CINEMA A BOMBA!

sabato 29 settembre 2012

I DOC: LO SGUARDO DI MICHELANGELO, IL TESTAMENTO DI ANTONIONI

(Clicca sull'immagine per vedere il documentario) 

Italia, 2004
15'
Regia: Michelangelo Antonioni
Interpreti: Michelangelo Antonioni.


Il 29 Settembre di cento anni fa nasceva a Ferrara Michelangelo Antonioni, cioé quello che sarebbe diventato uno dei registi più innovativi ed originali del nostro Paese.

Autore di opere che affrontano i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'alienazione e del disagio esistenziale, nel corso della sua lunga esistenza (è morto il 30 Luglio 2007, lo stesso giorno di un altro gigante del grande schermo, Ingmar Bergman) ha ottenuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti: Oscar alla carriera nel 1995 (conquistato dopo le nomination per la migliore regia e la migliore sceneggiatura), Leone d'Oro e Leone d'Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia, Palma d'Oro e Premio della Giuria (due volte!) a Cannes, Orso d'Oro al Festival di Berlino, Pardo d'Oro al Festival di Locarno, David di Donatello per la migliore regia, diversi Nastri d'Argento...

Tra i suoi film: Cronaca di un amore, Il grido, L'avventura, La notte, L'eclisse, Il deserto rosso, Blow-Up, Zabriskie Point, Professione: Reporter, Al di là delle nuvole (assieme a Wim Wenders).

Per rendere omaggio a questo importante cineasta CINEMA A BOMBA! vi presenta, per I DOC, la sua ultima opera (del 2004): Lo Sguardo di Michelangelo.

Lo sguardo è quello dello stesso regista, che scruta rapito il Mosè di un altro stranoto Michelangelo, Buonarroti, quasi a voler carpirne i segreti e a disvelarne il senso.

In questo documentario muto e dalla scarna colonna sonora, una parte centrale la giocano i contrasti: il candore del marmo della tomba del Papa savonese Giulio II e il buio della penombra della Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma; la figura stessa di Antonioni, già malato da tempo e dal passo incerto, in contrapposizione alla prestanza e al vigore della statua del Patriarca biblico; la perfezione anatomica di questa e il corpo dell'anziano malato.

C'è un particolare che unisce idealmente i due protagonisti, però: gli occhi.
Sono occhi che non si accontentano di guardare o di vedere; sono occhi che cercano una realtà più grande dell'apparire fenomenico, una Vita di armonia e perfezione che va al di là della malattia e della morte.

Lo Sguardo di Michelangelo è in fondo una metafora della vita.
Si apre con Antonioni che varca la soglia del tempio, passando dalla luce del sole all'ombra.

A rischiarare il cammino è la luce, che qui è l'epifania dell'incontro dell'Uomo con l'Arte.
E l'Arte è l'attività umana più alta, perché in grado di interpretare la realtà e di rappresentare la bellezza, quella bellezza che, come disse Papa Giovanni Paolo II, salverà il mondo: l'Artista - scultore o regista, non importa - può quindi diventare un tramite tra lo spettatore e il trascendente.

Forse è proprio questo che ha capito il grande cineasta mentre si allontana e si avvia a oltrepassare la soglia della chiesa e dell'esistenza, ritornando alla luce.

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mercoledì 26 settembre 2012

I CLASSICI: THE TREE OF LIFE, LA VITA SECONDO MALICK

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2011
139'
Regia: Terrence Malick
Interpreti: Brad Pitt, Jessica Chastain, Sean Penn.


