CINEMA A BOMBA!

domenica 23 gennaio 2022

I CLASSICI: MYSTERY TRAIN, JOE STRUMMER BASETTONE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Giappone, 1989
113'
Regia: Jim Jarmusch
Con: Joe Strummer, Steve Buscemi, Nicoletta Braschi, Sy Richardson, Vondie Curtis-Hall, Chiqué Lee, Screamin' Jay Hawkins, Tom Waits (voce originale).


Memphis, Tennessee, citta natale di Elvis Presley.
Tre storie si incrociano nella stessa notte e nello stesso albergo.

Nella prima, una coppia di giovani Giapponesi è alla ricerca dei luoghi mitici del rock'n'roll.
Nella seconda, una donna italiana (Braschi) incontra prima una ragazza che ha appena lasciato il fidanzato e poi il fantasma di Elvis.

Nella terza, un inglese ubriaco e depresso (Strummer) si mette nei guai - insieme al cognato (Buscemi) e ad un amico afro - con un' improvvisata rapina a mano armata.



Per chi non lo sapesse o ricordasse, Joe Strummer ha avuto una breve carriera nel cinema.
Nella seconda metà degli anni 80, dopo lo scioglimento dei Clash, il punk-rocker britannico si riciclò per qualche anno come autore di colonne sonore e occasionalmente anche come attore.

Nel primo campo, i suoi contributi più significativi sono stati per pellicole indipendenti quali Permanent Record, Walker e When Pigs Fly.
Nel secondo, vanno ricordati almeno il pulp-western Straight to Hell e il lungometraggio che vi stiamo recensendo.

Jim Jarmusch, che pochi anni prima aveva diretto Daunbailò con l'italico Roberto Benigni (il che spiega la partecipazione qui della di lui moglie Nicoletta Braschi), volle a tutti i costi Joe nei panni dell'inaffidabile Johnny detto Elvis, al punto da scrivergli la parte su misura e dichiarando che, se questi non avesse accettato l'ingaggio, probabilmente non avrebbe girato il film.

Per fortuna le cose sono andate come sappiamo, anche perché l'ultimo capitolo è in realtà l'unico veramente interessante dei tre.
Per apprezzarlo al meglio consigliamo la versione in lingua originale: molte battute si perdono nella traduzione (ad esempio, quella che proprio Strummer fa sul duo vocale Sam & Dave nella versione italiana diventa un commento senza senso su Gianni & Pinotto).

Nei ruoli di supporto, fanno macchia un giovane Steve Buscemi prima de Il Grande Lebowski (i suoi duetti comici con Joe sono la parte migliore del film) e Chiqué Lee, fratello minore del più famoso Spike.
Occhio pure agli altri musicisti in trasferta artistica: oltre al leader dei Clash, compaiono Screamin' Jay Hawkins (il portiere dell'albergo) e Tom Waits (il DJ alla radio).

Mystery Train non è certo il capolavoro di Jarmusch (di questo talentuoso ma discontinuo regista ricordiamo anche il recente I Morti non Muoiono, presentato al Festival di Cannes nel 2019), ma vale la pena guardarlo per gustarsi la migliore e più credibile performance di Joe Strummer in ambito recitativo.

E chissà che non vi faccia venire voglia di riascoltare qualche sua vecchia canzone...



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mercoledì 19 gennaio 2022

HOUSE OF GUCCI, UNA SFILATA DI LUOGHI COMUNI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA, 2021
157'
Regia: Ridley Scott
Interpreti: Lady Gaga, Adam Driver, Al Pacino, Jeremy Irons, Salma Hayek, Jared Leto, Jack Huston, Reeve Carney, Camille Cottin, Vincent Riotta.


I Gucci sono ricchi. I Gucci sono famosi. I Gucci sono a capo di una casa di moda tra le più conosciute e riconoscibili al mondo. I Gucci sono stile.

Ma i Gucci sono anche una famiglia litigiosa, divisa, infelice.

In un mondo molto maschile e maschilista il rampollo Maurizio (Driver), figlio di Rodolfo (Irons), nipote di Aldo (Pacino) e cugino di Paolo (Leto), sposa l'ambiziosa, intrigante, astuta, cinica Patrizia Reggiani (Lady Gaga), figlia di un imprenditore di autotrasporti, che non si fa troppi scrupoli per realizzare i propri disegni.

