CINEMA A BOMBA!

martedì 24 maggio 2016

CANNES 2016. QUALCOSA E' ANDATO STORTO

Dall'alto: Ken Loach esulta per la Palma d'Oro assegnata a I, Daniel Blake; i due registi premiati ex aequo, Olivier Assayas (a sinistra) e Cristian Mungiu (a destra), rispettivamente per Personal Shopper e Bacalaureat; una raggiante Andrea Arnold con il Premio della Giuria ottenuto da American Honey


Scorrendo il programma di questo 69° Festival di Cannes, si potevano avere non poche aspettative.
Il Presidente Gilles Jacob e il Direttore Artistico Thierry Frémaux erano riusciti a ottenere dei titoli di rilievo, non pochi autori di fama e qualche divo di richiamo.

Sembrava l'occasione propizia per ridare slancio ai grandi eventi cinematografici in declino (vedere il nostro post di commento), invece qualcosa è andato storto.
Il problema, come troppo spesso è capitato in questi anni, è l'assegnazione dei premi.

La Giuria guidata dall'australiano George Miller (il visionario autore di Mad Max: Fury Road, vincitore morale degli ultimi Oscar) non ha fatto scelte imperdonabili, ma la sensazione è che avrebbe potuto osare di più.

Nulla da eccepire sulla Palma d'Oro a Ken Loach: coadiuvato come sempre dal fido Paul Laverty (avvocato progressista con l'hobby della sceneggiatura), l'anziano cineasta inglese ha conquistato il premio più ambito con I, Daniel Blake, storia di un uomo vittima della burocrazia ed ennesimo capitolo di una carriera tutta dedicata all'impegno civile.

Semmai fanno storcere il naso le assegnazioni delle altre categorie, a partire dalla miglior regia andata ex aequo (e basta con questo cerchiobottismo!) al rumeno Cristian Mungiu e al francese Olivier Assayas.

Un contentino ai padroni di casa? Il sospetto c'è - ed è più di un sospetto, quasi una regola non scritta.
Se poi il premiato è un'ex critico dei Cahiers du cinéma, idolo in patria e abitué del Festival...

Per quel che riguarda l'altro cineasta gratificato, beh non possiamo certo parlare di novità: il suo 4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni gli valse la Palma d'Oro nel 2007, il successivo Racconti dell'Età dell'Oro (2009) era stato presentato nella sezione Un Certain Regard, mentre nel 2012 Oltre le Colline aveva ottenuto due riconoscimenti (per la sceneggiatura allo stesso Mungiu e a pari merito alle due attrici protagoniste).

Anche il canadese (francofono) Xavier Dolan è avezzo alla Croisette, essendo stato premiato due anni fa e avendo fatto parte della Giuria lo scorso anno.
Gli si poteva negare un riconoscimento? Ecco servito il Grand Prix.

Addirittura doppio premio a Forushande-The Salesman dell'iraniano Asghar Farhadi, autore di Una Separazione che nel 2012 aveva vinto sia il Golden Globe sia l'Oscar.
Miglior sceneggiatura e miglior attore (Shahab Hosseini): troppa grazia.

Infine, miglior attrice la filippina Jaclyn Jose - lasciamole il beneficio del dubbio, ma onorare i film asiatici ai festival fa sempre figo - e Premio della Giuria ad American Honey di Andrea Arnold.
In trasferta Oltreoceano, la regista inglese di Cime Tempestose (alla cui anteprima eravamo presenti anche noi, ricordate?) ha diretto una delle pellicole che ha convinto di più, ma si è dovuta accontentare di un riconoscimento minore.

Sono rimasti fuori gli americani Jeff Nichols (di cui avevamo apprezzato assai i precedenti Take Shelter e Mud) e Sean Penn (l'attore di The Tree of Life non è piaciuto - eufemisticamente - come regista di The Last Face), ma i due non erano molto accreditati per un posto nel palmarès.

