CINEMA A BOMBA!

venerdì 31 ottobre 2014

I CLASSICI: NIGHTMARE, SOGNI D'HORROR

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1984
91'
Regia: Wes Craven
Con: Robert Englund, Heather Langenkamp, Amanda Wyss, John Saxon, Johnny Depp.


L'adolescente Nancy (Langenkamp), il suo ragazzo Glen (Depp, al suo esordio) e i loro amici sono tormentati da incubi spaventosi durante i quali vengono inseguiti da un mostruoso killer (Englund, nel ruolo che lo marchierà per sempre), sfigurato e dotato di artigli.
Il problema è che questi ha la capacità di diventare reale e uccidere davvero...

Esattamente come Halloween e La Casa (quest'ultimo omaggiato esplicitamente in una scena) - e anche, in minor misura, Venerdì 13 - Nightmare è il capostipite di uno dei più famosi e fortunati franchise orrorifici degli anni 80, l'epoca d'oro del genere.
Più precisamente, si può considerare come una sorta di rifacimento del primo in chiave onirica.

Le analogie col classico di John Carpenter sono evidenti, ma non gratuite: Craven, al meglio delle proprie capacità, parte dalla collaudata formula assassino-silenzioso-fa-strage-di-adolescenti e la innesta in cui contesto non realistico, puntando su simbolismi e inconscio.
In comune c'è anche il budget, tutt'altro che faraonico: anche in Nightmare il make-up e gli effetti speciali sono piuttosto artigianali, benché efficaci (per l'epoca).

Il segreto del successo planetario di questo horror a basso costo è però rappresentato dal personaggio di Freddy Krueger (qui si chiama semplicemente Fred).
Sebbene compaia solo pochi minuti (meno di 7!) e la sua storia venga maggiormente sviluppata nei capitoli successivi della serie - 7 in totale, oltre ad un cross-over (Freddy vs. Jason, scontro con il protagonista della saga di Venerdì 13) e ad un rifacimento del 2010 - è lui il fulcro di tutta la vicenda.

La faccia deformata da gravi ustioni, un guanto con lame affilate alle estremità delle dita, un cappellaccio malandato in testa, un maglione sfilacciato a bande orizzontali dai colori verde scuro e rosso: questo l'aspetto di colui che diverrà una delle icone del terrore più note degli ultimi decenni.

Il regista lo fa agire principalmente nella penombra, per accrescere la tensione e il senso di inquietudine, ma anche per conferirgli una certa qual aura misteriosa e allegorica.
Freddy Krueger rappresenta in fondo tutte le paure infantili - è un vero e proprio "uomo nero", un Babau - e le insicurezze connesse alla crescita; non è un caso che se la prenda solo con adolescenti.

Se poi consideriamo anche che il mostro prende il suo nome da quello di un bulletto che tormentava Wes Craven da ragazzino e che i suoi vestiti ricordano quelli di un vagabondo che aveva spaventato il futuro cineasta da bambino, vai con la psicoanalisi!

Stasera è Halloween e la domanda sorge allora spontanea: che cosa sarebbe successo a Sigmund Freud se avesse sognato Freddy Krueger?
Da non dormirci la notte...

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mercoledì 29 ottobre 2014

ROBIN WILLIAMS. L'UOMO DELL'ANNO, UN "GRILLO" PER PRESIDENTE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2006
115'
Regia: Barry Levinson
Con: Robin Williams, Laura Linney, Christopher Walken, Jeff Goldblum, Amy Poehler, Tina Fey.


Tom Dobbs (Williams) è un popolare comico televisivo di satira politica che un giorno, solleticato dalla proposta un po' faceta di una sua fan, decide di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti come indipendente, in polemica sia coi Repubblicani sia coi Democratici.
Ma proprio mentre la sua popolarità politica è all'apice, una zelante impiegata informatica (Linney) scopre che il sistema di voto elettronico è difettoso...

Per omaggiare il grande Robin Williams, deceduto in circostanze tragiche l'11 Agosto di quest'anno, abbiamo proposto una selezione delle pellicole per noi più significative delle quali è il protagonista: abbiamo iniziato con Good Morning Vietnam e ora terminiamo con L'Uomo dell'Anno, entrambe dirette da Barry Levinson.

