CINEMA A BOMBA!

venerdì 24 aprile 2020

GLI INEDITI: THE AERONAUTS, UNA DONNA PILOTA E UNO SCIENZIATO VANNO NEL PALLONE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Regno Unito, 2019
101'
Regia: Tom Harper
Interpreti: Felicity Jones, Eddie Redmayne, Tom Courtenay, Vincent Pérez, Phoebe Fox, Himesh Patel, Anne Reid.


Seconda metà dell'Ottocento.

Lo scienziato James Glashier (Redmayne) ha una teoria: è possibile prevedere le variazioni meteorologiche.

Per confermare ciò ha bisogno di dati empirici ad alta quota, ma per ottenerli il miglior metodo è quello di utilizzare una mongolfiera.

Egli si rivolge allora all'esperta pilota Amelia Wren (Jones), che accetterà nonostante la titubanza a causa dell'ultima ascesa, particolarmente drammatica e traumatica per lei.

I due intraprendenti aeronauti ne approfitteranno per un'impresa ai limiti dell'impossibile: battere il record di massima altitudine raggiunta da una mongolfiera.

Ma le cose non andranno lisce come sperato.






Dopo l'acclamato The Theory of Everything-La Teoria del Tutto, è tornata la coppia Felicity Jones - Eddie Redmayne!

Ed è tornata con una produzione Amazon Prime Video - che in Italia non è uscita al cinema, ma direttamente per i clienti del servizio di streaming online - che offre una trama avvincente e personaggi interessanti.

Chiariamo subito una cosa: si afferma che la storia è tratta da una vicenda realmente accaduta.

In realtà, sì, la vicenda è accaduta veramente (al netto di tutte le drammatizzazioni cinematografiche del caso), ma dei due personaggi protagonisti solo uno è davvero esistito: lo scienziato James Glashier.

La coraggiosa e spericolata Amelia Wren è invece il frutto della fantasia degli autori e si ispira a diverse figure femminili (non necessariamente dell'epoca narrata), come la pilota (di aerei) Amelia Earhart, celebre aviatrice della prima metà del Novecento, che le dà il nome.

A dire il vero, chi accompagnava il vero Glashier era un uomo, Henry Tracey Coxwell: "femminilizzarlo" per esigenze di spettacolarizzazione non gli rende giustizia.

Ma va anche detto che, se si chiude un'occhio sull'accuratezza storica, mettere al centro una donna in un ambiente e in un contesto molto maschilista - come poteva essere quello dell'Inghilterra già vittoriana - rende ancora più appetibile la storia di questa perigliosa spedizione scientifica nei cieli.

Peccato che Amelia Wren non esista: il suo è il personaggio più vivace e interessante del film e ribalta lo stereotipo del genere secondo cui, in un'avventura con un uomo e una donna, è il maschio quello intrepido e coraggioso, mentre la femmina fa la parte della fanciulla in pericolo.

Qui i ruoli si ribaltano.

Felicity Jones, che la interpreta, le dà brio, freschezza, incoscienza, anticonformismo, coraggio; Redmayne - che per il film che avevano precedentemente fatto insieme aveva vinto un meritato Oscar, sebbene lo avesse soffiato al Michael Keaton di Birdman - invece fa l'inesperto, imbranato, ingenuo scienziato.

Sia la protagonista di Rogue One che il Newt Scmander di Animali Fantastici (nonché Marius nel musical Les Misérables) se la cavano bene (soprattutto la prima) e sono il richiamo per gli spettatori.

Ma occorre notare che anche gli effetti speciali, i costumi e la scenografia sono di ottimo livello, segno che Amazon ha scommesso molto su questo titolo, pensato soprattutto per la visione in casa.

La cosa interessante è che i colossi dello streaming - la compagnia di Jeff Bezos, Netflix e la nuova Disney+ - si stanno sfidando anche a colpi di produzioni originali di qualità via via più alta, mentre gli studios tradizionali hollywoodiani sono in crisi nera (di idee e finanziaria).

Basti pensare che gli Oscar, quest'anno, sono stati terreno di conquista di una pellicola coreana ( Parasite), cosa impensabile fino a pochi anni fa.

Il mondo del cinema e il modo di fruizione stanno cambiando velocemente: i remake/reboot/sequel/prequel potranno servire, nel breve periodo; ma alla lunga potrebbero non bastare più a soddisfare un pubblico sempre più alla ricerca di cose nuove.

A buon intenditore...




