CINEMA A BOMBA!

domenica 27 maggio 2018

DEADPOOL 2, ARLECCHINO MUTANTE (E SGUAIATO)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2018
119'
Regia: David Leitch
Interpreti: Ryan Reynolds, Josh Brolin, Julian Dennison, Morena Baccarin, Zazie Beetz, T.J. Miller, Matt Damon, Brad Pitt, Eddie Marsan, Terry Crews, Bill Skarsgård, Rob Delaney


Deadpool (Reynolds), in seguito ad un dramma, decide di farla finita: si fa esplodere nel suo appartamento, ma non riesce a morire.

Viene raccolto dall'uomo d'acciaio Colosso e portato nella sede degli X-Men, nella speranza che possa entrare nel gruppo.

Chiamato a fronteggiare la sua prima esperienza - un orfano mutante adolescente (Dennison) ha il potere di bruciare tutto ciò che vuole e decide di utilizzarlo contro il direttore e il personale della struttura che lo ospita - egli però finirà per farsi arrestare insieme al ragazzo.

Nella galera che li tiene imprigionati fa però irruzione Cable (Brolin), un killer venuto dal futuro intenzionato a uccidere il giovane.






Volgare, violento, irriverente, politicamente scorretto (ma senza esagerare: minoranze e omosessuali sono risparmiati in modo un po' ruffiano): è tornato Deadpool, il personaggio creato dai fumettisti Fabian Nicieza e Rob Liefeld!

Questa volta l'improbabile supereroe si accompagna con X-Force, una scalcagnata banda di mutanti dai poteri non così straordinari: la sexy Domino (Beetz), che ha la caratteristica di essere super fortunata; Bedlam (Crews), capace di intervenire sui campi magnetici; Shatterstar, che pensa di essere migliore di tutti (mah...); Zeitgeist (Skarsgård, il protagonista dell'ultimo It), che vomita un liquido corrosivo; Svanitore (buffo cammeo di Brad Pitt), una sorta di uomo invisibile; Peter, un normale uomo di mezza età.

Non vi diremo come andrà a finire; ma anticipiamo soltanto che gli X-Men, ai quali X-Force fa riferimento, sono decisamente un'altra cosa.

Aumentano quindi i comprimari, ma non cambia la sostanza di questo film scacciapensieri, senza alcuna ambizione autoriale (vedi Logan, che recensiremo a breve) o epica ( Avengers:Infinity War non è distante solo per il budget).

Sostanza, in realtà, ce n'è ben poca: il prodotto è pensato con il solo scopo di intrattenere il pubblico.

E ci riesce, nonostante le trappole che un seguito generalmente porta con sé: ripetere il successo di un precedente non è mai troppo facile, soprattutto perché viene a mancare l'effetto novità.

Evitati gli eccessi, per esempio, di Scemo & + Scemo 2 - che nell'esagerare situazioni e battute ha finito per risultare grottesco e patetico -, Deadpool 2 ha risolto il problema nella continuità con il capostipite (soluzione già adottata con successo per Guardiani della Galassia Vol. 2).

Certo, la natura del personaggio aiuta, strabordante com'è anche al di fuori dello schermo - è molto presente, oltre che (ovviamente) nei fumetti, anche in meme, video demenziali (il cortometraggio No Good Dead, ma non solo), social network...

Bisogna pure ammettere che, nel pur affollato universo Marvel, questo Arlecchino mutante - meno colorato, ma non meno irridente e beffardo - è riuscito a ritagliarsi un proprio spazio con esuberanza e con numeri da grand guignol e un po' grossolani e sguaiati (il modo in cui viene affrontato il super cattivo Juggernaut/Fenomeno è più degno di Porky's che di un film Marvel).

D'altra parte il divieto imposto negli USA ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti (ma in Italia non è stato vietato) la dice lunga sul fatto che questa pellicola non è propriamente adatta alle famiglie.

Ciononostante, gli incassi negli States e nel resto del mondo sono finora abbastanza buoni, sebbene gli introiti iniziali siano risultati un po' minori di quanto ci si aspettava.

Anche perché il film fa ridere e diverte - certi momenti di ironia e autoironia sono spassosi (si veda per esempio una delle scene post-credit con protagonista Ryan Reynolds nella parte di se stesso) - e conta su avvincenti scene d'azione volutamente inverosimili e iperboliche che esaltano la buffoneria istrionica del protagonista.

L'introduzione poi del personaggio di Cable - incisivo, Josh Brolin! - è azzeccata e potrebbe portare a sviluppi interessanti, in prospettiva.

