CINEMA A BOMBA!

lunedì 24 settembre 2018

BOMBCAST: EP. 008 - DC EXTENDED UNIVERSE, AQUAMAN (TRAILER)

(Clicca sulla locandina per ascoltare/scaricare il file). 


Cosa succederà al DC Extended Universe - la serie cinematografica dedicata ai supereroi dei fumetti DC Comics che finora comprende L'Uomo di Acciaio, Batman v Superman: Dawn of Justice, Suicide Squad, Wonder Woman e Justice League - dopo gli addii eccellenti annunciati negli scorsi giorni?

Ne parliamo in questo nuovo episodio del BOMBCAST, il podcast di CINEMA A BOMBA!

E già che ci siamo, commentiamo anche il trailer del prossimo film del franchise, quell'Aquaman che si preannuncia ad alto tasso di zarrismo.

Ovviamente non vediamo l'ora di vederlo.

Pronti a farvi travolgere da un'ondata di tamarraggine?


Il trailer di Aquaman





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giovedì 13 settembre 2018

I CLASSICI: MOTHER!, MADRE(!) CORAGGIO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2017
121'
Regia: Darren Aronofsky
Interpreti: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson, Brian Gleeson, Kristen Wiig.


Lui (Bardem) è un famoso scrittore in crisi di ispirazione.

Lei (Lawrence) è la sua giovane moglie devota, impegnata tutto il giorno a sistemare la loro casa, bella ma isolata da tutto e da tutti.

Un giorno bussano alla loro porta uno sconosciuto (Harris) e sua moglie (Pfeiffer): la loro invadenza ben presto sconvolgerà la quiete e il tran-tran domestico della coppia.

Fino a conseguenze drammatiche.






L'annuncio delle pellicole in cartellone per la 74a Mostra del Cinema di Venezia aveva suscitato grande interesse e entusiasmo.

L'apertura era stata affidata a Downsizing di Alexander Payne, uno degli autori più apprezzati a Hollywood, ma gli occhi erano puntati soprattutto su Suburbicon di George Clooney, Human Flow di Ai Weiwei, La Forma dell'Acqua-The Shape of Water di Guillermo del Toro, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh.

E su Mother! (Madre!) di Darren Aronofsky, forse il titolo più atteso di tutti.

Se i primi tre film citati avevano ricevuto un'accoglienza tiepidina, lo stesso non si può dire dei successivi due.

Quello diretto dal regista messicano era stato subito acclamato, aveva vinto clamorosamente (e molto meritatamente) il Leone d'Oro, primo di una serie impressionante di allori culminati con la conquista di un Golden Globe e di 4 Oscar (film, regia, colonna sonora, scenografia).

Quello dell'autore irlandese, forte di un cast in stato di grazia, a Venezia aveva conquistato critica, pubblico e il riconoscimento per la sceneggiatura, aveva sbancato i premi assegnati dalla stampa estera ed era uscita dalla cerimonia degli Academy Award con le statuette per la migliore attrice protagonista e il migliore attore non protagonista (rispettivamente, gli straordinari Frances McDormand e Sam Rockwell).

E Mother! ?
L'opera numero 7 del cineasta già trionfatore a Venezia nel 2008 con The Wrestler con Mickey Rourke, già osannato per Black Swan con Natalie Portman (film di apertura della Mostra nel 2010), già presidente della giuria a Venezia 2011 (ehi, lo abbiamo visto sfilare sul red carpet!), beh, quella è stata la pellicola più discussa e divisiva dell'intera manifestazione.

Vigendo il più stretto riserbo intorno alla pellicola, gli spettatori della prima proiezione si sono trovati catapultati in una fantasmagoria vivida, ma nello stesso tempo angosciosa e claustrofobica, che in un crescendo iperbolico, crudo, violento, giunge infine ad una conclusione straniante e disturbante.