Maggiori possibilità aveva, alla vigilia, il connazionale Jim Jarmusch: il suo Paterson ha ricevuto molti apprezzamenti, così come l'interpretazione del suo protagonista, Adam Driver (per i più, il Kylo Ren di Star Wars-Il Risveglio della Forza; per i cinefili, il vincitore della Coppa Volpi a Venezia 2014).

A bocca asciutta anche dei pezzi grossi del calibro dei belgi fratelli Dardenne - in passato, due Palme d'Oro (Rosetta del 1999 e L'Enfant nel 2005), un premio per la sceneggiatura nel 2008 (Il Matrimonio di Lorna) e un Grand Prix Speciale della Giuria nel 2011 (per Il Ragazzo con la Bicicletta) - e dello spagnolo Pedro Almodóvar - il suo Julieta, già proiettato in patria, è stato un flop.

Qualche considerazione a parte meritano due autori "scandalosi".

Paul Verhoeven è ricordato per pellicole cult quali RoboCop (1987), Atto di Forza (1990), Basic Instinct (1992), Starship Troopers (1997).
Sulla Croisette ha portato Elle, una storia di sesso-e-violenza che però ha messo in mostra più il talento recitativo della solita ottima Isabelle Huppert che le sue capacità registiche.
Ci aspettiamo di meglio da lui, in futuro.

Idem per Nicolas Winding Refn: del cineasta danese avevamo apprezzato Bronson (2008) e soprattutto Drive (2011).
Dopo il deludente Only God Forgives (in concorso a Cannes 2013) speravamo si richiappasse un po' con The Neon Demon.
Macché...

Alla vigilia della consegna dei premi molti davano per vincente un'opera che inizialmente era stata selezionata nella sezione Un Certain Regard, salvo poi essere ammessa all'ultimo nella selezione ufficiale: Toni Erdmann, farsa diretta dalla tedesca Maren Ade.

È lei la vincitrice morale di questa edizione: peccato che la Giuria non abbia avuto il coraggio di premiare il doppio genere - quello della commedia e quello femminile, così inspiegabilmente poco rappresentati nelle premiazioni cinematografiche.

L'impressione finale è che di Cannes 2016, in fondo, rimarranno troppo presto dei ricordi sbiaditi.

Tutt'al più ci si rammenterà di opere fuori concorso o in sezioni secondarie: Il Gigante Gentile di Steven Spielberg con Mark Rylance, The Nice Guys di Shane Black con la coppia Russell Crowe-Ryan Gosling, Café Society di Woody Allen con Kristen Stewart e Jesse Eisenberg, Money Monster di Jodie Foster con George Clooney, Julia Roberts e Jack O'Connell, Captain Fantastic di Matt Ross con Viggo Mortensen, il cartone animato La Tartaruga Rossa, il documentario Gimme Danger di Jim Jarmusch e non molti altri.

Viste le premesse, un po' poco.
Quel dommage...




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domenica 22 maggio 2016

CANNES 2016. I VINCITORI

Dall'alto: Ken Loach, vincitore della Palma d'Oro per I, Daniel Blake; l'attore Shahab Hosseini (a sinistra) e il regista Asghar Farhadi (a destra), premiati per Forushande-The Salesman; Xavier Dolan (quarto da sinistra) con il cast di Juste la Fin du Monde (da sinistra, Gaspard Ulliel, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Nathalie Baye, Marion Cotillard). 


La giuria capitanata da George Miller ha assegnato i premi del sessantanovesimo Festival di Cannes.

E il regista australiano, dopo aver sorpreso tutti nel 2015 come regista di Mad Max: Fury Road, riesce a spiazzare anche quest'anno, in qualità di presidente di una giuria che contava sui nomi degli attori Valeria Golino, Kirsten Dunst, Vanessa Paradis, Donald Sutherland, Mads Mikkelsen, della produttrice iraniana Katayoon Shahabi, dei registi Arnaud Desplechin e László Nemes (premiato l' anno scorso e quest'anno con Golden Globe e Oscar per Il Figlio di Saul).