Insomma, non aspettatevi da Deadpool 2 un capolavoro o un film indimenticabile.
E se avete gusti raffinati in fatto di cinema... ehm... beh...

Ma Deadpool è fatto così.
Come si fa a non amarlo?




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domenica 20 maggio 2018

CANNES 2018. I VINCITORI

Dall'alto: il regista giapponese Hirozaku Kore'eda con la Palma d'Oro vinta per Shoplifters; Spike Lee con il Grand Prix Speciale della Giuria; Roberto Benigni premia Marcello Fonte come migliore attore; Alice Rohrwacher con il riconoscimento per la migliore sceneggiatura.  


In un'edizione che probabilmente non passerà alla storia (vedi il nostro post precedente), la giuria capitanata da Cate Blanchett - e comprendente i registi Ava DuVernay, Denis Villeneuve, Robert Guédiguian, Andreï Zviaguintsev, la cantante Khadja Nin e gli attori Kristen Stewart, Léa Seydoux, Chang Chen - è comunque riuscita a salvare capra e cavoli con verdetti che non hanno scontentato nessuno.

Premesso che in una rassegna cinematografica - piccola o grande che sia - è difficile trovare tutte opere brutte, bisogna dire che quest'anno da Cannes ci si aspettava di più: non che il programma fosse tutto da buttare; però stentiamo a segnalare lavori che possano suscitare vasto interesse al di fuori della Croisette.

L'Italia può tuttavia ritenersi soddisfatta.

Sebbene la Palma d'Oro sia andata ad un delicato film giapponese sulle disuguaglianze sociali - Shoplifters di Hirozaku Kore'eda - parla infatti molto italiano il palmarès del settantunesimo Festival di Cannes.

Il premio per la migliore interpretazione maschile è andato infatti al protagonista di Dogman di Matteo Garrone, Marcello Fonte - già visto in serie Tv (Don Matteo, La mafia uccide solo d'estate) e lungometraggi (in una piccola parte è comparso pure in Gangs of New York di Martin Scorsese!) -, che ha ricevuto il trofeo dalle mani di Roberto Benigni.

Alice Rohrwacher, invece, si è aggiudicata il riconoscimento per la sceneggiatura per Lazzaro felice, assieme a Nader Saeivar e Jafar Panahi (quest'ultimo, anche regista di Trois Visages).

Bella soddisfazione per i nostri due connazionali, che tra l'altro avevano lavorato insieme in Corpo Celeste, esordio dietro alla macchina da presa della cineasta toscana.

Tra le pellicole in competizione, quelle delle quali sentiremo probabilmente ancora parlare in un futuro prossimo sono BlacKkKlansman di Spike Lee e Cold War di Paweł Pawlikowski.

Forse un po' scaltramente, sono state premiate entrambe: la prima ha avuto il Grand Prix Speciale della Giuria e potrebbe rilanciare la carriera di uno degli autori più politicamente schierati degli USA; la seconda, con il premio per la regia, conferma il talento del cineasta polacco dopo l' Oscar a Ida nel 2015.

Dopo tanti proclami sulla parità dei sessi e vista la massiccia presenza muliebre in giuria, ci si aspettava più riconoscimenti per le donne: a parte la gratificazione nell'apposita sezione per l'attrice kazaka Samal Yeslyamova, le vittorie della Rohrwacher e della libanese Nadine Labaki sanno tanto di premio "di consolazione".

Come sa di "contentino" ai Francesi la Palma d'Oro Speciale assegnata all'eterno sperimentatore Jean-Luc Godard.

Qui di seguito vi facciamo conoscere i vincitori.

Speriamo che la prossima edizione del Festival possa suscitare maggiore entusiasmo.






Palma d'Oro: Shoplifters (Manbiki kazoku), regia di Hirokazu Kore'eda (Giappone)

Grand Prix Speciale della Giuria (premio per l'opera più originale o innovativa): BlacKkKlansman, regia di Spike Lee (Stati Uniti d'America)

Prix de la mise en scène (premio per la migliore regia): Paweł Pawlikowski per Cold War (Zimna wojna)

Prix du scénario (premio per la migliore sceneggiatura): Alice Rohrwacher per Lazzaro felice, regia di Alice Rohrwacher (Italia), ex-aequo con Nader Saeivar e Jafar Panahi per Trois Visages, regia di Jafar Panahi (Iran)

Prix d'interprétation féminine (premio per la migliore attrice): Samal Yeslyamova per My little one (Ayka), regia di Sergei Dvortsevoy (Kazakistan)

Prix d'interprétation masculine (premio per il miglior attore): Marcello Fonte per Dogman, regia di Matteo Garrone (Italia, Francia)

Premio della giuria (premio assegnato dalla Giuria): Capharnaüm, regia di Nadine Labaki (Libano)

Palma d'Oro Speciale: Le livre d'image, regia di Jean-Luc Godard (Svizzera)





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mercoledì 16 maggio 2018

I CORTI: NO GOOD DEAD, DEADPOOL NON È SUPERMAN

(Clicca sulla foto per vedere il corto). 

