CINEMA A BOMBA!

mercoledì 24 marzo 2021

ZACK SNYDER'S JUSTICE LEAGUE, GIUSTIZIA È FATTA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA, 2021
242'
Regia: Zack Snyder
Interpreti: Ben Affleck, Gal Gadot, Henry Cavill, Amy Adams, Ray Fisher, Ezra Miller, Jason Momoa, Willem Dafoe, Jesse Eisenberg, Jeremy Irons, Diane Lane, Connie Nielsen, J.K. Simmons, Ciarán Hinds, Amber Heard, Joe Morton, Ray Porter, Jared Leto, Joe Manganiello, Robin Wright, Billy Crudrup.


La morte di Superman (Cavill) ha risvegliato le scatole madri, potenti manufatti alieni in grado di distruggere interi pianeti, e ciò ha attirato l'attenzione di Steppenwolf (Hinds), generale di una malvagia razza extraterrestre e braccio destro del temibile Darkseid (Porter), che ha intenzione di impossessarsene e di utilizzarle.

Per cercare di fermare i piani di distruzione degli invasori, il miliardario Bruce Wayne (Affleck), nei panni di Batman, chiederà aiuto ad esseri dotati di poteri speciali: l'amazzone Diana Prince/Wonder Woman (Gadot), il tritone umanoide Arthur Curry/Aquaman (Momoa), il velocissimo Barry Allen/Flash (Miller), Victor Stone/Cyborg (Fisher), metà uomo e metà robot e in grado di controllare ogni tecnologia.



2017. Dopo il divisivo Man of Steel, gli incassi deludenti di Batman v Superman, le stroncature della critica riguardo Suicide Squad, la Warner Bros. si trova in difficoltà.

Dopo l'acclamata trilogia del Cavaliere Oscuro targata Christopher Nolan, la concorrenza con la Marvel si è fatta impietosa in termini di riscontri di critica e pubblico.

Insomma, il progettato DC Extended Universe non decolla e la casa di produzione sta ripensando la propria strategia.

Viene trovato un capro espiatorio: Zack Snyder, autore dei primi due film citati, che sta lavorando al seguito di BvS, Justice League.

La pellicola è a buon punto, ma divergenze creative sempre più marcate e un improvviso e drammatico lutto familiare (il suicidio di una delle figlie, Autumn) porteranno il regista ad abbandonare il progetto.

Questo sarà affidato in corsa a Joss Whedon, che aveva diretto per i concorrenti i primi due film degli Avengers e che apporterà tutta una serie di cambiamenti - tagli, scene rigirate, variazioni di trama...

Ma il tono meno cupo, più scanzonato - in buona sostanza, più marvelliano - della Justice League whedoniana non avrà il successo sperato e si risolverà in un mezzo flop e nella richiesta sempre più pressante da parte dei fan di vedere la versione di Zack Snyder.

#ReleaseTheSnyderCut diventerà un hashtag di tendenza sempre più citato e utilizzato, tanto da dar vita ad un vero e proprio movimento social.

Nel frattempo l'universo DC Comics riuscirà a risollevarsi grazie ai successi di Wonder Woman, Aquaman e di Joker (clamoroso Leone d'Oro a Venezia!).

Ma quell'invocazione resterà sempre forte.

E diverrà un boato all'annuncio qualche mese fa e, dopo un hype pazzesco (ce ne siamo occupati nella più seguita - finora - puntata del nostro BOMBCAST), all'uscita (pochi giorni fa) di quella che, dapprima denominata Snyder Cut, verrà poi conosciuta col titolo definitivo di Zack Snyder's Justice League.

Non capita tutti i giorni che ad un regista venga data la possibilità di rimettere mano alla propria creazione per ripristinare montaggio e storia originali, eliminando censure, tagli e interventi degli studios; ma è ancora più raro il fatto è che sia un vasto pubblico a richiederlo.

Chissà se questo tipo di pressione farà scuola e che non vengano in futuro rifatti interni film senza dover per forza ricorrere ai remake...