Le stroncature sono piovute già da subito abbondanti e si sono soffermate soprattutto sulla trama, definita senza senso, e sull'eccessivo intellettualismo di Aronofsky, accusato di aver fatto un film marcatamente sperimentale e troppo solipsista, troppo ermetico.

In modo non troppo convinto, c'è chi ci ha letto una rilettura personale della Bibbia, chi una metafora del processo creativo, chi una critica all'esasperazione del divismo.

Di fronte alle numerose critiche e per difendere la sua creazione, il regista ha commesso quello che per noi è stato un errore: ha spiegato cosa intendeva trasmettere, cosa voleva veicolare - per la cronaca, secondo il suo autore, l'intera vicenda è un'allegoria del rapporto tra Uomo e Madre Terra - togliendo così al pubblico il piacere di interpretare un'opera così complessa.

E in fondo così affascinante.

Non è bastata la presenza di una delle attrici più pagate, richieste e amate del mondo, il Premio Oscar Jennifer Lawrence, per risollevare le sorti (soprattutto al botteghino) di un film decisamente troppo poco convenzionale.

Tuttavia le veementi proteste - alle quali i media hanno dato molto spazio, spesso senza entrare nel merito prettamente artistico - hanno messo in ombra le non poche qualità della pellicola.

Per esempio, riguardo alla stessa Lawrence, non si può non riconoscere che, ripresa per la maggior parte del tempo da vicino, la diva di X-Men e Hunger Games ha affrontato con personalità una prova recitativa complicata e difficile - per lei, comunque, anche la lavorazione del film è stata particolarmente travagliata, dato che durante una scena si è perfino dislocata una costola - e la sua interpretazione risulta veramente intensa.

Molto efficaci anche Bardem, Harris, Domhnall Gleeson, Wiig, ma particolarmente incisiva è la "panterona" Michelle Pfeiffer, ancora affascinante e magnetica come ai tempi di Batman-Il Ritorno.

Nonostante manchi del tutto una colonna sonora - il compianto Jóhann Jóhannsson ne aveva composta una, che però poi non è stata utilizzata - eccellente è stato il lavoro degli addetti al sonoro e al montaggio sonoro, che di fatto hanno fatto "parlare" la casa - a proposito, complimenti anche agli scenografi (che la casa l'hanno fatta invece "vivere") e al direttore della fotografia Matthew Libatique.

Per quel che riguarda la regia, non si può non apprezzare l'abilità tecnica e soprattutto il tentativo coraggioso di Aronofsky di liberarsi dei cliché, di provare nuove forme narrative lontane dal mainstream, dai prodotti seriali fabbrica-soldi (in fondo tutti uguali) di Hollywood.

Di fatto, egli ha utilizzato un budget medio-alto, attori di un certo richiamo, il proprio prestigio e li ha messi a servizio di un progetto molto personale, di un film d'autore non troppo dissimile da tanti altri prodotti "da festival", ma distante anni luce da gusti e canoni americani.

Magari altri autori affermati decidessero di mettersi in gioco e di osare così: il cinema ha bisogno ormai di trovare nuovi linguaggi e nuove storie, se non vuole soccombere a serie Tv e in streaming qualitativamente sempre migliori e originali.

Peccato, Darren: questa volta ti è andata male.
Ma hai fatto bene almeno a provarci.




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lunedì 10 settembre 2018

VENEZIA 2018. NETFLIX PUO' DIRE "GRAZIE ROMA!"

Dall'alto: Alfonso Cuarón con il Leone d'Oro ricevuto per Roma; Willem Dafoe con la Coppa Volpi vinta per il ruolo di Vincent Van Gogh in At Eternity's Gate di Julian Schnabel; Olivia Colman (The Favourite) con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile; il regista greco di The Favourite Yorgos Lanthimos con il Leone d'Argento Gran Premio della Giuria. 


Guillermo del Toro non si è fatto influenzare dai mugugni che avrebbero potuto piovergli addosso nel caso avesse fatto vincere un suo amico.

