CINEMA A BOMBA!

giovedì 25 aprile 2024

I CLASSICI: BALLA COI LUPI, KEVIN CONQUISTA IL WEST (E HOLLYWOOD)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1990
184'
Regia: Kevin Costner
Interpreti: Kevin Costner, Mary McDonnell, Graham Green, Wes Studi, Robert Pastorelli, Maury Chaykin.


Selvaggio West, durante la Guerra di Secessione.
Dopo un tentato suicidio trasformatosi accidentalmente in un atto di eroismo, il maggiore nordista John Dunbar (Costner) viene trasferito in un avamposto remoto.

Solo e isolato dal resto dell'esercito, il soldato ha come unici compagni il cavallo Cisco e il lupo Due Calzini, almeno finché non entra in contatto con una tribù di pacifici indiani Lakota, in perenne guerra con i feroci Pawnee.

Comincia a passare sempre più tempo al loro villaggio, si affeziona ad Alzata con Pugno (McDonnell) - una donna bianca rimasta orfana da bambina e adottata dai Lakota - e pian piano viene accettato dalla comunità...


Quando Kevin Costner - ai tempi un trentacinquenne attore in ascesa - annunciò che avrebbe prodotto un western di 3 ore, affidando la regia a se stesso pur essendo un esordiente, finanziandolo in larga parte coi propri soldi e girandolo per metà nell'antica lingua lakota... molti addetti ai lavori pensarono che fosse impazzito.

Invece, colui che di lì a poco sarebbe diventato il divo più richiesto di Hollywood (solo per qualche anno: dell'ascesa e caduta di Costner parleremo un'altra volta) ci aveva visto giusto: la sua pellicola sbancò il botteghino, riportò in auge un genere cinematografico in declino e vinse ben 7 premi Oscar, compresi miglior film e miglior regia.

A posteriori un po' sopravvalutato, questo film violento e tratti prolisso merita soprattutto per i romantici paesaggi del South Dakota ripresi dal direttore di fotografia Dean Semler (un Oscar anche per lui), per gli accurati costumi dell'italiana Elsa Zamparelli e per il realismo di alcune sequenze (nelle parti a cavallo Kevin è senza controfigura).

Al tema della convivenza pacifica tra bianchi e pellerossa, divisi entrambi tra buoni (Dunbar e i Lakota) e cattivi (i soldati e i Pawnee), si unisce quello dell'equilibrio tra Uomo e Natura.

Il protagonista, uomo disilluso e privato di motivazioni, ritrova un senso alla propria esistenza dopo aver preso contatto con due mondi a lui sconosciuti: prima quello degli animali che vivono intorno all'avamposto (specie il lupo con cui stringerà un profondo legame), poi quello della tribù che diventerà la sua nuova famiglia.

Parabola ecologista e antibellicista, di grande influenza anche negli anni a venire (l'acclamato Avatar di James Cameron ne è un remake non dichiarato), Balla coi Lupi è l'opera prima di un autore talentuoso, naturalmente portato per l'epica e l'elegia, benché un po' narciso.

In questi tempi turbolenti è un film da riscoprire, e non solo per i fan di Costner o per gli appassionati di western.


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sabato 20 aprile 2024

I CORTI: SING, DUE VOCI FUORI DAL CORO


(Clicca sulla locandina per vedere il corto). 



Ungheria, 2016
25'
Regia: Kristóf Deák
Interpreti: Dorottya Hais, Dorka Gáspárfalvi, Zsófia Szamosi.


Budapest, 1991. Il coro di una scuola elementare macina riconoscimenti grazie alla guida di Miss Erika (Szamosi), insegnante tanto affascinante e carismatica quanto cinica e manipolatrice.

Il segreto del suo successo? Non far cantare gli alunni meno dotati per fare in modo che risaltino invece le voci degli studenti più intonati.

A farne le spese è la timida e sensibile Zsófi (Hais), appena arrivata nella scuola, che vede nel coro la possibilità di integrarsi e di assecondare la sua passione per la musica.

Le sue speranze sono presto deluse, ma fortunatamente troverà la sponda della prediletta dell'insegnante, Liza (Gáspárfalvi), che prenderà le sue difese.