I verdetti sono piuttosto inattesi e faranno discutere; ma non preoccupatevi: ne riparleremo a breve.

Possiamo solo anticipare che tra i vincitori spiccano i nomi di Ken Loach - già Palma d'Oro dieci anni fa per il meritevole Il Vento Che Accarezza L'Erba -, Asghar Farhadi - nel 2012 aveva fatto l'accoppiata Golden Globe e Oscar per il miglior film straniero per Una Separazione, mentre l'anno successivo il suo Il Passato ha fatto vincere a Bérénice Bejo il premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes 2013 -, Xavier Dolan - premiato sulla Croisette nel 2014 e lo scorso anno in Giuria -, Andrea Arnold - vi ricordate? Era l'autrice del Cime Tempestose di Venezia 2011 che avevamo visto in anteprima mondiale in presenza sua e del cast.

Ma, detto questo, voilà le palmarès.

Cosa ne pensate?


Palma d'Oro (per il miglior film): I, Daniel Blake, regia di Ken Loach (Regno Unito, Francia)

Grand Prix Speciale della Giuria (per il film che mostra maggiore originalità o spirito di ricerca): Juste la fin du monde-It's only the end of the world, regia di Xavier Dolan (Canada, Francia)

Prix de la mise en scène (per la migliore regia): (ex aequo) Olivier Assayas per Personal Shopper (Francia) e Cristian Mungiu per Bacalaureat (Romania)

Prix du scénario (per migliore sceneggiatura): Asghar Farhadi per Forushande-The Salesman (Iran)

Prix d'interprétation féminine (per la migliore attrice): Jaclyn Jose per Ma'Rosa, regia di Brillante Mendoza (Filippine)

Prix d'interprétation masculine (per il miglior attore): Shahab Hosseini per Forushande-The Salesman, regia di Asghar Farhadi (Iran)

Premio della giuria (per un'opera particolarmente apprezzata dalla giuria): American Honey, regia di Andrea Arnold (USA, Regno Unito)

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venerdì 20 maggio 2016

I CORTI: THE FLASH-THE RUNAWAY DINOSAUR, CORRI KEVIN CORRI!

Grant Gustin e Kevin Smith sul set (clicca sulla foto per vedere il trailer). 

USA, 2016
42'
Regia: Kevin Smith
Interpreti: Grant Gustin, Candice Patton, Tom Cavanagh, John Wesley Shipp, Michelle Harrison, Jason Mewes.


Da "CINEMA A BOMBA!" a "TV A BOMBA!"?
Non proprio. Non ancora, almeno.
Ma in un periodo storico in cui la qualità dei prodotti seriali è arrivata in pratica al livello di quella delle produzioni da grandi sale, è sempre più difficile marcare la differenza tra i due media.

L'episodio n. 21 della seconda stagione di The Flash rappresenta poi un caso a se stante: tale è stato il martellamento pubblicitario su Internet da essere diventato di culto prima ancora della messa in onda.
The Runaway Dinosaur, pur essendo inserito nella continuity della serie, può essere considerato come un vero e proprio cortometraggio.

Che cosa lo rende speciale? L'averne affidato la regia a Kevin Smith.
Opinionista instancabile e fumettista competente, l'autore di Clerks e Red State è arrivato al ruolo per gradi: prima come spettatore, poi come appassionato (celebre una sua "recensione" video in cui lo si vede piangere come un bambino davanti allo schermo, commosso da un finale di puntata), infine come membro della produzione.

Scritta per l'occasione dall'esperto Zack Stentz (Thor, X-Men-L'Inizio), la storia vede il supervelocista Barry/Flash cercare di sopravvivere in una specie di limbo, mentre la sua squadra si dà da fare per capire come riportarlo indietro.
A complicare le cose, la minaccia di un metaumano non-morto (tipo Colosso degli X-Men, ma in versione zombie) a piede libero per la città...






