LO HOBBIT-LA BATTAGLIA DELLE 5 ARMATE, BOTTE DA ORCHI E IL RITORNO DEL RE (DEI NANI)
Nuova Zelanda/USA/Regno Unito, 2014
144'
Regia: Peter Jackson
Interpreti: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, James Nesbitt, Stephen Fry, Evangeline Lilly, Orlando Bloom, Luke Evans, Cate Blanchett, Hugo Weaving, Christopher Lee, Benedict Cumberbatch (voce).
Un drago immane e crudele. Orchi spietati e risoluti. Nani contro elfi.
Dilemmi etici, eroici sacrifici e spettacolari combattimenti all'ultimo sangue.
L'ultimo capitolo della saga dedicata a Lo Hobbit finisce in gloria e non si fa mancare niente; anzi, rispetto al romanzo di J.R.R. Tolkien, aggiunge situazioni e personaggi - con buona pace dei fan oltranzisti del libro.
Anche perché, per far uscire una trilogia da un romanzo di circa 300 pagine, Peter Jackson ha dovuto allungare un bel po' il brodo (tre film erano stati altresì necessari per illustrare gli altrettanti capitoli di Il Signore degli Anelli, però in quel caso si trattavano di oltre 1000 pagine complessive).
Ma finalmente gli avvenimenti che erano in potenza in Lo Hobbit-Un Viaggio Inaspettato e Lo Hobbit-La Desolazione di Smaug deflagrano nell'azione: se il primo capitolo era quello più divertente e leggero e il secondo quello più cupo, questo che narra Battaglia delle Cinque Armate è il più epicamente ed esplicitamente simile a Il Signore degli Anelli.
Così le magniloquenti e lunghe scene di guerra che vedono coinvolti gli eserciti del titolo - nani, elfi, uomini e orchi; nel libro la quinta legione è formata da mannari, qui sostituiti da troll e vermoni giganti - rimandano alla Battaglia del Fosso di Helm narrata in Le Due Torri, mentre l'avidità di oro che divora Thorin Scudodiquercia ricorda la bramosia provata nei confronti dell'Unico Anello nella precedente trilogia.
Fanno da trait d'union anche personaggi ormai familiari: il saggio mago Gandalf e la luminosa sacerdotessa Galadriel (gli ottimi Ian McKellen e Cate Blanchett, unici attori a comparire in tutti e sei i film!), il potente stregone Saruman (il vecchio Christopher Lee a sguazzo in una seconda giovinezza artistica), l'arcere Legolas (l'idolo delle ragazzine Orlando Bloom) e il sovrano elfico Elrond (Hugo Weaving, sempre sul pezzo).
Come familiari sono certamente le voci dei doppiatori della versione italiana: dal grande Gigi Proietti (Gandalf) a Luca Ward (il drago Smaug, che in originale è il rampante Benedict Cumberbatch, da noi incontrato a Venezia sul red carpet di La Talpa), da Omero Antonutti (Saruman) a Massimo Lopez (il governatore di Pontelagolungo).
Certamente stride un po' nel tono generale della pellicola l'assurda storia d'amore tra l'elfa Tauriel (personaggio inventato cui la canadese Evangeline Lilly tenta in ogni modo di dare spessore) e il nano Kili, che nel romanzo ha un ruolo più marginale.
Anche lo spazio dedicato a quel memorabile cattivo che è il drago Smaug risulta piuttosto scarso, ma questo è peccato originale di Tolkien, al quale il regista stavolta - purtroppo - si adatta.
Ma questo non rovina lo spettacolo: l'intrattenimento è garantito e le due ore e ventiquattro minuti di durata scorrono senza intoppi, perfino troppo velocemente.
All'uscita dalla sala ci si sente già orfani del mondo della Terra di Mezzo: Peter Jackson ha già annunciato di aver chiuso definitivamente con le opere tolkeniane (speriamo che ora si occupi maggiormente dell'attesissimo seguito di Le Avventure di Tintin).
Tuttavia, sperare in una riduzione cinematografica del Silmarillion (che pure contiene storie che ben si presterebbero ad un adattamento filmico, come quelle di Túrin Turambar, e di Beren e Lúthien) a questo punto è pura perversione.
PS: l'anno scorso e quello precedente ci eravamo lamentati perché la proiezione nelle sale dei primi due capitoli della saga era stata obbligatoriamente in 3D, operazione che a pensar male sembrava volta esclusivamente ad alleggerire di un paio di euro le tasche degli spettatori; quest'anno per fortuna non è andata così e ci permettiamo di rassicurarvi: anche in 2D La Battaglia delle 5 Armate non perde un briciolo del proprio appeal spettacolare.
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