Non è un caso: il sodalizio è stato fondamentale per tutti e due.
Infatti, l'autore ha trovato in Williams un attore brillante e versatile, capace di reggere da solo il peso di due film; il comico ha trovato in Levinson un regista che gli ha dato la possibilità di esprimersi in registri diversi da quelli per i quali è divenuto famoso.

Eppure, nonostante qualche divertente sprazzo della proverbiale verve del nostro mattatore, L'Uomo dell'Anno non è del tutto riuscito.
Principale indiziato? Il cineasta di Baltimora, anche responsabile del copione, che sembra faticare a trovare un equilibrio o una sintesi tra le due anime della sua pellicola: commedia satirica (nella prima parte) e thriller politico (nella seconda).

La componente di denuncia sociale è comprensibile per un liberal come Levinson - l'invadenza della tecnologia e la conseguente spersonalizzazione perfino nel processo di selezione dei propri rappresentanti politici; la scelta/non scelta tra i due schieramenti principali, con programmi pressoché uguali; l'influenza dei mezzi di comunicazione nella vita di tutti i giorni; la dicotomia capitalismo/democrazia; il dibattito politico ridotto a triti slogan e frasi fatte - ma alla lunga finisce per appesantire il film.

Risultato: episodi drammatici troppo cupi, non sufficientemente stemperati da alleggerimenti umoristici; momenti farseschi troppo slegati dalla storia (più sketch che battute vere e proprie); montaggio tirato un po' via.
Purtroppo anche l'interpretazione di Robin Williams - nonostante lo sforzo profuso nel doppiaggio dal solito Carlo Valli - ne risente: peccato, con un miglior supporto avrebbe fatto faville.

Un'annotazione.
Allo spettatore italiano non saranno sfuggite analogie tra il protagonista di questo film e Beppe Grillo.
Entrambi comici noti al grande pubblico, entrambi schierati contro il vetusto sistema politico e capaci di utilizzare i mass media in modo efficace, entrambi paladini dell'uomo qualunque e dotati di un eloquio trascinante.

Ora, la pellicola è uscita nel 2006.
L'anno prima la rivista Time si era occupata diffusamente del rapido affermarsi del blog gestito dallo showman genovese, che denunciava le tante magagne italiche.
Il primo V-Day si è svolto nel 2007, il Movimento 5 Stelle è nato due anni dopo.

Ci saranno state influenze (o ispirazioni) reciproche?
Noi non lo escludiamo a priori, anche perché Levinson & C. sembrano preparati sulla politica nostrana: imperdibile la scena in cui Tom Dobbs cita l'elezione al Parlamento italiano di una pornostar (per la cronaca: Ilona Staller, in arte Cicciolina, nel 1987).

Comunque sia, una battuta come "I politici somigliano ai pannolini: bisogna cambiarli spesso e per lo stesso motivo", che sia stata ispirata da qualche comico o che sia farina del sacco di uno sceneggiatore o ancora il frutto di un'improvvisazione - e il protagonista di Mrs. Doubtfire, lo ricordiamo, era un fuoriclasse in questo campo - pensiamo sia spassosa.
E universalmente condivisibile.

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domenica 26 ottobre 2014

ROMA 2014. I VINCITORI, LA RIVINCITA DI MARCO MUELLER

(Il regista inglese Stepehen Daldry col premio vinto per Trash


In anni passati eravamo stati critici nei confronti sia del Festival Internazionale del Film di Roma sia di Marco Müller.
Il primo ci è sempre sembrato un doppione non necessario della Mostra del Cinema di Venezia, del secondo non avevamo apprezzato alcune scelte di "cartellone" proprio quando era direttore della kermesse lagunare (vedere ad es. Venezia 2011).

