CINEMA A BOMBA!

mercoledì 27 novembre 2019

I CLASSICI: FROZEN, LA PRINCIPESSA CHE VENNE DAL FREDDO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2013
102'
Regia: Jennifer Lee, Chris Buck
Voci originali: Kristen Bell, Idina Menzel, Jonathan Groff, Josh Gad, Santino Fontana, Jennifer Lee, Ciarán Hinds, Alan Tudyk, Frank Welker.


Elsa e Anna - figlie dei sovrani di Arendelle - sono affiatatissime, eppure sono costrette a crescere separate.
La colpa è degli innati poteri della prima, capace di creare ghiaccio con le mani e modificare il tempo atmosferico.

Elsa diventa regina, ma proprio durante l'incoronazione perde il controllo dei propri poteri e, spaventata, fugge verso le montagne.

Il paese è sprofondato in un inverno perenne: solo Anna può essere in grado di far ragionare la sorella e riportare le cose alla normalità.

La giovane si troverà ad avere a che fare con diversi personaggi: l'affascinante e nobile Hans; l'intraprendente Christof, accompagnato dalla fida renna Sven; il pupazzo di neve parlante Olaf...






A prima vista, Frozen sembra un frullato di tutti i luoghi comuni dei classici Disney.
Come se i produttori avessero selezionato accuratamente gli elementi "funzionanti" di tutte le pellicole precedenti, li avessero inseriti in un megacomputer e l'output risultante fosse questo film.

Non manca nulla: un intreccio lineare ma non privo di colpi di scena, canzoni trascinanti che si attaccano in testa come gomma da masticare, una storia d'amore romantica, un personaggio "simpatico" per divertire i bambini, un cattivo sufficientemente antipatico; ben due principesse come protagoniste.

Successo assicurato e immediato, come dimostrano gli innumerevoli premi conquistati un po' ovunque.
Ricordiamo almeno un Golden Globe e due Oscar nel 2014 (miglior film d'animazione, miglior canzone).

Come se non bastasse, fino a poche settimane fa - quando è stato superato dalla versione "computerizzata" de Il Re Leone - è stato il cartone animato coi maggiori incassi nella storia del cinema.

Si è trattato, quindi, solo di un'operazione di marketing per sbancare il botteghino?
No, Frozen - come il precedente Up e il successivo Inside Out - appartiene a quella categoria di opere disneyane in grado di compiacere il pubblico più giovane e al contempo affrontare con sensibilità tematiche "adulte".






Qui si parla non banalmente di rapporti familiari (quello tra due sorelle forse non era mai stato affrontato in modo così specifico in un film d'animazione), lutti, solitudine, altruismo, sentimenti traditi, maturazione.

Nonostante qualche momento drammatico, ci troviamo comunque di fronte a una commedia musicale dove si ride spesso e dopo la quale è difficile non ritrovarsi a canticchiare una qualsiasi delle sue canzoni (la blasonatissima Let It Go su tutte).

I cinefili possono apprezzare i rimandi più o meno nascosti a precedenti pellicole Disney (alzi la mano chi ha scorto il cammeo di Razunzel) e - nella versione originale - riconoscere le voci di alcuni personaggi di contorno.

In ruoli secondari ci sono infatti Alan Tudyk (ossia il robot di Rogue One), Ciarán Hinds (doppiatore del malvagio Steppenwolf in Justice League) e Frank Welker (i nostri lettori lo conoscono come lo "scimmiesco" protagonista di Curioso come George).

Frozen è una pellicola animata per tutta la famiglia e per tutte le età.
Da vedere o rivedere, in attesa di scoprire se il pompatissimo seguito Frozen 2 sarà capace di segnare nuovi record.




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venerdì 15 novembre 2019

GLI INEDITI: WOMAN WALKS AHEAD, QUANDO HOLLYWOOD FA L'INDIANA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
101'
Regia: Susanna White
Interpreti: Jessica Chastain, Michael Greyeyes, Sam Rockwell, Ciarán Hinds, Chaske Spencer, Bill Camp, Michael Nouri.


Catherine Weldon (Chastain), intraprendente pittrice di successo rimasta vedova, decide di andare nel territorio dei Dakota per cercare di convincere il celebre capo indiano Toro Seduto (Greyeyes) a farsi fare un ritratto.

I due instaureranno un rapporto di fiducia e rispetto e si sosterranno a vicenda in decisioni che cambieranno le loro vite.






Presentato in anteprima mondiale nel 2017 al Toronto International Film Festival, Woman Walks Ahead, pur avendo ottenuto buone recensioni, ha dovuto aspettare quasi un anno prima di uscire nei cinema americani - e per di più in un numero limitato di sale.

In Italia, invece, la pellicola non ha trovato distribuzione ed ad oggi risulta ancora inedita.
Peccato, anche perché presenta diversi spunti interessanti.

Innanzitutto, fa conoscere - sebbene con qualche libertà e in modo un po' romanzato - un personaggio storico poco conosciuto ma per nulla ordinario come Caroline Weldon (perché nel film è diventata Catherine?), pittrice e poi confidente, segretaria e avvocata del leggendario capo indiano Toro Seduto, nonché attivista per i diritti dei nativi americani.

Ad incarnarla, una delle migliori attrici in circolazione, attivista a sua volta, e pupilla del nostro blog: Jessica Chastain.