Nell'approcciarsi a questa breve storia di ricerca e redenzione, il regista mette da parte tanto le grossolanità delle proprie commedie quanto le efferatezze degli horror che - chissà perché - da qualche anno dirige, e finalmente si diletta nel genere supereroistico che più gli è congeniale.

A fargli da supporto un'affiatata squadra d'attori, da cui emergono: Grant Gustin, azzeccato protagonista (benché in Batman v Superman: Dawn of Justice il ruolo sia interpretato da un altro attore); John Wesley Shipp, che era Flash nella precedente serie tv degli anni 90 e che ora interpreta il padre di Barry; Tom Cavanagh, già visto in Scrubs; l'amico del cuore di Smith, Jason Mewes (Jay di Jay & Silent Bob!), che fa una divertente comparsata.

C'è poca azione, effetti speciali funzionali, qualche dialogo brillante.
Prevale il lato intimista e riflessivo, con almeno 2-3 sequenze che puntano alla commozione: tra queste la più riuscita è senza dubbio il confronto finale tra Barry e il "fantasma" della madre (Harrison).

Era da almeno un decennio - ossia dai tempi di Clerks II - che non si vedeva Kevin Smith così in forma, al punto che lui stesso ha definito questo lavoro fumettelevisivo come "la miglior regia della mia carriera".

Concordiamo: evidentemente la velocità gli fa bene.
Corri, Kevin! Corri!




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domenica 15 maggio 2016

I DOC: KURT COBAIN-MONTAGE OF HECK, IL CIELO SOPRA SEATTLE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2015
132'
Regia: Brett Morgen
Con: Kurt Cobain, Courtney Love, Krist Novoselic.


L'infanzia, il divorzio dei genitori, i problemi comportamentali, l'isolamento impostogli e impostosi dalla famiglia, la droga, la musica, gli esordi con il suo gruppo, il successo planetario, il matrimonio, la paternità, la tossicodipendenza, l'abisso, il suicidio a soli 27 anni.

È un pugno nello stomaco Montage of Heck (che può essere tradotto, più o meno, come "Collage del cavolo"), video-biografia autorizzata dai famigliari più stretti - figlia (che l'ha anche prodotta), vedova (la cantante Courtney Love), sorella, genitori - dell'ultima vera icona del rock.

Insieme a Bradley Nowell dei Sublime (a proposito, quando un documentario su di lui?), Kurt Cobain è stato il cantautore americano più famoso ed influente degli Anni 90 e oltre: un artista completo, capace di alternare furiosi inni punk a struggenti ballate intimiste.

Il regista Brett Morgen ha potuto attingere a piene mani ad un vasto archivio fatti di filmini amatoriali, registrazioni audio, demo, filmati di esibizioni dal vivo, appunti, quaderni, bozze, fotografie, ritagli di giornale.

Unito il tutto - anche con begli inserti a cartoni animati - con il mastice della musica dei Nirvana, il risultato è un documentario che molto indugia sul vissuto privato di Cobain e poco sul Cobain pubblico.

Così, l'immagine un po' artefatta e "commerciale" del trascinante, irriverente cantante bello-e-dannato lascia il posto a quella dell'artista delicato e sensibile, dell'uomo fragile e insicuro, introverso [I'm on my time with everyone / I have very bad posture. Cioè: Sto per i fatti miei con chiunque / Ho veramente una brutta postura. Pennyroyal Tea], tormentato, depresso, sull'orlo dell'esaurimento nervoso, travolto da un successo da lui fortemente cercato ma al quale non era pronto.

Got some rope / Haven't told / Promise you / Have been true / Let me take a ride / Cut yourself / Want some help / Please myself.
[Ho un po' di corda / Non te lo avevo detto? / Ti prometto / che era vero / Fammi fare un giro / Fatti dei tagli / Voglio un po' di aiuto / Per piacere a me stesso. Polly]

In fondo è la storia di un'autodistruzione inevitabile, iniziata con la traumatica separazione dei genitori quando lui era ancora un bambino e amplificata successivamente dal tritacarne mediatico.

