CINEMA A BOMBA!

martedì 31 ottobre 2023

I CLASSICI: L'ALBERO DEL MALE, NON SEMBRAVA TANTO DRUIDA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1990
92'
Regia: William Friedkin
Interpreti: Jenny Seagrove, Dwier Brown, Carey Lowell, Miguel Ferrer, Xander Berkeley, Theresa Randle.


Una giovane coppia si trasferisce a Los Angeles, andando ad abitare in un villone progettato da un architetto, a ridosso di un bosco.
Hanno un bambino e decidono di assumere una babysitter che se ne occupi mentre loro lavorano.

La scelta ricade sulla bella Camilla (Seagrove): apparentemente scrupolosa e amorevole, la ragazza è in realtà una sacerdotessa druida devota all'albero che si trova proprio nella selva adiacente alla casa...


Strano... non sembrava tanto druida!

Questa celebre battuta del comico John Candy - tratta dall'esilarante Balle Spaziali di Mel Brooks - potrebbe essere il commento perfetto a questa pellicola.

Come ogni anno vi proponiamo - per mezzo di una recensione - un film da vedere alla vigilia di Ognissanti.
A questo giro non potevamo che omaggiare il compianto William Friedkin, scomparso la scorsa estate, con una delle sue opere più controverse e meno note, ma perfetta per una serata come questa.

Trattasi del secondo horror del regista (pure l'ultimo, a meno di fare rientrare nella categoria Bug oppure The Devil and Father Amorth), 17 anni dopo il celeberrimo L'Esorcista che gli conferì fama e onori.
È anche l'unico lungometraggio cinematografico che il Maestro neppure nomina nella bellissima autobiografia The Friedkin Connection (in Italia edita col titolo Il Buio e la Luce, chissà poi perchè).

Non è difficile capire la ragione di tale omissione.
Billy lo girò in un momento di stasi lavorativa, a cavallo tra le due versioni - quella uscita in Europa e quella rimontata 5 anni dopo per il mercato USA - di Rampage (un'altra delle sue pellicole meno conosciute e più discusse; un giorno forse la recensiremo).

La sceneggiatura originale era priva di qualsiasi elemento sovrannaturale e parlava solo di una babysitter che rapiva i bambini (questo spunto divenne poi la trama di un altro film uscito un paio di anni più tardi: Le Mani sulla Culla).
Friedkin la rimaneggiò personalmente, stravolgendola e inserendovi l'albero del titolo italiano e i riferimenti al druidismo.

Non sappiamo il perchè di questa scelta, e il nostro non ha mai avuto il piacere di parlarne, ma il risultato è francamente ridicolo e al di sotto delle aspettative.
Trucchi ed effetti sono truculenti, ma di scarsa qualità, lontani dalle trovate artigianali ed efficaci apportate in quegli stessi anni da altri cineasti come Sam Raimi e George A. Romero.

Dal cast di non-molto-famosi spuntano alcuni volti noti come Berkeley, Ferrer e Randle (i primi due già visti rispettivamente in Straight to Hell e Twin Peaks, la terza comparirà poi in Spawn), ma l'unico memorabile è quello di Jenny Seagrove.
L'esile attrice britannica non riesce da sola a salvare la pellicola, ma gode quantomeno di un ruolo originale - oseremmo dire unico - nel panorama cine-orrorifico moderno.

Benché solo a tratti, anche il regista riesce a far emergere qualche scampolo del proprio indiscutibile talento.
In merito, si vedano: la scena del parto, che conserva il taglio semi-documentaristico tanto caro a Billy (nel montaggio sono inserite le immagini di un parto vero!); l'atmosfera plumbea, carica di tensione pronta ad esplodere; le dicotomie dentro/fuori e urbano/naturale esemplificate dai due set principali, la casa hi-tech e il bosco stregato.

L'Albero del Male non è certo il capolavoro del Maestro, ma vale la pena guardarlo come un elemento atipico - se non proprio un corpo estraneo - della sua filmografia.
Comunque senza troppe aspettative e/o con uno spirito sufficientemente goliardico.