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sabato 18 aprile 2020

I CLASSICI: ANIMALI FANTASTICI-I CRIMINI DI GRINDELWALD, FIASCHI FANTASTICI E DOVE TROVARLI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

UK/USA, 2018
134'
Regia: David Yates
Interpreti: Eddie Redmayne, Johnny Depp, Katherine Waterston, Dan Fogler, Alison Sudol, Ezra Miller, Zoë Kravitz, Brontis Jodorowsky, Claudia Kim, Jude Law.


È trascorso circa un anno dagli eventi del primo film.

Newt Scamander (Redmayne) è incaricato dal preside di Hogwarts, Albus Silente (Law), di rintracciare Credence Barebone (Miller), ultimo sopravvissuto di una stirpe di maghi purosangue.

Peccato che sulle sue tracce ci sia anche l'evaso Gellert Gridelwald (Depp), spietato esperto di magia oscura e vecchia conoscenza di Silente...






Tutto è iniziato con la saga di Harry Potter, il giovane maghetto occhialuto:
Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Harry Potter e la Camera dei Segreti.
Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban.
Harry Potter e il Calice di Fuoco.
Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
Harry Potter e i Doni della Morte.

Otto pellicole (I Doni è diviso in due parti) che hanno consolidato quello che è stato il fenomeno letterario degli ultimi decenni: 450 milioni di copie vendute in 2 lustri che hanno reso famosa - e assai ricca - la signora J.K. Rowling.

Per sfruttare ancora l'onda, la scrittrice ha successivamente co-firmato uno spettacolo teatrale (Harry Potter e la Maledizione dell'Erede, un seguito della serie tanto intrigante quanto controverso) ed è tornata al cinema cimentandosi come sceneggiatrice.






Animali Fantastici e Dove Trovarli e la pellicola che stiamo recensendo sono i primi due capitoli di una programmata "pentalogia" prequel che dovrebbe coprire un arco temporale di 19 anni.

La Rowling, che ha affidato la regia al fido David Yates, ha così la possibilità di approfondire alcuni dettagli rimasti un po' in ombra nella sua fatica letteraria e nei derivati adattamenti cinematografici.

Buone le intenzioni, ma il risultato?

Se il film precedente veniva alleggerito da un gradevole tono umoristico e dalle gustose trovate legate agli animali fantastici del titolo, il suo seguito cambia bruscamente marcia e finisce per apparire un po' troppo cupo (c'è l'uccisione di un bambino a sangue freddo che ricorda molto quella di C'era una Volta il West di Sergio Leone).

La causa è probabilmente da rintracciare nel contesto politico contemporaneo.
Vi sono infatti molti riferimenti critici ai sovranismi rampanti, non solo quello britannico, specie nel monologo di Grindelwald/Depp nel terzo atto.

A prescindere dall'inedito sottotesto politico, i fan della serie possono comunque ritrovare personaggi a loro cari e divertirsi a scovare i vari rimandi più o meno nascosti.






Vengono rivelate ad esempio le origini di Nagini - lo spaventoso serpentone di Voldemort - e si possono scorgere elementi importanti dei film di Harry Potter.
Non vi diciamo né dove né a che punto, ma non è difficile rintracciare la Pietra Filosofale e almeno uno dei famigerati Doni della Morte.

Per quanto concerne il cast, al Premio Oscar Eddie Redmayne (per La Teoria del Tutto, ricordate?), al comico Dan Fogler (rivisto recentemente in Jay & Silent Bob Reboot) e all'emergente Ezra Miller (The Flash in Justice League) si uniscono ora un barbuto Jude Law e un ossigenato Johnny Depp.

Il primo ha studiato a menadito le performance di Michael Gambon - interprete di Silente dalla terza pellicola di Harry Potter in avanti - e se la cava egregiamente.
Il secondo, che già faceva una comparsata a sorpresa alla fine di AFeDT, ci sembra invece fuori posto (perché affidare il ruolo a un americano, con tutti i bravi attori che ci sono nel Regno Unito?).

I Crimini di Grindelwald non risponde esplicitamente alla domanda che attanaglia gli spettatori più maliziosi (Albus è gay?), ma non è certo questa la ragione per cui si sia rivelato il capitolo di minor successo della saga, in termini sia critici che commerciali.

La Rowling e i suoi collaboratori hanno ancora tre incantesimi - ooops, tre pellicole - per ritrovare la perduta brillantezza dell'esordio.

Ce la faranno?
Lo scopriremo insieme.