USA, 2017
4'
Regia: David Leitch
Interpreti: Ryan Reynolds, Stan Lee.


Wade (Reynolds) sta passeggiando "in borghese" quando vede in un vicolo un balordo che sta rapinando un vecchietto.

Infastidito dalla palese ingiustizia, si chiude in una cabina telefonica per indossare il costume di Deadpool.

Purtroppo impiega troppo tempo a cambiarsi e, una volta uscito dalla cabina e pronto a intervenire, ha un'amara sorpresa...






Un detto popolare nel mondo anglosassone recita: "Nessuna buona azione rimane impunita".
Ciò spiega il titolo di questo divertente cortometraggio dedicato al supereroe più politicamente scorretto dell'universo Marvel, creato dallo scrittore Fabian Nicieza e dal disegnatore Rob Liefeld oltre 25 anni fa.

Proiettato nei cinema di seguito a Logan (nona e ultima apparizione di Hugh Jackman come Wolverine; a proposito: presto la recensione), anch'esso di produzione Fox come tutte le pellicole dedicate agli X-Men, No Good Deed è in pratica un'irriverente parodia di Superman - il film del 1978 con Christopher Reeve -, tant'è che ricicla pure il celebre tema musicale del plurioscarizzato John Williams.

Funge chiaramente da "ponte" promozionale tra il primo capitolo dedicato al loquace mercenario e l'atteso Deadpool 2.
I più attenti possono scorgere il nome di Cable - che nel seguito prossimo venturo è interpretato da Josh Brolin, alias Thanos di Avengers: Infinity War - sulla cabina del telefono.

E poteva mancare Stan Lee?
Ovviamente no: il plurinovantenne patriarca della Marvel si concede il consueto, spassoso cameo (nei panni di se stesso).

Ultima annotazione: il vecchio che viene rapinato nel vicolo non vi ricorda qualcuno? Se conoscete bene la storia dei vari personaggi della Casa delle Idee, potrebbe venirvi facilmente un sospetto...
E se fosse zio Ben di Spider-Man???

Solo Deadpool lo sa.
O forse neanche lui.




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mercoledì 9 maggio 2018

AVENGERS: INFINITY WAR, INFINITA MARVEL

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2018
149'
Regia: Anthony Russo, Joe Russo
Interpreti: Robert Downey Jr., Chris Evans, Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Scarlett Johansson, Tom Holland, Josh Brolin, Benedict Cumberbatch, Chadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Chris Pratt, Zoe Saldana, Tom Hiddleston, Don Cheadle, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Idris Elba, Dave Bautista, Vin Diesel, Bradley Cooper, Benicio del Toro, Gwyneth Paltrow, William Hurt, Samuel L. Jackson, Stan Lee.


Accecato dalla brama delle Gemme dell'Infinito, il folle genocida interplanetario Thanos (Brolin) attacca la Terra.
Iron-Man (Downey Jr.) si allea col Dottor Strange (Cumberbatch) e con l'aiuto di Hulk (Ruffalo) e del giovane Spider-Man (Holland) cerca di fermarlo.

Nel frattempo, Thor (Hemsworth) viene salvato nello spazio dai Guardiani della Galassia, mentre Capitan America (Evans) e la sua squadra si recano a Wakanda da Black Panther (Boseman).

La lotta per salvare l'umanità sarà all'ultimo sangue...






A 10 anni dalla nascita del Marvel Cinematic Universe con il primo film dedicato a Iron-Man (era il 2008: eh, sì, sono già passati 10 anni...) e dopo 18 (!) pellicole, si tirano i fili del discorso: trame, sottotrame, personaggi più o meno secondari..., tutto converge e trova un filo comune, una spiegazione, uno sviluppo in Avengers: Infinity War.

Se Civil War - 3° capitolo "solista" di Capitan America - era in sostanza Avengers 2 e 1/2, si potrebbe dire che questo nuovo film è praticamente Civil War 2.0, ma all'ennesima potenza.

