CINEMA A BOMBA!

domenica 29 aprile 2018

I CLASSICI: SPIDER-MAN HOMECOMING, BENTORNATO RAGNETTO!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
133'
Regia: Jon Watts
Interpreti: Tom Holland, Michael Keaton, Robert Downey Jr., Marisa Tomei, Zendaya, Donald Glover, Jon Favreau, Tyne Daly, Laura Harrier, Jacob Batalon, Gwyneth Paltrow, Chris Evans, Stan Lee, Jennifer Connelly (voce nella versione originale).


Trama: Spider-Man (Holland) è reduce dalla famosa battaglia dell'aeroporto in cui, come membro del Team Iron Man, ha combattuto contro Capitan America (Evans) e la fazione di Avengers a lui fedeli (ricordate Civil War?).
Nella vita di tutti i giorni si chiama Peter Parker, è un adolescente del Queens (NYC), vive con la zia May (Tomei) e frequenta il liceo.

Un giorno si imbatte per caso nelle malefatte del rancoroso Vulture (Keaton), ex capo di una squadra edile rimasta disoccupata per colpa - indiretta, a dire il vero - di Tony Stark.
Peter ha così l'occasione di dimostrare ad Iron Man (Downey Jr.) e agli altri Avengers di avere la stoffa di un vero eroe...






La domanda è legittima: c'era bisogno dell'ennesimo reboot di Spider-Man?
Questa è la 3a versione cinematografica del personaggio in soli 15 anni, dopo la trilogia di Sam Raimi con Tobey Maguire e il dittico con Andrew Garfield firmato Marc Webb.

La risposta, inaspettatamente, è: sì.
Rispetto ai suoi illustri predecessori, il nuovo Uomo Ragno porta con sé alcuni significativi elementi di novità, come anche il titolo di questa pellicola suggerisce.

"Homecoming" ha infatti un doppio significato: indica la tradizione annuale, da parte degli istituti scolastici, di dare il benvenuto/bentornato agli studenti all'inizio dell'anno, ma allude pure al "ritorno" ufficiale del personaggio in casa Marvel (gli altri film erano prodotti dalla Sony).

La breve apparizione del nuovo Spidey nel celebrato Captain America: Civil War - che segnava appunto il suo ingresso nel cosiddetto MCU (Marvel Cinematic Universe) - aveva già raccolto consensi unanimi, ma con questo capitolo "solista" è arrivata la vera consacrazione.

Secondo molti si tratta del migliore degli adattamenti dedicati al Ragnetto, superiore persino all'originale di Sam Raimi del 2002.
Il cineasta fumettaro Kevin Smith si è spinto a definirlo "il Titanic dei film di supereroi".






Esagerazioni?
No: SMH è davvero il film più divertente e cool della serie, merito di una sceneggiatura brillante e di una regia scattante che attingono - per stile e toni - al cinema di John Hugues, negli anni 80 regista di commedie adolescenziali (Sixteen Candles, The Breakfast Club) e sceneggiatore, tra le altre cose, della serie Vacation.

Altri punti di forza della pellicola sono il cast da capogiro e la scelta - azzeccatissima - del cattivo.

Quello di Michael Keaton è un (graditissimo) ritorno al mondo dei supereroi dopo essere stato il più iconico Batman del grande schermo, per quanto il suo Vulture ricordi più che altro Birdman, protagonista dell'omonimo film che gli valse il Golden Globe e che trionfò agli Oscar nel 2015.

Il suo è un cattivo da antologia, come non se ne vedeva da anni; ancor più nel cinema supereroistico, incentrato solitamente sui "buoni".
Un malvagio (?) che ha le proprie ragioni e pertanto risulta simpatetico, se non proprio simpatico.
Keaton gli dà spessore con un'interpretazione da Oscar, ricca di sfumature e umanità.

Dall'altra parte, il giovane Holland non gli è da meno: è il primo Peter Parker con un autentico accento del Queens e il primo attore ad avere l'età del personaggio.
Inoltre è divertente e credibile nella propria goffaggine: un'ottima scelta.