Lasciandovi qui sotto tutte le recensioni degli anni scorsi in ordine cronologico, la Redazione di CINEMA A BOMBA augura a tutte/i un felice Halloween!

2013: Halloween.
2014: Nightmare.
2015: Venerdì 13 - Jason X.
2016: Plan 9 From Outer Space.
2017: Lo Squalo.
2018: Auguri per la tua Morte.
2019: Dal Tramonto all'Alba.
2020: Bubba Ho-Tep.
2021: Nosferatu.
2022: La Cosa.


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mercoledì 18 ottobre 2023

I DOC: IL MISTERO PICASSO, SHH... L'ARTISTA STA CREANDO!

Pablo Picasso in azione (clicca sull'immagine per vedere il documentario). 



Francia, 1956
78'
Regia: Henri-Georges Clouzot
Con: Pablo Picasso, Henri-Georges Clouzot, Claude Renoir.


Pagheremmo qualsiasi cosa per sapere cosa pensava Rimbaud metre scriveva "Il Battello Ebbro"; cosa pensava Mozart mentre componeva la "Sinfonia Jupiter"; per conoscere quel meccanismo segreto che guida il creatore nella sua pericolosa avventura.

Grazie a Dio, ciò che non è possibile con la poesia e la musica è realizzabile con la pittura.

Per sapere cosa succede nella testa di un pittore, basta seguire la sua mano.

Forse non in molti lo sapranno ma Malaga, la vivace "capitale" della Costa del Sol, ha dato i natali ad uno dei più grandi geni della storia dell'arte: nella bella città andalusa, una delle tappe del viaggio di nozze di Fran e Deb nel 2022 (che abbiamo ricordato con The Limits of Control e con la pietra miliare surrealista Un Chien Andalou), nel 1881 è infatti nato Pablo Picasso, figlio del pittore José Ruiz Blasco e di una donna di origini liguri (nella sua carriera artistica abbandonerà il cognome del padre ma conserverà quello della madre, considerato più "esotico" e inusuale).

Pablo lascerà Malaga all'età di 10 anni, ma non vi farà più ritorno; nel 1936 dirà anzi addio definitivamente alla Spagna a causa della guerra civile, essendo un convinto antifranchista.

La città natale però non l'ha dimenticato: a lui sono stati dedicati, tra le altre cose, l'aeroporto internazionale (uno dei più trafficati della penisola iberica), una statua, un museo (molto visitato, è uno dei soli quattro musei intitolati a Picasso nel mondo, insieme a quello di Barcellona, Parigi e Antibes).

Morirà in Francia nel 1973, cioè 50 anni fa.

Per ricordarlo abbiamo scelto un documentario molto particolare.

L'incipit di questo post lo abbiamo preso proprio da lì.

Ed è lo stesso regista a declamarlo - e non è un regista qualsiasi.

Maestro del genere noir, Henri-Georges Clouzot è autore di veri e propri capolavori della storia del cinema, quali Les Diaboliques (oggetto di diversi remake, tra i quali uno del 1996 con Sharon Stone, Isabelle Adjani, Kathy Bates e Chazz Palminteri) e soprattutto Vite Vendute-Le Salaire de la Peur (dal quale il compianto William Friedkin trarrà il memorabile e maledetto Il Salario della Paura).

Ma come conciliare gli stilemi del thriller con la descrizione di un processo creativo?

Non certo con una semplice intervista: la scelta di Clouzot è quella di lasciare mano libera (è il caso di dirlo) al suo interlocutore.

Imprevedibilità, colpi di scena, svolte inaspettate, scenari spiazzanti sono tipici del genere padroneggiato dal cineasta francese, ma sono sempre stati nelle corde anche di Picasso.

E allora perché non affidarsi allo stesso pittore, lasciando che questi si prenda la scena con la sua abilità, il suo carisma, la sua presenza?

Egli viene pertanto ripreso mentre crea in tempo reale, ed è impressionante vedere come, da pochi tratti e nel giro di pochi minuti, egli riesca a dar vita ad immagini inimmaginabili fino a poco prima.