E così il Leone d'Oro della settantacinquesima edizione della Mostra del Cinema è andato al film che, a detta di critica e pubblico, avrebbe maggiormente meritato di aggiudicarsi il riconoscimento più prestigioso: Roma, intensa opera semi-autobiografica in bianco e nero diretta da Alfonso Cuarón (che a Venezia aveva già portato Gravity nel 2013, che gli aveva fruttato un Oscar per la migliore regia - primo messicano nella storia dell'Academy - nel 2014).

La vittoria della pellicola ambientata a Città del Messico va tuttavia al di là delle mere statistiche e si pone ad uno snodo cruciale nella storia del cinema.

È infatti la prima volta in assoluto che ad aggiudicarsi il riconoscimento più importante di un festival cinematografico prestigioso è un film prodotto dalla piattaforma digitale Netflix e pensato per lo streaming e per una fruizione a pagamento e in abbonamento piuttosto che per una distribuzione nelle sale cinematografiche.

Il colosso dell'intrattenimento via Internet, bisogna dire, è stato molto coraggioso ad investire anche su prodotti di altissima qualità e la tenacia degli scorsi anni è stata ora ripagata.

Chissà se l'Academy (che decide i Premi Oscar) farà cadere l'ormai anacronistico bando sulle produzioni Netflix - finora rilegate in categorie "minori" - per dar modo a Roma e agli altri di poter concorrere ad armi pari con i rivali delle major hollywoodiane.

Bando che finora resiste invece per il Festival di Cannes; con effetti boomerang, vista la penuria di titoli di richiamo quest'anno e in quelli scorsi.

Un bello smacco per Frémaux & C., arroccati su posizioni ormai conservatrici e in questo caso indifendibili, visto che Netflix si è mostrata disponibile a proiettare nelle sale i suoi film in concorso al Lido - Roma, appunto, 22 July di Paul Greengrass (sulla strage di Utøya) e The Ballad of Buster Scruggs.






Quest'ultimo è un altro fiore all'occhiello della piattaforma: nato come serie in streaming, è diventato un film a episodi - tipo quelli che si facevano in Italia negli anni dai Cinquanta ai Settanta - composto da cortometraggi legati tra loro dall'ambientazione western e diretto nientemeno che dai fratelli Joel e Ethan Coen, che proprio per questo lavoro si sono aggiudicati il premio per la migliore sceneggiatura, battendo una concorrenza piuttosto agguerrita.

Accanto a Cuarón e ai fratelli Coen, altri tre ottimi registi hanno lasciato il Lido con grandi soddisfazioni.

Jennifer Kent, oggetto di vergognose offese sessiste al momento della presentazione del suo The Nightingale, si è portata a casa il Premio speciale della giuria, mentre il suo attore Baykali Ganambarr si è aggiudicato il Premio Mastroianni come migliore attore emergente.

Molti hanno letto queste aggiudicazioni come un atto dovuto nei confronti dell'unica regista donna in competizione, a scapito del reale valore della pellicola; ma noi di CINEMA A BOMBA!, che abbiamo molto apprezzato il suo precedente Babadook, le lasciamo almeno il beneficio del dubbio.

Jacques Audiard ha vinto il Leone d'Argento per la migliore regia per il suo atipico western The Sisters Brothers: un'altra bella soddisfazione per l'autore francese, che nel 2015 aveva avuto la Palma d'Oro al Festival di Cannes.

Uno che un premio se lo aggiudica sempre è Yorgos Lanthimos: dopo Alps, The Lobster e The Killing of a Sacred Deer - rispettivamente migliore sceneggiatura a Venezia 2011, Premio della Giuria a Cannes 2015 e nomina agli Oscar 2017, migliore sceneggiatura a Cannes 2017 - il greco fa centro anche con The Favourite, Leone d'Argento (Gran Premio della Giuria), e Coppa Volpi a una delle sue straordinarie protagoniste (non le dive Emma Stone e Rachel Weisz, bensì la meno nota ma non meno brava Olivia Colman).