Tra i comprimari fanno macchia: l'italo-americana Marisa Tomei, prima zia May sexy della storia (ha senso: perché finora il personaggio era stato sempre rappresentato come una vecchia babbiona?); il comico afro Donald Glover, dal passato televisivo (Community); il leggendario 95enne Stan Lee nel ruolo di un vecchietto che sgrida Spider-Man per il suo eccesso di zelo.

Da segnalare anche la partecipazione - per fortuna non invasiva - dei due principali Avengers.
Captain America si limita a un paio di veloci comparsate, mentre Iron Man salta fuori qua e là come riluttante mentore di Peter.

Piccola curiosità: la voce della tuta ipertecnologica di Spidey, K.A.R.E.N., è un altro rimando al suddetto supergruppo.
Perché? Ma perché appartiene all'affascinante attrice premio Oscar Jennifer Connelly (A Beautiful Mind), nella vita moglie di Paul Bettany, alias J.A.R.V.I.S., il computer senziente di Iron Man.
Difficile che si tratti di una coincidenza...

Nell'attesissimo Avengers: Infinity War che sta impazzando in questi giorni nelle sale rivedremo il nostro Arrampicamuri in compagnia dei suoi amici (compresi Thor e Hulk, reduci dalla "vacanza" di Thor: Ragnarok).
In più saranno della partita Guardiani della Galassia, Doctor Strange e altri...

Il MCU si sta facendo sempre più affollato, ma per un giovane volenteroso vestito da ragno c'è ancora parecchio spazio...
Specie adesso che è in campo quello definitivo.




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lunedì 23 aprile 2018

I CLASSICI: THOR:RAGNAROK, L'APOCALISSE HELA È LÀ

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
130'
Regia: Taika Waititi
Interpreti: Chris Hemsworth, Cate Blanchett, Tom Hiddleston, Idris Elba, Jeff Goldblum, Tessa Thompson, Mark Ruffalo, Karl Urban, Anthony Hopkins, Benedict Cumberbatch, Sam Neill, Matt Damon, Luke Hemsworth, Stan Lee.


Il Ragnarok (o meglio, Ragnarǫk) nella mitologia norrena è una sorta di Apocalisse, cioè lo scontro finale tra le forze del bene e del male che porterà alla distruzione del mondo e alla sua successiva rigenerazione.

Il demone Surtur lo minaccia e pertanto Thor decide di affrontarlo.

Ma il vero pericolo per il dio del tuono è la liberazione della crudele e ambiziosa sorella Hela (Blanchett), dea della morte, dopo millenni di prigionia.






Terzo capitolo da solista per Thor e questa volta si cambia registro.

Dimenticate i rimandi shakespeariani del primo film diretto da Kenneth Branagh e il suo seguito.

Il cambio di rotta era stato suggerito da Hemsworth dopo le riserve espresse sui social da Kevin Smith, che aveva criticato i due film precedenti, ma anche dal fatto che, tra tutti gli Avengers, proprio il dio del tuono risulti uno dei personaggi meno incisivi.

La regia è stata pertanto affidata al neozelandese Taika Waititi, che in patria è un comico noto (ma è praticamente uno sconosciuto ad di fuori dell'Oceania).

Non meraviglia allora il tono scanzonato che ha preso la pellicola, infarcita di gag e trovate farsesche sullo stile di Deadpool e i Guardiani della Galassia (ma senza la loro carica irriverente).

Thor: Ragnarok diventa il questo modo una commedia "buddy-buddy-buddy" che ha al centro soprattutto l'eroe eponimo, suo fratello Loki e Hulk, grandi assenti nell'affollato Captain America: Civil War.

Il risultato finale è una fantasmagoria simpatica (anche la tradizionale comparsata di Stan Lee è particolarmente buffa, così come i camei di Luke Hemsworth, fratello di Chris, e Matt Damon), dai colori molto vividi, fumettosa (tra le ispirazioni, l'albo fantascientifico Planet Hulk), a ritmo di rock, che ha al suo attivo effetti speciali e alcune scene - soprattutto quelle al rallentatore - notevoli.

