CINEMA A BOMBA!

sabato 30 aprile 2022

OSCAR 2022. CODA-I SEGNI DEL CUORE, QUANDO UNA FAMIGLIA SORDA SI FA SENTIRE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA/Francia/Canada 2021
111'
Regia: Siân Heder
Interpreti: Emilia Jones, Marlee Matlin, Troy Kotsur, Eugenio Derbez, Ferdia Walsh-Peelo, Daniel Durant, Amy Forsyth.


Ruby (Jones) frequenta il liceo, ma è emarginata perché suo padre (Kotsur), sua madre (Matlin) e suo fratello (Durant) sono sordi.

Il suo sogno è cantare ed in questo è incoraggiata dal suo eccentrico insegnante (Derbez), ma i suoi non la capiscono e preferirebbero che desse una mano nell'attività di famiglia.

Riuscirà l'amore per la musica a trionfare? O Ruby dovrà rinunciare alle proprie aspirazioni?


Alla fine gli Oscar sono stati vinti dal film meno favorito della vigilia.

Tra gli avversari c'erano infatti opere di registi affermati - The Power of the Dog di Jane Campion, Dune di Denis Villeneuve, West Side Story di Steven Spielberg, Nightmare Alley di Guillermo del Toro, Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson, Don't Look Up di Adam McKay, Belfast di Kenneth Branagh (King Richard con Will Smith e Drive My Car di Ryūsuke Hamaguchi erano già destinate ad essere premiate rispettivamente per il miglior attore protagonista e per il miglior film internazionale, come poi effettivamente è successo).

Eppure è stato il film più piccolo, quello con il minore budget, quello più sconosciuto, ad imporsi.

E - cosa che rende storico l'exploit - quello non pensato per le sale cinematografiche: è la prima volta che il premio più ambito è andato ad un prodotto di una piattaforma streaming (e questa piattaforma non è quella dei colossi Netflix o Disney+, bensì quella di Apple TV+).

Ciò che non era riuscito a Roma di Alfonso Cuarón, The Irishman di Martin Scorsese, Mank di David Fincher, Il Processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin negli anni passati è riuscito invece ad una pellicola della quale non moltissimi avevano sentito parlare prima delle nomination.

Che però ha fatto breccia nel cuore dei giurati.

Su come ce l'abbia fatta, è francamente un mistero.

CODA non è certamente il classico film da Oscar: non ha potuto contare su un budget importante e su una campagna promozionale imponente, non è un drammone, non è un film di denuncia, non è stucchevolmente politically correct come piace tanto a Hollywood, non può contare su grandi nomi - la regista è pressoché sconosciuta (e non è stata neppure nominata per la migliore regia) e gli attori non sono molto noti (ad eccezione della brava Marlee Matlin, prima donna affetta da sordità e più giovane vincitrice ad aggiudicarsi l'Oscar come migliore attrice protagonista per Figli di un dio minore nel 1987, a fianco al recentemente scomparso William Hurt, con il quale aveva poi intrattenuto una breve e tormentata relazione) -, la storia sa un po' di déjà vu (è comunque il remake di un film francese del 2014, La Famiglie Bélier), non ha creato reazioni entusiastiche nel pubblico (pur essendo generalmente apprezzato) né ha fatto urlare al capolavoro tra gli esperti di settore.

Eppure i tre Oscar (e pure "pesanti") su altrettante candidature - film, sceneggiatura originale (a nostro avviso, però, non il suo punto più forte) e attore non protagonista (meritatamente andato a Troy Kotsur, una rivelazione anche dopo la vittoria) - sono lì a dimostrare un successo sicuramente inaspettato ma anche chiaro.

Forse ha giovato il fatto di essere una commedia (l'unica tra le nominate) gradevole e di buoni sentimenti, "inclusiva", con un finale scontato ma rassicurante, con protagonisti bravi e simpatici: nei tempi cupi che stiamo vivendo una storia che scalda i cuori e che fa sorridere senza essere volgare né fracassona è un vero toccasana.

O forse anche il fatto che per interpretare dei personaggi sordi sono stati ingaggiati degli attori veramente sordi, rendendo CODA meno artificioso e più sincero e "vero".