Sarà costei a causare, direttamente o indirettamente, la caduta della famiglia, fino al tragico epilogo.



Il film è tutt'altro che accurato ed è pieno di stereotipi e cliché nei confronti degli Italiani.

Al Pacino è troppo brutto.

Jared Leto è troppo caricaturale.

Lady Gaga cerca di parlare in lingua italiana, ma la sua sembra una cadenza russa.

E poi rende glamour un'assassina senza scrupoli e, anzi, la fa quasi sembrare una vittima dell'ambiente famigliare.

La pellicola presenta la famiglia Gucci in modo mistificante e offensivo.

Le ambientazioni sono infedeli: Villa Necchi Campiglio come residenza della famiglia Gucci?! Maurizio Gucci ucciso in una zona di Roma per esigenze sceniche (quel giorno a Milano pioveva e il regista non voleva fare riprese con la pioggia)?!

E su tutto il giudizio tranchant di Tom Ford, uno che i personaggi della vicenda li conosceva molto bene (lo stilista e regista - di A Single Man e del notevole Animali Notturni - ai tempi era direttore creativo della maison): L’ho trovato come la soap opera Dynasty, per sottigliezza. Ho spesso riso a crepapelle, ma non dovevo forse farlo? Nella realtà questa storia è a volte assurda, ma pur sempre tragica.

Non si può certo dire che House Of Gucci non abbia fatto parlare di sé - più nel male che nel bene, a dire il vero.

Eppure...

Lasciando da parte le polemiche e le critiche, chiudendo un occhio sull'aderenza ai fatti realmente accaduti, tralasciando le performance imbarazzanti di Al Pacino (esagerata) e di Jared Leto (sono lontani i tempi di Dallas Buyers Club) e Salma Hayek (grottesche), dimenticando che Adam Driver è stato Kylo Ren, considerando sconsolatamente che Jeremy Irons vale un tantinello di più che una comparsata (come Rodolfo Gucci ci ricorda più l'algido Claus von Bülow che gli fece vincere l'Oscar nel 1991 piuttosto che l'Alfred di Batman v Superman e Justice League)... - insomma: concentrandosi praticamente quasi ed esclusivamente su Lady Gaga e lasciandosi trascinare dal suo carisma - possiamo dire che alla fin fine House of Gucci non è poi così male.

Aspettavamo una conferma della bravura della popstar dopo A Star Is Born: ed eccola qua.

L'italo-americana si cala con impegno nella parte e rende credibile la sua trasformazione in Patrizia Reggiani: è lei il fulcro di tutto il film; e non sorprende il fatto che rubi la scena a tutti.

Difficle dire se sia perfetta nel ruolo; di certo è molto funzionale al modo con il quale il regista ha scelto di rappresentare la torbida vicenda.

Gaga, regina degli eccessi e delle provocazioni, ha portato il suo istrionismo nel ruolo della socialite, creando una sorta di femme fatale volgare e pacchiana che sembra uscita più da una sit-com che da una tragedia greca, ma che risulta molto incisiva.

In questo è stata assecondata da Ridley Scott, che non lesina accelerate nel kitsch più grottesco e negli stereotipi più sfrontati.

Ecco: tralasciamo il fatto che noi Italiani avremmo potuto fare un prodotto più dignitoso e più aderente alla realtà dei fatti, visto che la vicenda si svolge in Italia (ma poi: perché il cinema italiano non racconta quasi mai la storia italiana?); sorvoliamo sul fatto che quando Hollywood prova a descrivere il nostro Paese è già tanto se mostra le bellezze artistiche e paesaggistiche (lasciamo perdere ogni considerazione sulla caratterizzazione dei personaggi "nativi"...); facciamo finta di non notare che tra gli interpreti principali non figura neppure un attore nostrano...

Ecco: tutto sommato, senza farci troppe disquisizioni sopra, House of Gucci è un buon prodotto di intrattenimento, senza tante pretese, a tratti divertente (involontariamente? Volontariamente? Chissà...), di certo molto sbrilluccicante e fatuo, tutta apparenza, stracafone.