La maestra riceverà una bella lezione dai suoi alunni.

Egocentrici come Leonard Bernstein ( Maestro), dispotici come Lydia Tár ( Tár), violenti come Terence Fletcher ( Whiplash), dissoluti come Josef Mysliveček ( Il Boemo).

Al direttore d'orchestra (o del coro), nel cinema, è quasi sempre riservata la parte del cattivo: sarà per l'autorità che emana, sarà perché deve coordinare musicisti spesso vanitosi e boriosi (si veda, a titolo di esempio, Prova d'orchestra di Federico Fellini), sarà perché rappresenta un tipo di potere di tipo assolutistico (guai a contraddirlo!).

O forse perché è divorato dall'ambizione e dal successo a tutti i costi.

E' il caso di Miss Erika, personaggio che entra di diritto nella casistica: giovane (o comunque giovanile), bella, all'apparenza affabile e rassicurante, in realtà si dimostra disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo - persino a sfruttare o sacrificare i propri alunni.

A farle da contraltare la coppia di giovani protagoniste (molto brave), che in nome dell'amicizia e della solidarietà riusciranno a scardinare un sistema ingiusto e a mettere a nudo le insicurezze e le frustrazioni degli adulti.

Tratto da una storia vera (ebbene sì!), questo cortometraggio molto ben congegnato, recitato e diretto ha vinto un Oscar nel 2017 (seconda statuetta consecutiva per l'Ungheria, dopo la vittoria di Il Figlio di Saul come miglior film straniero l'anno prima).

Riconoscimento meritato, data anche la non banale e coraggiosa riflessione politica sottesa: ricordiamo che il regista, Deák, è ungherese e fresche erano al tempo le riforme più controverse di Viktor Orbán in materia di libertà di espressione e informazione.

Alla luce di questi fatti, i bambini che vengono messi a tacere rappresentano un sinistro simbolo della condizione di chi non la pensa come l'élite dominante.

Sing dimostra che maggiore è il potere, maggiori sono gli sforzi per zittire le voci fuori dal coro.

Ma anche che ciò riavvicina gli oppressi e porta queste voci a farsi sentire.

E a farsi sentire ancora più forte.


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sabato 13 aprile 2024

GODZILLA E KONG-IL NUOVO IMPERO, CI VORREBBE UN AMICO

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USA, 2024
115'
Regia: Adam Wingard
Interpreti: Dan Stevens, Rebecca Hall, Brian Tyree Henry, Kaylee Hottle.


Tre anni dopo gli eventi del precedente film, Kong vive nella Terra Cava mentre Godzilla si è trasferito in Italia (!) e mantiene l'ordine tra gli umani e i Titani della superficie.

Un manipolo di scienziati della Monarch, ricevuti alcuni segnali preoccupanti, si avventurano nella misteriosa Terra Cava: sta arrivando una nuova minaccia e servirà l'alleanza dei due amati supermostri per salvare ancora l'umanità in pericolo...


Bentornati nel MonsterVerse, più precisamente al 5° capitolo in un decennio, dopo Godzilla (2014, dignitoso), Kong: Skull Island (2017, così così), Godzilla II: King of the Monsters (2019, bello) e soprattutto Godzilla vs. Kong, che nel 2021 aveva polverizzato ogni record di incasso in era Covid e cambiato il rapporto tra cinema e spettatori.

Come ormai sapete, in questo universo interconnesso - non dissimile da quelli Marvel/Disney o DC/Warner - l'umanità convive più o meno forzatamente coi Titani, esseri giganti che possono essere benevoli o no.
Per cui "mostri sacri" (scusate la battuta) come il celebre gorilla e il mitico lucertolone possono condividere lo schermo per la gioia dei propri rispettivi fan e, alternativamente, darsele di santa ragione o allearsi contro nemici comuni.

Chiunque abbia visto Captain America: Civil War oppure Batman v Superman sa che questi "scontri tra titani" (scusate anche questa) finiscono sempre con pacche sulle spalle e un giro di birre (figurativamente parlando).
Da Godzilla CONTRO Kong a Godzilla E Kong: anche il cambio del titolo suggerisce una svolta nel rapporto tra i due protagonisti.