Quando Hollywood ha cominciato a parlare di inclusività, si è focalizzata maggiormente sul colore della pelle, sull'orientamento e l'identità sessuale, sul genere, mentre il tema della disabilità è rimasto marginale: troppo spesso gli studios hanno ripiegato su attori cosiddetti normodotati per interpretare persone con disabilità (con risultati non sempre brillantissimi).

Ora CODA potrebbe aver aperto una breccia e portare a legittime richieste di visibilità da parte di artisti diversamente abili.

Richieste alle quali lo showbusiness non dovrebbe mai più rimanere sordo.


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martedì 26 aprile 2022

THE NORTHMAN, C'È DEL MARCIO NEL VALHALLA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Cina, 2022
137'
Regia: Robert Eggers
Con: Alexander Skarsgård, Nicole Kidman, Anya Taylor-Joy, Ethan Hawke, Willem Dafoe, Björk.


Il giovane Amleth è un principe vichingo destinato a succedere al padre, il re Aurvandill (Hawke).
Ma questi viene ucciso dal fratellastro Fjölnir, che gli ruba il trono e la moglie Gudrun (Kidman) con un colpo di stato.

Il ragazzino è costretto alla fuga; crescendo, diventa uno spietato schiavo-guerriero (Skarsgård) e, una volta scoperto che il suo nemico si è trasferito con i sudditi e la nuova famiglia in Islanda, si infiltra alle sue dipendenze e prepara la propria vendetta...


Robert Eggers è un grande cineasta o semplicemente un autore velleitario e sopravvalutato?

Adattamento "vichingo" della più celebre tragedia di Shakespeare, The Northman mantiene quello che ci si potrebbe aspettare dal regista di The Lighthouse: oltre due ore di sfacciati sbudellamenti, inquadrature statiche riccamente composite, una colonna sonora martellante, ritmo lasco, la totale assenza di (auto)ironia.

Sadicamente prolisso (chi scrive si è ritrovato spesso a guardare l'orologio durante la proiezione) e inutilmente violento à la Nicolas Winding Refn, questo incrocio tra Walhalla Rising e Vikings sfiora costantemente il ridicolo involontario e in più di un'occasione vi ci sprofonda.

La sequenza più trash?
Probabilmente l'iniziazione del giovane principe, con annessa comparsata superflua di Willem Dafoe in versione Goblin druido.

Il resto del cast fa quel che può: Hawke compare troppo poco, la recentemente globizzata Kidman è sprecata, Skarsgård sembra possedere solo due espressioni (ricoperto di sangue e non).
Chi se la cava meglio è l'emergente Anya Taylor-Joy (La Regina degli Scacchi), per quanto in un ruolo di supporto.

Tutto da buttare, allora?
No, i contributi tecnici - costumi, scenografie e fotografia in particolare - sono di prim'ordine ed Eggers possiede un certo talento visionario che, benché non raggiunga mai il lirismo cui aspira, dimostra quantomeno una personale idea di cinema.

Per rispondere alla domanda di inizio recensione: questo giovane newyorkese barbuto ha i numeri per diventare un giorno un buon regista, ma deve imparare a limare i propri eccessi stilistici.
E, soprattutto, trovare qualcuno che gli scriva dialoghi migliori.


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mercoledì 20 aprile 2022

I CORTI: PETER'S TO-DO LIST, QUEGLI OCCHI ALLEGRI DA RAGNETTO IN GITA

(Clicca sulla locandina per vedere il corto). 

USA, 2019
3'
Regia: Jon Watts
Con: Tom Holland, Jacob Batalon, Tony Revolori.


Peter Parker (Holland) ha una lista di cose da fare prima di partire con la scuola per una gita in Europa.

Rimediare un adattatore per le cuffie, vendere i propri vecchi giocattoli così da avere abbastanza soldi per poter regalare qualcosa a MJ (la ragazza per cui ha una cotta), fare il passaporto...
Ah, e ovviamente far arrestare la famiglia mafiosa Manfredi.


Rieditato e distribuito come un cortometraggio a sé stante, Peter's To-Do List è in verità una raccolta di sequenze di Spider-Man: Far From Home - 2° capitolo dedicato all'Arrampicamuri del Marvel Cinematic Universe - che erano state tagliate in fase di montaggio.