Ma anche chiassosa e confusionaria e che, dovendo rinunciare a qualcosa, fa a meno dell'epicità che pure il titolo avrebbe suggerito.

Così, paradossalmente, a farne le spese è stato il cattivo di turno - in questo caso, la cattiva - quello cioè che normalmente è il motore dell'azione.

Il relativamente poco spazio concesso ad un'attrice di grande talento come Cate Blanchett è un vero spreco, così come il fatto di averle affidato un personaggio francamente non indimenticabile.

Insomma, Thor: Ragnarok rappresenta il classico seguito Marvel: un film d'azione un po' fracassone e senza troppe ambizioni, che però sa garantire divertimento e intrattenimento.

E ottimi incassi - il che non guasta, in questo periodo.




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giovedì 19 aprile 2018

BOMBCAST: EP. 004 - THE FLASH-NULL & ANNOYED, KEVIN SMITH, SUPERGIRL

(Clicca su Kevin Smith per ascoltare/scaricare il file). 

USA, 2018
43'
Regia: Kevin Smith
Interpreti: Grant Gustin, Candice Patton, Tom Cavanagh, Danielle Panabaker, Jesse Martin, Danny Trejo, Jason Mewes, Kevin Smith.


Oggi recensiamo Null & Annoyed, episodio numero 17 della quarta stagione di The Flash, il 3° diretto dal cine-fumettista di culto Kevin Smith (Clerks, Yoga Hosers).

Discutiamo inoltre dei 3 contributi del regista a Supergirl, altro personaggio storico della DC Comics e altra serie di punta della rete televisiva CW.

Di seguito tutte le puntate dirette da Kev, in ordine cronologico (clicca sui link per leggere le recensioni):

The Flash - 2x21 - The Runaway Dinosaur
The Flash - 3x07 - Killer Frost
Supergirl - 2x09 - Supergirl Lives
Supergirl - 2x17 - Distant Sun
Supergirl - 3x05 - Damage




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domenica 15 aprile 2018

OSCAR 2018. TONYA, L'ANGELO (CADUTO) SUL GHIACCIO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
121'
Regia: Craig Gillespie
Interpreti: Margot Robbie, Allison Janney, Sebastian Stan, Julianne Nicholson, Bobby Cannavale, Caitlin Carver, Paul Walter Hauser.


Correva l'anno 1994.

Ai campionati nazionali statunitensi di pattinaggio su ghiacchio (validi per le qualificazioni alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer, in Norvegia) la concorrente Nancy Kerrigan viene colpita con un manganello ala gamba da uno sconosciuto.

Questo, individuato ed arrestato poco tempo dopo, si scopre essere stato ingaggiato da un tal Jeff Gillooly, ex marito di una delle avversarie della vittima, la campionessa Tonya Harding.

La vicenda diventerà un caso mediatico, che raggiungerà il suo apice proprio ai Giochi olimpici, quando le due rivali si ritroveranno in competizione - una, ripresasi dall'aggressione; l'altra, riconosciuta responsabile dell'agguato ma ammessa dalla Federazione americana dopo la minaccia di una causa legale miliardaria.

Sotto i flash, la prima vincerà un'amara medaglia d'argento; la seconda non reggerà la pressione e farà una prova disastrosa.

Successivamente sarà bandita a vita.






A rispolverare questo fattaccio di cronaca nera sportiva ci ha pensato l'australiano Craig Gillespie, regista pubblicitario e (con minore fortuna, prima di questo lavoro) cinematografico, che si è avvalso di una sceneggiatura (ottima) di Steven Rogers.

A differenza di quanto si potrebbe pensare, la trama del film non è incentrata tanto sulla rivalità Harding-Kerrigan, quanto piuttosto sulla vita tormentata e travagliata della prima.

Lo dimostra il fatto che il personaggio della Kerrigan - affidato a Caitlin Carver - compare poco, mentre ad interpretare la Harding è stata chiamata la ben più nota Margot Robbie.

