CINEMA A BOMBA!

martedì 24 settembre 2024

GLI INEDITI: WALKER, JOE STRUMMER BARBONE PER UN REGISTA-ICARO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Messico, 1987
94'
Regia: Alex Cox
Interpreti: Ed Harris, Peter Boyle, Marlee Matlin, John Diehl, Xander Barkeley, Zander Schloss, Sy Richardson, Dick Rude, Joe Strummer (non accreditato).


1855. La storia vera - ancorché molto romanzata - dell'ambizioso filibustero americano William Walker (Harris), che alla guida di un manipolo di soldati di ventura (da lui pomposamente chiamati "gli Immortali") conquistò il Nicaragua e ne divenne il dittatore.
Almeno finché non venne arrestato e fucilato dall'esercito honduregno.


1987. Subito dopo lo sgangherato pseudo-spaghetti western Straight to Hell, il regista Alex Cox e il cantautore Joe Strummer decidono di lavorare insieme ad un'altra pellicola.
Il primo è un cineasta di discreto successo, il secondo è in cerca di nuove sfide dopo lo scioglimento dei Clash.

Il musicista inglese - attratto anche dalla familiarità con l'ambientazione nicaraguense, avendo realizzato qualche anno prima l'album triplo Sandinista! - accetta la sfida di scrivere le musiche originali.
Si chiude in una stanza con una chitarra acustica, un synth e un registratore a quattro piste, e compone 14 tracce: 3 cantate e le altre interamente strumentali.

Insieme a lui c'è l'amico Zander Schloss (ex Circle Jerks) con la propria spanish guitar, e il risultato è una colonna sonora memorabile, con echi di Ennio Morricone e decisamente migliore del lungometraggio che accompagna.

Joe - che in questo periodo si è dato alla recitazione - interpreta Faucet, il lavapiatti dei mercenari di Walker.
Peccato che quasi tutte le sue scene siano state tagliate in fase di montaggio: alcuni frammenti verranno poi recuperati nel documentario Il Futuro Non è Scritto, ma nel film il nostro compare solo pochi secondi - sfoggiando un insolito hippy look, con capelli a boccoli e barba lunga - mentre si tuffa in un fiume dove delle donne si stanno lavando.

Cox decide di girare realmente in Nicaragua, approfittando delle sovvenzioni del governo sandinista e della Chiesa cattolica, ma il distastro finanziario e il massacro della critica che ne conseguiranno metteranno di fatto fine alla sua carriera.
Peccato, perché il cast e i contributi tecnici sono di buon livello, a cominciare dal copione redatto dallo sceneggiatore underground Rudy Wurlitzer, lo stesso di Strada a Doppia Corsia di Hellman, Pat Garrett & Billy The Kid di Peckinpah e Candy Mountain (sempre con Strummer in un breve ruolo).

Che cosa non ha funzionato, allora?
Forse un eccesso di hubris da parte del regista, convinto di essere al livello del Coppola di Apocalypse Now o del Friedkin di Sorcerer; forse i continui e voluti anacronismi (compaiono elicotteri, riviste e orologi da polso); forse la ricerca troppo insistita di un parallelismo tra il Nicaragua di metà 1800 e quello di metà anni 80.

La pellicola è una satira non molto velata dell'imperialismo USA e della "guerra sporca" dei Contras - gli antirivoluzionari al soldo della CIA - voluta da Reagan per rovesciare il governo sandinista (tentativo fallito, per la cronaca).
Ma il messaggio risulta indebolito dalla crasi imperfetta tra la serietà del tema trattato e gli innesti di umorismo nero.

Questo bizzarro biopic è indirizzato piuttosto ai fan di Joe Strummer e agli appassionati di un certo cinema d'autore, quello così ambizioso ed esagerato da portare il proprio regista a diventare una sorta di artistico Icaro: coraggioso nel proposito di volare vicino al sole, ma troppo cieco per accorgersi che la cera della proprie ali si sta sciogliendo.


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mercoledì 18 settembre 2024

I CLASSICI: THE FLASH, THU BAT IS MEGL CHE UAN

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2023
144'
Regia: Andy Muschietti
Interpreti: Michael Keaton, Ezra Miller, Ben Affleck, Sasha Calle, Michael Shannon, Jeremy Irons, Gal Gadot, Jason Momoa, George Clooney, Nicolas Cage.


Dopo aver aiutato Batman (Affleck) e Wonder Woman (Gadot) a sventare una rapina, Flash (Miller) decide di usare la propria velocità per tornare indietro nel tempo ed evitare così l'omicidio della propria madre, avvenuto quando era un ragazzino.