Terrence Frederick Malick è uno dei più grandi registi viventi.
Classe 1943, laureato in filosofia ad Harvard (con lode), è considerato dai più un autore di culto, rango cui assurse fin da subito, dopo soltanto due (notevoli) pellicole: La Rabbia Giovane (1973) e I Giorni del Cielo (1978).
Seguì un silenzio lungo 20 anni (!) che di certo ne solidificò il mito, quindi il ritorno e l’uscita di nuovi “pezzi da novanta”: La Sottile Linea Rossa (1998), The New World (2005) e, appunto, The Tree of Life, cui ora si è aggiunto il discusso To The Wonder, in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

Ma Malick è un cineasta unico non tanto - non solo? - a causa delle proprie idiosincrasie (è riservato fino alla misantropia, non concede interviste e non si mostra volentieri in pubblico, al punto che esistono pochissime fotografie che lo ritraggono) o della scarsa prolificità, quanto piuttosto per le indubbie qualità tecniche, il perfezionismo maniacale e un certo dogmatismo cine-filosofico.

La sua quinta fatica non fa eccezione.
Con la complicità del suo fido direttore di fotografia Emmanuel Lubezki, il maestro ha imposto regole ferree agli operatori (solo luci naturali, camera a mano e messa a fuoco di tutti i dettagli, anche quelli sullo sfondo), consultato la NASA per le immagini della creazione del cosmo e perfino richiamato in servizio - dopo quasi 30 anni di pensionamento - il vecchio Douglas Trumbull di 2001: Odissea nello Spazio come supervisore agli effetti speciali.

E questo non è l’unico punto in comune col capolavoro kubrikiano: come l’autorevole collega, anche Malick parte da storia base – in questo caso le vicende di una famiglia medio borghese degli anni 50: padre severo (Pitt), madre amorevole (Chastain) e tre figli maschi di cui il primo adolescente, tormentato e ribelle – per poi imbastire un discorso più profondo: si passa così dalla formazione dell’universo alla contrapposizione tra Natura e Grazia, dalla ricerca di Dio al senso della vita.

Rileggendo in chiave personale e intimista la biblica storia di Giobbe (le iniziali del protagonista, Jack O’Brien, formano la parola JOB, appunto Giobbe in inglese), il regista riesce nella ambiziosa sfida di realizzare un’opera di ampio respiro in grado allo stesso tempo di riassumere la sua poetica cinematografica, da sempre tesa alla riflessione sul difficile rapporto tra l’uomo e la natura.

E può anche permettersi di girare una sequenza - quella, ormai celebre, dei dinosauri - tanto criticata quanto incompresa: rappresenta la nascita della Coscienza o, se vogliamo, della Compassione, e si inserisce coerentemente nella visione panteo-umanistica del suo autore.

Un posto di rilievo lo occupano infine gli attori, tutti bravi o bravissimi: e se Brad Pitt è ormai una piena conferma, la rossa e sottile Jessica Chastain – un’abitué degli articoli di CINEMA A BOMBA! – è una rivelazione da tenere d’occhio, e non è un caso che sia divenuta in breve tempo una delle attrici più richieste di Hollywood.

PS: di The Tree of Life – o meglio: del confronto tra questa pellicola, Palma d’Oro a Cannes 2011, e il Faust di Sokurov vincitore a Venezia nello stesso anno – avevamo già scritto in un nostro post qualche tempo fa.
Andate a rileggervelo e scriveteci la vostra opinione in merito!

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giovedì 20 settembre 2012

IL CAVALIERE OSCURO-IL RITORNO, IL TERRORE A GOTHAM CITY

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2012
165'
Regia: Christopher Nolan
Interpreti: Christian Bale, Anne Hathaway, Tom Hardy, Marion Cotillard, Michael Caine, Morgan Freeman, Gary Oldman, Joseph Gordon-Levitt, Nestor Carbonell, Cilian Murphy, Matthew Modine, Liam Neeson, Juno Temple, William Devane.


E' uscito finalmente nelle sale lo spasmodicamente atteso Il Cavaliere Oscuro-Il Ritorno, terzo e ultimo film della trilogia che Christopher Nolan ha dedicato a Batman.