La bionda protagonista di The Wolf of Wall Street e Suicide Squad, oltre a metterci un corpo statuario - pur sempre necessario per rappresentare una pattinatrice di livello olimpico - dimostra capacità recitative notevoli, a dimostrazione che oramai a Hollywood non basta solo la presenza fisica per accreditarsi come attrice credibile.

E riesce a rendere il suo personaggio molto più sfaccettato di quanto i media l'abbiano allora dipinto - cioè, come l'angelo caduto dell'American Dream, la cattiva che l'America (e il mondo) aveva bisogno di odiare.

Nata in una famiglia povera e disagiata, perennemente umiliata da una madre anaffettiva e picchiata da un marito manesco, la Harding della Robbie ne esce come una vittima di un mondo violento in cui gli affetti non trovano spazio, un mondo popolato di individui gretti, perdenti, sballati.

Grinta e talento a nulla serviranno e le sue fragilità e insicurezze erutteranno in modo drammatico, fino a lasciarla sola contro tutti, anche per colpa di un caratteraccio che ha semplificato il compito dei media, che hanno avuto vita facile a descriverla come la cattiva di turno.

Nominata a Golden Globe e Oscar per la migliore interpretazione femminile, la Robbie non è riuscita a vincere, come invece è successo a Allison Janney.

Nella parte della madre della Harding, il volto noto soprattutto in Tv (per la telenovela Sentieri e per la serie West Wing) ruba la scena a tutti con una prova sopra le righe, esagerata, che concorre a caratterizzare questa dark comedy: senza il suo personaggio, la storia non avrebbe avuto la stessa forza, e senza la sua bravura e il suo carisma il film non sarebbe stato così riuscito.

Per "cattiveria" e incisività, la LaVona Harding della Janney ci ricorda un altro villain del cinema indie, il Terence Fletcher di Whiplash incarnato da J.K. Simmons, anch'egli premiato con Golden Globe e Oscar da non protagonista nel 2015.

Speriamo di rivedere l'attrice di Dayton (Ohio) più spesso sul grande schermo, com'è successo al collega dopo gli allori conquistati: se lo meriterebbe.

Nella parte del marito di Tonya troviamo Sebastian Stan.
La presenza dell'attore rumeno è un po' spiazzante - siamo abituati a vederlo in ben altri panni, quelli di Bucky, amico di Capitan America - ma tutto sommato rende bene la dualità del ruolo, sospeso tra ingenuità e odiosa violenza domestica.

Fanno colore invece i personaggi estremi interpretati da Paul Walter Hauser e Bobby Cannavale, nelle vesti rispettivamente della "mente" e dell'esecutore del crimine.

Insomma, in questa commedia nera - ma comunque meno nera della cronaca alla quale è ispirata - la grottesca vicenda dell'atleta diventa emblematica del lato oscuro del Sogno Americano, infranto in questo caso da errori e scelte sbagliate.

E la pellicola, nella sua denuncia, risulta affilata almeno quanto la lingua e i pattini di Tonya Harding.




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martedì 10 aprile 2018

OSCAR 2018. DEAR BASKETBALL, IL PASSO È BREVE DALLA NBA ALL'OSCAR

(Clicca sull'immagine per vedere il corto). 

USA, 2017
5'
Regia: Kobe Bryant, Glen Keane.


Kobe Bryant è una leggenda vivente.
Chi altri può vantare in 20 anni di carriera 5 titoli NBA, 18 All-Star Game, 2 Medaglie d'Oro alle Olimpiadi, 30.000 canestri a soli 34 anni e... un Premio Oscar?!?

La celebre Guardia dei Los Angeles Lakers ha infatti ottenuto l'ambita statuetta con questo cortometraggio diretto a quattro mani con l'anziano Glen Keane, animatore Disney di lungo corso (ha lavorato in Canto di Natale di Topolino, Aladdin, Tarzan, Rapuntzel... solo per dirne alcuni).






Il filmato mette sostanzialmente in immagini la bella lettera che Kobe scrisse il 29 novembre del 2015 per annunciare il proprio ritiro dai campi di gioco, impreziosendola con la musica emozionante del veterano John Williams (sì, proprio quello di Indiana Jones e Star Wars; era candidato anche lui quest'anno, per la 51a volta!).

