OSCAR 2020. C'ERA UNA VOLTA...A HOLLYWOOD, ANGELI E DEMONI
USA, 2019
161'
Regia: Quentin Tarantino
Interpreti: Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Al Pacino, Kurt Russell, Zoe Bell, Bruce Dern, Dakota Fanning, Maya Hawke, Harley Quinn Smith, Damian Lewis, Michael Madsen, Luke Perry.
Los Angeles, 1969. Rick Dalton (DiCaprio) è un divo del cinema e della televisione in declino.
Vicino di casa di Sharon Tate (Robbie) e Roman Polanski, la cui ascesa a Hollywood pare invece inarrestabile, il nostro ha come miglior amico Cliff Booth (Pitt), intrepido stuntman che lo segue come un'ombra.
Mentre l'attore partecipa a una serie tv western, un'inquietante comunità hippy si installa allo Spahn Ranch con il progetto di far la festa a Tate e compagnia.
Rick comincia a chiedersi se non abbia ragione il suo manager, Marvin Schwarz (Pacino), che gli ha consigliato di trasferirsi in Italia a girare western spaghetti...
La storia si ripete: prima al Festival di Cannes, poi alla Notte degli Oscar, C'era una Volta... a Hollywood ha dovuto cedere il premio più ambito al rivale coreano Parasite.
I 3 Golden Globe conquistati a gennaio non sono bastati a convincere l'Academy: il film di Tarantino è stato, insieme a 1917 di Sam Mandes, uno dei grandi sconfitti della serata.
Solo 2 statuette, alla fine: miglior attore non protagonista (Pitt) e miglior scenografia.
Eppure Quentin avrebbe meritato almeno l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale, non fosse altro per averci lavorato 5 lunghi anni (parole sue).
Se fosse accaduto, sarebbe stata la terza volta per lui, dopo Pulp Fiction e Django Unchained.
Il riconoscimento a Brad Pitt ha invece messo d'accordo tutti, e non poteva essere altrimenti.
Il regista italo-americano gli ha cucito addosso il ruolo della vita: un personaggio spavaldo e violento, eppure coraggioso e leale, difficile da dimenticare.
L'unico elemento discordante è la categoria in cui è stato premiato.
Non protagonista? Ma è lui il vero eroe della storia.
CUVAH è una lettera d'amore, un commosso omaggio alla Hollywood dei tempi d'oro: sta a Tarantino come Roma stava ad Alfonso Cuarón.
Vero, qui ci sono un po' troppi tempi morti e digressioni, e a 3/4 del film compare dal nulla una voce narrante del tutto superflua, ma rimane un'ottima rievocazione d'epoca.
Quella di QT non è una città da documentario, è una Los Angeles "dell'anima", idealizzata e immersa in un contesto storico volutamente e irriverentemente revisionista.
Non scendiamo in dettagli per non spoilerare nulla, ma non sarebbe divertente se Cliff si scoprisse essere il discendente dell'ufficiale di Bastardi Senza Gloria?
Pitt e DiCaprio (a proposito, bravissimo anche quest'ultimo, come sempre) sono - parole di Quentin - "la più esaltante coppia cinematografica dai tempi di Redford e Newman", ma non sono le uniche stelle del cast a brillare.
La Sharon Tate di Margot Robbie attraversa il film a passo di danza: la sua è una presenza angelica che serve da contraltare alla rozzezza demoniaca della Manson Family (curiosamente, Charles Manson compare solo per pochi secondi).
La statuaria attrice di The Wolf of Wall Street e Suicide Squad è oramai una diva a tutti gli effetti, guai a chi dice il contrario.
Tra le parti di secondo piano commuove quella del compianto Luke Perry, un tempo star televisiva del giovanilistico Beverly Hills 90210, morto poco dopo le riprese.
Diverse figlie d'arte tra le comparse: Rumer Willis, figlia di Bruce Willis e Demi Moore; Maya Hawke (apparsa nella 3a stagione di Stranger Things), figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke; Harley Quinn Smith, figlia di Kevin Smith (vedere Yoga Hosers e Supergirl Lives).
Nonostante qualche momento di tensione (la visita di Pitt allo Spahn Ranch è in odore di Non Aprite Quella Porta) e un'unica scena splatter nel finale, C'era una Volta a Hollywood si può catalogare come commedia.
Tra tutte, la scenetta più divertente è probabilmente quella in cui Bruce Lee fa la figura dello scemo.
Nelle interviste, Tarantino ha parlato di questa ennesima fatica come del proprio "Magnum Opus": al netto di qualche difetto, forse lo è.
Di sicuro è la sua pellicola più personale e sincera.
Da vedere, con o senza Oscar.
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