Throw down your umbilical noose so I can climb right back.
[Butta giù il tuo cordone ombelicale affinché possa arrampicarmi e tornare indietro. Heart-Shaped Box]

I tried hard to have a father / But instead I had a dad / I just want you to know that I /Don't hate you anymore / There is nothing I could say / That I haven't thought before.
[Ho cercato fortemente di avere un padre / Ma invece ho avuto un papà / Voglio solo farti sapere che io / Non ti odio più / Non c'è niente che io possa dire / Che non ti abbia già detto prima. Serve the Servants]

Ma è anche una catartica seduta psicanalitica per chi lo ha conosciuto bene, una testimonianza dura e sincera - e senza troppi compromessi - di una vita eccessiva.

Una vita nella quale Kurt si è sentito respinto dalle persone che più lo conoscevano e idolatrato da milioni di persone che invece non lo conoscevano ma che lo consideravano come il proprio cantore, il proprio modello, il proprio mito: che tragica ironia.

Siamo lontani, quindi, dalla scarica elettrizzante di Stop Making Sense, rutilante resoconto firmato Jonathan Demme di un concerto dei Talking Heads di David Byrne.

E anche dalla cronaca nostalgica e un po' celebrativa di Pearl Jam Twenty, il documentario dedicato alla band di Eddie Vedder che, a differenza dei Nirvana, è riuscita ad arrivare gagliardamente ai giorni nostri dopo essere emersa dal fenomeno grunge.

Siamo piuttosto dalle parti di Il Futuro Non è Scritto di Julian Temple, omaggio ad un altro gigante della musica troppo presto scomparso: il leader dei Clash, Joe Strummer.

Ma il tono appare meno epico, più cupo: non è casuale il fatto che - fra tutte le canzoni dei Nirvana - come tema musicale più ricorrente sia stato scelto quello tratto da All Apologies, dal testo assai significativo:

What else should I be? All apologies. / What else could I say? Everyone is gay. / What else could I write? I don't have the right.
[Cos'altro dovrei essere? Tutte scuse. / Cos'altro dovrei dire? Tutti sono felici. / Cos'altro dovrei scrivere? Non ne ho il diritto.]

Ed è come se il racconto - oltre all'argomento già piuttosto tragico - avesse anche subito l'influenza del plumbeo cielo dello Stato di Washington (Nord Ovest degli Stati Uniti, sul Pacifico, al confine con il Canada), sotto il quale è iniziata (ad Aberdeen) e finita (a Seattle) l'esistenza terrena di Kurt Cobain.

E sotto il quale si era consumata più di quarant'anni prima la tragedia dell'attrice Frances Farmer, diffamata, arrestata, internata in un ospedale psichiatrico e infine lobotomizzata.
In lei Cobain si era immedesimato: anche lui irrequieto, anche lui calunniato, anche lui imploso a causa di fama e ricchezza, anche lui divenuto tossicodipendente.

Aveva dato il suo nome alla sua unica figlia e le aveva dedicato una canzone - che contiene anche il suo grido di aiuto verso il mondo:

I miss the comfort in being sad.
[Mi manca il conforto di essere triste. Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle]

Sì, dopo la morte di Kurt Cobain il cielo sopra Seattle resterà sempre grigio.

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giovedì 12 maggio 2016

CANNES 2016. IL RITORNO DEI FESTIVAL?

Il manifesto del 69° Festival di Cannes. 


Chissà se Gilles Jacob e Thierry Frémaux - rispettivamente Presidente e Direttore Generale del Festival di Cannes - hanno letto il nostro post di settembre dedicato all'obsolescenza delle grandi kermesse cinematografiche (lasciatecelo pensare, s'il vous plaît).

Fatto sta che dopo qualche annata veramente a ribasso, compresa quella scorsa, i due sono corsi ai ripari offrendoci un programma che - almeno sulla carta - è da leccarsi i baffi.

Scorrendo l'elenco dei film in concorso e non, quest'anno sembra essercene per tutti i gusti.

