OSCAR 2023. ASIAN FUSION A HOLLYWOOD
Dall'alto: gli attori premiati (Ke Huy Quan, Michelle Yeoh, Brendan Fraser, Jamie Lee Curtis); i registi di Everything Everywhere All at Once Daniel Kwan e Daniel Scheinert, cioè The Daniels; Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale vince come miglior film straniero.
Abbiamo un'ennesima conferma: nella stucchevole retorica della nuova Hollywood non vincono i migliori, ma le storie più politicamente corrette.
Scorrendo la lista dei vincitori di questa edizione notiamo che le statuette sembrano assegnate con una sorta di Manuale Cencelli cinematografico: finalmente riconoscimenti alla comunità asiatica, il solito contentino a quella afro-americana e a quella ispanica - e non vuoi strizzare l'occhio anche a Bollywood?! -, l'apertura al cinema extra statunitense (europeo in particolare), i blockbuster a stelle-e-strisce, il premio di consolazione alle donne (nessuna regista candidata, ma vittoria nella categoria della migliore sceneggiatura non originale)...
Intendiamoci: tutti i premi sono meritati; però...
Everything Everywhere All at Once ha vinto la bellezza di 7 statuette su 11 nomination: film, regia (Daniel Kwan e Daniel Scheinert, ovvero The Daniels), attrice protagonista, attrice non protagonista, attore non protagonista, sceneggiatura originale, montaggio.
Riconosciamo la buona volontà di voler premiare un film che si discosta dai soliti cliché dei film-da-Oscar; ma davvero esso è il migliore dell'anno?
The Fabelmans e The Banshees of Inisherin-Gli Spiriti dell'Isola sono tornati ingiustamente a casa a mani vuote, ma avrebbero meritato decisamente più gloria: già solo per la regia è piuttosto sconvolgente notare che a Steven Spielberg e a Martin McDonagh sono stati preferiti i due Daniel...
Persino quell'americanata di Top Gun: Maverick (sonoro), il deludente Black Panther: Wakanda Forever (costumi, ma non - sorpresa! - migliore attrice non protagonista) e il tamarrissimo bollywoodiano RRR (canzone) hanno ottenuto un riconoscimento!
L'ambiziosissimo e memorabile Avatar-La Via dell'Acqua si è dovuto accontentare della sola statuetta per gli effetti speciali (se non gliel'avessero data sarebbe stata un'ingiustizia), il Pinocchio di Guillermo del Toro (suggestivo, ma decisamente non fedele all'originale) è stato eletto come miglior film d'animazione, mentre Sarah Polley, con il suo duro Women Talking, ha preso il premio per la migliore sceneggiatura non originale (una pezza, per evitare le accuse di sessismo mosse all'Academy per non aver candidato registe donne, Polley in primis; a farne le spese, soprattutto, The Banshees of Inisherin-Gli Spiriti dell'Isola).
Tra tutti i candidati per il miglior lungometraggio, quello poi risultato vincitore, in un'edizione normale, si sarebbe aggiudicato al massimo dei premi tecnici, che sono stati appannaggio invece, tra gli altri, della terza trasposizione filmica del romanzo di Erich Maria Remarque, Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale.
Pellicola, questa, dalla forte impronta pacifista e antimilitarista.
Ma perché non approfittare allora dell'occasione per parlare dell'attualità della guerra in Ucraina?
E' vero, come miglior documentario è stato premiato quello dedicato al noto oppositore putiniano Aleksej Navalny; ma quest'ultimo non si è mai opposto all'invasione russa e la moglie del dissidente, al momento dell'accettazione del premio, non ha fatto riferimenti alla situazione nel Paese europeo.
E l'Academy si è rifiutata di far intervenire Zelensky in collegamento durante la serata...
Ritornando ad argomenti più frivoli...
Evviva Michelle Yeoh, prima asiatica (nata in Malesia, ma di origini cinesi) a vincere il riconoscimento come migliore attrice protagonista!
Ma averla preferita alla titanica Cate Blanchett di Tár (non a caso premiata già con la Coppa Volpi a Venezia 2022) è una bestialità.
Niente da ridire sul premio a Ke Huy Quan: da piccolo è scappato dal Vietnam con la famiglia, ha ricevuto asilo politico dagli Stati Uniti, è diventato un bambino attore piuttosto noto (era Data dei Goonies e Shorty in Indiana Jones e Il Tempio Maledetto), è finito nel dimenticatoio, ma è tornato alla grande con un Oscar!
Commovente il suo discorso di ringraziamento.
Siamo contenti per lui, ma anche per Brendan Fraser, ritornato alla ribalta dopo un periodaccio.
Certo, se come miglior attore protagonista avessero premiato Austin Butler per Elvis o Colin Farrell per The Banshees of Inisherin-Gli Spiriti dell'Isola non ci saremmo scandalizzati, anzi; ma va bene così.
Contenti che finalmente Jamie Lee Curtis ( Halloween, Una Poltrona per Due, Knives Out) sia riuscita dove i suoi genitori (i celeberrimi Janet Leigh, quella di Psycho di Alfred Hitchcock, e Tony Curtis, grande divo hollywoodiano) non ce l'avevano fatta.
Ma il suo riconoscimento, in un periodo in cui infuria la polemica perfino in America sui figli di nel mondo del cinema, ci è sembrato un po' stonato.
Una punta di amarezza per gli italiani: niente statuetta per Aldo Signoretti, candidato per miglior trucco e parrucco di Elvis, e neppure per Alice Rohrwacher, in lizza per il miglior cortometraggio; peccato.
Insomma, cosa resterà di questi Academy Award n. 95?
Pensiamo ben poco.
Sono troppe ormai le edizioni degli Oscar che si stanno dimostrando dimenticabili e ricordarsi chi ha vinto in questi ultimissimi anni il premio più prestigioso diventa sempre più difficle (provate già solo a ricordare correttamente il titolo Everything Everywhere All at Once tra qualche mese).
Non è un buon segno per Hollywood.
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