CINEMA A BOMBA!

lunedì 24 dicembre 2018

GLI INEDITI: SILENT NIGHT DEADLY NIGHT III, UN HORROR PER NATALE DI CERTO NON FA MALE

Clicca sulla locandina per vedere il trailer. 

USA, 1989
90'
Regia: Monte Hellman
Interpreti: Bill Moseley, Samantha Scully, Richard Beymer, Laura Harring, Eric Da Re, Leonard Mann, Robert Culp, Melissa Hellman, Monte Hellman (non accreditato).


Lo psicopatico Ricky Caldwell (Moseley), noto come "il killer vestito da Babbo Natale", è in coma da ormai 6 anni.

Nel tentativo di mettersi in contatto con lui, il Dott. Newbury (Beymer) si serve dei poteri extrasensoriali di Laura (Scully), ragazza cieca che sembra avere con l'assassino una connessione psichica.

Alla Vigilia di Natale, Laura ha in programma una cena a casa della nonna, insieme al fratello Chris (Da Re) e alla sua fidanzata Jerri (Harring).

Non sa però che Ricky si è svegliato, è tornato a uccidere ed è ora sulle sue tracce...






Che cosa può aver spinto un cineasta di culto come Monte Hellman - "mentore" di Quentin Tarantino (gli ha prodotto Le Iene) e autore di opere come La Sparatoria, Le Colline Blu e Strada a Doppia Corsia - a dirigere il 3° capitolo di una delle saghe horror più irrilevanti della storia del cinema?

Di più: che cosa può averlo spinto a descriverlo, nel corso di un festival texano nel 2008, come il suo lavoro migliore (bada: non il suo film migliore)?

Probabilmente la velocità e, considerato lo scarsissimo budget a disposizione, l'efficienza con cui venne realizzato.

La sceneggiatura originale fu scartata e riscritta in un mese dallo stesso Hellman con l'aiuto della figlia Melissa (che inoltre interpreta l'assistente del dottore) e dell'attuale Vice Presidente ed executive editor di Variety, il grande Steven Gaydos, che sempre per Monte ha scritto in anni recenti il bellissimo Road to Nowhere.

Il film venne poi girato in fretta e furia, montato rapidamente e infine proiettato a un festival... il tutto in soli 2 mesi!






Certo, non parliamo di un capolavoro della storia del cinema, e neppure di un horror memorabile.
Però la mano del regista - che si permette pure una comparsata "hitchcockiana", nei panni del molesto Babbo Natale ubriaco - si percepisce in più momenti.

La sequenza dell'incubo in apertura è già un buon biglietto da visita (con echi addirittura dai film "di genere" di Lamberto Bava!), ma il meglio è nel climax: qui lo scontro finale tra Ricky e Laura si tinge di connotazioni quasi junghiane.

Di buon livello anche gli attori, alcuni dei quali avrebbero poi lavorato per un altro auteur, David Lynch (Beymer e Da Re in Twin Peaks, Harring in Mulholland Drive).

Senza esagerare - come ha fatto il biografo Brad Stevens, che è arrivato ad affermare che in questa pellicola "il senso di progressione dinamica tipico dell'opera di Hellman non è mai stato così chiaro" (come no) - non possiamo negare che Silent Night, Deadly Night III: Better Watch Out! sia un vero e proprio film d'autore, benché sui generis.

Halloween, Venerdì 13, Thanksgiving, Auguri per la tua Morte... Non mancano gli esempi di horror "festivi".
Questo è uno slasher natalizio.
Perché no?

Buon Natale dall'intera Redazione di CINEMA A BOMBA!

PS: abbiamo intervistato brevemente Steven Gaydos in merito al suo contributo al copione. Ci ha confermato che i momenti di alleggerimento umoristico sono farina del suo sacco, in particolare la scena del cellulare tra Richard Beymer e Robert Culp. Grazie, Mr. Gaydos!




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lunedì 17 dicembre 2018

I CLASSICI: ANT-MAN AND THE WASP, LE DIMENSIONI (NON) CONTANO

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USA, 2018
118'
Regia: Peyton Reed
Con: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Douglas, Laurence Fishburne, Michelle Pfeiffer, Michael Peña, Walton Goggins, Hannah John-Kamen, Bobby Cannavale, Stan Lee.


Due anni dopo il suo coinvolgimento nello scontro tra Avengers che ha violato gli Accordi di Sokovia (ricordate Captain America: Civil War?), Scott Lang (Rudd, anche co-sceneggiatore) è ancora agli arresti domiciliari.

Hank Pym (Douglas) e sua figlia Hope (Lilly) si rimettono in contatto con lui: nella testa del ladruncolo potrebbe esserci la chiave per ritrovare Janet (Pfeiffer), moglie di Hank e madre di Hope, scomparsa molti anni prima e intrappolata da qualche parte nel Regno Quantico.