E così ecco comparire dal nulla figure femminili, una corrida, un torero incornato da un toro, una pianta che diventa un pesce che diventa un gallo che diventa una misteriosa figura, disegni che da nitidi si fanno forme astratte, affollate scene estive che cambiano con poche pennellate...

L'artista gigioneggia, si presta alle sfide postegli dal regista, gioca con lo spettatore.

Il risultato?

Una divertente esibizione di uno degli artisti più geniali e originali del Novecento, una guasconata in pieno stile Picasso che lascia intravedere il suo metodo di lavoro e le potenzialità del suo grande talento, senza spiegazioni e interpretazioni.

Ma attenzione agli ultimi fotogrammi: il regista alla fine, con una sorta di coup de théâtre e per pochi secondi, trasforma di fatto Picasso in un personaggio dei suoi film, un personaggio da poliziesco, e si riprende così il film alla sua maniera.

A la Clouzot.


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martedì 10 ottobre 2023

I CLASSICI: GODZILLA VS. KONG, SCONTRO TRA TITANI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2021
113'
Regia: Adam Wingard
Interpreti: Millie Bobby Brown, Alexander Skarsgård, Rebecca Hall, Brian Tyree Henry, Demian Bichir, Lance Reddick, Kyle Chandler.


Godzilla sembra impazzito: senza apparente ragione, attacca e distrugge la sede californiana di un'industria iper-teconologica guidata da un magnate senza troppi scrupoli (Bichir).

Se il famoso lucertolone è davvero passato da salvatore del mondo a minaccia per l'umanità, bisogna correre ai ripari: ecco quindi che viene "reclutato" King Kong, gorilla gigante capace di comunicare con una bambina sordomuta tramite il linguaggio dei segni.

E mentre uno scienziato (Skarsgård) viene incaricato di guidare una spedizione dentro la Terra Cava, luogo natale dei Titani, una ragazzina (Brown) si allea con un complottista (Henry) per scoprire le cause del comportamento di Godzilla...


Benvenuti nel MonsterVerse, l'universo interconnesso dei Titani - gigantesche creature che spadroneggiano nel nostro mondo - giunto qui al 4° capitolo, dopo 3 precedenti pellicole: il discreto Godzilla del 2014 diretto dal regista di Star Wars: Rogue One, il mostruoso (in tutti i sensi) Kong: Skull Island e il riuscito Godzilla II: King of the Monsters.

Era solo questione di tempo prima che i due mostroni si scontrassero tra di loro.
Un trend, quello delle grandi sfide, collaudato già in altri cine-universi: si vedano ad esempio Capitan America contro Iron Man in quello Marvel e Batman contro Superman in quello DC (ma pure Batman contro le Tartarughe Ninja, se siete maniaci dei crossover).

I produttori ci hanno visto bene anche stavolta: il film che vi stiamo recensendo è stato uno dei fenomeni degli ultimi anni.
Uscito verso la fine della Pandemia, ha incassato 470 milioni di dollari battendo diversi record, ed è considerato da molti critici e analisti come un punto di svolta nella storia del cinema in relazione a come sono mutati i gusti e le esigenze del pubblico.

Nel cast vengono confermati l'ubiqua Brown (Stranger Things, Enola Holmes) e Chandler (lo sbirro di The Wolf of Wall Street) da Godzilla II, mentre assistiamo all'introduzione di diverse nuove leve.
Tra queste: l'ex Tarzan e futuro Amleto vichingo Skarsgård, la Hall di Iron Man 3 e il messicano Bichir che sembra Brian Cox in Succession.

Le parti della storia con i personaggi umani sono però le più dure da digerire: complici un copione spesso ridicolo e una recitazione non proprio da Oscar, è alto il rischio che in alcuni frangenti vi sentiate sanguinare gli occhi e le orecchie.
Tuttavia, c'è da dire che pellicole come queste non fanno mai di dialoghi e trama i propri punti di forza.

Questo lungometraggio - si fa per dire: la durata è inferiore alle 2 ore, evento piuttosto raro nel contemporaneo cinema mainstream - merita piuttosto per quella che poi è la sua sola raison d'être: i combattimenti selvaggi tra due icone leggendarie (e non solo tra loro), ottimamente coreografati e realizzati con effetti digitali talmente sofisticati da sembrare quasi veri.