In opere come questa i combattimenti tra mostri sono la parte migliore e più interessante, e Il Nuovo Impero non fa eccezione.
Per contro, le parti più noiose sono di regola quelle coi personaggi umani, ma in questo caso annotiamo una piacevole e abbondante iniezione di humour che mancava nelle pellicole precedenti.

A giovarne è soprattutto la new entry inglese Dan Stevens, nel ruolo di un veterinario animalista e sbruffoncello che è 1/3 Chris Pratt in Jurassic World + 1/3 Jim Carrey in Ace Ventura + 1/3 Ryan Gosling in uno qualunque dei propri film.

Tra mosse di wrestling (!), inutili sottotesti complottisti, un titano molto amato che ritorna e un altro apparentemente molto importante che viene introdotto, Godzilla e Kong va sorprendentemente oltre le aspettative.
Il top del top? Godzilla a Roma all'inizio e alla fine, ma perché e che cosa faccia lì... lo lasciamo scoprire a voi.


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giovedì 11 aprile 2024

I CORTI: FIORE, SE UN UOMO CON LA SPADA INCONTRA UN MAESTRO D'ARMI...


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Italia, 2022
11'
Regia: Alberto Mattea
Interpreti: Alberto Mattea, Alberto Morella, Matteo Chiappa, Ludovico Della Valle, Sara Vidus, Alessandro Tosoni.


Fine del XIV secolo. Due uomini si sfidano a duello. Dopo un breve combattimento uno dei due trafigge l'altro e si allontana.

Questo stesso uomo, in un secondo tempo, in una taverna ha una collutazione con un gruppo di bravacci, ma riesce ad avere la meglio grazie alla propria abilità con la spada.

Quest'uomo altri non è che Fiore dei Liberi, che da anziano ricorda tali avvenimenti mentre sta dettando agli allievi un trattato sulla scherma e la lotta.

Sì, ma chi era costui?

Originario del Friuli, vissuto a cavallo tra XIV e XV secolo, Fiore dei Liberi fu un eccellente maestro d'armi (soprattutto di spada) - talmente esperto da aver scritto un trattato (il Flos Duellatorum) letto e studiato ancora oggi.

Il testo e la figura di Fiore non sono del tutto sconosciuti, quindi, soprattutto a chi si occupa di rievocazioni storiche e questo cortometraggio, che al momento in cui stiamo scrivendo sta avendo un lusinghiero riscontro di pubblico, ci aiuta a scoprirli.

Scovata per caso, questa produzione low budget per noi ha il merito di presentare un interessante personaggio in pochi minuti, utilizzando scenografie efficaci, buoni costumi e una discreta fotografia.

Particolarmente apprezzabile è l'attenzione ai dettagli: i movimenti di scherma sono piuttosto fedeli a quelli presentati nel Flos Duellatorum e la ricostruzione del contesto storico è più curata di quanto ci si potrebbe aspettare da un cortometraggio che non può contare su grossi nomi e grossi finanziamenti.

Fiore ci fa venire in mente altri corti che abbiamo recensito, come Mordraud , The Last Ronin , Mr. Indifferent , Two distant strangers , C'è un mostro nella mia cucina , Io sì, Tu no , Ataque de panico .

Tutti diversi per ambientazioni e tematiche, ma legati da una considerazione: buone idee, impegno e passione, anche se non supportati da grandi risorse economiche, sono comunque ottime armi per dimostrare il proprio valore.

Quindi in guardia, sceneggiatori e registi pigri e ripetitivi!

I cortometraggi non sono certo opere da sottovalutare e snobbare.


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martedì 2 aprile 2024

I DOC: TREASURES FROM THE WRECK OF THE UNBELIEVABLE, QUEL BURLONE DI DAMIEN HIRST

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Regno Unito, 2017
80'
Regia: Sam Hobkinson
Con: Damien Hirst


Tra il I e il II secolo d.C. l'ex servo affrancato dalla schiavitù Audius Calidius Amotan, conosciuto anche come Cif Amotan II, ricchissimo collezionista, decise di imbarcare su una grossa nave, l'Apistos (che vuol dire "incredibile", "unbelievable"), i suoi tesori per trasferirli in un lontano tempio in Oriente dedicato al dio Sole.