Questa volta Bruce Wayne dovrà vedersela con dei nemici terribili: la crisi economica, che ha portato al fallimento il suo impero finanziario; e Bane - energumeno dalla mente brillante alla ricerca un nuovo ordine mondiale - che tiene in scacco Gotham City con la minaccia di una strage nucleare.
A dargli man forte ci saranno solo il commissario Gordon, un volenteroso giovane poliziotto, i fedeli Lucius Fox e il maggiordomo Alfred, un'affascinante quanto imprevedibile ladra.

Visto l'imponente seguito dei film precedenti, ci si aspettava un grande successo di pubblico. E così è stato: nonostante la ormai tristemente nota strage di Denver, le file ai botteghini e l'entusiasmo dei fan non sono venuti meno.

Comprensibile: la pellicola vanta effetti speciali e una fotografia mozzafiato, invenzioni registiche più da cinema d'autore che da mero blockbuster nate dalla fantasia visionaria e immaginifica di Nolan (che, è bene ricordarlo, è l'autore dei geniali Memento, Insomnia e Inception), un cast stratosferico, colpi di scena a ripetizione e clamorosi.

Ciò che ci ha colpito maggiormente, tuttavia, è la trama.
Di per sé, non originalissima: un cattivone minaccia la città; l'eroe da principio è in difficoltà, ma poi riesce faticosamente a batterlo.

La peculiarità è costituita invece dai rimandi storici e all'attualità: Bane, nei suoi proclami, utilizza lo stesso lessico e le stesse motivazioni degli indignados europei e del movimento statunitense Occupy Wall Street (potere ai cittadini, critica al capitalismo e al ruolo dei banchieri e dei broker), mentre i suoi scagnozzi inscenano processi-farsa contro i ricchi e i rappresentanti delle forze dell'ordine in nome di una parvenza di uguaglianza (o forse sarebbe il caso di utilizzare il termine égalité).
Siamo ai giorni nostri, ma sembra di essere nel periodo più oscuro della Rivoluzione Francese, quello detto del Terrore, quando imperversavano la delazione e i processi sommari contro i cosiddetti nemici del popolo.

Nolan, con questa pellicola, sembra voler denunciare la deriva che potrebbero prendere i movimenti di protesta che stanno infiammando il mondo ai giorni nostri: il populismo che tanto promette ma che poco mantiene; la libertà che si trasforma in selvaggia anarchia; la perdita, da parte della polizia, dei metodi coercitivi per contrastare la criminalità che porta al dilagare dei reati.
In una città intimorita e in preda al fatalismo l'Uomo Pipistrello assurge così al ruolo di paladino dei valori tradizionali della società americana.

Insomma, prendendo in prestito il nome che si diedero gli insorti della zona nord-occidentale della Francia, che nel dipartimento della Vandea e in quelli limitrofi si ribellarono ai soprusi e alle violenze dei rivoluzionari, si può affermare che Batman rappresenti un moderno chouan, con buona pace dei suoi pur tanti fan protestatari.

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martedì 18 settembre 2012

I MERCENARI 2, COME PRIMA PIU' DI PRIMA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2012
103'
Regia: Simon West
Interpreti: Sylvester Stallone, Bruce Willis, Arnold Schwarzenegger, Jean-Claude Van Damme, Dolph Lundgren, Jason Statham, Jet Li, Liam Hemsworth, Chuck Norris.


Qualche anno fa Sylvester Stallone realizzò uno dei proprio sogni: riunire in una pellicola tutti i più grandi divi del cinema d’azione, le star degli anni 80-90 e le “nuove leve”.
Quella pellicola si chiamava I Mercenari - The Expendables e divenne subito un cult per gli appassionati del genere.
Ora l’attore italo-americano ha concesso il bis. E ha superato se stesso.

Barney e i suoi uomini questa volta danno la caccia ad uno spietato terrorista che, come da migliore tradizione, sta cercando di assemblare una super bomba atomica e con il quale hanno in sospeso l’uccisione di un loro giovane compagno.
Nuovi e vecchi amici si uniranno alla squadra per portare a termine la missione.