Eppure, il produttore italo-svizzero è stato anche quello della rivalutazione delle pellicole di genere, dei film pensati anche per il grande pubblico, degli autori e dei divi hollywoodiani sul tappeto rosso (rimanendo a Venezia 2011: George Clooney, Al Pacino, Jessica Chastain, Colin Firth, William Friedkin, Michael Mann...).
Un espediente pubblicitario, certo, ma anche una precisa e in fondo banale scelta politica: per sopravvivere il cinema ha bisogno più di spettatori che di critici.

Un'impostazione che col tempo si è rivelata vincente: se da un lato la gestione veneziana di Alberto Barbera ha perso via via sempre più punti, fino a diventare - cosa impensabile, fino a pochi anni fa - un evento artistico di secondo piano (basti ricordare la più recente edizione), dall'altro il festival romano ha acquisito una certa credibilità anche all'estero.

Quest'anno Müller ha fatto arrivare attori di richiamo planetario (Kevin Costner, Richard Gere, Clive Owen, Benicio Del Toro...), si è assicurato una manciata di film veramente d'autore (almeno Gone Girl di David Fincher col bi-oscarizzato Ben Affleck - per Will Hunting come sceneggiatore e per Argo come produttore - è stato un colpaccio; niente male anche la scelta di portare sotto il Cupolone Lo Straordinario Viaggio di T.S. Spivet di Jean-Pierre Jeunet - l'autore di Il favoloso Mondo di Amélie - e A Most Wanted Man dell'ex autore di videoclip Anton Corbijn col compianto Philip Seymour Hoffman) e soprattutto ha cancellato il concorso ufficiale, lasciando che fosse esclusivamente il pubblico ad assegnare i premi.

Una svolta rivoluzionaria e ben accetta, che speriamo "contagi" anche le altre rassegne, a partire dalla principale concorrente: forse solo gli spettatori possono salvare Venezia da selezioni snob e giurie autoreferenziali.

Di seguito i premi principali:

GALA: Trash di Stephen Daldry (Regno Unito)
CINEMA D'OGGI: 12 Citizens di Xu Ang (Cina)
MONDO GENERE: Haider di Vishal Bhardwaj (India)
CINEMA ITALIA: Fino a qui tutto bene di Roan Johnson (Italia)

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venerdì 24 ottobre 2014

ROBIN WILLIAMS. PATCH ADAMS, FACCE RIDE DOTTO'!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

(Il vero Patch in visita al Gaslini) 

USA, 1998
115'
Regia: Tom Shadyac
Con: Robin Williams, Daniel London, Monica Potter, Philip Seymour Hoffman, Bob Gunton, Irma P. Hall, Peter Coyote.


Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione.
La salute si basa sulla felicità - dall'abbracciarsi e fare il pagliaccio al trovare la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazione nel lavoro e l'estasi nella natura delle arti
.

Questa è da sempre la filosofia di Hunter Doherty "Patch" Adams, un medico non esattamente sui generis.
Urtato dall'eccessivo distacco e dalla seriosità dell'ambiente ospedaliero, egli, ad un' impeccabile conoscenza del mestiere, cercò di unire umanità e una sana dose di umorismo e risate per far sentire i pazienti più a loro agio, inventando di fatto quella che oggi è nota come "clownterapia".

Non pago, trasformò la casa in cui viveva in una clinica aperta a chi soffre e insieme a un gruppo di volontari riuscì, nel corso degli anni, a prestare cure gratuite a numerosi pazienti senza chiedere denaro in cambio, convinto che la guarigione dovesse essere un un arricchente scambio umano reciproco basato su empatia, compassione e generosità, anziché una mera transazione economica.

Questo film narra la sua storia (in modo piuttosto romanzato, a dire il vero) e ha contribuito a renderlo universalmente noto.
Merito di un Robin Williams in ottima vena, brillante e incontenibile, capace di suscitare simpatia e di strappare risate genuine come ai tempi di Good Morning, Vietnam e Mrs. Doubtfire.
Da notare che, tra quelli che qui affiancano il nostro, c'è anche un altro talentuoso attore scomparso prematuramente quest'anno: Philip Seymour Hoffman. Che impressione vederli insieme...