Detto questo, la risposta che vi starete ponendo è: Ma ne è valsa la pena?


La risposta a nostro avviso è: Sì. Decisamente.

Quella di Whedon era una versione pastrocchiata, sebbene tutto sommato gradevole: la storia avrebbe dovuto essere sviluppata ampiamente, vista la ricchezza di personaggi e situazioni, ma averla compressa in sole due orette l'ha resa piuttosto caotica, confusa e in certi tratti incomprensibile.

Il tono più brillante, le battutine, le situazioni buffe se da una parte alleggerivano la vicenda dall'altra facevano sembrare il film una copia mal riuscita del Marvel Cinematic Universe.

Non è un caso che le scene visivamente migliori non siano quelle rigirate da Whedon, quanto piuttosto quelle di Snyder: di quest'ultimo si potrà dire quel che si vuole, ma non che manchi di un proprio stile riconoscibile.

L'aver riconsegnato il lavoro al buon Zack - che ha utilizzato tutte le scene già girate e poi tagliate in fase di montaggio nella versione di Whedon e che ha dovuto solo rigirarne poche - comporta che esso presenti le evidenti impronte del suo autore.

E quindi: una maniacale costruzione dell'inquadratura, quasi a riproduzione di una tavola fumettistica, con effetti visivi pertanto molto suggestivi; scene piene di particolari e spesso di personaggi, con scenografico uso dello spazio; un maggior senso di solennità e di epos; un'attenzione al volume dei corpi (i protagonisti sono quasi degli dei: il loro fisico deve essere pertanto adeguato), con strizzate d'occhio alla statuaria classica; colonna sonora fracassona ed effetti speciali abbondanti; uso ripetuto del ralenti in funzione virtuosistica; toni cupi, con dovizia di chiaroscuri e sfumati; conseguente poco spazio per scenette di alleggerimento; personaggi tormentati e in balia dei propri demoni interiori, ma caratterizzati da una volontà superomistica...

In ben 4 ore (ricordiamolo: sono così tante solo perché questo film è destinato alle piattaforme streaming: al cinema, al giorno d'oggi, una tale durata è considerata improponibile) egli approfondisce la trama, mette più azione, inserisce nuovi personaggi (non tutti in realtà necessari), ne valorizza altri - Cyborg e Flash sono poco più che comparsate nella versione precedente, mentre hanno un ruolo molto incisivo in questa -; addirittura si permette un finale cosiddetto cliffhanger (cioè con un colpo di scena che anticipa il film successivo. Ma in questo caso è difficile, purtroppo, che Justice League abbia un seguito) di grande impatto.

Insomma, questo Snyder Cut diventa così summa del regista e sua opera più ambiziosa, con grande tripudio dei fan adoranti, ma anche dei semplici appassionati del cinema supereroistico.

Un'opera sontuosa e colossale, destinata forse a rimanere un unicuum, la fine di un ciclo.

Ma che apre interessanti prospettive sul futuro del rapporto studios - franchise - fan.

Intanto si sta già diffondendo a macchia d'olio l'hashtag #RestoreTheSnyderVerse...

Chissà...

A questo punto, meglio non sottovalutare il potere di un fandom.


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domenica 21 marzo 2021

OSCAR 2021. NOMINATION: PREMI TECNICI

(Dietro le quinte de Il Processo ai Chicago 7).  


Il cinema è uno sport individuale o di squadra?

Noi siamo fermamente convinti della seconda ipotesi: non bastano una diva di richiamo o un regista virtuoso per fare un grande film.
C'è bisogno (anche) di artigiani, professionisti, tecnici.

Sono le persone che lavorano dietro le quinte, i cui nomi talora non compaiono nemmeno nell'opera finita.
O se compaiono si possono scorgere solo nei titoli di coda, scritti a caratteri piccoli.

Eppure il loro apporto è determinante!
L'Academy lo sa e per fortuna li omaggia annualmente con un'ampia gamma di categorie.