Ci sono tutti, tranne Ant-Man e Occhio di Falco; in più ricompaiono Thor e Hulk (reduci da Thor: Ragnarok), Doctor Strange, Spider-Man, Black Panther e i Guardiani della Galassia, oltre a numerosissimi altri personaggi - persino Nick Fury (Samuel L. Jackson), assente già da un po'.
Non poteva mancare neppure Stan Lee, qui nei panni dell'autista di scuolabus.

La Marvel ha fatto le cose in grande, più del solito, con uno sforzo produttivo colossale.

Il rischio era di mettere troppa carne al fuoco, di non riuscire ad amalgamare in modo soddisfacente una miriade di personaggi anche molto diversi tra di loro.
E soprattutto, nonostante la fidelizzazione del pubblico, di non riuscire a fare incassi sufficienti a coprire i tanti costi.

Missione compita?
La risposta è un grosso, convinto, unanime... sì!






L'ambiziosissimo Avengers: Infinity War è un trionfo di critica e di pubblico (e quindi anche di incassi), il tentativo - riuscitissimo - di creare il più epico, appassionante film Marvel di sempre, la summa e il culmine di tutti i capitoli precedenti.

Fa ridere a crepapelle, commuove, emoziona, ma si fa apprezzare anche per gli effetti speciali mirabolanti, i dettagli geniali, le molte sorprese e i colpi di scena che portano a un finale sconvolgente che fa e farà discutere a lungo.
Si tratta senza ombra di dubbio del film supereroistico dell'anno.

Merito anche di un cast in stato di grazia.
Se Evans (con un inedita barba da montanaro) e Holland (3a volta in 3 anni come Spider-Man; qui sfoggia un nuovo costume) non godono di troppo spazio, Downey Jr., Hemsworth, Cumberbatch e Pratt danno il meglio di sé e paiono divertirsi un mondo.
Tra i comprimari, da segnalare almeno il picaresco Rocket (voce di Bradley Cooper nell'edizione originale) e il serioso Drax di Bautista.

È vero, ci sono anche dei punti deboli - Thanos è un nemico temibile e gli si è dato uno spessore tragico, ma forse non è il più incisivo villain della serie (per esempio il Vulture di Michael Keaton in Spider-Man:Homecoming risultava più efficace) - ma il lavoro dei fratelli Russo e di tutti i loro collaboratori è un sofisticato meccanismo che ha scorrevolezza e ritmo bastanti per tenere sempre desta l'attenzione degli spettatori, anche grazie all'incastro perfetto degli intermezzi comici, che trovano il giusto spazio pur nel tono generale epico/tragico.

Infinity War è un incrocio tra Marvel, Star Wars e Il Signore degli Anelli: in pratica L'Impero Colpisce Ancora della saga degli Avengers.

Sarà dura per la DC e la sua Justice League riuscire a stare al passo e riuscire a ricreare ondate di entusiasmo simili a quelle provocate dai rivali - per i film Marvel generalmente nelle sale cinematografiche il pubblico non fiata e non si alza durante tutta la proiezione (titoli di coda compresi), ma molto spesso alla fine esplode in una standing ovation.

Siamo sicuri che tali scene si siano ripetute anche questa volta, e in misura maggiore del solito.

Chissà cosa succederà quando uscirà la seconda parte di Infinity War (e verrà introdotta la potente eroina Capitan Marvel, interpretata da Brie Larson, migliore attrice agli Oscar 2016)...

Già i fan sono impazienti di sapere come finirà.
E manca ancora un anno...




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martedì 8 maggio 2018

CANNES 2018. CROISETTE, ANGOLO VIALE DEL TRAMONTO

La locandina del 71° Festival di Cannes. 


Inseguito dai creditori, un giovane soggettista si rifugia in una villa sul Sunset Boulevard a Los Angeles.

In questa sorta di casa-museo già sfarzosa e ora decadente, abita Norma Desmond, ex celebre diva del cinema muto che vive dei ricordi dei bei tempi che furono - ravvivati dal fedele maggiordomo, che segretamente e giornalmente le scrive lettere di ammirazione facendole passare per posta di fan adoranti.

La matura signora frequenta solamente una ristretta cerchia di ex colleghi, altezzosamente disprezza i film moderni e vagheggia un ritorno in grande stile sulle scene.
Ma i tempi sono cambiati.

Più che il bacio di Jean-Paul Belmondo e Anna Karina tratto da Il Bandito delle 11 (Pierrot Le Fou) di Jean-Luc Godard che campeggia nella bellissima locandina della settantunesima edizione (qui il programma), è la protagonista del capolavoro di Billy Wilder Viale del Tramonto (1950) che ci viene in mente quando ormai pensiamo al Festival di Cannes.