I punti deboli sono invece rappresentati dalla sceneggiatura di Steve Oedekerk e dalla regia di Tom Shadyac, già co-autori della serie di Ace Ventura e di Una Settimana da Dio (il primo è anche l'artefice dello stracult Kung Pow!).
Abituati più alla comicità demenziale di Jim Carrey che a quella vulcanica e "battutara" del nostro Robin, i due sembrano a disagio alle prese con una commedia dai risvolti drammatici e sentimentali.

Infatti, nonostante la prova di Williams e l'ottimo riscontro al botteghino, il vero Patch (che in inglese, ricordiamolo, vuol dire "cerotto") è rimasto deluso dal risultato finale: a suo dire, il ritratto che esce dal film è quello di un medico buffo che fa cose strampalate (però la scena della vecchietta che fa il bagno in una vasca piena di spaghetti è veramente accaduta!), al punto che la sua missione di forte valenza umanitaria/sociale e il suo messaggio di pace/giustizia finiscono per essere messi un po' in secondo piano.

Non proprio il protagonista sensibile e melenso di una pellicola per famiglie, quindi, ma un attivista tenace e consapevole.
E divertente, come ha potuto provare chi lo ha incontrato: lo scorso 1 ottobre il nostro è venuto in Italia, in visita all'Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova.
In alto, sotto la locandina, abbiamo pubblicato una foto dell'incontro (grazie mille alla mitica Gloria Vignone che ci ha permesso di utilizzarla!).
Impossibile non apprezzare quest'uomo!

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giovedì 16 ottobre 2014

ROBIN WILLIAMS. WILL HUNTING, LA COPPIA DAMON-AFFLECK COGLIE L'ATTIMO

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USA, 1997
126'
Regia: Gus Van Sant
Con: Robin Williams, Matt Damon, Ben Affleck, Stellan Skarsgård, Minnie Driver, Cole Hauser, Casey Affleck.


Boston, Massachusetts.
Will (Damon), orfano con un'infanzia atroce, è un giovane sbandato che passa il tempo tra una rissa e una bevuta insieme agli amici del quartiere, tra cui il generoso e leale Chuckie (Affleck).
Campa come demolitore e arrotonda pulendo i pavimenti del MIT, il prestigioso istituto scientifico.

Ma Will è anche un genio - inespresso - della matematica.
Se ne accorge l'ambizioso Prof. Lambeau (Skarsgård), che lo prende con sé e lo affida alle cure di un brillante e combattivo psicoterapeuta, il Dott. McGuire (Williams).

Nel frattempo il ragazzo inizia a frequentare Skylar (Driver), eccentrica studentessa di Harvard appartenente all'alta borghesia...

E' ormai universalmente riconosciuto che uno dei più grandi abbagli nella storia dell'Academy sia stato il mancato Oscar a Robin Williams per L'Attimo Fuggente.
Per rimediare, i giurati hanno atteso 8 anni: miglior attore non protagonista.
Non è un caso: il Dott. McGuire è praticamente un Prof. Keating barbuto e più fricchettone.

Ciò non toglie che sia una delle migliori interpretazioni dell'attore reso famoso da Good Morning, Vietnam, anche sul versante comico: basti menzionare il monologo - completamente improvvisato - durante il quale lo psicologo racconta delle flatulenze notturne dell'amata moglie morta.
L'allegria di Matt Damon durante la scena è autentica e - fateci caso - anche quella dell'operatore (ad un certo punto la cinepresa si muove visibilmente...).

Sarebbe tuttavia ingeneroso attribuire la buona riuscita del film al solo Williams: Will Hunting è anche - e, forse, soprattutto - della coppia Damon-Affleck, attori (allora misconosciuti, ma lanciati nello star-system proprio con questa pellicola) e autori di una sceneggiatura premiata con un meritatissimo Oscar.

E pensare che questo script così brillante ed ispirato (potete leggerne l'originale qui) aveva fatto fatica ad essere trasposto sul grande schermo: molti furono i rifiuti collezionati dai due giovani autori, ma provvidenziale l'incontro con un altro (allora) under-30: Kevin Smith (sì, quel Kevin Smith!).
Il cineasta dell'acclamato Clerks, folgorato dalla storia, ne comprò dai due quasi coetanei i diritti, li rivendette alla potente Miramax, conservando per sé il ruolo di produttore esecutivo.
Gli andò di lusso: il successo di critica e pubblico fu planetario.