Noi della redazione siamo entusiasti della Coppa Volpi assegnata per la migliore interpretazione maschile.






Ad aggiudicarsela è stato Willem Dafoe ( Vivere e Morire a Los Angeles, Basquiat, Spider-Man, Grand Budapest Hotel, tra gli altri), che ha convinto tutti nella parte di Vincent Van Gogh in At Eternity's Gate di Julian Schnabel.
Finalmente qualcuno ha riconosciuto il suo grande talento!

Sono rimasti a bocca asciutta anche quest'anno i film italiani - ma tra What You Gonna Do When The World's On Fire di Roberto Minervini, Capri-Revolution di Mario Martone e Suspiria di Luca Guadagnino, solo quest'ultimo ha suscitato interesse fuori dai confini patrii.

Nessun riconoscimento neppure per First Man-Il Primo Uomo di Damien Chazelle, ma solitamente i film che aprono la Mostra non vengono premiati, avendo già ricevuto questo grande onore e una notevole attenzione mediatica.

Ne sentiremo comunque parlare anche nei prossimi mesi, così come di A Star Is Born con Bradley Cooper (anche regista, all'esordio) e Lady Gaga, che però era fuori concorso.

Eh sì, perché come insegnano gli ultimi anni, la corsa verso gli Oscar ormai parte da Venezia.

Nel frattempo da Venezia è partita anche la rivoluzione (targata Netflix) che potrebbe cambiare la storia del cinema.

Gli autori e gli esercenti cinematografici sono molto preoccupati per il futuro delle sale e il trionfo di Netflix ha già suscitato un'alzata di scudi.

Vedremo cosa succederà.

E noi che pensavamo che questa fosse solo un'ottima (e tranquilla) edizione della Mostra del Cinema...




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sabato 8 settembre 2018

VENEZIA 2018. I VINCITORI

Il Leone d'Oro. 


La giuria - guidata da Guillermo del Toro ( Leone d'Oro l'anno scorso per The Shape of Water, che poi si era aggiudicato pure Golden Globe e Oscar) e comprendente anche Sylvia Chang, Trine Dyrholm (protagonista di Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli, vincitore della scorsa sezione Orizzonti), Nicole Garcia, Paolo Genovese, Małgorzata Szumowska, Taika Waititi (il regista di Thor: Ragnarok), Christoph Waltz (bi-oscarizzato per Bastardi Senza Gloria e Django Unchained), Naomi Watts (che - ricordate? - ha recitato anche in Birdman, film che aveva aperto la Mostra nel 2014 e che poi aveva trionfato agli Oscar) - ha emesso i suoi verdetti.

Il Leone d'Oro della 75a edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia è andato a...

Beh, la risposta è qui sotto.

A presto i nostri commenti sul palmarès.






Leone d'Oro al miglior film: Roma, regia di Alfonso Cuarón (Messico)

Leone d'Argento per la miglior regia: Jacques Audiard - The Sisters Brothers (Stati Uniti d'America, Francia, Romania, Spagna)

Leone d'Argento - Gran premio della giuria: The Favourite, regia di Yorgos Lanthimos (Stati Uniti d'America)

Premio speciale della giuria: The Nightingale, regia di Jennifer Kent (Australia)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Willem Dafoe - At Eternity's Gate, regia di Julian Schnabel (Stati Uniti d'America, Francia)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Olivia Colman - The Favourite, regia di Yorgos Lanthimos (Stati Uniti d'America)

Premio Osella per la migliore sceneggiatura: Joel e Ethan Coen - The Ballad of Buster Scruggs, regia di Joel ed Ethan Coen (Stati Uniti d'America)

Premio Marcello Mastroianni ad un attore o attrice emergente: Baykali Ganambarr - The Nightingale, regia di Jennifer Kent (Australia)

Leone d'oro alla carriera: David Cronenberg e Vanessa Redgrave

Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker: a Zhang Yimou




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