Il caso Netflix ne è l'esempio lampante.
La piattaforma di streaming - la quale, sebbene controversa, è pur sempre una delle realtà produttive televisive e cinematografiche più importanti degli ultimi anni - è stata esclusa dalla competizione dopo le polemiche dell' anno scorso seguite al rifiuto di passare anche al cinema i contenuti presentati al Festival (in base ad una norma creata ad hoc e imposta a pochi giorni dall'inizio della rassegna).

Le motivazioni dell'esclusione sanno tanto di dispetto e di snobismo nei confronti del cinema "basso", popolare.

E non basta l'aver messo in cartellone l'atteso Solo: A Star Wars Story, secondo film delle storie antologiche di Guerre Stellari dopo Rogue One: l'impressione resta e, anzi, ciò sembra una pezza per nascondere un programma pensato soprattutto per cinefili radical chic, a scapito dello "spettatore medio".

Se poi persino sul red carpet della Croisette è severamente vietato farsi selfie...
Ma dai!

Stia attenta Cannes: isolarsi in una torre eburnea e non accorgersi del mondo che sta cambiando velocemente sotto di sé potrebbe costarle caro.

E la Mostra di Venezia, già da qualche anno, la sta surclassando in prestigio ed interesse - basti pensare che al Lido recentemente sono passati gli apprezzatissimi e premiatissimi La La Land, Animali Notturni, La Battaglia di Hacksaw Ridge, The Shape of Water, Tre Manifesti a Ebbing Missouri, The Devil and Father Amorth...

Il delegato generale del Festival Thierry Frémaux ha provato in verità qualche colpo ad effetto, ma a parte il già citato capitolo di Star Wars, niente da attesa spasmodica.






Certo, c'è curiosità di vedere The Man Who Killed Don Quixote, film maledetto tratto dal capolavoro di Miguel de Cervantes dalle interminabili traversie produttive e sul quale Terry Gilliam sta lavorando da decenni.
Ma una controversia giudiziaria potrebbe far saltare la proiezione, prevista per l'ultimo giorno - che figuraccia sarebbe per la kermesse!

Fa effetto pure la presenza di Lars von Trier, che presenterà il suo nuovo The House That Jack Built con Matt Dillon (nella parte di un assassino seriale) e Uma Thurman: dopo le deliranti dichiarazioni filo-naziste del 2011 Frémaux & C. avevano bandito il cineasta danese.
Ora è di nuovo in Riviera: perdono, opera imprescindibile? Oppure opportunismo (nel cast ci sono pur sempre due divi di richiamo), tentativo di creare scandalo e discussioni?

Interessanti i documentari, su Whitney Houston, Papa Francesco (firmato Wim Wenders!), Jane Fonda, Orson Welles, Ingmar Bergman (ben due, uno della brava Margarethe von Trotta), Alice Guy-Blanché (la molto talentuosa prima regista della storia del cinema).

Sulla Croisette ci sarà anche uno degli attori del momento, Michael B. Jordan, che dopo l'exploit nel fortunato Black Panther (faceva il cattivo) presenterà Fahrenheit 451, versione per la Tv del celebre romanzo di Ray Bradbury (già portato sul grande schermo nel 1966 da François Truffaut).

Ma queste opere, che sono quelle che saltano di più all'occhio, non sono in concorso.

Chi troviamo, allora, in competizione?






Innanzitutto Todos lo saben, thiller diretto da Asghar Farhadi (regista iraniano che ha vinto già due Oscar, nel 2012 e nel 2017) che può contare su due attori ad alto tasso di glamour - la coppia (anche nella vita reale) Penélope Cruz e Javier Bardem - e su Ricardo Darín (bravissimo interprete di Il Segreto dei Suoi Occhi, ricordate?).
Aprirà la kermesse, e sulla carta è un'ottima scelta.

BlacKkKlansman di Spike Lee è la storia (tratta da una vicenda reale) di un poliziotto afroamericano che si è infiltrato nel Ku Klux Klan (mandando alle riunioni un collega bianco).
La trama è potenzialmente esplosiva e il regista è sempre fonte di polemiche: speriamo che questo lungometraggio sia al livello dei suoi migliori lavori.

Altre polemiche potrebbero venire dalla presenza dell'iraniano Jafar Panahi e del russo Kirill Serebrennikov, etichettati come dissidenti in patria ed entrambi agli arresti.
Eventuali riconoscimenti avrebbero una forte valenza politica - ma il secondo presenta un film molto rock ambientato nella Leningrado dei primi anni Ottanta che potrebbe suscitare comunque curiosità.