L'unica luce che riesce varamente a brillare è quella di Stefani Joanne Angelina Germanotta.

Da sola vale il prezzo del biglietto, un biglietto per una sfilata di luoghi comuni che senza di lei risulterebbe piuttosto cheap.



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venerdì 14 gennaio 2022

GOLDEN GLOBE 2022. UN'EDIZIONE IN CLANDESTINITÀ

La sobria (leggasi: tristissima) cerimonia di proclamazione dei Golden Globe. 


Si è svolta molto in sordina la 79a edizione dei Golden Globe.

Gli scandali - in passato voti poco trasparenti (ecco spiegati molti premi senza senso!), di fatto nessuna rappresentatività delle minoranze nelle giurie, con le conseguenti accuse di razzismo - , l'assenza di diretta Tv (la NBC si è sfilata) e di streaming in tempo reale, il fuggi fuggi dei divi che hanno preso le distanze dall'organizzazione, la mancanza di pubblico per le restrizioni dovute all'emergenza epidemiologica ne hanno minato la visibilità e la credibilità.

Risultato? Non se li è filati praticamente nessuno.

Fino a qualche anno fa, almeno, erano considerati come una sorta di anteprima degli Oscar; ma già da un po' di anni non è che offrissero un'idea tanto precisa circa l'esito degli Acdemy Award e quindi l'interesse nel pubblico è andato vieppiù scemando.

Scorrendo l'elenco dei vincitori di quest'anno viene quindi da chiedersi: si verificherà anche quest'anno un "effetto Nomadland"?

The Power of the Dog-Il Potere del Cane - considerato da alcuni il nuovo Brokeback Mountain - partirà forse da favorito dopo essersi aggiudicato domenica 3 riconoscimenti "pesanti" (miglior film drammatico, miglior regia e miglior attore non protagonista): se il verdetto venisse confermato dall'Academy, Jane Campion diventerebbe la seconda donna consecutiva ad aggiudicarsi la statuetta, dopo Chloé Zhao lo scorso anno, e solo la terza nella storia.

Ma se la cineasta cinese di Eternals non aveva praticamente avuto concorrenti, la sua collega neozelandese dovrà vedersela con un signore di nome Steven Spielberg.

L'autore de Lo Squalo, Indiana Jones e Ready Player One è immarcescibile: il suo rifacimento di West Side Story sarà pure un fiasco al botteghino, ma la critica sta gridando al capolavoro, al punto che molti lo reputano persino superiore all'originale.

Con 3 Globi in dote (miglior film commedia/musicale e migliori attrici), è il secondo favorito nella corsa agli Oscar.

Occorre tuttavia non dare per spacciato il quasi autobiografico in bianco e nero Belfast di Kenneth Branagh, mentre l'ambizioso remake di Dune è uscito ridimensionato nelle proprie aspettative (premio solo per la colonna sonora di Hans Zimmer).



In ottica Oscar, le sfide tra gli attori hanno presentato spunti molto interessanti.

L'irriconoscibile Nicole Kidman di Being the Ricardos e Will Smith sono in rampa di lancio, avendo sbaragliato una concorrenza di ottimo livello.

La diva di Lion (per il quale si guadagnò quella che finora è la sua ultima nomination) si è imposta nella categoria dei film drammatici su quella che da molti è considerata la sua erede, Jessica Chastain, su Olivia Colman (la ricordate in The Favourite?), su Kristen Stewart e sulla favorita della vigilia, l'oscarizzata Lady Gaga.

Il Principe di Bel Air è invece salito al trono diventando Re Richard (ossia il padre delle sorelle Williams, campionesse di tennis) dopo essersela vista con Mahershala Ali e Javier Bardem, ma soprattutto con Denzel Washington e Benedict Cumberbatch.

Chissà tuttavia se il suo futuro, principale rivale arriverà dalla categoria commedie/musical...

Qui si è imposto il già Spider-Man Andrew Garfield (che ha battuto, tra gli altri, nientemeno che Leonardo DiCaprio), suscitando un tripudio nei social.

A proposito di supereroi, la Marvel è tornata a casa a bocca asciutta: detto di Cumberbatch (noto ai più come Doctor Strange), nessun globo è andato alla bellissima miniserie post-Endgame WandaVision.