Le cose non vanno però esattamente come sperato e il giovane velocista si ritrova in un presente alternativo con un doppio di se stesso e il generale Zod (Shannon) che minaccia nuovamente la Terra.

Per rimettere a posto il pasticcio combinato, la sua unica possibilità è quindi chiedere aiuto al Batman di questa dimensione (Keaton)...


L'Uomo d'Acciaio (2013)
Batman v Superman: Dawn of Justice (2016)
Suicide Squad (2016)
Wonder Woman (2017)
Aquaman (2018)
Wonder Woman 1984 (2020)
Zack Snyder's Justice League (2021)

Dopo 10 anni si è conclusa la parabola del DC Extended Universe (per gli amici DCEU), l'universo interconnesso dei supereroi della DC Comics che avrebbe dovuto fare concorrenza al Marvel Cinematic Universe (per gli amici MCU).

Certo, dovremmo citare anche altri lungometraggi usciti nel decennio: i due Shazam!, Josstice League (ossia la Justice League originariamente rovinata da Joss Wheadon), Birds of Prey, The Suicide Squad (il semi-reboot operato da James Gunn), Black Adam e Blue Beetle.
Ma non siamo sicuri che siano canonici, per cui siamo propensi a non considerarli tali.

Comunque sia, la festa è finita e il lungamente sospirato capitolo solista dedicato al velocista rosso è la fine del ciclo (benché cronologicamente dopo di esso sia ancora uscito il secondo Aquaman, nell'indifferenza generale).
Non solo: questo lungometraggio funge anche da chiusura del... Burton-verse!

Ebbene sì, la mossa geniale della Warner Bros. è stata quella di aver sfruttato l'inflazionato "multiverso" per far tornare l'Uomo Pipistrello originale, quello del dittico diretto da Tim Burton: Batman (1989) e Batman-Il Ritorno (1992).
Incontenibile l'entusiasmo dei fan - noi tra questi, ovviamente - che possono vedere il grande Michael Keaton rivestire, a 70 anni suonati(!), i panni del personaggio che lo aveva reso famoso.

The Flash è dunque lo Spider-Man: No Way Home della Distinta Concorrenza?
Non esattamente, ma certo poter vedere nella stessa pellicola due versioni cult del Cavaliere Oscuro - più un cammeo a sorpresa nell'ultima scena - è un evento inedito ed eccitante per gli appassionati del personaggio, oltre che probabilmente un'occasione irripetibile.

Peccato solo che i frutti della travagliatissima lavorazione - cambi continui di regista, scene scartate e rigirate ex-novo, un budget cresciuto tanto esponenzialmente da aver reso il film uno dei maggiori flop della storia del cinema recente - traspaiano anche troppo.
Ad effetti speciali altamente realistici si alternano inserti di IA incredibilmente dozzinali, la storia è un po' convulsa, i momenti umoristici mal si amalgamano col tono complessivamente serio della pellicola.

Stretta tra un incipit troppo lungo (la scena di Flash che salva i neonati in caduta libera è superflua e vagamente creepy; inoltre, la sua ripresa nei titoli di coda risulta anche divertente, ma del tutto incongrua) e un terzo atto esagerato (ma con una sorpresa che riguarda un film supereroistico scritto da Kevin Smith e mai realizzato), la parte migliore è quella centrale, specie dopo che entra in campo Bat-Keaton.

Il protagonista di Beetlejuice e Birdman è in forma smagliante e vale da solo la visione dell'opera.
Peccato solo che il suo insperato ritorno sotto cappa e mantello sia finito qua: il nostro ha fatto ancora in tempo a girare Batgirl e il seguito di Aquaman, ma il primo è stato inspiegabilmente cancellato a riprese praticamente ultimate (con una perdita netta di 90 milioni di dollari!) e nel secondo il suo cammeo è finito sul pavimento della sala di montaggio.

Nel complesso, The Flash risulta comunque uno dei capitoli migliori del DCEU, e rivedere un'ultima volta Wonder Gadot e Batfleck è di per sè una goduria pazzesca.
Tuttavia rimane l'amaro in bocca per quel che il franchise avrebbe potuto essere se gli executive della Warner avessero lasciato mano libera a Zack Snyder, principale artefice dei lungometraggi più riusciti della serie, anziché rovinare il suo lavoro con disastrose scelte produttive.

Probabilmente non vedremo mai i due seguiti di Justice League che il regista di 300 e Rebel Moon aveva pianificato, nonostante il miracoloso precedente dello Snyder's Cut.
Ora la palla è passata a James Gunn - autore della trilogia dei Guardiani della Galassia - che ha deciso di ripartire da zero con un ennesimo, mastodontico reboot.