Le rassegne cinematografiche di livello internazionale tendono spesso a mettere un po' in disparte le registe, ma quest'anno Cannes ne prevede tre in concorso: la francese Eva Husson, la libanese Nadine Labaki e l'italiana Alice Rohrwacher.

Quest'ultima, già Grand Prix Speciale della Giuria nel 2014 con Le Meraviglie, guida la delegazione nostrana, che comprende anche Matteo Garrone che, dopo lo sgradevole Il Racconto dei Racconti ( 2015), torna con un'opera ispirata ad un efferatissimo fatto di cronaca nera (quello del cosiddetto "canaro della Magliana") che ha atmosfere livide che ricordano quelle del suo film forse più riuscito, L'Imbalsamatore.
Nelle altre sezioni si trovano Valeria Golino, Marco Bellocchio (con un corto) e i meno noti Stefano Savona e Gianni Zanasi (con due lavori decisamente accattivanti).

I più cinefili esulteranno per la presenza di Nuri Bilge Ceylan, Jia Zhangke, Pawel Pawlikowski, pluripremiati ma pressoché sconosciuti ai non addetti ai lavori.

I Francesi saranno soddisfatti per l'ennesima selezione autoreferenziale: solo a Cannes le pellicole d'Oltralpe trovano molto spazio e generalmente solo a Cannes esse vengono premiate - è la regola non scritta: al Festival almeno un riconoscimento deve andare ad un film francese.
Senza contare le co-produzioni, esse sono quattro, alle quali bisogna aggiungere quella di Jean-Luc Godard (ancora lui?! Ebbasta!), che però è iscritta come svizzera.

Tutto qui?
Purtroppo sì: c'è ben poco di esaltante nell'edizione di quest'anno.

Solo gli intellettuali francesi e qualche critico che se la tira possono far finta di niente e non vedere che il Festival di Cannes si sta auto-condannando all'irrilevanza: ormai ha imboccato il viale del tramonto.

Qualcuno dica ai conducenti che stanno sbagliando strada!




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lunedì 7 maggio 2018

CANNES 2018. I FILM IN E FUORI CONCORSO

Dall'alto: Emilia Clarke e Alden Ehrenreich (Han Solo) in Solo: A Star Wars Story; Javier Bardem (primo a sinistra), Ricardo Darín (secondo da destra), Penélope Cruz nel film d'apertura Todos lo saben di Asghar Farhadi; una scena di Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher; Adam Driver e Jonathan Pryce in The Man Who Killed Don Quixote, il film "maledetto" di Terry Gilliam.  


Come ogni anno, eccoci arrivati allo Speciale sul Festival di Cannes, che tante soddisfazioni (e visualizzazioni) ci porta.

Nell'attesa di un nostro commento più approfondito, scoprite trailer, trame, curiosità, notizie sui film che a noi della redazione di CINEMA A BOMBA! sembrano più interessanti.

Pronti ad immergervi nell'atmosfera della kermesse cinematografica più glamour del mondo?






CONCORSO

Todos lo saben, regia di Asghar Farhadi (Spagna, Francia, Italia), con Penélope Cruz, Javier Bardem, Ricardo Darín - film d'apertura
En guerre, regia di Stéphane Brizé (Francia), con Vincent Lindon
Dogman, regia di Matteo Garrone (Italia, Francia)
Le livre d'image, regia di Jean-Luc Godard (Svizzera)
Netemo sametemo, regia di Ryusuke Hamaguchi (Giappone)
Plaire, aimer et courir vite, regia di Christophe Honoré (Francia)
Shoplifters (Manbiki kazoku), regia di Hirokazu Kore'eda (Giappone)
Les filles du soleil, regia di Eva Husson (Francia)
Ash is the purest white (Jiānghú érnǚ), regia di Jia Zhangke (Cina)
Capharnaüm, regia di Nadine Labaki (Libano)
Burning, regia di Lee Chang-dong (Corea del Sud)
BlacKkKlansman, regia di Spike Lee (Stati Uniti d'America), con Adam Driver, Topher Grace, Harry Belafonte
Lazzaro felice, regia di Alice Rohrwacher (Italia), con Alba Rohrwacher, Sergi López, Nicoletta Braschi, Natalino Balasso
Trois Visages, regia di Jafar Panahi (Iran)
Under the Silver Lake, regia di David Robert Mitchell (Stati Uniti d'America), con Andrew Garfield, Riley Keohgh, Topher Grace,
Zimna wojna, regia di Pawel Pawlikowski (Polonia)
Leto, regia di Kirill Serebrennikov (Russia)
Yomeddine, regia di Abu Bakr Shawky (Egitto)
Un couteau dans le cœur, regia di Yann Gonzalez (Francia), con Vanessa Paradis
My little one (Ayka), regia di Sergei Dvortsevoy (Kazakistan)
The Wild Pear Tree (Ahlat Agaci), regia di Nuri Bilge Ceylan (Turchia)