Noi di CINEMA A BOMBA! non perdiamo mai l'occasione per parlarne e accendere un po' i riflettori su questo angolo di arte un po' sottovalutato.

Pronte/i per la prima parte del nostro Speciale?
Cliccate sui link che trovate in basso!



Migliore fotografia
Sean Bobbitt - Judas and the Black Messiah
Erik Messerschmidt - Mank
Phedon Papamichael - Il Processo ai Chicago 7
Joshua James Richards - Nomadland
Dariusz Wolski - Notizie dal Mondo (News of the World)

Migliore scenografia
Donald Graham Burt e Jan Pascale - Mank
David Crank ed Elizabeth Keenan - Notizie dal Mondo
Nathan Crowley e Kathy Lucas - Tenet
Peter Francis e Cathy Featherstone - The Father
Mark Ricker, Karen O'Hara e Diana Stoughton - Ma Rainey's Black Bottom

Miglior montaggio
Alan Baumgarten - Il Processo ai Chicago 7
Giōrgos Lamprinos - The Father
Mikkel E. G. Nielsen - Sound of Metal
Frédéric Thoraval - Una Donna Promettente (Promising Young Woman)
Chloé Zhao - Nomadland



Migliori effetti speciali
Nick Davis, Greg Fisher, Ben Jones e Santiago Colomo Martinez - L'unico e insuperabile Ivan
Sean Faden, Anders Langlands, Seth Maury e Steve Ingram - Mulan
Andrew Jackson, David Lee, Andrew Lockley e Scott Fisher - Tenet
Matthew Kasmir, Christopher Lawrence, Max Solomon e David Watkins - The Midnight Sky
Matt Sloan, Genevieve Camilleri, Matt Everitt e Brian Cox - Love and Monsters

Miglior sonoro
Nicolas Becker, Jaime Baksht, Michelle Couttolenc, Carlos Cortés e Phillip Bladh - Sound of Metal
Ren Klyce, Coya Elliott e David Parker - Soul
Ren Klyce, Jeremy Molod, David Parker, Nathan Nance e Drew Kunin - Mank
Warren Shaw, Michael Minkler, Beau Borders e David Wyman - Greyhound
Oliver Tarney, Mike Prestwood Smith, William Miller e John Pritchett - Notizie dal Mondo

Migliori costumi
Alexandra Byrne - Emma
Massimo Cantini Parrini - Pinocchio
Bina Daigeler - Mulan
Ann Roth - Ma Rainey's Black Bottom
Trish Summerville - Mank

Miglior trucco e acconciatura
Mark Coulier, Dalia Colli e Francesco Pegoretti - Pinocchio
Eryn Krueger Mekash, Matthew Mungle e Patricia Dehaney - Elegia Americana
Marese Langan, Laura Allen e Claudia Stolze - Emma
Sergio Lopez-Rivera, Mia Neal e Jamika Wilson - Ma Rainey's Black Bottom
Gigi Williams, Kimberley Spiteri e Colleen LaBaff - Mank


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mercoledì 17 marzo 2021

NOMADLAND, SULLA STRADA (PER NECESSITA')

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA, 2020
107'
Regia: Chloé Zhao
Interpreti: Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie, Bob Wells


2011. La matura Fern (McDormand) perde in poco tempo sia il marito che il lavoro.

Le ristrettezze economiche e la solitudine la costringono a lasciare la sua casa e a vivere in un furgone, con il quale si sposta da una parte all'altra degli USA in cerca di un'occupazione, passando da un impiego a breve termine all'altro.

Nel suo peregrinare incontrerà altri nomadi moderni, costretti il più delle volte, come lei, ad una vita errabonda e ai margini della società.


Ci sbilanciamo? Sì: Nomadland è uno dei film più belli degli ultimi anni.

È un viaggio on the road sincero e commovente (altro che quel pastrocchio tratto dal capolavoro di Jack Kerouac!), che ha il calore umano di un Into The Wild e un afflato sociale vicino a quello di Ken Loach.