Gli (e ci) auguriamo ogni bene, ma diciamocela tutta: lo Snyderverso ci mancherà.


[PS: per approfondire l'argomento DCEU, (ri)ascoltatevi l'episodio 8 (Aquaman) e l'episodio 14 (Zack Snyder's Justice League + Wonder Woman 1984) del BOMBCAST, il podcast ufficiale di CINEMA A BOMBA!]


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lunedì 9 settembre 2024

VENEZIA 2024. I VINCITORI




Dall'alto: Pedro Almodóvar con il Leone d'Oro; Vincent Lindon con la Coppa Volpi; Maura Delpero con il Leone d'Argento-Gran Premio della Giuria. 




L' edizione numero 81 della Mostra del Cinema di Venezia verrà ricordata come quella del trionfo di Pedro Almodóvar.

Il regista spagnolo, già premio Oscar per il film straniero nel 1999 con Tutto su mia madre e per la sceneggiatura originale nel 2003 con Parla con lei, per la prima volta in carriera si aggiudica il premio più importante di uno dei principali festival cinematografici del mondo.

E lo fa ancora con una storia al femminile - che parla di eutanasia - tutta girata in inglese (lui che aveva sempre diretto pellicole in lingua spagnola), con protagoniste due attrici strepitose: Julianne Moore e Tilda Swinton.

C'è una regola strana, alla Mostra del Cinema di Venezia: se un film vince un premio per migliore attore o migliore attrice, poi non può essere premiato con il Leone d'Oro (o viceversa) - motivo per il quale, per esempio, nel 2012 The Master, già premiato per le superbe interpretazioni di Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix, non riuscì ad aggiudicarsi quello che sarebbe stato un Leone d'Oro sacrosanto.

Ed è forse che per questo che la Coppa Volpi, anziché al formidabile duo, è andata alla pur bravissima Nicole Kidman, assente alla premiazione solo per un grave lutto in famiglia.

La diva australiana si è imposta su altre star che nei prossimi mesi le daranno filo da torcere in ottica Oscar: Angelina Jolie - Maria Callas nel biopic di Pablo Larraín - e Lady Gaga - Harley Quinn nel seguito di Joker.

Quest'ultima, in realtà, potrebbe avere maggiori chance con i Golden Globe: una sua eventuale vittoria in occasione della cerimonia di consegna dei premi della stampa estera, tuttavia, sarebbe un buon viatico.

Per ciò che riguarda gli attori, la scelta sembrava essere tra Daniel Craig, protagonista di Queer di Luca Guadagnino, e il redivivo Adrien Brody, architetto ebreo in The Brutalist di Brady Corbet; ma la Coppa Volpi è andata invece a Vincent Lindon - ottimo interprete, è vero, ma anche partner in scena in numerosi film della presidente della giuria Isabelle Huppert...

Sfida rimandata, a quanto pare: i due sembrerebbero già seri contendenti per una nomination agli Academy Award, forti di due film che sono stati molto apprezzati.

Ma se Guadagnino gode già di un buon credito a Hollywood, occhio a Corbet: il suo The Brutalist è stato la rivelazione del festival e gli è valso il riconoscimento per la migliore regia - abbiamo vibrazioni da Opera senza autore, pellicola che ci ha entusiasmato.

Un'altra rivelazione è stata l'unica opera italiana finita nel palmarès: Vermiglio, firmata da Maura Delpero e ambientata nell'omonimo paesino del Trentino con attori perlopiù non professionisti, ha conquistato giurati e pubblico e si è portata a casa addirittura un Leone d'Argento.

Speriamo di sentirne ancora parlare.

Tra gli altri premiati, un film georgiano, due sceneggiatori brasiliani (per Ainda estou aqui, considerato uno dei papabili per la vittoria del premio più prestigioso; speriamo che questa attenzione serva comunque a riportare i riflettori su Walter Salles) e il giovane protagonista di Leurs Enfants après eux.

Qui di seguito riportiamo i vincitori del concorso principale.

Con la solita nota a margine: nei prossimi mesi sentiremo parlare ancora solo di pochi film presentati al Lido; molti verranno dimenticati; altri passeranno quasi inosservati.

Ma voi date credito a tutti e amateli: il cinema è fatto sì di grandi nomi e grandi risorse, ma anche di piccole storie, di sacrifici, di budget scarsi e di volti interessanti ma non noti.