Un Certain Regard

Gräns, regia di Ali Abbasi (Svezia)
Sofia, regia di Meyem Benm'Barek (Francia)
Les chatouilles, regia di Andréa Bescond e Eric Métayer (Francia)
Di qiu zui hou de ye wan, regia di Bi Gan (Cina)
Manto, regia di Nandita Das (India)
Des bails de rêve, regia di Antoine Desrosières (Francia)
Girl, regia di Lukas Dhont (Belgio)
Gueule d'ange, regia di Vanessa Filho (Francia)
Euforia, regia di Valeria Golino (Italia), con Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Isabella Ferrari, Valentina Cervi, Jasmine Trinca
Friend, regia di Wanuri Kahiu (Kenya)
Mon tissu préféré, regia di Gaya Jiji (Francia, Germania, Turchia)
Die Stropers, regia di Etienne Kallos (Sud Africa, Francia)
In My Room, regia di Ulrich Köhler (Germania, Italia)
El Ángel, regia di Luis Ortega (Argentina, Spagna)
The Gentle Indifference of the World, regia di Adilkhan Yerzhanov (Kazakistan, Francia)
Muere, Monstruo, Muere, regia di Alejandro Fadel (Argentina)
Chuva é cantoria na aldeia dos mortos, regia di João Salaviza e Renée Nader Messora (Portogallo, Brasile)
Donbass, regia di Sergei Loznitsa (Ucraina)

Fuori concorso

Solo: A Star Wars Story, regia di Ron Howard (Stati Uniti d'America), con Alden Ehrenreich, Emilia Clarke, Donald Glover, Woody Harrelson, Thandie Newton, Paul Bettany
Le Grand Bain, regia di Gilles Lellouche (Francia), con Mathieu Amalric, Benoît Poelvoorde, Guillaume Canet, Jean-Hugues Anglade
The Man Who Killed Don Quixote, regia di Terry Gilliam (Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio), con Jonathan Pryce, Adam Driver, Olga Kurylenko, Stellan Skarsgård, Sergi López, Jordi Mollà - film di chiusura
The House That Jack Built, regia di Lars von Trier (Danimarca, Francia, Germania, Svezia), con Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Riley Keough






Proiezioni di mezzanotte

Arctic, regia di Joe Penna (Islanda), con Mads Mikkelsen
The spy gone North (Gongjack), regia di Yoon Jong-Bin (Corea del Sud)
Fahrenheit 451, regia di Ramin Bahrani (Stati Uniti d'America), con Michael B. Jordan, Michael Shannon, Keir Dullea [Film Tv]
Whitney, regia di Kevin Macdonald (Regno Unito) [Documentario]

Proiezioni speciali

10 Jours en Thaïlande, regia di Aditya Assarat, Wisit Sasanatieng, Chulayarnon Sriphol e Apichatpong Weerasethakul (Thailandia)
The State Against Mandela and the Others, regia di Nicolas Champeaux e Gilles Porte (Francia)
O Grande Circo Místico, regia di Carlos Diegues (Brasile), con Vincent Cassel
La Traversée, regia di Romain Goupil e Daniel Cohn-Bendit (Francia)
À tous vents, regia di Michel Toesca (Francia)
Another Day of Life, regia di Damian Nenow e Raul de la Fuente (Polonia)
Dead Souls, regia di Wang Bing (Cina)
Papa Francesco - Un uomo di parola (Pope Francis - A Man of his World), regia di Wim Wenders (Germania)

Cortometraggi in concorso

Gabriel, regia di Oren Gerner (Francia)
Judgement, regia di Raymund Ribay Gutierrez (Filippine)
Caroline, regia di Celine Held e Logan George (Stati Uniti d'America)
Tariki, regia di Saeed Jafarian (Iran)
III, regia di Marta Pajek (Polonia)
Duality, regia di Masahiko Sato, Genki Kawamura, Yutaro Seki, Masayuki Toyota, Kentaro Hirase (Giappone)
On the border, regia di Wei Shujun (Cina)
Toutes ces créatures, regia di Charles William (Australia)