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lunedì 13 aprile 2020

I CORTI: POWER (KANYE WEST), LA RIVINCITA DI MARCO BRAMBILLA

(Clicca sull'immagine per vedere il video). 

USA, 2010
1'42"
Regia: Marco Brambilla
Con: Kanye West, Irina Shayk, Jessica White, Diandra Forrest


Una civiltà sta crollando per colpa di eccessi e corruzione dei costumi.

Il caos e la violenza regnano sovrani.

Quando ecco emergere il salvatore, colui che potrebbe riportare ordine e armonia: Kanye West.






Power è il primo singolo dal quinto album di Kanye West, My Beautiful Dark Twisted Fantasy, e segna il suo ritorno alle scene dopo la figuraccia agli MTV Video Music Award 2009, dove fece parlare di sé per aver strappato di mano il premio per il miglior video femminile a Taylor Swift e averla umiliata pubblicamente.

Successivamente ci sono stati tentativi di riappacificazione, sgarbi, polemiche, insulti; la lite continua tuttora tra rivelazioni, battibecchi, risposte via social...

Qui si sfocia però nel gossip, cosa che non ci appassiona molto.

Ciò che ha attirato la nostra attenzione è piuttosto il video della canzone summenzionata - fatto strano: questo video ufficiale non accompagna l'intera canzone, bensì solo una parte: è una sorta di trailer, dato che la durata di questa è di circa 5 minuti, mentre il filmato ne copre meno di 2.

Si parte con una fuga di colonne con capitelli ionici e l'immagine di West vestito di nero con enorme catenazza d'oro al collo.

La visuale si apre, svelando gradualmente i particolari dell'insieme: un cielo plumbeo, una donna bellissima seduta (la top model Irina Shayk), due donne identiche con grandi corna in testa che fanno la guardia, ragazze a testa in giù (una fa cadere un velo, altre rovesciano acqua antigravitazionalmente da un recipiente, una ha un pugnale in mano), una spada e un'aureola sopra la testa del protagonista, altri personaggi, tra i quali emergono due uomini che lentamente si preparano allo scontro a spade sguainate.

Il video termina con soli tre soggetti: i due guerrieri prossimi al cozzo e West, che assiste impassibile mentre intorno ci sono scintille ovunque.

Il filmato è breve, ma molto ricco di suggestioni e di rimandi all'arte (classica, neoclassica, rinascimentale - soprattutto agli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina).

Il nome dell'autore, ai più, non dirà molto: Marco Brambilla, milanese naturalizzato canadese.

Eppure egli è stato un regista molto promettente: il suo film di esordio è stato il fantascientifico Demolition Man (1993), con Sylvester Stallone, Sandra Bullock, Wesley Snipes e Benjamin Bratt - buon successo di pubblico allora e in seguito assurto allo status di cult.

Successivamente c'è stato Una Ragazza Sfrenata (1997) con Alicia Silvestone, Benicio del Toro e Christopher Walken e poco altro.






Deluso da Hollywood, Brambilla ha purtroppo lasciato il mondo del cinema, ma si è dedicato alle sue passioni: la videoarte e la fotografia.

Dimostrando di che pasta è fatto.

Specializzato in videocollage, egli, attingendo all'immaginario cinematografico e della cultura pop, ha creato installazioni dal sicuro impatto che ne hanno fatto un artista molto quotato e ricercato.

Power è solo il suo lavoro più conosciuto, in questo campo, ma nel suo portfolio ci sono opere notevoli, come il trittico Megaplex (Creation, Evolution - presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2011 - e Civilisation), che vi proponiamo di seguito:


Creation.



Evolution.



Civilization.


Visto che roba?!

Ci sono registi che hanno iniziato girando videoclip, altri che vi si sono prestati - tra i tanti, citiamo William Friedkin ( Self Control di Laura Brannigan), Martin Scorsese ( Bad di Michael Jackson, che aveva collaborato anche con John Landis per Thriller), Spike Lee ( Fight The Power dei Public Enemy), Paul Thomas Anderson (ne ha girato parecchi: ricordiamo solo Daydreaming dei Radiohead), David Lynch (anche lui è un habitué. Menzioniamo, qui, Came Back Haunted dei Nine Inch Nails)...

I risultati sono stati spesso eccellenti, anche se ci si dimentica che dietro a questi filmati c'è un grande cineasta.

Per Power il destino è stato simile: esso è stato apprezzato da molti, che però ignorano chi l'abbia ideato.

Brambilla non si è più cimentato (al momento in cui scriviamo) né in film né in videoclip.