Ma la tecnologia per arrivare in quel mondo nanoscopico fa gola a molti, tra i quali un trafficante senza troppi scrupoli (Goggins) e la misteriosa Ghost (John-Kamen).

È arrivato il momento che ad Ant-Man si affianchi Wasp...






Il Marvel Cinematic Universe ha compiuto il suo primo decennale.
Sono passati proprio 10 anni da Iron Man, che ridefinì il concetto di superhero movie e diede il via a quella che è tuttora una delle serie più redditizie della storia del cinema.

Quest'anno, oltre al fiero Black Panther e all'epico Avengers: Infinity War, è uscito il secondo film dedicato ad Ant-Man, con qualche novità.
Il cambiamento principale si evince dal titolo: al simpatico furfante in miniatura si affianca ora The Wasp.

È la prima volta nella storia della Casa delle Idee che un personaggio femminile assurge a ruolo di protagonista (co-protagonista, in questo caso), in attesa dell'annunciata pellicola dedicata a Captain Marvel.

Il movimento #MeToo e in generale la presa di coscienza della condizione femminile nell'industria hollywoodiana hanno sicuramente contribuito, e scelte come queste da parte di grandi studios come Marvel e Disney ci sembrano un bel segnale.

Il film in sé, leggero e divertente come si addice a un prodotto MCU, regge il confronto col precedente e ha al suo attivo riuscite sequenze d'azione fotografate dal "nostro" Dante Spinotti - tra cui un'inseguimento in auto tra le tortuose strade di San Francisco - e un cast da leccarsi i baffi.






L'autoironico Rudd e l'irresistibile Peña sono una garanzia, ma a fare macchia sono soprattutto le attrici.
Ok, la rediviva Pfeiffer compare solo per una decina di minuti (senza il costume da Catwoman che sfoggiava in Batman-Il Ritorno, ovviamente) e alla John-Kamen forse non è concesso tutto lo spazio che il suo personaggio avrebbe meritato, ma la sempre elfica Evangeline Lilly - nota per Lost e, per l'appunto, Lo Hobbit - è una gradita conferma e in più occasioni riesce a rubare la scena ai suoi illustri colleghi.

Rivedere due vecchie glorie come Douglas e Fishburne è comunque sempre un piacere.
Il secondo in particolare è ormai più che avezzo all'universo supereroistico, essendo già stato la voce dell'alieno Silver Surfer nel secondo film dei Fantastici Quattro e il direttore del Daily Planet nel concorrente Batman v Superman: Dawn of Justicee.

E non poteva mancare il compianto Stan Lee.
"The Man", com'era soprannominato, ci concede uno dei suoi ultimi, spassosi cammei: è il vecchio ex-hippie al quale Wasp rimpiccolisce erroneamente l'auto.

Ant-Man and The Wasp ha di sicuro accontentato i fan (tra i quali segnaliamo Fabian Nicieza, co-creatore di Deadpool) e soprattutto ha gettato le basi narrative per il prossimo Avengers: Endgame.

Non ci credete? Occhio alla sequenza mid-credits.
E poi non si dica che le dimensioni non contano...




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martedì 11 dicembre 2018

BOHEMIAN RHAPSODY, QUEEN SI CANTA!

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USA/UK, 2018
134'
Regia: Bryan Singer, Dexter Fletcher (non accreditato)
Con: Rami Malek, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Gwilym Lee, Lucy Boynton, Aidan Gillen, Tom Hollander, Allen Leech, Mike Myers.


Storia, successi ed eccessi di un cantante figlio di immigrati, Farrokh Bulsara, dagli esordi giovanili in una band alla consacrazione planetaria come Freddie Mercury, frontman dei Queen e icona rock tra le più celebri di sempre.

Passando per canzoni come Somebody To Love, Killer Queen, Bohemian Rhapsody, Crazy Little Thing Called Love, Love Of My Life, We Will Rock You, Another One Bites The Dust, I Want To Break Free, Radio Gaga, Hammer To Fall, We Are The Champions (la storia finisce con il Live Aid a Wembley del 1985)...






Lo affermiamo fin da subito: Bohemian Rhapsody è un film per chi ama la musica dei Queen, piuttosto che per i fan del gruppo inglese.

Biopic abbastanza infedele e poco accurato (tante le inesattezze, le incongruenze e gli errori nella sceneggiatura sulla vita di Mercury), un po' edulcorato (si è preferito mettere in secondo piano la sregolata vita privata e sessuale della rockstar) e celebrativo (tra i produttori compaiono pur sempre due membri della band, Brian May e Roger Taylor), esso ha fatto storcere il naso a più di un fan di stretta osservanza e a molta critica cinematografica.

Ma ciò non ha assoltamente influenzato il grande pubblico, che si è riversato numeroso nelle sale.

Un po' ovunque gli spettatori hanno intonato le canzoni assieme agli attori sullo schermo e hanno applaudito al termine della proiezione, dimostrando così un apprezzamento pressoché unanime per la messa in scena della storia dei Queen.

