977:
Il Salario della Paura.
1986:
Vivere e Morire a Los Angeles.
1990:
L'Albero del Male.
1995:
Jade.
2006:
Bug.
2011:
Killer Joe.
2017:
The Devil and Father Amorth.
Etichette: Friedkin, Godzilla vs. Kong, Guillermo del Toro, Jason Clarke, Kiefer Sutherland, KIller Joe, Reddick, The Caine Mutiny Court-Martial, The Devil And Father Amorth, Venezia 2023, Zero Dark Thirty