Ed è un gran peccato: come redattori di CINEMA A BOMBA! ce ne rammarichiamo e speriamo in una sua nuova incursione nel mondo del cinema.

Ma come appassionati d'arte non possiamo che apprezzare le opere fatte finora.




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lunedì 6 aprile 2020

I CLASSICI: SPIDER-MAN FAR FROM HOME, MA GUARDA UN PO' 'STI SUPEREROI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2019
129'
Regia: Jon Watts
Interpreti: Tom Holland, Zendaya, Samuel L. Jackson, Jake Gyllenhaal, Marisa Tomei, Jon Favreau, Cobie Smulders, Ben Mendelsohn, J.K. Simmons.


Sono passati 8 mesi dagli eventi narrati in Avengers: Endgame.

Peter Parker (Holland) parte per una lunga gita scolastica in giro per l'Europa, durante la quale viene contattato da Nick Fury (Jackson) perché aiuti il supereroe Quentin Beck (Gyllenhaal) a fronteggiare la minaccia dei temibili Elementali.

Il ragazzo ha in progetto ben altri piani - dichiarare i propri sentimenti alla compagna di classe MJ (Zendaya), per esempio - ma alla fine si fa convincere.

Le cose però non sono come sembrano.
Spider-Man avrà bisogno dei propri amici e di Happy Hogan (Favreau) - ex braccio destro di Iron Man in buona con Zia May (Tomei) - per venire a capo della vicenda...






In principio fu la trilogia di Sam Raimi con Tobey Maguire, poi venne il dittico di Marc Webb con Andrew Garfield.

Questa è invece la 5a volta di Tom Holland nei panni del Ragnetto, dopo Captain America: Civil War, Spider-Man: Homecoming, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

Una gradita conferma: a nostro giudizio, il giovane attore britannico è il miglior Spider-Man visto finora sul grande schermo.
Ha l'età del personaggio, la faccia giusta, un accento del Queens credibile e i vantaggi derivanti dall'essere parte del Marvel Cinematic Universe.

Far From Home è un seguito divertente, all'altezza del precedente Homecoming (benché stavolta, nonostante le iniziali indiscrezioni, manchi Michael Keaton).






Anche qui abbondano gli omaggi a John Hugues, autore di popolari commedie giovanilistiche negli anni 80 e sceneggiatore, tra le altre cose, della serie Vacation.
Anzi, questo sembra quasi un adattamento "ragnesco" del secondo capitolo, National Lampoon's European Vacation (in Italia uscito come Ma Guarda un po' 'sti Americani).

Ovviamente, non mancano neppure riferimenti alle altre pellicole del MCU.
Si veda ad esempio la gustosa sequenza post credits, che rimanda direttamente a Captain Marvel.

A proposito di Captain Marvel: come per il film con Brie Larson, anche in questo caso molti dei colpi di scena sono tali soltanto per chi non conosce il fumetto di origine.

Un difetto trascurabile, specie se sull'altro piatto della bilancia si trova un cast da leccarsi i baffi.
Stavolta, ancor più dei protagonisti, brillano i comprimari.

Zendaya - già vista nel musical The Greatest Showman insieme a un'altra icona Marvel, Hugh "Wolverine" Jackman - ha meritatamente più spazio; Marisa Tomei, la più verosimile Zia May della storia, è deliziosa come sempre; c'è pure un grande Jon Favreau (il regista dei primi due Iron Man, per la cronaca).






Il compianto Stan Lee è accreditato come produttore esecutivo, ma non compare nel tradizionale cameo, il che rende quella di Endgame la sua ultima apparizione.

La vera sorpresa arriva però da J.K. Simmons.
Dopo una breve "vacanza" nel DC Extended Universe come Commissario Gordon (andate a rivedervi Justice League, please), l'attore premio Oscar per Whiplash riprende inaspettatamente il ruolo di J. Jonah Jameson che aveva nel trittico di Raimi.
Un'apparizione-lampo che si presume avrà importanti ripercussioni sui prossimi film dedicati a Spidey.

Ma a quando il prossimo capitolo della serie?
Se è vero che la saga degli Avengers pare conclusa definitivamente, lo stesso non si può dire dell'Universo Marvel.
Anzi, qualcosa lascia intendere che Peter ne sia diventato il personaggio di punta.

E se Spider-Man fosse il nuovo Iron Man?




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giovedì 2 aprile 2020

I DOC: SUL 45° PARALLELO, VIAGGI PUNK TRA PADANIA E MONGOLIA

(Clicca sulla locandina per vedere il documentario). 