Ma l'imbarcazione affondò per una qualche ragione, trascinando negli abissi marini il suo prezioso carico.

Nei secoli si favoleggiò su questo tesoro sommerso; tuttavia, mancando informazioni certe circa il luogo del naufragio e soprattutto sulla vicenda, non molti si cimentarono nella ricerca.

Due millenni dopo una spedizione finanziata dal celebre artista inglese - e, ricordiamo, amico fraterno di Joe Strummer - Damien Hirst riuscì dove nessuno era riuscito prima e a poco a poco vennero individuati nell'Oceano Indiano, al largo dell'Africa, e riportati alla luce i preziosi manufatti affondati, di epoche e civiltà diverse, comprese statue di varie dimensioni (una veramente imponente).

I reperti ritrovati sono stati poi messi in mostra a Venezia nel 2017 presso i prestigiosi spazi espositivi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, sotto l'egida del multimiliardario François-Henri Pinault (presidente e amministratore del gruppo Kering, che opera nel settore del lusso e che comprende marchi quali Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta, Boucheron, Brioni, Pomellato), e poi messi all'asta.


Questo documentario, mostrato in occasione dell'esposizione di Venezia, narra della fortunata spedizione che ha recuperato il sorprendente carico dell'Apistos: un'avventura che ha il sapore del romanzo, evocativa come solo le ricerche di tesori sottomarini riescono ad essere.

I manufatti, poi, sono davvero suggestivi: i monili in oro, gli oggetti raffinati, le statue ben modellate..., sebbene ricoperti in parte da incrostazioni, da coralli, non perdono il loro fascino, anzi ne guadagnano.

Gli spettatori, aggirandosi nelle sale di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, hanno potuto così imbattersi in una statua colossale raffigurante un demone senza testa, in un disco dorato con una faccia in rilievo, in sculture di animali, di donne bellissime e misteriose, in rappresentazioni di miti, mentre qua e là si notavano un guerriero trionfante sulle spalle di un orso ritto sulle zampe, una figura che assomiglia molto a Hirst che tiene per mano un Mickey Mouse/Topolino, un Goofy/Pippo completamente incrostato, Baloo e Mowgli in versione Disney tra spugne e coralli.

Eh già: si tratta tutto di una finzione (forse lo si poteva già capire dal riferimento a Pazuzu, il demone di L'Esorcista), di una installazione di un artista che ha fatto della provocazione e dello sberleffo la propria cifra stilistica.

Chi ha visto Animali Notturni avrà probabilmente notato il suo dissacrante San Sebastiano, un bue trafitto da dardi immerso in una vasca piena di formaldeide - gli animali imbalsamati e in formaldeide, come un celebre squalo, sono tra le sue opere più note, come il teschio e il pene d'oro tempestati di diamanti.

Stupire lo spettatore: ecco qual è l'obiettivo di Hirst, che crede non tanto nell'abilità manuale, quanto piuttosto nella promozione dell'artista in sé, chiamato ad essere una vera e propria popstar - sulla scia di quanto hanno fatto i colleghi Julian Schnabel e, in modo più radicale ed estremo, Marina Abramović.

Alla mostra Treasures From The Wreck Of The Unbelievable, comunque, ci ha lavorato una decina di anni e questo falso documentario (o mockumentary) sta a dimostrare l'ambizione e la cura con le quali è stato preparato il progetto.

Un progetto dove vero, falso, verosimile si mischiano, si confondono, in un gioco verticoso di rimandi, interpretazioni, burle nei confronti del mondo dell'arte e del modo di intenderla (si vedano le scritte "made in China" sul retro di alcune sue sculture), che a noi ricorda il divertito e divertente Exit Through The Gift Shop di Banksy.

Damien Hirst ci ha raccontato delle storie, certo, ma anche una storia di scoperte, avventure, miti, narrata in modo verosimile e convincente.

Lasciando però ben nascosta la sua firma che, chissà, forse è anche un'irriverente confessione: l'anagramma di "Cif Amotan II" (il liberto che, partendo da umili origini, è riuscito a diventare ricchissimo, proprio come Hirst) altro non è che "I am a fiction".


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