Documentari

The Eyes of Orson Welles, regia di Mark Cousins (Regno Unito)
Be Natural : The Untold Story of Alice Guy-Blaché, regia di Pamela B. Green (Stati Uniti d'America), con voce narrante di Jodie Foster
Jane Fonda in Five Acts, regia di Susan Lacy (Stati Uniti d'America)
Bergman - ett år, ett liv, regia di Jane Magnusson (Svezia)
Searching for Ingmar Bergman, regia di Margarethe Von Trotta (Germania)

Quinzaine des Réalisateurs
Lungometraggi


Amin, regia di Philippe Faucon (Francia)
Carmen y Lola, regia di Arantxa Echevarría (Spagna)
Climax, regia di Gaspar Noé (Francia)
Cómprame un revolver, regia di Julio Hernández Cordón (Messico)
Les Confins du monde, regia di Guillaume Nicloux (Francia)
El Motoarrebatador, regia di Agustín Toscano (Argentina)
En liberté!, regia di Pierre Salvadori (Francia)
Joueurs, regia di Marie Monge (Francia)
Leave No Trace, regia di Debra Granik (Stati Uniti d'America), con Ben Foster
Los silencios, regia di Beatriz Seigner (Brasile)
Ming wang xing shi ke, regia di Ming Xhang (Cina)
Mandy, regia di Panos Cosmatos (Stati Uniti d'America)
Mirai no Mirai?, regia di Mamoru Hosoda (Giappone)
Le monde est à toi, regia di Romain Gavras (Francia)
Pájaros de verano, regia di Ciro Guerra e Cristina Gallego (Colombia)
Petra, regia di Jaime Rosales (Spagna)
Samouni Road, regia di Stefano Savona, animazione di Simone Massi (Italia)
Teret, regia di Ognjen Glavonic (Serbia)
Troppa grazia, regia di Gianni Zanasi (Italia), con Alba Rohrwacher, Elio Germano, Giuseppe Battiston
Weldi, regia di Mohamed Ben Attia (Tunisia)

Cortometraggi

Basses, regia di Félix Imbert (Francia)
This magnificent cake!, regia di Emma De Swaef e Marc Roels (Belgio)
La Chanson, regia di Tiphaine Raffier (Francia)
La lotta, regia di Marco Bellocchio (Italia), con musiche di Nicola Piovani
Las Cruces, regia di Nicolas Boone (Francia)
La Nuit des sacs plastiques, regia di Gabriel Harel (Francia)
O órfão, regia di Carolina Markowicz (Brasile)
Our Song to War, regia di Juanita Onzaga (Colombia)
Skip Day, regia di Patrick Bresnan e Ivete Lucas (Stati Uniti d'America)
Le Sujet, regia di Patrick Bouchard (Canada)

Settimana Internazionale della Critica
Concorso
Lungometraggi


Chris The Swiss, regia di Anja Kofmel (Svizzera)
Diamantino, regia di Gabriel Abrantes e Daniel Schmidt (Portogallo)
Egy Nap, regia di Zsófia Szilágyi (Ungheria)
Fuga, regia di Agnieszka Smoczynska (Polonia)
Kona Fer I Stríð, regia di Benedikt Erlingsson (Islanda)
Sauvage, regia di Camille Vidal-Naquet (Francia)
Sir, regia di Rohena Gera (India)

Cortometraggi

Amor, Avenidas Novas, regia di Duarte Coimbra (Portogallo)
Ektoras Malo : I Teleftea Mera Tis Chronias, regia di Jacqueline Lentzou (Grecia)
Mo-Bum-Shi-Min, regia di Kim Cheol-Hwi (Corea del Sud)
Pauline asservie, regia di Charline Bourgeois-Tacquet (Francia)
La Persistente, regia di Camille Lugan (Francia)
Rapaz, regia di Felipe Gálvez (Cile)
Schächer, regia di Flurin Giger (Svizzera)
Tiikeri, regia di Mikko Myllyahti (Finlandia)
Un Jour de Mariage, regia di Elias Belkeddar (Algeria)
Ya Normalniy, regia di Michael Borodin (Russia)

Proiezioni speciali
Lungometraggi


Wildlife, regia di Paul Dano (Stati Uniti d'America), con Jake Gyllenhaal, Carey Mulligan - film d'apertura
Our Struggles, regia di Guillaume Senez (Belgio)
Shéhérazade, regia di Jean-Bernard Marlin (Francia)
Guy, regia di Alex Lutz (Francia) - film di chiusura

Cortometraggi

La Chute, regia di Boris Labbé (Francia)
Third Kind, regia di Yorgos Zois (Grecia)
Ultra Pulpe, regia di Bertrand Mandico (Francia)




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