Un corto che in soli 5 minuti rende giustizia ad uno sport e ad un campione.

Alla Notte degli Oscar Bryant ha ringraziato in parte anche in italiano, segno dello stretto legame da lui instaurato col nostro paese.

Anche per questo ci sentiamo di rispondergli semplicemente: grazie.
Grazie per questi 20 anni di emozioni sui campi da gioco e grazie per averli riassunti in questi pochi minuti di immagini e parole.

Dear Basketball è una piccola perla consigliata a chi ama davvero la pallacanestro e il connubio magico che a volte, come in questa occasione, si instaura tra cinema e sport.




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domenica 8 aprile 2018

READY PLAYER ONE, LE SORPRESE DELL'UOVO DI PASQUA DI SPIELBERG

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2018
140'
Regia: Steven Spielberg
Interpreti: Tye Sheridan, Olivia Cooke, Mark Rylance, Ben Mendelsohn, Simon Pegg, T.J. Miller, Lena Waithe, Win Morisaki, Philip Zhao, Hannah John-Kamen.


Nel 2045 tutti vivono in OASIS, il mondo virtuale creato da James Halliday (Rylance) nel quale chiunque può cambiare aspetto fisico trasformandosi in avatar e fare (spesso a pagamento) tutto ciò che vuole.

Il fondatore, prima di morire, lancia una sfida: anziché designare un erede, egli annuncia che il controllo di OASIS andrà a chi riuscirà a superare tre prove e a trovare l'Easter egg (cioè il contenuto speciale; letteralmente vuol dire "uovo di Pasqua", quello che nella tradizione anglosassone viene nascosto in giardino e cercato dai bambini) che egli ha celato nella sua creazione.

La potente multinazionale IOI, guidata dallo spegiudicato Nolan Sorrento (Mendelsohn), mette in campo un'agguerrita, numerosa e attrezzatissima squadra di giocatori.

Ma a darle filo da torcere sarò un gruppo di adolescenti guidato da Wade Watts (Sheridan) e Samantha Cook (Cooke).






Amanti degli Easter egg, delle citazioni, dei rimandi filmici: avete trovato pane per i vostri denti!

Se poi siete anche dei fan di cinema, musica, videogiochi, fumetti anni Ottanta/Novanta: avete trovato il Paradiso!

L'immaginario del romanzo Ready Player One di Ernest Cline, dal quale è tratto il film, è infatti ricco di riferimenti alla cultura pop del periodo.

Il buon Steven, pur cambiando molte cose rispetto al libro, ha voluto ricreare questo gioco di suggestioni limitando il più possibile le autocitazioni (le opere di Spielberg regista e produttore sono molto presenti nelle pagine di Cline), ma dando per il resto sbocco al mondo descritto dall'autore e facendo delle aggiunte geniali.

Tra queste, riportiamo la strepitosa corsa delle auto iniziale (che strizza l'occhio, tra gli altri, a Il Braccio Violento della Legge di William Friedkin) e un omaggio ad una famosa pellicola di Stanley Kubrick (vi lasciamo il gusto di scoprirla) - una gemma incastonata nella trama.

Tra gli spettatori si è scatenata una vera e propria caccia al tesoro per scovare i riferimenti più o meno nascosti e qualcuno si è preso pure la briga di elencarli minuziosamente (sono veramente tanti!).

Noi di CINEMA A BOMBA!, nel nostro piccolo, ne abbiamo notati alcuni.

In ambito cinematografico, oltre a quelli già citati: Ritorno al Futuro, King Kong (di Peter Jackson), Jurassic Park, Batman di Tim Burton, Star Wars, Il Gigante di Ferro, Interceptor (Mad Max), Nightmare, Venerdì 13, La Bambola Assassina, Beetlejuice, Alien, Monty Python e il Sacro Graal, Last Action Hero, Breakfast Club, Non per soldi... ma per amore, Excalibur, Quarto Potere.