La straordinaria interprete di tanti bei film - tra questi, vale la pena citare Wilde Salomé, The Tree of Life, Coriolanus, Texas Killing Fields, Zero Dark Thirty (per la quale ricevette una nomination agli Oscar come migliore attrice protagonista), The Disappearance of Eleanor Rigby, Interstellar, A Most Violent Year, Sopravvissuto-The Martian - anche in questo caso dimostra la sua bravura e il suo magnetismo.

In realtà proprio le prove attoriali sono il punto di forza del film.

Accanto alla Chastain troviamo infatti Sam Rockwell, che nel 2018 ha vinto un meritatissimo premio Oscar come migliore attore non protagonista.
Certo, il suo personaggio qui non è complesso e sfaccettatto come quello di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, però riesce comunque a lasciare il segno.

Una rivelazione è invece Michael Greyeyes, ottimo nel rappresentare la fisicità, la dignità, l'umanità e il carisma di Toro Seduto.
Speriamo di vederlo ancora in altri film, magari in ruoli non da indiano.

Il problema degli interpreti nativi americani è quello di non trovare molte parti al di fuori di caratterizzazioni "etniche"; e in un periodo nel quale si chiede a gran voce di dare rappresentanza a Hollywood anche alle cosiddette minoranze, questa ghettizzazione non ha più senso.

Ben venga, quindi, l'Oscar alla carriera, annunciato quest'anno, per Wes Studi - in compagnia di David Lynch e della nostra Lina Wertmüller, nonché di Geena Davis (sebbene quest'ultimo riconoscimento sia per l'impegno umanitario) -, interprete di Balla coi Lupi, L'Ultimo dei Mohicani, Heat-La Sfida, Geronimo, Street Fighter, The New World, Avatar, e sono incoraggianti le carriere "oltre lo stereotipo" di Graham Greene (Balla coi Lupi, Cuore di Tuono, Maverick, Die Hard, Il Miglio Verde, The Twilight Saga: New Moon), Gil Birmingham ( Hell or High Water) e anche dell'effimero teen idol Taylor Lautner (uno dei protagonisti principali della saga Twilight).

Ma non basta e molto deve essere ancora fatto - anche in relazione alla rappresentanza femminile (avete mai sentito parlare di attrici di origine indiana d'America? No? Praticamente neppure noi).

Perché esistano ancora riserve nei confronti degli attori nativi americani nell'ormai variegato mondo del cinema è un mistero ancora da risolvere.




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venerdì 8 novembre 2019

I CORTI: VIVE l'AMOUR, PILLOLE DI MONTE

Clicca sul fotogramma per vedere il film. 

USA, 2013
1'
Regia: Monte Hellman
Interpreti: Shannyn Sossamon, Tygh Runyan.


Una coppia è seduta al tavolino di un bar, senza parlarsi.
Lei (Sossamon) tiene lo sguardo basso e le braccia incrociate, lui (Runyan) sta pagando il conto.

Hanno litigato? Si sono appena lasciati?
Non è chiaro che cosa sia successo tra loro, ma si percepiscono tensione e tristezza.

L'uomo guarda la donna, ha un istante di esitazione, poi si alza ed esce dal locale.
Solo a quel punto lei rialza lo sguardo e appare pensierosa.

Ma è il set di un film: il regista - fuori campo - ferma la ripresa, mentre la donna si asciuga il viso con le mani.






Il breve film che vi stiamo recensendo è uno dei segmenti di Venezia 70 - Future Reloaded, progetto presentato a Venezia 2013 in occasione del 70° compleanno della Mostra del Cinema lagunare.

70 cortometraggi, ognuno della durata di circa 70 secondi, diretti da 70 registi provenienti da ogni parte del mondo.
Un modo ambizioso per festeggiare l'invidiabile traguardo del festival cinematografico più longevo.

Vive l'Amour - titolo sarcastico? - è, quantomeno fino ad oggi, l'ultimo lavoro dell'anziano cineasta americano Monte Hellman e sembra quasi uno spin-off del suo precedente lungometraggio, l'enigmatico e affascinante Road to Nowhere.

Stessi interpreti, stessa atmosfera sospesa, stessa penuria di dialoghi (anzi, qui si sfiora il film muto).
In più c'è un graduale passaggio dal bianco & nero al colore che potrebbe avere un valore simbolico: che rappresenti il ritorno alla realtà dopo il breve assaggio di fiction?






Hellman è un autore di culto, specie in Europa.
Montatore passato alla regia, cresciuto sotto l'ala di Roger Corman, è noto per essere stato una sorta di "mentore" per Quentin Tarantino, avendogli prodotto la pellicola d'esordio, Le Iene.

Ha diretto western iconoclasti (La Sparatoria, Le Colline Blu), epocali road movie (il sottovalutato Strada a Doppia Corsia) e fiere pellicole di serie B (una su tutte: Silent Night, Deadly Night III), ma ha anche dimostrato un'ammirevole umiltà lavorando qua e là in incognito (ha diretto ad esempio alcune sequenze di RoboCop).

Non è mai stato un regista prolifico, ma in questi anni più che mai ha lavorato col contagocce, godendosi la meritata fama di venerato maestro.
Per questo, istantanee come Vive L'Amour (a proposito: perché un titolo in francese?) sono piccoli regali che un cinefilo degno di questo nome non può farsi mancare.

In attesa, ovviamente, del prossimo capolavoro.
Ti aspettiamo, Monte!




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