Passata umilmente la cabina di regia al Simon West di Con Air (quindi una garanzia), ma rimanendo in gioco come protagonista-sceneggiatore-produttore, Stallone ha riveduto e corretto il prototipo, migliorandolo.
Il ritmo è fortemente sostenuto, i dialoghi sono tra i più spassosi degli ultimi anni e anche gli attori sembrano divertirsi un mondo.

E se Schwarzenegger e Willis guadagnano finalmente spazio, a rubare loro la scena ci sono un Dolph Lundgren in stato di grazia (nella sequenza della pietanza preferita e in quella dell’esplosivo fatto a mano è geniale!), un perfido Van Damme col suo storico calcio assassino (letteralmente!) e un memorabile Chuck Norris, che entra in scena sulle note di Morricone da Il Buono il Brutto e il Cattivo (dicono che in quel momento nei cinema USA sia partita la standing ovation; noi siamo stati tentati, durante la proiezione), spara con precisione da cecchino e dispensa perle di autoironica saggezza.

Per un eventuale terzo capitolo ci appelliamo al vecchio Sly affinché recluti chi ancora manca all’appello: Steven Seagal in primis, ma anche Kurt Russell, Wesley Snipes e – perché no? – Sandra Bullock.
Ma nel frattempo continuiamo a gustarci questa miscela di vecchie glorie, battute, machismo, esplosioni e proiettili a non finire.
Si può volere di più?

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domenica 16 settembre 2012

VENEZIA 2012. VIAGGIO NEI LUOGHI DELLA MOSTRA DEL CINEMA

Vi abbiamo raccontato nei post precedenti e in quelli dell'anno scorso la Mostra del Cinema da un punto di visto cinefilo parlando principalmente dei film, dei protagonisti e accennando soltanto brevemente ai luoghi dove essa si svolge.

Cerchiamo di colmare questa lacuna presentandoveli più dettagliatamente e con l'ausilio di foto.


Innanzitutto una precisazione. La Mostra non si svolge nella città di Venezia, bensì al Lido (un'isola che separa la Laguna dal Mar Adriatico) comodamente raggiungibile con un vaporetto che, eccezionalmente durante il periodo della rassegna, ferma nei pressi del Casinò (foto sopra).
Una curiosità: quando nei Tg vedete sbarcare i divi dal motoscafo, sappiate che l'approdo dal quale essi scendono è a fianco di questa piattaforma.


Ad accogliere i visitatori, una volta arrivati a terra, è l'ingresso del Movie Village, allestito presso i giardini pubblici.


Varcando la soglia, sulla destra, c'è subito il prefabbricato che ospita la biglietteria e l'ufficio informazioni. I ragazzi che lavorano qui sono sempre disponibili e informati.
Una tappa obbligata per chi è alla prima esperienza festivaliera.


Di fronte alla biglietteria si vedono un bar, un ristorante, tavolini, panchine... Nei paraggi, il deposito bagagli. Insomma, ci troviamo nel regno incontrastato degli accreditati, che qui passano la loro giornata quando non sono intenti a guardare film.


Seguendo le indicazioni, da qui si può giungere in pochi minuti al Palazzo del Cinema, sul Lungomare Marconi. Dall'alto: il palazzo allestito per la 69a edizione della Mostra del Cinema (quella di quest'anno) e il red carpet; la postazione dei fotografi; l'ingresso; l'interno.


All'interno del Palazzo del Cinema c'è la Sala Grande, dove vengono presentati ufficialmente (spesso in anteprima mondiale) i film (in e fuori concorso) in presenza dei registi, degli attori protagonisti e dei produttori. Qui si svolge anche la cerimonia di premiazione della Mostra.
Noi di CINEMA A BOMBA! vi abbiamo visto Alois Nebel e il Wuthering Heights-Cime Tempestose di Andrea Arnold.
La capienza è di 1.032 posti.


