CINEMA A BOMBA!

lunedì 19 novembre 2012

I DOC: STOP MAKING SENSE, UNO SHOW DI GENIO E PASSIONE

(Clicca sulla locandina per vedere il documentario) 

USA, 1984
88'
Regia: Jonathan Demme
Interpreti: Talking Heads (David Byrne, Tina Weymouth, Chris Frantz, Jerry Harrison), Lynn Mabry, Edna Holt, Bernie Worrell, Steve Scales, Alex Weir .


In un teatro gremito di pubblico un uomo solo entra in scena tra gli applausi, inizia a suonare la chitarra e a cantare, si muove convulsamente al ritmo della musica. Prima della fine della canzone, compaiono in sottofondo gli addetti ai lavori che armeggiano per sistemare la scenografia.

È lo spiazzante inizio di Stop Making Sense, unanimemente riconosciuto dai critici come il miglior film musicale mai realizzato, connubio tra la musica sperimentale dei Talking Heads (attivi tra gli anni Settanta e l'inizio dei Novanta), la visual art e il cinema d'autore.

Girato nel corso di tre esibizioni live al Pantages Theater di Los Angeles nel Dicembre 1983, durante il tour promozionale dell'album Speaking in Tongues, questo lungometraggio è il primo realizzato interamente utilizzando tecniche audio digitali.

Frutto della collaborazione di due talenti immaginifici quali David Byrne - voce, chitarra e mente del gruppo; era in giuria alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2011, ricordate? - e l'allora promettente regista Jonathan Demme - autore poi di pellicole memorabili quali Il Silenzio degli Innocenti, Philadelphia, Rachel sta per sposarsi - si distingue dai videoclip precedentemente prodotti per scelte cinematografiche e stilistiche allora all'avanguardia, ma oggi considerate dei veri e propri tòpoi (cioè, caratteristiche) del genere.

Qualche esempio.
Si sente spesso l'entusiasmo del pubblico, ma le inquadrature sugli spettatori sono poche e brevi: al centro dell'attenzione sono stati messi i musicisti, con riprese in campo lungo che permettono di offrire un quadro d'insieme sulle loro interazioni.
Non vengono inquadrati assoli di chitarra in primissimo piano, ma si è optato per inquadrature ravvicinate che sottolineano invece espressioni e movenze degli artisti.
Inoltre, per evidenziare che la buona riuscita di uno spettacolo dipende dall'impegno di numerose persone, si è deciso di mostrare e quindi di non omettere il lavoro della crew che sistema il set.

Particolarmente interessante è poi l'uso dell'illuminazione.
Poiché Byrne non voleva che venissero utilizzate luci colorate sul gruppo per evitare ogni elemento che disturbasse l'esecuzione dei brani, Demme ha ovviato a questo problema anche con soluzioni registiche quali il chiaroscuro (come in What A Day That Was e in Once In A Lifetime), la proiezione di immagini su schermi in sottofondo e una lampada da salotto usata come fonte di luce (si veda This Must Be The Place-Naive Melody).

Insomma, tutto concorre a rendere lo spettatore emotivamente partecipe di uno show memorabile fatto di energia, sudore e passione, nel quale giganteggia l'elettrico e carismatico David Byrne, dalle movenze da burattino.
Un burattino posseduto dal demone della musica.

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giovedì 8 novembre 2012

RED LIGHTS, C'ERA UNA VOLTA ROBERT DE NIRO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA/Spagna, 2012
113'
Regia: Rodrigo Cortés
Interpreti: Cillian Murphy, Sigourney Weaver, Robert De Niro, Toby Jones, Joely Richardson.


C'era una volta un attore superbo.
Italo-americano, giovane e appassionato, negli anni 70 - insieme ai colleghi Al Pacino e Dustin Hoffman - divenne il principale rappresentante di un noto sistema di recitazione: il cosiddetto Metodo Stanislavskij, imparato al celebre Actor's Studio di New York e basato sulla totale immedesimazione dell'interprete nel personaggio.
Quell'attore si chiamava Robert De Niro.

La sua storia professionale è costellata di notevoli successi e performance memorabili: da Il Padrino - Parte II (primo Oscar) a Taxi Driver, da Toro Scatenato (secondo Oscar) a Mission, da Gli Intoccabili a Heat.
Ma a partire dalla fine degli anni 90 qualcosa cambia: De Niro diventa via via meno selettivo, accetta tutte le parti che gli offrono e rovina la propria fama con prove mediocri in filmetti e filmacci.
Questa pellicola - ahinoi - non fa eccezione.

Presentato in anteprima nel Gennaio 2012 al Sundance Film Festival, Red Lights è l'opera seconda dello spagnolo Rodrigo Cortés, già autore di Buried-Sepolto con Ryan Reynolds, anch'esso proiettato al festival organizzato da Robert Redford due anni fa.

Due studiosi del paranormale (Murphy e Weaver), impegnati a scovare finti guaritori e truffatori vari, si scontrano con un rinomato e popolare "mago" (De Niro) che sembra possedere sul serio pericolosi poteri psichici.

La storia suscita un certo interesse solo nella prima parte, perché andando avanti accumula inverosimilianze e buchi narrativi sempre più ilari, finché nel finale "esplicativo" - poiché di un cosidetto "film a sorpresa" si tratta - deflagra in un'orgia di kitch e ridicolo involontario.