Si parte con l'immancabile Woody Allen, che apre i 10 giorni di proiezioni con la sua nuova commedia Café Society, prima collaborazione del regista di Magic in the Moonlight col nostro Vittorio Storaro, direttore di fotografia di capolavori come Apocalypse Now, L'Ultimo Imperatore e Dick Tracy.
Nel cast la prezzemolina da Croisette Kristen Stewart e il Jesse Eisenberg di Batman v Superman: Dawn of Justice.

Sempre fuori concorso segnaliamo un tris d'assi davvero notevole.

Il Gigante Gentile è il ritorno del grande Steven Spielberg al genere fantastico e il suo secondo film consecutivo con Mark Rylance dopo l'acclamato Il Ponte delle Spie, che pochi mesi fa ha portato l'attore inglese a vincere un Oscar tanto inaspettato quanto meritato.

In Money Monster rivedremo George Clooney nella doppia veste di protagonista e produttore.
Con Julia Roberts e l'emergente Jack O'Connell al suo fianco, e Jodie Foster dietro la cinepresa, il superdivo ci presenta un thriller che sembra essere molto critico nei confronti del mezzo televisivo e del mondo della finanza.

The Nice Guys rappresenta invece l'anima scanzonata della rassegna: lo sceneggiatore battutaro per eccellenza Shane Black (Arma Letale, L'Ultimo Boy Scout) dirige la strana coppia formata da Russell Crowe e Ryan Gosling - con la Kim Basinger di Batman come terza incomoda - in una commedia thriller che probabilmente strapperà più di una risata.

Nelle sezioni cosiddette collaterali troviamo le uniche pellicole italiane presenti quest'anno in Costa Azzurra: l' anno scorso solo in concorso ce n'erano addirittura tre - Youth-La Giovinezza di Paolo Sorrentino, Mia Madre di Nanni Moretti e Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone.

Sono:
il drammatico Pericle Il Nero di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio, tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino;
il documentario L'Ultima Spiaggia di Thanos Anastopoulous e Davide Del Degan, storia di un muro che in uno stabilimento balneare triestino ancora divide gli uomini dalle donne;
La Pazza Gioia di Paolo Virzì, che narra di un'amicizia al femminile tra due pazienti psichiatriche (che sono poi la moglie del regista, Micaela Ramazzotti, e la sorella dell'ex Première Dame Carla Bruni, Valeria Bruni Tedeschi);
Fiore di Claudio Giovannesi, racconto di un amore in un carcere minorile;
Fai Bei Sogni di Marco Bellocchio, dalla celeberrima opera di Massimo Gramellini.

Per la Selezione Ufficiale in molti casi si è preferito andare sull'usato sicuro: dagli allegrissimi (sarcasmo) fratelli belgi Dardenne al canadese Xavier Dolan, dal coreano Park Chan-Wook all'idolo di casa Olivier Assayas, sono ben pochi i nomi nuovi di quest'edizione.

Tra le vecchie glorie del fronte europeo si segnalano: l'olandese errante Paul Verhoeven (quello di Robocop), che presenta un thriller psicologico probabilmente molto crudo; l'inglese impegnato Ken Loach, che affronta il tema - purtroppo attualissimo - dei nuovi poveri; il danese trucido Nicolas Winding Refn, in affanno nel dimostrare al mondo che Drive non è stato un caso fortuito.

Ben rappresentato il cinema made in USA: tra l'inglese Andrea Arnold in trasferta Oltreoceano (alla presenza della quale avevamo assistito all'anteprima di Wuthering Heights, ricordate?) e il versatile Sean Penn tornato dietro la cinepresa per dirigere Charlize Theron (reduce dai fasti di Mad Max: Fury Road), un occhio particolare lo potrebbe meritare Jeff Nichols.

Il giovane regista dell'Arkansas è uno dei più emergenti talenti della propria generazione: basti rivedere Take Shelter e Mud per farsi un'idea.
Nel drammatico Loving sarà come sempre coadiuvato dal suo attore-feticcio Michael Shannon, che i nostri lettori ricorderanno per Bug e che recentemente abbiamo rivisto - ma era proprio lui o un manichino? - nel succitato Batman v Superman.