Italia, 1997
50'
Regia: Davide Ferrario
Con: Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Davide Ferrario, Gianni Celati, Attilio Concari, Giorgio Canali, Bruno Danovaro, Riccardo Bertani.


Un viaggio nella Pianura Padana di un regista alla ricerca di storie.
Un viaggio in Mongolia di due musicisti alla ricerca di ispirazione.

Storie di uomini, volti, suoni lungo il 45° parallelo, a metà strada tra il Polo Nord e l'Equatore.






Metà del mese di Settembre, anno 1997.
Il mercato discografico subisce un clamoroso blackout: è imperante il brit-pop degli Oasis e delle Spice Girls, è appena esploso il fenomeno Andrea Bocelli, Luciano Ligabue, gli 883, Jovanotti e Pino Daniele continuano a macinare successi; ma a dominare la classifica degli album più venduti (sebbene per una settimana sola) è... Tabula Rasa Elettrificata, terzo lavoro del gruppo punk indie C.S.I. - acronimo di Consorzio Suonatori Indipendenti che rimanda anche alla Comunità degli Stati Indipendenti, che prese il posto della dissolta Unione Sovietica (sigla in cirillico: CCCP, che poi era pure il nome precedente della band).

Molti si chiesero chi fossero costoro, data la loro notorietà piuttosto underground; ed essi stessi probabilmente si sorpresero molto dell'eco mediatica, poco avvezzi com'erano ai grandi numeri.

Un vasto pubblico così si accorse di un album di grande qualità e di un collettivo di talento, composto da Giovanni Lindo Ferretti (cantante e paroliere), Massimo Zamboni (chitarrista e compositore), Giorgio Canali (chitarra ritmica e cori), Gianni Marroccolo (bassista), Francesco Magnelli (tastierista), Gigi Cavalli Cocchi (batterista) e da un'unica donna, Ginevra Di Marco (voce e cori).

E scoprì che Tabula Rasa Elettrificata è il frutto di un viaggio, un viaggio in una meta insolita, la Mongolia, che Ferretti e Zamboni hanno girato in lungo e in largo, traendone ispirazione e suggestioni che poi sono diventate canzoni.

Questa peregrinazione è stata testimoniata da un interessantissimo documentario, Sul 45° Parallelo, che vi proponiamo.

Il regista Davide Ferrario, autore poi di pellicole di un certo successo, come Tutti Giù Per Terra, Figli di Annibale, Guardami, Dopo Mezzanotte, doveva inizialmente partire per la spedizione, ma problemi burocratici l'hanno costretto a rimanere in Italia e a ripensare pertanto l'intero lavoro.

Così, mentre i due musicisti e parte della troupe raccoglievano materiale nel Paese asiatico, Ferrario decise di fare altrettanto, ma lungo le sponde del fiume Po.

Il risultato è il resoconto in parte parallelo e in parte convergente di due viaggi in altrettanti Paesi in fondo non così distanti tra di loro, uniti certo dall'essere attraversati dal 45° parallelo, ma anche dal vivere come sospesi in un tempo infinito e indefinito, con paesaggi sempre uguali ed elementi "di stacco" comunque insignificanti - quei paesaggi che, attraversati in treno o in autostrada, non attirano più di tanto l'attenzione.

Eppure, se ci si ferma, questi posti dimostrano di saper offrire storie e aneddoti, voci e personaggi interessanti.

Per accompagnare e allacciare le immagini fascinose dall'una all'altra parte del mondo sono stati utilizzati efficacemente i brani dell'album, inseriti nella narrazione in modo suggestivo e funzionale.

Abbiamo già notato quanto le musiche possano essere importanti in un documentario e quanto possano essere funzionali ai fini del racconto - pensiamo a The Smog Of The Sea, Kurt Cobain:Montage of Heck, Valley Uprising, Il Futuro Non è Scritto, Pearl Jam Twenty, Stop Making Sense.

Quelle di Sul 45° Parallelo non fanno eccezione; anzi.

In più ricordiamo che i C.S.I. sono un gruppo punk.

E molto punk è pertanto anche il finale.

Non ve lo sveliamo - siamo contrari agli spoiler, lo sapete - ma possiamo solo anticipare che la dichiarazione finale di Giorgio Canali (che, ricordiamo, fa parte della band e che imbraccia una chitarra seduto su una sedia all'interno di una piscinetta gonfiabile) e la canzone che parte subito dopo sono un epilogo spiazzante, beffardo e dissacrante.

In pieno stile C.S.I.




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