De Niro - come abbiamo anticipato - è qui indifendibile, ma duole anche vedere due bravi attori come Sigourney Weaver (sprecatissima) e Cillian Murphy limitare il proprio talento ad una pellicola di serie B come questa.
Rodrigo Cortés si crede Alejandro Amenábar, ma sembra il peggior M. Night Shyamalan.

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lunedì 5 novembre 2012

LA COLLINA DEI PAPAVERI, SONO I GIOVANI LA FORZA DEL CAMBIAMENTO

(Clicca sulla copertina per vedere il trailer) 

Giappone, 2011
91'
Regia: Goro Miyazaki


Arriva anche nei cinema italiani, sebbene per un unico giorno (il 6 Novembre), La Collina dei Papaveri, film a cartoni animati campione d'incassi in Giappone e ultima fatica dello Studio Ghibli, lo studio d'animazione fondato da Hayao Miyazaki.
Noi di CINEMA A BOMBA! siamo lieti di presentarvene la recensione in anteprima.

L'acclamato regista (un monumento del cinema mondiale, Akira Kurosawa, arrivò a parlare così del collega: "Talvolta lo paragonano a me. Mi dispiace per lui, perché lo abbassano di livello") - Leone d'Oro alla carriera a Venezia nel 2005 - ha lavorato nelle popolari anime Heidi, Lupin III, Anna dai capelli rossi ed è stato autore di pellicole quali La Principessa Mononoke, La Città Incantata (premio Oscar e Orso d'Oro a Berlino), Il Castello Errante di Howl, Ponyo sulla scogliera; ma questa volta ha affidato la regia del suo nuovo lavoro al figlio Goro, che aveva già firmato I Racconti di Terramare.

Nonostante la produzione piuttosto travagliata, condizionata dai black-out seguiti al terremoto e al maremoto del 2011, lo Studio Ghibli è riuscito a confezionare un altro piccolo gioiello d'animazione.

Il suo fulcro è la delicata storia di un amore impossibile (o no?) tra due giovani ragazzi - lei matura e responsabile, lui contestatore ma serio - impegnati a salvare un circolo studentesco dalla demolizione.
Messe da parte le ambientazioni fantastiche delle opere precedenti, la vicenda si dipana in un contesto storico ben definito, quello del Giappone dei primi anni 60, ancora scosso dalle recenti guerre, ma già proiettato verso la modernità.

Nella migliore tradizione Miyazaki, il film è tecnicamente ineccepibile e visivamente intrigante, impreziosito com'è di eleganti soluzioni cromatiche.
E il messaggio ancora una volta va a segno: sono i giovani la forza del cambiamento.
Dar loro fiducia e assecondare il loro entusiasmo è l'unico modo per costruire qualcosa di buono.

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domenica 4 novembre 2012

GLI INEDITI: UP IN SMOKE, IN VIAGGIO CON CHEECH & CHONG

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1978
85'
Regia: Lou Adler, Tommy Chong (non accreditato)
Interpreti: Cheech Marin, Tommy Chong, Stacy Keach, Tom Skerritt.


Avete presente Cheech Marin?
Gli appassionati di serie TV di certo lo ricordano come il tenente Dominguez di Nash Bridges, dove era il braccio destro del protagonista, impersonato da Don Johnson.
I cinefili invece lo conoscono solitamente come spalla di Kevin Costner nel golfistico Tin Cup o come abitué dei film del "gemello" di Tarantino, Robert Rodriguez.
Pochi però sanno che un tempo questo simpatico attore californiano formava col collega cinocanadese Tommy Chong una delle coppie comiche più famose dell'epoca: Cheech & Chong, per l'appunto.

Nati artisticamente a fine anni 60 come stand-up comedian, i due hanno rapidamente guadagnato popolarità grazie ad una serie di dischi di grande successo (ebbene sì: una volta si ascoltavano i comici su vinile...).
Ma, come spesso accade, è stato il cinema a consacrarli come oggetti di culto.
Cheech & Chong's Up In Smoke è il primo - e solitamente il più amato, almeno dai fan - di una lunga serie di fortunati lungometraggi, tutti inediti in Italia.

La trama - poco più di un pretesto - segue le vicende di due scoppiati che viaggiano in auto consumando generose dosi di marijuana, diretti verso un concorso tra band musicali e costantemente braccati da agenti della narcotici.
Più che di un intreccio coeso bisognerebbe parlare di una serie di siparietti appiccicati l'uno all'altro, che evidenziano la comicità surreale e stralunata dello strafumatissimo duo.

Sembra che Jack Nicholson - cui apparteneva la bizzarra auto che guida Chong nelle prime scene - si fosse fatto proiettare privatamente il film mentre era convalescente per un incidente stradale.
L'attore ricorda l'esperienza come una delle più dolorose della sua vita: la spalla slogata gli faceva male ogni volta che rideva, cioè continuamente.

Se siete fan di stretta osservanza, vi mancherà il tormentone che li ha resi celebri (lo storico sketch Dave's not here).
Se siete cinefili duri e puri, riuscirete a scovare le influenze registiche del Robert Altman più sconclusionato.
Se invece non rientrate in queste categorie girate al largo, altrimenti accendete (lo schermo) e fate girare (il film. Ma cosa avevate capito?!).
E buon viaggio.

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