Non è difficile capirne il perché: gli avvenimenti qui narrati erano superflui ai fini della trama.

Eppure c'è almeno una scena che merita: il combattimento coi gangster nel ristorante, ottimamente coreografato e spettacolare quanto basta, nel quale il nostro fa sfoggio delle potenzialità dell'armatura da Iron Spider (il costume tecnologicamente avanzato regalatogli da Iron Man nel precedente Avengers: Infinity War).

Ed è sempre un piacere rivedere in azione il giovane attore britannico Tom Holland, che si conferma - a nostro giudizio - il miglior Uomo Ragno visto finora sul grande schermo.

Né "ponte" tra Far from Home e il successivo No Way Home né scarto di magazzino, questo corto va guardato e goduto per quel che è: un piccolo, gustoso approfondimento su uno dei supereroi più amati della storia del cinema (e non solo).


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martedì 12 aprile 2022

RED NOTICE, NON C'È DUO SENZA TRE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2021
118'
Regia: Rawson Marshall Thurber
Con: Dwayne "The Rock" Johnson, Ryan Reynolds, Gal Gadot, Ritu Arya, Chris Diamantopoulos, Ed Sheeran.


Un duro agente speciale (The Rock) dà la caccia ad uno scaltro trafugatore di opere d'arte (Reynolds).
Ma, per un equivoco, l'Interpol arresta entrambi e li fa rinchiudere in un carcere russo di massima sicurezza.

I due sono costretti ad allearsi ed evadere, ma sulla loro strada incrociano un'altra misteriosa e famigerata ladra (Gadot).
Obiettivo del trio? Rintracciare e riunire tre "uova" tempestate di gemme, appartenute alla regina Cleopatra...


Prendete l'ex wrestler The Rock, mettetelo in un contesto che gli sia congeniale (ad esempio una giungla: vedi Viaggio nell'Isola Misteriosa, gli ultimi due Jumanji, Jungle Cruise, ecc...), unitevi un'abbondante dose di Deadpool e un pizzico di Wonder Woman.

Aggiungete una sequela di ambientazioni esotiche (comprese Roma e Sardegna!), un copione che lascia ampio spazio alle improvvisazioni (una su tutte: Johnson che finge di essersi addormentato mentre Reynolds gli sta raccontando la storia della propria vita), una regia briosa che sfrutta ogni centesimo dell'imponente budget a disposizione e... il gioco è fatto.

Produzione di successo targata Netflix (ricordate Enola Holmes?), questa roccambolesca commedia d'azione soffre di un ritmo incessantemente frenetico e di un intreccio non facilissimo da dipanare, ma gode di una buona serie di scenette divertenti e di un trio protagonista da fare invidia alla concorrenza.

E se The Rock e Reynolds interpretano sostanzialmente se stessi, la statuaria Gal Gadot - nonostante uno screen time più ridotto rispetto ai colleghi - non si limita a fare presenza, ma si impegna a dare un minimo di spessore al proprio personaggio.
Per la cronaca: ognuno dei tre attori è stato democraticamente omaggiato di uno stipendio pari a 20 milioni di dollari.

Nonostante più di qualche debito nei confronti di Indiana Jones (i riferimenti diventano espliciti nella sequenza del bunker nazista), il film scorre via piacevolissimo e senza pretese, adatto a tutte le età e per tutte le occasioni.
Da non perdere inoltre il cammeo autoironico del cantante Ed Sheeran nel finale.

Red Notice diventerà un franchise?
Sembrerebbe di sì: forte dell'ottima risposta del pubblico (in poco tempo ha battuto il record di utenze della piattaforma), questo dovrebbe diventare il primo capitolo di una trilogia.

La domanda che in questi casi ci si pone di solito è: i seguiti saranno all'altezza dell'originale?
Risposta: con un cast come questo si possono dormire sonni tranquilli.


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venerdì 8 aprile 2022

OSCAR 2022. THE POWER OF THE DOG-IL POTERE DEL CANE, LA FIERA DELL'AMBIGUITÀ

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



Regno Unito/Australia/Nuova Zelanda/Canada, 2021
126'
Regia: Jane Campion
Interpreti: Benedict Cumberbatch, Kodi Smit-McPhee, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Frances Conroy, Thomasin McKenzie, Keith Carradine.