A pochi minuti a piedi dal Palazzo del Cinema c'è il PalaBiennale, un'enorme tensostruttura temporanea da 1.700 posti che ospita principalmente le doppie proiezioni serali per il pubblico (con il prezzo di un biglietto si possono vedere due film).
Qui abbiamo visto quasi tutti i film che abbiamo recensito per il reportage dell'anno scorso.
Dall'alto: la struttura; l'interno.


Ritornando nei pressi del Movie Village, alcune transenne nascondono il vialetto d'ingresso che porta alla Sala Darsena (1.300 posti), dove vengono proiettati alcuni film delle sezioni cosiddette minori.
Il nostro inviato, però, c'è stato per la riproposizione dell'acclamato The Master.
Dall'alto. l'ingresso; l'interno.


L'edificio del Casinò, tra il Palazzo del Cinema e il Movie Village, ospita la Sala Perla (400 posti) e, temporaneamente, la Sala Volpi (150 posti) - spazi dove sono proiettati gli eventi speciali e film delle sezioni collaterali - nonché, per gli operatori del settore, Meeting Point, presenti anche nel vicino e lussuosissimo Hotel Excelsior, sul lungomare.
Ma questi luoghi non li abbiamo visti, se non dall'esterno.

Beh, il viaggio è terminato.
Il nostro augurio è che, se siete interessati, lo possiate fare anche voi: noi vi abbiamo dato delle descrizioni, ma le emozioni le potete provare soltanto venendo al Lido di persona.

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giovedì 13 settembre 2012

VENEZIA 2012. THE MASTER, CERCO UN CENTRO DI GRAVITA' PERMANENTE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2012
137'
Regia: Paul Thomas Anderson
Interpreti: Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern


Dal nostro inviato alla Mostra del Cinema di Venezia.


E così, come anticipato nel post precedente, ho acquistato il biglietto per una delle opere più attese alla vigilia della Mostra del Cinema di Venezia, The Master, del regista cult Paul Thomas Anderson, autore assai stimato di Magnolia e Il Petroliere e fresco vincitore del Leone d'Argento per la migliore regia.

Opera molto attesa anche perché annunciata come prima, aperta critica cinematografica al controverso e potente movimento di Scientology.

Fughiamo subito ogni dubbio: dopo aver visto il film si ha l'impressione che il regista non fosse tanto interessato ad attaccare l'organizzazione fondata da Ron Hubbard (i riferimenti ci sono, ma sono palesi solo per chi ne conosce la genesi) quanto piuttosto a descrivere la ricerca da parte di un reduce della Seconda Guerra Mondiale inquieto e a disagio nelle relazioni interpersonali (Joaquin Phoenix) di un equilibrio nella sua vita.

Ad un certo punto sembra averlo trovato grazie alla relazione di amicizia, confidenza, fiducia che riesce ad instaurare con il capo di una psico-setta in espansione (Philip Seymour Hoffman).

P.T. Anderson presenta, quindi, la storia di due persone agli antipodi come carattere (ma, come si dice, gli opposti si attraggono) che però non riescono a fare a meno l'uno dell'altro: lo sbandato trova nel guru un senso di sicurezza e questi si sente attratto dall'irrefrenabile anelito alla libertà, dall'agire slegato dai lacci delle convenzioni sociali del suo sodale.

La messa in scena di questo rapporto, che diventa presto di interdipendenza, utilizza immagini magniloquenti ed epiche ad alta definizione, molto nitide, ottenute grazie all'utilizzo della ormai raramente adoperata pellicola formato 65 mm (proiettata in 70 mm), dalla resa assai suggestiva.

