EDUCAZIONE SIBERIANA, URKA CHE CRIMINALI!
Italia, 2013
110'
Regia: Gabriele Salvatores.
Interpreti: John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Peter Stormare, Eleanor Tomlinson.
Il nuovo lavoro di Gabriele Salvatores è un Bildungsroman (cioè, romanzo di formazione) con al centro Kolima, nato e cresciuto nella Transnistria, regione semiautonoma dell'attuale Moldova, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.
Vera protagonista è però la violenta comunità di "criminali onesti" (i cosiddetti Urka, di origine siberiana) che forma e forgia il giovanotto con una serie di rigide regole interne, quali il divieto di strozzinaggio, stupro, relazioni omosessuali, spaccio e consumo di stupefacenti, la liceità di furto, rapina - solo se commessi nei confronti dei ricchi e dello Stato - e omicidio - autorizzato solamente per motivi di causa maggiore.
Questo film rappresenta una svolta per il regista del Premio Oscar Mediterraneo e di successi quali Nirvana, Amnèsia, Io non ho paura, Come Dio comanda: lasciati a casa i collaboratori abituali, l'autore si affida ad attori tutti stranieri (il nome di punta è quello del veterano John Malkovich, ma brillano anche il volto noto Peter Stormare e i giovani e bravi interpreti principali), gira non in lingua italiana e in condizioni estreme.
Questo salto nel vuoto del sempre originale cineasta napoletano possa essere di esempio per i colleghi connazionali: le pellicole nostrane sono spesso autoreferenziali, provinciali e all'estero sono considerate, nei migliori dei casi, non interessanti - se non addirittura dei veri e propri "mattonazzi".
Nella crisi di idee del cinema tricolore, ben vengano, quindi, storie che si discostano dalla mediocrità imperante, che parlano un linguaggio universale, che sono interpretate in modo dignitoso, com'è il caso - appunto - di Educazione Siberiana, tratto dall'omonimo romanzo ispirato ad episodi autobiografici e scritto nella nostra lingua dal russo naturalizzato italiano Nicolai Lilin, noto anche come abile artista di tatoo (vedi il sito ufficiale).
E questo mestiere - in realtà, qualcosa di più di un mestiere: il perpetuarsi di un rito - è retaggio della sua appartenenza agli Urka, presso i quali centrale è l'importanza dei tatuaggi, vero e proprio linguaggio alternativo che sostituisce la forma orale con precisi significati, intelligibili però solo agli appartenenti alla comunità (come spiega lo scrittore italo-russo in questo video).
"I nostri tatuaggi sono le nostre ferite, sono i trofei che abbiamo vinto lottando, raccontano la storia delle nostre vite" (il tatuatore Ink a Kolima).
Un linguaggio affascinante che riesca a rendere al meglio le vicende narrate: ecco la sfida che deve essere affrontata coraggiosamente ed ambiziosamente dai registi italiani che vogliono far sentire la propria voce al di fuori del territorio patrio.
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