Accanto al tema del viaggio, molto presente nel cinema a stelle e strisce, vi è infatti una critica al sistema capitalistico - decisamente meno frequente di quanto si pensi - e alle disuguaglianze che esso produce.

L'American Dream è un lusso che Fern non riesce neppure lontanamente a sfiorare, dal punto di vista economico, e il precariato - ebbene sì, c'è anche negli Stati Uniti! - è una condanna alla povertà, a una vita di stenti, a un vagare da una parte all'altra alla ricerca disperata di una stabilità, di un futuro di lungo periodo.

Al giorno d'oggi sono sempre di più coloro che lasciano tutto per vivere in un camper, per necessità o per gusto dell'avventura.

In Nomadland non troverete nula di epico o di romantico riguardo a questo stile di vita, duro e pieno di difficoltà e imprevisti, di solitudine, stemperati, però, dal senso di libertà e da quella fraternità che solo frequantando la strada puoi assaporare.

La regista, la cinese Chloé Zhao (al suo secondo lungometraggio, dopo l'acclamato western contemporaneo The Rider del 2017), è stata bravissima a dosare bene i due elementi - quello paesaggistico e quello impegnato - e ha creato un'opera minimalista, ma dalla grande potenza visiva e sociale, un'opera di tatto e sensibilità rari, dalla quale emerge comprensione umana e partecipazione emotiva.

Dimostrate anche dalla scelta di far recitare, accanto agli attori professionisti - i bravissimi McDormand e Strathairn - vere persone costrette al nomadismo, rendendo Nomadland un azzeccato ibrido tra un documentario e un lavoro di finzione.

Bisogna dire che la McDormand, comunque, è molto credibile e la sua interpretazione è veramente straordinaria: la sua faccia, ruvida e poco hollywoodiana, si presta molto a incarnare una donna coriacea, mai doma, pronta a rimboccarsi le maniche per affrontare le difficoltà dell'esistenza.

Ci ricorda un altro suo personaggio - la madre di Tre Manifesti A Ebbing, Missouri, ruolo che le valse uno strameritato Oscar (il suo secondo) e un altrettanto strameritato Golden Globe (il suo primo da solista, dopo il globo speciale all'intero cast di America Oggi di Robert Altman nel 1994), sebbene meno turpiloquente e irruente.

L'umanità che riesce a dare ai suoi personaggi è una capacità che hanno pochissimi altri attori, a Hollywood.

Tra i tanti punti forti del film citiamo inoltre la splendida fotografia di Joshua James Richards e la meravigliosa colonna sonora del nostro Ludovico Einaudi.

Nomadland, finora, ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2020 e i Golden Globe 2021 e ha ottenuto 6 nomination pesanti ai prossimi Oscar - e l'ancora più pesante fardello di essere da più parti considerato come il favorito numero 1.

Indipendentemente da quanto riuscirà a portare a casa nella Notte delle Stelle, noi comunque vi consigliamo di non perdervelo e di non perdere di vista la sua regista, che prossimamente dirigerà l'adattamento cinematografico degli Eterni (Eternals) della Marvel.

Speriamo che le sirene della Hollywood da blockbuster non ne intacchino il talento.


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venerdì 12 marzo 2021

I CLASSICI: LOST IN TRANSLATION, PERDERSI È UNA QUESTIONE DI STILE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2003
102'
Regia: Sofia Coppola
Con: Bill Murray, Scarlett Johansson, Giovanni Ribisi, Anna Faris.


Tokyo. In un lussuoso albergo Bob (Murray), divo hollywoodiano di mezza età, incontra Charlotte (Johansson), neo-sposa di un giovane fotografo (Ribisi).

Entrambi si annoiano e si sentono non appagati: il primo è lontano dalla famiglia e le sue interpreti non lo aiutano a comprendere il giapponese; la seconda si sente trascurata dal marito e non ha ancora deciso che cosa fare nella vita.