Dal canto suo, il già Batman Michael Keaton si è aggiudicato il premio come miglior attore in una miniserie/film per la Tv.
Per lui è il secondo riconoscimento in questa kermesse, dopo il trionfo di Birdman qualche anno or sono.

Casa Disney può consolarsi con il premio per il miglior cartone animato: Encanto ha vinto il derby con il "ligure" Luca (un vero peccato per il bel cartoon di Enrico Casarosa).

L'Italia esce delusa anche per la mancata vittoria di Paolo Sorrentino con il suo struggente E' stata la mano di Dio.
La nuova opera dell'autore de La Grande Bellezza ha ceduto il premio per il miglior film straniero al giapponese Drive My Car.

I Golden Globe, quest'anno, hanno provato a presentarsi con una ventata di freschezza: Ariana DeBose (classe 1991), Kodi Smit-McPhee (classe 1996) e soprattutto Rachel Zegler (millennial classe 2001!) hanno vinto rispettivamente come migliore attrice non protagonista, miglior attore non protagonista e migliore attrice di commedie/musical, imponendosi su colleghi molto più noti e affermati (alcuni nomi: Kirsten Dunst; Ben Affleck, Jamie Dornan; Emma Stone, Jennifer Lawrence, Marion Cotillard).

Ecco: far dimenticare gli scandali, puntare sui giovani (senza tralasciare i divi di grande richiamo), proporre delle novità.
Se i Golden Globe vogliono sopravvivere, è meglio che cambino un po' di cose.

Vedremo se basterà.



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lunedì 10 gennaio 2022

GOLDEN GLOBE 2022. I VINCITORI

Dall'alto: Kodi Smit-McPhee e Benedict Cumberbatch in The Power of the Dog-Il Potere del Cane; Spielberg tra Ariana DeBose (a sinistra) e Rachel Zegler (a destra); Will Smith in King Richard; Nicole Kidman in Being the Ricardos




Jane Campion e Steven Spielberg.
Sono stati questi due veterani del cinema - soprattutto la prima - a vincere la 79a edizione dei prestigiosi Golden Globe.

Entrambi i lungometraggi da loro diretti - Il Potere del Cane e West Side Story, rispettivamente - hanno conquistato 3 premi, ma quelli più "pesanti" sono andati all'opera diretta dalla regista neozelandese.

Tra gli altri vincitori, segnaliamo il già Spider-Man Andrew Garfield (miglior attore in film commedia/musicale) e il già Batman Micheal Keaton (miglior attore in miniserie/film televisivo), ma c'è stata gloria anche per Hans Zimmer e le musiche di Dune che portano la sua firma.

Di seguito trovate l'elenco dei vincitori.
Per i commenti, come di consueto, seguirà un altro post!



MIGLIOR FILM DRAMMATICO
Il Potere del Cane, regia di Jane Campion

MIGLIOR FILM COMMEDIA O MUSICALE
West Side Story, regia di Steven Spielberg

MIGLIOR REGISTA
Jane Campion – Il Potere del Cane

MIGLIORE ATTRICE IN UN FILM DRAMMATICO
Nicole Kidman – A Proposito dei Ricardo

MIGLIORE ATTORE IN UN FILM DRAMMATICO
Will Smith – Una Famiglia Vincente (King Richard)

MIGLIORE ATTRICE IN UN FILM COMMEDIA O MUSICALE
Rachel Zegler – West Side Story

MIGLIORE ATTORE IN UN FILM COMMEDIA O MUSICALE
Andrew Garfield – Tick, Tick... Boom!

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Ariana DeBose – West Side Story

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Kodi Smit-McPhee – Il Potere del Cane

MIGLIOR FILM STRANIERO
Drive My Car, regia di Ryūsuke Hamaguchi (Giappone)

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Encanto, regia di Jared Bush e Byron Howard

MIGLIORE SCENEGGIATURA
Kenneth Branagh – Belfast

MIGLIORE COLONNA SONORA ORIGINALE
Hans Zimmer – Dune

MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
To Time to Die (Billie Eilish, Finneas O'Connell) – No Time to Die

MIGLIOR ATTORE IN MINISERIE/FILM TELEVISIVO
Michael Keaton Dopesick



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