Dulcis in fundo, la doppia partecipazione di Jim Jarmusch.
Il cineasta indipendente amico di Joe Strummer presenta in concorso Patterson, con protagonista Adam Driver (il cattivo di Star Wars-Il Risveglio della Forza che aveva vinto la Coppa Volpi a Venezia 2014), e nelle proiezioni notturne Gimme Danger, "rockdocumentario" su Iggy Pop e gli Stooges, i padrini del garage-punk.

La Giuria capitanata da quella vecchia volpe australiana di George Miller (altra scelta geniale!) ha di che lavorare quest'anno.
E se riuscisse a salvare quegli agonizzanti eventi chiamati festival del cinema?

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martedì 10 maggio 2016

CANNES 2016. I FILM IN E FUORI CONCORSO

Dall'alto: Kristen Stewart e Jesse Eisenberg in Café Society, il film di Woody Allen che aprirà il Festival; George Clooney in Money Monster di Jodie Foster; una scena da Il Gigante Gentile di Steven Spielberg. 


2011: l'anno di The Tree of Life di Terrence Malick, The Artist di Michael Hazanavicius (trionfatore agli Oscar 2012), Drive di Nicolas Winding Refn, Holy Motors di Leos Carax, Take Shelter di Jeff Nichols.

2012: è stata la volta di Moonrise Kingdom di Wes Anderson, On The Road di Walter Salles, Re della Terra Selvaggia di Benh Zeitlin, No-I Giorni dell'Arcobaleno di Pablo Larraín.

2013: La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, All Is Lost di J.C. Chandor su tutti.

2014: Whiplash di Damien Chazelle, una rivelazione.

2015: Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone, Mia Madre di Nanni Moretti, Inside Out della Pixar, Mad Max:Fury Road di George Miller, presidente nel prossimo Festival di Cannes di una Giuria che comprende anche la nostra Valeria Golino, l'americana Kirsten Dunst (vista in On The Road), il danese Mads Mikkelsen, il canadese Donald Sutherland.

Questi i film passati per la kermesse rivierasca negli ultimi anni e dei quali si è occupata CINEMA A BOMBA!

E quest'anno, a chi toccherà?

Tante le pellicole potenzialmente interessanti - ma di questo parleremo nel prossimo post.

Dall'11 al 22 Maggio tutti i riflettori saranno quindi puntati sulla Croisette, il palcoscenico più glamour del panorama cinematografico primaverile.

Il vostro blog preferito vi presenta qui di seguito tutti i film in concorso e quelli che noi consideriamo più interessanti nelle sezioni collaterali.

Et voilà!

CONCORSO
Toni Erdmann, regia di Maren Ade (Germania, Austria)
Julieta, regia di Pedro Almodóvar (Spagna)
Personal Shopper, regia di Olivier Assayas (Francia), con Kristen Stewart
American Honey, regia di Andrea Arnold (USA, Regno Unito), con Shia LaBeouf
La Fille Inconnue-The Unknown Girl, regia di Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne (Belgio)
Juste la fin du monde-It's only the end of the world, regia di Xavier Dolan (Canada, Francia), con Marion Cotillard, Léa Seydoux, Vincent Cassel
Ma Loute, regia di Bruno Dumont (Francia, Germania), con Juliette Binoche, Fabrice Luchini, Valeria Bruni Tedeschi
Paterson, regia di Jim Jarmusch (USA), con Adam Driver
Rester Vertical, regia di Alain Guiraudie (Francia)
Aquarius, regia di Kleber Mendonça Filho (Brasile), con Sonia Braga
From the Land of the Moon, regia di Nicole Garcia (Francia), con Marion Cotillard, Louis Garrel
I, Daniel Blake, regia di Ken Loach (Regno Unito, Francia)
Ma'Rosa, regia di Brillante Mendoza (Filippine)
Bacalaureat, regia di Cristian Mungiu (Romania, Francia)
Loving, regia di Jeff Nichols (USA, Regno Unito), con Joel Edgerton, Michael Shannon
The Handmaiden, regia di Park Chan-Wook (Corea del Sud)
The Last Face, regia di Sean Penn (USA), con Charlize Theron, Javier Bardem, Adèle Exarchopoulos, Jean Reno
Sieranevada, regia di Cristi Puiu (Romania, Francia, Bosnia Herzegovina, Croazia, Macedonia)
Elle, regia di Paul Verhoeven (Francia, Germania, Belgio), con Isabelle Huppert
The Neon Demon, regia di Nicolas Winding Refn (USA, Francia, Danimarca), con Elle Fanning, Keanu Reeves, Christina Hendricks, Jena Malone, Alessandro Nivola
Forushande, regia di Asghar Farhadi