Phil (Cumberbatch) e George (Plemons) Burbanks sono fratelli, hanno un florido ranch, ma sono diversissimi tra di loro: il primo, che ha come mito il burbero mentore Bronco Henry (morto anni prima e del quale conserva gelosamente una bella sella da cavallo), è magro, ha un'indole violenta e prevaricatrice; il secondo è grassottello, è calmo e riflessivo.

Quando quest'ultimo sposa la vedova Rose (Dunst) e porta a vivere nella fattoria lei e il figlio adolescente di lei, l'introverso e sensibile Peter (Smit-McPhee), la vita solitaria di Phil viene sconvolta.

In un crescendo di tensioni e ripicche, ognuno cercherà di sopravvivere come può.

Ma a qualcuno andrà veramente male.




The Power of the Dog, tratto da un romanzo dello scrittore cult Thomas Savage e presentato in anteprima e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, ai Golden Globe (dai quali è uscito trionfante) e ai recenti Oscar (per la regia, unica statuetta su ben 12 nomination!), è un film duro, asciutto.

Non è un caso che qui la natura (del Montana) non sia un lussureggiante, bucolico, rassicurante, consolatorio rifugio per i personaggi, ma un testimone muto e impassibile dei loro drammi e di un mondo che sta cambiando troppo velocemente (la vicenda è ambientata un secolo fa).

Non è un caso che sugli animali sani dell'allevamento incombano morte, putrefazione, malattia.

Non è un caso che il cane del titolo sia un gioco di luci sulle montagne che sembra ricordare ai protagonisti non un docile animale domestico, ma una bestia che mostra i denti minacciosa, rabbiosa, pronta ad aggredire i deboli e a farli soccombere senza pietà, dalla potenza biblica.

Phil ha il fisico asciutto ed il carattere aspro della sua terra.

Il suo West sta sparendo, soppiantato dalla modernità e dal rumore, ed egli vive di ricordi, di silenzi, di segreti, di pulsioni ed inclinazioni represse da un ambiente dove tutti si aspettano che sia rude e macho, e risponde in modo aggressivo (difensivo?) alle novità, agli sconvolgimenti del proprio tranquillo e ripetitivo tran tran quotidiano.

Al personaggio interpretato da un ottimo Benedict Cumberbatch (i più lo conoscono come lo Sherlock Holmes di una fortunata serie Tv o come Dottor Strange per la Marvel; ma noi lo ricordiamo sul red carpet a Venezia per La Talpa) si contrappone quello impersonificato da Kodi Smit-McPhee (volto noto: è comparso in Deadpool 2 ed ha preso parte a X-Men-Apocalisse e X-Men-Dark Phoenix), sorprendentemente non meno bravo.

Il giovane Peter ha un caratetre introverso ed è molto attaccato alla madre (nota: dovremmo ricordarci più spesso che Kirsten Dunst non è solo la Mary Jane Watson dello Spider-Man di Sam Raimi...); ma la vita in un ambiente così ostico per la sua sensibilità lo ha indurito.

Ciò che rende questo film interessante è il modo in cui Jane Campion tratta il rapporto tra i due.

La regista del celebre Lezioni di piano (ma anche di Ritratto di signora con Nicole Kidman e In the cut con un'insolita Meg Ryan in coppia con Mark Ruffalo, futuro Hulk) gioca sul filo del non detto, dell'ambiguità (qual è il rapporto tra Phil e Peter? Si trasforma in qualcosa di più di un semplice legame maestro-discepolo? E' un modo del primo per plasmare e manipolare il secondo ad immagine del compianto mentore? E perché Phil è così legato a quest'ultimo?).

Campion non dà certezze, ma lascia al pubblico il compito di trarre le proprie conclusioni.

Persino l'ultima scena è tutt'altro che catartica, rimane sospesa, si presta ad interpretazioni.

The Power of the Dog è quindi un film profondamente pessimista o ha un finale consolatorio?

A noi spettatori l'ardua sentenza, le discussioni, i dibattiti - ed è meglio così.