E - lo sapevate? - a Smith dobbiamo anche il seguito non ufficiale di Will Hunting...
Good Will Hunting 2-Hunting Season in realtà è la bonaria presa in giro di una delle scene cult dell'originale, nonché uno dei momenti più spassosi di Jay & Silent Bob... Fermate Hollywood! del 2001.
Peccato che manchino Robin Williams e la pimpante Minnie Driver: sarebbe stata una bella rimpatriata.

Parodie a parte, Will Hunting è uno dei più riusciti racconti di formazione usciti da Hollywood, con una bella morale finale: quale siano il vostro passato e il vostro talento, seguite il cuore.
Non sbaglierete mai.

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lunedì 6 ottobre 2014

ROBIN WILLIAMS. MRS. DOUBTFIRE, TATA...SUO PADRE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1993
144'
Regia: Chris Columbus
Con: Robin Williams, Sally Field, Pierce Brosnan, Lisa Jakub, Matthew Lawrence, Mara Wilson, Harvey Fierstein.


Daniel Hillard (il grande Robin Williams) è sposato e ha tre figli, ma nonostante tutto è ancora un uomo piuttosto immaturo, incapace di tenersi un lavoro e completamente inaffidabile.
La moglie (il due volte Premio Oscar Sally Field), una donna in carriera attratta da un fascinoso bellimbusto pieno di soldi (l'ex 007 Pierce Brosnan) decide di divorziare, esasperata dall'ennesimo casino combinato dal marito, e ottiene l'affidamento della prole.

Per stare più tempo con i suoi amati ragazzi, Daniel sarà costretto a trasformarsi...nella loro governante: la Mrs. Doubtfire del titolo, anziana signora inglese con maniere british e comportamenti piuttosto stravaganti.

Che ironia! Nella vita reale, il mattatore di Good Morning, Vietnam divorziò dalla moglie per sposare la tata dei suoi figli. In questo film, divorzia dalla moglie e...diventa la tata!
Figuratevi: Robin Williams in un ruolo en travesti...

Al momento di affidargli la parte, i produttori non potevano certo pretendere che uno dei comici più esuberanti al mondo potesse seguire pedissequamente quella che in origine era la storia triste di un perdente che fa di tutto per riunire la propria famiglia.
Infatti, la sceneggiatura venne completamente stravolta dalle improvvisazioni di Williams, tenuto a briglia sciolta e di conseguenza libero di gigioneggiare a ruota libera.

Robin si impadronisce completamente del film, trasformandolo in una delle commedie di maggior successo degli Anni Novanta, riuscendo a strappare non poche risate pur affrontando un tema - quello dei padri separati e dei loro diritti - assolutamente serissimo.

Tra le tante situazioni spassose, andrebbero annotate in generale tutte quelle in cui Mrs.Doubtfire mette in imbarazzo il playboy che gli insidia moglie e famiglia (un Pierce Brosnan bravo a smussare l'antipatia del personaggio), ma ci sono alcune scene che sono davvero strepitose.

Tra queste: le trasformazioni operate sul protagonista dal fratello truccatore gay (Harvey Fierstein, divertentissimo comico ebreo), tra le quali un'irresistibile imitazione di Barbra Streisand che canta "Don't rain on my parade"; le gag con le voci (ricordiamo che Robin è stato un notevole doppiatore di cartoni animati: la voce del Genio di Aladdin in originale era proprio la sua!); la visita dell'assistente sociale a Daniel; le avance dell'arzillo conducente di autobus all'anziana tata; l'imperdibile sequenza finale al ristorante.

Ci sbilanciamo?
Se L'Attimo Fuggente è nel complesso la miglior performance di Williams in ambito drammatico, Mrs.Doubtfire è il suo vertice assoluto nel registro comico.
Da riscoprire.

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