Ciò che impressiona maggiormente in The Master non è, però, la trama in sé (un'analisi più approfondita della setta la avrebbe reso forse più pepata), né la perizia registica sopraffina con la quale questa è sviluppata e alla quale Anderson ci ha abituati, bensì le superbe interpretazioni dei due protagonisti, non a caso entrambi premiati ex aequo con la Coppa Volpi per il migliore attore.

Più facile (si fa per dire) la prova di Joaquin Phoenix, che riesce a conquistare lo stesso riconoscimento che aveva consacrato 21 anni fa suo fratello River (per Belli e dannati), per un ruolo di reietto sopra le righe e tormentato che sembra ritagliato apposta su di lui.

Più sottile e con maggiori sfaccettature il personaggio rappresentato da Philip Seymour Hoffman, manipolatore e manipolato, carismatico e succubo, esteriormente rassicurante quanto intimamente sulfureo.
The Master (il maestro) è lui.

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mercoledì 12 settembre 2012

VENEZIA 2012. RITORNO AL LIDO DEI DANNATI

Non sapete chi sono queste persone sul red carpet? Non chiedetelo ad un accreditato! Per la cronaca, si tratta dell'attrice Noomi Rapace e del regista Brian De Palma.


Dal nostro inviato alla Mostra del Cinema di Venezia


Puntualmente, tra la fine di agosto e i primi di settembre il Lido di Venezia è luogo di una migrazione del tutto particolare.

Come abbiamo già avuto modo di notare l'anno scorso, stormi di spennati (non so se avete presente i prezzi a Venezia in alta stagione) si riversano in quest'isola tranquilla e invadono con il loro vociare e i loro discorsi da intellettuali cinefili ogni metro quadrato dei giardini pubblici, dove temporaneamente è stato allestito il Movie Village.

Eh sì, l'homo accreditatus, colui che, almeno una volta all'anno, ha il privilegio di saltare le file e di avere sconti ai ristoranti e nell'acquisto dei biglietti del cinema, e ha l'aria tronfia di chi pensa che tutto ciò gli sia dovuto, è tornato.
E non se ne vergogna. Anzi, imperversa.

Un consiglio per non dover subire un attacco da parte di questa specie molesta.
Se uno fa finta di niente, non verrà disturbato.
Ma se si è una signora di mezz'età che non sa chi è quella signorina che tutti fotografano sul tappeto rosso davanti al Palazzo del Cinema, beh, forse non è il caso di chiederlo a quel giovanotto invasato che la sta chiamando disperatamente a gran voce: probabilmente, anche se non ha ben in vista badge di riconoscimento, si tratta di un accreditato.
Costui, sapendo che quell'attrice sarebbe venuta a Venezia, si è studiato a memoria la pagina di Wikipedia che la riguarda, pronto a sciorinare a chiunque glielo chieda tutti i film nei quali ha recitato la star (o presunta tale).

A tal proposito,sono stato testimone anche stavolta di un episodio drammatico.
Venerdì 7, sul red carpet stava sfilando una delegazione per presentare il film Passion comprendente Brian De Palma, il regista (molto timido e imbarazzato: ho cercato di attirare la sua attenzione per fargli una foto e lui si è leggermente girato; ma chiamato dai fotografi ufficiali, si è prestato poco agli scatti, ricevendo in cambio sguaiati quanto irrispettosi ululati), e una delle protagoniste, Noomi Rapace (ha recitato nella trilogia ispirata ai libri della saga Millennium di Stieg Larsson - Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco, La regina dei castelli di carta - e in Sherlock Holmes-Gioco di ombre).

Ad un certo punto, la fatidica domanda di un'ingenua signora: "E questa che film ha fatto?".
Aggredita con una sfilza di titoli, la malcapitata si è allontanata mestamente con un profondo sconforto negli occhi: no, non aveva mai sentito parlare di nessuno dei film citati.

Ma l'invasione è solo temporanea: dopo una decina di giorni l'accreditato fa inesorabile ritorno alla sua terra e alla vita di tutti i giorni.
Una vita in cui egli, sull'onda dell'entusiasmo festivaliero, si ritrova a parlare di commoventi film turcomanni a gente abituata a vedere pellicole con Boldi e Christian De Sica.