FUORI CONCORSO
Il Gigante Gentile (The BFG), regia di Steven Spielberg (USA), con Mark Rylance, Bill Hader, Rebecca Hall
Café Society, regia di Woody Allen (USA), con Kristen Stewart, Jesse Eisenberg, Blake Lively, Steve Carell, Corey Stoll [FILM D'APERTURA]
Goksung-The Strangers, regia di Na Hong-jin (Corea del Sud)
Money Monster - L'altra faccia del denaro (Money Monster), regia di Jodie Foster (USA), con George Clooney, Julia Roberts, Jake O'Connell, Dominic West
The Nice Guys, regia di Shane Black (USA), con Russell Crowe, Ryan Gosling, Matt Bomer, Kim Basinger
Hands of Stone, regia di Jonathan Jakubowicz (USA, Panama), con Robert De Niro, Édgar Ramírez, Usher, Ellen Barkin, John >Turturro

UN CERTAIN REGARD
La Tortue Rouge, regia di Michael Dubok de Wit (Paesi Bassi), cartoon con la collaborazione dello Studio Ghibli
La large noche de Francisco Sanctis, regia di Francisco Marquez e Andrea Testa (Argentina)
Pericle il nero, regia di Stefano Mordini (Italia), con Riccardo Scamarcio
Captain Fantastic, regia di Matt Ross (USA), con Viggo Mortensen, Frank Langella
The Transfiguration, regia di Michael O'Shea (USA)
Hell or High Water, regia di David Mackenzie (USA), con Jeff Bridges, Chris Pine, Ben Foster

PROIEZIONI SPECIALI
Gimme Danger, regia di Jim Jarmusch (USA), con Iggy Pop e The Stooges

PROIEZIONI DI MEZZANOTTE
La mort de Louis XIV, regia di Albert Serra (Spagna)
L'ultima spiaggia, regia di Thanos Anastopoulous e Davide Del Degan (Italia)

QUINZAINE DES RÉALISATEURS
Poesía Sin Fin, regia di Alejandro Jodorowsky (Cile, Giappone, Francia)
Fiore, regia di Claudio Giovannesi (Italia, Francia), con Valerio Mastandrea
La pazza gioia, regia di Paolo Virzì (Italia, Francia), con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti
Mean Dreams, regia di Nathan Morlando (Canada), con Bill Paxton
Neruda, regia di Pablo Larraín (Argentina, Cile, Spagna, Francia), con Gael García Bernal, Alfredo Castro
Risk, regia di Laura Poitras (USA, Germania)
Tour de France, regia di Rachid Djaidani (Francia), con Gérard Depardieu
Two Lovers and a Bear, regia di Kim Nguyen (Canada)

PROIEZIONI SPECIALI
Fai bei sogni, regia di Marco Bellocchio (Italia), con Valerio Mastandrea, Bérénice Bejo
Dog Eat Dog, regia di Paul Schrader (USA), con Nicolas Cage, Willem Dafoe

SEMAINE DE LA CRITIQUE - PROIEZIONI SPECIALI
En moi, regia di Laetitia Casta (Francia)

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