Leone d'oro al miglior film: The Room Next Door, regia di Pedro Almodóvar (Spagna)

Leone d'argento - Gran premio della giuria: Vermiglio, regia di Maura Delpero (Italia, Francia, Belgio)

Leone d'argento - Premio speciale per la regia: Brady Corbet per The Brutalist (Stati Uniti d'America)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Nicole Kidman per Babygirl, regia di Halina Reijn (Stati Uniti d'America)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Vincent Lindon per Jouer avec le feu, regia di Delphine e Muriel Coulin (Francia)

Premio Osella per la migliore sceneggiatura: Murilo Hauser ed Heitor Lorega per Ainda estou aqui, regia di Walter Salles (Brasile, Francia)

Premio speciale della giuria: Ap'rili, regia di Dea K'ulumbegashvili (Georgia, Francia, Italia)

Premio Marcello Mastroianni: Paul Kircher per Leurs Enfants après eux, regia di Ludovic e Zoran Boukherma (Francia)


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lunedì 2 settembre 2024

UN COLPO DI FORTUNA, CASO DOLCE CASO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Francia/Regno Unito, 2023
93'
Regia: Woody Allen
Interpreti: Lou de Laâge, Melvil Poupaud, Niels Schneider, Valérie Lemercier.


Fanny risiede nella Parigi bene col marito Jean e ha una vita apparentemente perfetta, ma quando incontra per caso l'ex compagno di scuola Alain qualcosa inizia a incrinarsi.

Jean, in superficie rispettabile, è in realtà un affarista senza scrupoli, e pian piano si insospettisce del comportamento della moglie...


La cosa bella dei cinema all'aperto, oltre al fatto di godere la visione di un film in un ambiente naturalmente aerato, è la possibilità di recuperare opere già uscite nelle sale che per qualche ragione ci si era persi.
È il nostro caso, avendo recentemente potuto vedere sul grande schermo l'ultima fatica firmata Woody Allen.

Scriviamo ultima non a caso: quella che vi stiamo recensendo è la pellicola numero 50 nella lunga carriera dell'autore di Manhattan, e potrebbe essere quella conclusiva, sia per questioni meramente anagrafiche (Woody ha quasi 89 anni) sia per il boicottaggio che sta subendo in patria per colpa di vecchie accuse di molestie riaffiorate di recente (per la cronaca: ai tempi 2 commissioni di inchiesta, indipendenti tra loro, lo assolsero).

Questo ostruzionismo delle case di produzione e distribuzione ha portato il cineasta a girare per la prima volta in lingua francese e con un cast interalmente transalpino.
È il principale elemento di novità di questo film, che per il resto è "alleniano" al 100% ed è ambientato in una città che il regista conosce bene: Parigi, ovviamente.

Woody aveva già ambientato alcune precedenti pellicole nella città dell'amore, non ultima quella Midnight in Paris che molti ritengono - non a torto - l'ultimo suo grande opus.
Beh, che sia un caso o no, Un Colpo di Fortuna è il miglior Allen da quel film a questa parte.

E proprio il tema della casualità e della fortuna (intesa in senso latino, cioè neutro), da sempre uno dei principali topoi del regista, è qui predominante.
Così come quello del "dostoevskiano" delitto e castigo, già precedentemente esplorato in Crimini e Misfatti e Match Point.

Con quei due longometraggi questo condivide la struttura thriller e la riflessione - etica, prima ancora che penale - sulla punibilità dell'omicidio.
Ma qui il tono è più leggero, quasi da commedia brillante, al punto che nell'inaspettata scena finale - che ovviamente non sveliamo - ci è scappata perfino una risata.

Bella la fotografia del grande Vittorio Storaro (Apocalypse Now, Dick Tracy), negli ultimi anni vero e proprio uomo di fiducia di Allen, che infonde di colori caldi la capitale francese al punto che a tratti essa sembra la New York autunnale che il regista ha spesso immortalato nelle sue opere più famose.

In un cast di sconosciuti (per noi) tutti molto bravi, si fa notare la protagonista Lou de Laâge, una specie di incrocio tra Léa Seydoux e una giovane Diane Keaton.
Ma le sequenze migliori sono affidate a Valérie Lemercier (la madre), di cui traspare un talento sotteraneamente umoristico.

Accolto bene a Venezia 2023, dopo che Cannes lo aveva snobisticamente rifiutato (sempre per le accuse di cui sopra), Coup de Chance sarà forse il canto del cigno di questo cineasta dall'aspetto buffo o forse no.

Ma, fermandosi un attimo e ripercorrendo a memoria la sua filmografia, dagli anni 60 ad oggi, una cosa possiamo affermare: il successo di Woody Allen non è stato... un colpo di fortuna.


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