Uniscono così le proprie solitudini facendosi compagnia durante le lunghe notti insonni causate dal jet lag.
Imparano a conoscersi e tra loro nasce un sentimento...



Commedia romantica tra le più "stilose" del nuovo millennio, Lost in Translation è ancora oggi la migliore tra le opere cinematografiche firmate da Sofia Coppola.
Figlia d'arte (suo padre si chiama Francis Ford...) ed ex fidanzata di Quentin Tarantino, questa esile italo-americana ha realizzato l'opera della vita vincendo persino un Oscar per la miglior sceneggiatura.

Avrebbe meritato una statuetta anche Bill Murray, che è il vero motore del film e iniziò da qui una seconda giovinezza artistica.
L'ex Ghostbuster risollevò infatti l'allora declinante carriera - si era ridotto a recitare in roba tipo Per Amore di Vera e L'Uomo che Sapeva Troppo Poco - con un'interpretazione sotto le righe, ricca di sfumature e dolente malinconia.

Attore istintivo come pochi, il comico si concede almeno due improvvisazioni notevoli: quella della sessione fotografica e quella della colazione al sushi bar.
Si tratta nel complesso della sua performance più raffinata di sempre.
Comunque la migliore dai tempi di Ricomincio da Capo.



Se il veterano Murray è eccezionale, l'emergente Scarlett Johansson è perfetta.
La pellicola parte mettendo in mostra il suo fondoschiena (inquadratura superflua e un po' gratuita), ma sono le doti recitative della futura Vedova Nera a emergere nel corso del lungometraggio.

Nonostante la differenza di età - all'uscita del film Bill aveva 53 anni, Scarlett appena 19! - i due protagonisti hanno una storia d'amore credibile che ricorda quella di Entrapment tra l'anziano Sean Connery e la giovane Catherine Zeta-Jones.
Attori di diverso calibro sarebbero sprofondati nel ridicolo involontario; loro riescono invece nell'impresa non facile di rendere digeribile questa lampante inverosimilianza.

Le due star finiscono inevitabilmente per mettere in ombra il resto del cast, ma - per quanto abbia poco spazio - la spassosa e vetriolitica parodia che Anna Faris fa di Cameron Diaz è da non perdere.

A distanza di quasi due decenni dal suo esordio nelle sale, Lost in Translation è una pellicola da (ri)scoprire.
Consigliata agli amanti del cinema d'autore e/o ai fan di Scarlett Johansson e Bill Murray.


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lunedì 1 marzo 2021

GOLDEN GLOBE 2021. UN' EDIZIONE VIRTUALE

Un momento della cerimonia. 


Una regista cinese specializzata in western moderni e un comico britannico irriverente e provocatorio.
Sono questi due i principali vincitori della 78a edizione dei Golden Globe, gli Oscar assegnati dalla stampa estera.

Un'edizione insolita, quella di quest'anno: causa Pandemia è stata la prima virtuale nella storia della kermesse, con ospiti e premiati in diretta streaming (nel 2020 era stato ancora possibile svolgerla in presenza).

Come da previsioni, Nomadland ha vinto come miglior film drammatico e miglior regista, mentre la protagonista Frances McDormand - favoritissima alla vigilia - ha dovuto cedere ad Andra Day il premio per la miglior attrice.

I due globi dorati a Borat - Seguito di film cinema sono stati invece una sorpresa: miglior film e miglior attore nella categoria commedia/musical (a differenza di quanto fa l'Academy, qui vengono distinte le pellicole in base al genere), una bella soddisfazione per il poliedrico Sacha Baron Cohen, in corsa anche come non protagonista con Il Processo ai Chicago 7.

Il legal drama del drammaturgo-regista Aaron Sorkin si è dovuto "accontentare" del premio per la miglior sceneggiatura.
Scelta insolita, considerate le varie accuse di inaccuratezza storica che il film ha subìto.
Forse, più dello script in sé si è voluto incensarne l'autore (lo stesso Sorkin, il cui talento in ambito di scrittura è indubbio).