La scelta di privilegiare la parte spettacolare (le esibizioni, i concerti...), pubblica, musicale, su quella privata e intima si è dimostrata vincente, anche perché funziona bene ed è scossa da un'energia e da una vitalità contagiose.

Buona parte del merito va riconosciuta all'interpretazione di Rami Malek.

Il protagonista della serie Tv Mr. Robot, già apparso in The Master di Paul Thomas Anderson (vincitore morale della Mostra del Cinema di Venezia 2012), è un Freddie Mercury sensibile, solitario, tormentato, trasgressivo, professionale, carismatico, fragile, fedele alle amicizie, dalla voce potente e dalla notevole presenza scenica.

Malek, che pure fisicamente è più gracile dell'originale, si cala nel personaggio - al pari di Ben Hardy, Gwilym Lee e Joseph Mazzello, che impersonano gli altri componenti del gruppo (rispettivamente Roger Taylor, Brian May e John Deacon) - in modo credibile ed efficace.

E certamente è un Freddie Mercury molto diverso da quello che avrebbe potuto interpretare Sacha Baron Cohen, prima scelta per il ruolo - glielo avevano proposto nel 2010, ma non se n'è poi fatto niente per l'opposizione di May e Taylor alle idee del comico, che voleva mettere in risalto e rappresentare a tinte fosche gli eccessi del frontman.

Bohemian Rhapsody le sue turbolenze le ha comunque avute, a causa di Bryan Singer.

L'autore di I Soliti Sospetti, X-Men, Superman Returns è stato licenziato a riprese quasi finite e sostituito da Dexter Fletcher ufficialmente a causa di un ritardo ingiustificato che ha molto rallentato i lavori - ma molti pensano che i veri motivi fossero i litigi con l'attore protagonista e, soprattutto, le accuse di molestie sessuali a danno di ragazzi minorenni.

Non sappiamo cosa sia successo veramente, ma il fatto è che l'unico regista accreditato è proprio lo stesso Singer.

La pellicola si è dimostrata però più forte di tutte le polemiche: potere di canzoni che sono rimaste e della gran voglia, da parte del pubblico, di riviverle e di cantarle.

Non sarà forse un capolavoro, ma fa bene al cuore vedere come il cinema riesca ancora a suscitare cori, applausi, emozioni: è raro che un film riesca a rendere gli spettatori parte integrante dello spettacolo, ma Bohemian Rhapsody ci è riuscito.

Se vi sembra poco...




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domenica 2 dicembre 2018

I CLASSICI: IL CASTELLO MAGICO, QUANDO I GATTINI FANNO... PUM!

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Belgio/Francia, 2013
85'
Regia: Jeremy Degruson, Ben Stassen


Un giovane gatto, che più tardi verrà ribattezzato Tuono (ma "Pum!" sarebbe un nome più consono, considerati tutti i capitomboli cha fa), viene abbandonato dai propri padroni in una cittadina sconosciuta.

Dopo una rapida serie di disavventure, trova rifugio quasi per caso in una villetta isolata (sarebbe il castello dell'inesatto titolo italiano; l'originale è il più generico House of Magic), abitata dall'anziano illusionista Mr. Lawrence insieme ad animali e giocattoli animati.

Qui viene subito accolto bene da tutti, ad eccezione dell'anziano coniglio Jack e della topina Maggie, diffidenti e invidiosi.
Ma la vera minaccia è rappresentata da Daniel, nipote del mago e agente immobiliare senza scrupoli, che brama di mettere il vecchio in ospizio e rivendere la casa...






Negli ultimi anni la Disney ha avuto pochi concorrenti nell'ambito dell'animazione.
Che sia per i budget più scarsi o per la minor esperienza, è un fatto che gli studios - specie quelli indipendenti - fatichino a reggere il confronto con gli autori di Frozen e Inside Out.

Con qualche eccezione.
Il Castello Magico è addirittura una produzione europea (belga, per la precisione) e non sfigura affatto affianco ai film della casa di Topolino & C.

L'intreccio narrativo è convenzionale, ma la grafica è ottima e le sequenze d'azione funzionano.
Fanno centro il frequente ricorso alla soggettiva - di chiara derivazione videoludica - e l'uso del 3D.

Almeno 3 scene memorabili: l'inseguimento del cane da guardia, l'ingresso di Tuono nella villa e l'allontanamento dalla proprietà dei due trasportatori adibiti allo sfratto.

In attesa di un eventuale seguito (al momento è in programma solo uno spin-off televisivo incentrato sui bambini dell'ospedale), possiamo affermare che questo lungometraggio sia la migliore pellicola d'animazione indipendente dai tempi di Cappuccetto Rosso e gli Insoliti Sospetti.

Consigliato soprattutto ai più piccini.
Pum!




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