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lunedì 4 aprile 2022

I CLASSICI: LEGO BATMAN-IL FILM, QUESTO EROE BAT-TUTARO NON SI BAT-TE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Australia/Danimarca, 2017
104'
Regia: Chris McKay
Voci originali: Will Arnett, Rosario Dawson, Ralph Fiennes, Zach Galifianakis, Michael Cera, Mariah Carey, Jonah Hill, Channing Tatum, Conan O'Brien, Zoë Kravitz, Brent Musburger, Ralph Garman, Billy Dee Williams.


Batman (Arnett) è il supereroe che difende la caotica Gotham City da supercriminali come il Joker (Galifianakis).
La sua vera identità è Bruce Wayne, milionario senza amici e un po' depresso che vive in un enorme maniero isolato con la sola compagnia del fido maggiordomo Alfred (Fiennes).

Quando però Joker e altri cattivoni (alcuni provenienti da altri franchise) provano a distruggere la metropoli, l'Uomo Pipistrello avrà bisogno dell'aiuto di Robin (Cera) - giovane orfano da lui distrattamente adottato - e Batgirl (Dawson) - alias Barbara Gordon, commissario di polizia di fresca nomina - per salvare capra e cavoli.


Dimenticate il dittico gotico di Tim Burton con Michael Keaton.
Dimenticate i due episodi campy di Joel Schumacher con, rispettivamente, Val Kilmer e George Clooney.
Dimenticate la trilogia di Christopher Nolan con Christian Bale.
Dimenticate persino il Batfleck e il recentissimo Batman "articolato" - nel senso di "con l'articolo" - con Robert Pattinson.

Dimenticateli tutti, perché la miglior versione cinematografica di Batman è... questa.

Parola di Morgan Freeman, uno che un po' se ne intende (è stato l'inventore Julius Fox in tutti e 3 i capitoli del Cavaliere Oscuro) ed è rimasto estasiato lavorando con Will Arnett in The LEGO Movie, di cui questo lungometraggio è un fiero spin-off.

Comedian canadese tra i protagonisti degli ultimi due film delle Tartarughe Ninja, Arnett è stato così apprezzato nel cartone diretto da Lord & Miller da convincere la produzione a dedicare al suo personaggio una pellicola "solista".

Ad accompagnarlo - nella versione originale - un cast vocale da far drizzare i peli sulla lingua: dal Galifianakis di Una Notte da Leoni al Cera di A Very Murray Christmas, dal Williams di Star Wars alla Dawson di Clerks II, passando per Musburger e Garman che ricordiamo rispettivamente per Cars/Planes e Hollyweed.

Ma l'ingaggio più clamoroso è Fiennes nel ruolo che era stato di Michael Caine prima e di Jeremy Irons poi.
Il grande attore inglese, noto ai più per la saga di Harry Potter, interpreta Alfred con (auto)ironia e conferendo un personale tocco "teatrale" al personaggio.

Abbondante di riferimenti/ammiccamenti fumettistici e meta-cinematografici (avete notato che il complesso lounge che suona al galà è lo stesso che si sente in sottofondo nel party organizzato da Lex Luthor in Batman v Superman?), LEGO Batman forse non è esilarante come The LEGO Movie, però non manca certo di ghiottonerie per i fan.

Tra le scene migliori ricordiamo la festa di anniversario della Justice League nella fortezza di ghiaccio di Superman e lo scontro/confronto finale tra i buoni e i cattivi (Godzilla che colpisce inavvertitamente Sauron con uno dei propri sputi radioattivi è una delle gag di maggiore spasso).

Tuttavia, sorprendentemente, il pregio principale della pellicola risiede nei suoi momenti "seri".
Il rapporto fra Bruce e i defunti genitori - con il derivante senso di colpa del primo e la sua paura di affezionarsi ad altre persone - non era mai stato elaborato sul grande schermo in modo più toccante e sincero.

In attesa dell'annunciato seguito (al momento la produzione è in stallo), il Batman LEGO è tornato in The LEGO Movie 2, un altro "classico" che presto o tardi vi recensiremo.

Ma è qui che potete scoprire se siete davvero esperti ed appassionati dell'eroe incappucciato, provando a individuare tutte le citazioni e i riferimenti di cui il film è disseminato.

Un film per veri Bat-fan.


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