Il momento più commovente della serata è stato quando a Chadwick Boseman è stato riconosciuto postumo il Globe come miglior attore drammatico.
L'indimenticato Black Panther offre in Ma Rainey's Black Bottom una prova sofferta, estrema, definitiva; un po' Heath Ledger de Il Cavaliere Oscuro e un po' Massimo Troisi de Il Postino.

A proposito di Italia, un po' di gloria è arrivata pure al Belpaese!
Io Sì, canzone-traino di La vita davanti a sé con Sophia Loren ha vinto come migliore canzone.
Laura Pausini detentrice di un Golden Globe?!? Ebbene sì.

Altri musicisti che hanno potuto portarsi a casa un riconoscimento sono Trent Reznor e Atticus Ross, ossia i Nine Inch Nails, che insieme a Jon Batiste sono stati premiati per le musiche di Soul.
L'ennesima, blasonatissima produzione Disney-Pixar ha vinto ovviamente anche come miglior film d'animazione, ed è proiettata come un razzo verso gli Oscar.

Per quanto concerne le altre categorie, segnaliamo almeno i globi d'oro conquistati come non protagonisti da Jodie Foster (quanto tempo è passato da Taxi Driver!) e da Daniel Kaluuya (ve lo ricordate in Scappa-Get Out?).

E gli sconfitti? Ce n'è soprattutto uno: Mank.
Forte del maggior numero di nomination (ben 6), il biopic di David Fincher è sorprendentemente tornato a casa con le pive nel sacco.
Anche Tenet di Christopher Nolan - per molti il film dell'anno - è rimasto a secco, ma era candidato solo per la miglior colonna sonora.

Riusciranno queste due pellicole a rifarsi con gli Oscar?
Lo scopriremo insieme, il mese prossimo.


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GOLDEN GLOBE 2021. I VINCITORI

Chloe Zhao (a destra) e Sacha Baron Cohen (a sinistra) visibilmente emozionati. 


Nomadland e Borat - Seguito di film cinema sono i più evidenti vincitori della 78a edizione - la prima virtuale - dei Golden Globe.

Gloria anche al compianto Black Panther Chadwick Boseman, al "pixeriano" Soul e ad altri.

A breve, come sempre, seguirà un approfondito post di commento.
Per ora godetevi i vincitori: l'elenco completo è qui sotto!

Cliccate sui link per maggiori approfondimenti, curiosità e... recensioni!



MIGLIOR FILM DRAMMATICO
Nomadland, regia di Chloé Zhao

MIGLIOR FILM COMMEDIA O MUSICALE
Borat - Seguito di film cinema, regia di Jason Woliner

MIGLIOR REGISTA
Chloé Zhao – Nomadland

MIGLIORE ATTRICE IN UN FILM DRAMMATICO
Andra Day – The United States vs. Billie Holiday

MIGLIORE ATTORE IN UN FILM DRAMMATICO
Chadwick Boseman – Ma Rainey's Black Bottom

MIGLIORE ATTRICE IN UN FILM COMMEDIA O MUSICALE
Rosamund Pike – I Care a Lot

MIGLIORE ATTORE IN UN FILM COMMEDIA O MUSICALE
Sacha Baron Cohen – Borat-Seguito di film cinema

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Jodie Foster – The Mauritanian

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Daniel Kaluuya – Judas and the Black Messiah

MIGLIOR FILM STRANIERO
Minari, regia di Lee Isaac Chung (Stati Uniti d'America)

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Soul, regia di Pete Docter e Kemp Powers

MIGLIORE SCENEGGIATURA
Aaron Sorkin – Il Processo ai Chicago 7

MIGLIORE COLONNA SONORA ORIGINALE
Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste – Soul

MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
Io sì (Seen) (Diane Warren, Laura Pausini e Niccolò Agliardi) – La vita davanti a sé


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