Narrativamente parlando, si tratta più di un seguito di King of the Monsters che di Skull Island; per contro, Kong gode complessivamente di un maggiore screen time.

Ma che siate fan dell'anfibio atomico oppure dello scimmiesco energumeno, non rimarrete delusi.
Godzilla vs. Kong mantiene tutto ciò che un titolo come questo può promettere.


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sabato 7 ottobre 2023

EL CONDE, IL VAMPIRO FA CILE...CCA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



Cile, 2023
110'
Regia: Pablo Larraín
Interpreti: Jaime Vadell, Alfredo Castro, Gloria Münchmeyer, Paula Luchsinger, Stella Gonet, Clemente Rodríguez


E se il sanguinario dittatore cileno Augusto Pinochet (Vadell) non fosse in realtà deceduto ma fosse invece un vampiro di 250 anni che si trascina in un'esistenza fatta di disincanto e delusione nutrendosi del sangue e dei cuori delle sue vittime e che non riesce a morire?

Un bel guaio per i figli e la moglie, che vorrebbero ereditarne le fortune e che assoldano pertanto una suora esperta in contabilità per scovare le ricchezze del generale e nel frattempo per esorcizzarlo e ucciderlo.

I familiari e la religiosa, tuttavia, non hanno fatto i conti con Margaret Thatcher.


Pablo Larraín è uno dei registi sudamericani più talentuosi degli ultimi anni, noto soprattutto per i suoi ritratti di celebri personaggi del Novecento.

Con Neruda (sul grande poeta; in lizza come miglior film straniero ai Golden Globe 2017), Jackie (su Jacqueline Bouvier, vedova di John Fitzgerald Kennedy; 3 nomination agli Oscar 2017, tra le quali quella per Natalie Portman come attrice protagonista), Spencer (su Lady Diana; candidatura agli Oscar 2022 per Kristen Stewart, ad oggi la sua unica) egli mette a nudo e umanizza delle vere e proprie icone, mostrandone debolezze e fragilità.

Meno noti al grande pubblico sono invece i film dedicati al suo Paese, il Cile, e in particolare quelli ambientati durante la dittatura di Augusto Pinochet: in Tony Manero (il personaggio interpretato da John Travolta in La febbre del sabato sera è l'ossessione del protagonista, un uomo senza tante remore morali), in Post Mortem (ambientato durante il golpe che rovesciò Salvador Allende nel settembre 1973) e in No (che invece parla della mobilitazione popolare per il ritorno alla democrazia) aleggia in modo opprimente e minaccioso, pur senza apparire, la figura del militare, quasi come se fosse un'entità maligna e malevola.

In El Conde (tra i film più attesi dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia e vincitore del riconoscimento per la migliore sceneggiatura), però, Pinochet finalmente fa la sua comparsa: addirittura come protagonista.

Abbandonati i toni drammatici ma pacati dei precedenti lavori, Larraín si dà al grottesco e all'horror in bianco e nero, immaginando il despota come un vampiro vecchio, emarginato, odiato, triste, ma ancora crudele e portatore di morte per il suo popolo.

Scene truculente, momenti surreali, continui rimandi e omaggi al Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau e a La passione di Giovanna d'Arco di Carl Theodor Dreyer (in particolare alla sua iconica attrice, Renée Falconetti), satira politica piuttosto esplicita...: il regista questa volta usa l'arma dell'assurdo e dello sberleffo per prendere di mira, certo, il tiranno, ma anche chi lo ha sostenuto e chi ancora lo rimpiange.

El Conde è un po' discontinuo, pecca di qualche esagerazione di troppo e di qualche inciampo, fa ogni tanto dei giri a vuoto; e forse si può affermare che nonostante l'ottimo spunto iniziale e un finale interessante ci troviamo di fronte ad un'occasione andata sprecata.

Ma rappresenta comunque un j'accuse duro e tutto sommato efficace, un monito affinché la Storia non si ripeta.

E affinché a certi vampiri non venga più permesso di nutrirsi del cuore e del sangue del popolo.



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