In ambito televisivo: A-Team, Batman (la serie Tv con Adam West), Star Trek, ThunderCats, Gundam, Voltron.

Per ciò che concerne i videogiochi: Tomb Raider, Street Fighter, Duke Nukem, Halo, Space Invaders, Mortal Kombat, StarCraft, Adventure (del 1979; è il primo videogame d'azione e anche il primo in cui compare un Easter egg).

Riguardo ai fumetti: Akira, i personaggi DC di Harley Quinn, Joker, Deadshot, Superman (sia nella versione cattiva di Injustice sia in quella di Clark Kent con le fattezze di Christopher Reeve).

E poi le Tartarughe Ninja, Hello Kitty, Michael Jackson, Prince, Duran Duran; la colonna sonora con canzoni di Van Halen, Blondie, Tears for Fears, Bruce Springsteen, Earth Wind and Fire, Bee Gees...

Senza contare il fatto che gli avatar dei protagonisti si chiamano Parzival (come il cavaliere della Tavola Rotonda che riesce a trovare il Santo Graal) e Art3mis (come la dea della caccia nella mitologia greca).

Insomma, un'orgia di citazioni e rimandi che esalta lo spettatore più nerd, concentrato ad esaminare ogni singolo dettaglio, ogni singola scena, per trovare qualcosa di familiare.

Lo spettatore più distratto o meno preparato, invece, può godersi un'avventura dal ritmo sostenuto con poche pretese di denuncia sociale; un'opera di intrattenimento che diverte e talvolta spaventa; un vertiginoso e vorticoso immergersi in un mondo affollato di personaggi e pieno di colori.

In ogni modo si esce frastornati e storditi dai numerosi stimoli visivi e, almeno nel nostro caso, con una gran voglia di rivedere il film per carpirne altri segreti.

Ma chi pensa che Ready Player One sia solo una macchina citazionista e un'operazione nostalgia, si sbaglia.

Come avevamo già anticipato qualche anno fa con il corto Red Dead Redemption, il rapporto tra cinema, TV e videogiochi è destinato a diventare sempre più stretto e il fatto che, dopo l'apprezzato John Hillcoat (La Proposta, The Road, Lawless), a cimentarsi in un pastiche che ne fonde insieme codici e registri, situazioni e personaggi sia quello che forse è considerato non a torto il miglior regista vivente - un regista che ha saputo cambiare la storia del cinema - vuol dire che il futuro ci riserva interessanti prospettive.

Che si tratti di un'opera destinata ad aprire nuove strade?

Se anche così non fosse, Spielberg ha vinto la scommessa.

Affrontando un romanzo di difficile adattamento e non affidandosi a divi - come Daniel Day-Lewis in Lincoln e Tom Hanks in Il Ponte delle Spie e The Post (nel quale recitava anche la leggenda Meryl Streep, candidata all'Oscar come migliore attrice protagonista agli ultimi Oscar) - bensì avvalendosi della bravura di Mark Rylance (migliore attore non protagonista per il già citato Il Ponte delle Spie agli Academy Award 2016, ma presente anche nello sfortunato Il Grande Gigante Gentile), Ben Mendelsohn (il cattivo di Rogue One), Simon Pegg e di un gruppo di giovani attori, tra i quali spicca il protagonista Tye Sheridan (Coppa Marcello Mastroianni a Venezia 2013, interprete, tra gli altri, di The Tree of Life, Mud, X-Men: Apocalisse), si è messo in gioco e gli incassi finora sembrano dargli ragione.

Inoltre era dai tempi dello straordinario (ma sottovalutatissimo) Le Avventure di Tintin che il regista di Cincinnati non narrava un racconto di avventure per ragazzi.

Giovandosi di effetti speciali di ottima fattura, della sempre eccellente fotografia del fido Janusz Kaminski, delle musiche di Alan Silvestri e del lavoro delle tante maestranze, Mastro Spielberg ha saputo di nuovo spiazzarci.

Facendoci trovare un uovo di Pasqua (o Easter egg, come preferite) buonissimo e pieno di sorprese.




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