Ma non preoccupatevi: si sta già preparando alla prossima Mostra.


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martedì 11 settembre 2012

VENEZIA 2012. LA CINQUIEME SAISON, NON C'E' PIU' LA MEZZA STAGIONE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

Belgio/Paesi Bassi/Francia, 2012
93'
Regia: Peter Brosens, Jessica Woodworth
Interpreti: Sam Louwyck, Aurélia Poirier, Django Schrevens


Dal nostro inviato alla Mostra del Cinema di Venezia.


Ammettiamolo: venerdì 7 settembre l'obiettivo neppure troppo recondito del nostro inviato era riuscire a vedere l'attesissimo The Company You Keep di Robert Redford, fuori concorso.

Purtroppo, per colpa dei soliti disservizi di Trenitalia, il nostro è arrivato troppo tardi a Venezia e ha dovuto ripiegare su La Cinquième Saison (in italiano: la quinta stagione), presentato in concorso giovedì e riproiettato all'Arena Estiva di Campo San Polo, un cinema all'aperto con maxischermo e numerosi posti a sedere nell'omonimo campo in pieno centro.
Suggestiva cornice per un film visivamente potente.

Narra un aneddoto che Einstein un giorno avrebbe affermato che se le api spariranno dalla Terra all'Uomo resteranno solo quattro anni di vita: niente più api significherebbe niente più impollinazione e quindi niente più piante, niente più animali, niente più uomini.

La vita di un placido villaggio rurale del Belgio comincia a cambiare quando la tanto attesa primavera non arriva: i terreni diventano aridi, le mucche non fanno più il latte, i galli non cantano più, gli alberi si seccano e si schiantano al suolo.
E tutte le api sono sparite.

Il film si apre con la festa del villaggio e si chiude con il villaggio che fa la festa ad un poveraccio divenuto capro espiatorio della conseguente crisi economica: dalla civiltà si passa alla barbarie più feroce, rappresentata dagli abitanti del paese che si avviano a compiere lo spietato sacrificio indossando lugubri maschere con lunghi becchi (come quella della locandina del film) per non farsi riconoscere.

Le ultime inquadrature mostrano un branco di struzzi: il genere umano è regredito ad un livello animalesco ed è divenuto ottuso e vigliacco.
La fine del mondo è proprio vicina.

Questa pellicola, conclusiva di una trilogia che i due registi hanno dedicato al rapporto conflittuale uomo-natura (gli altri titoli sono Khadak, vincitore a Venezia del Leone del Futuro nel 2006 per la migliore opera prima, e Altiplano), parte con immagini bucoliche, ma diventa poi greve, cupa, grottesca.

Pessimistico e apocalittico apologo sulla crisi dei valori, che provoca disaggregazione sociale e odio per chi è diverso, La Cinquième Saison ci avvisa che la fine del mondo arriverà con l'inaridimento della terra. E del cuore degli uomini.

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lunedì 10 settembre 2012

VENEZIA 2012. I VINCITORI, OVVERO QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE LUNGOMARE MARCONI

Dall'alto: Laetitia Casta sul red carpet nella serata della premiazione; Kim Ki-duk con il Leone d'Oro; Philip Seymour Hoffman mostra la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.


Dal nostro inviato alla Mostra del Cinema di Venezia.


E' consuetudine ormai consolidata nel tempo che i film vincitori dei premi più importanti della Mostra del Cinema di Venezia vengano riproposti al pubblico subito dopo la cerimonia di premiazione (quest'anno hanno deciso di ritrasmettere le pellicole che hanno conquistato il Leone d'Oro per il miglior film e il Leone d'Argento per la migliore regia).

Problema: spesso vengono scelti titoli che lasciano perplessi (l' anno scorso, per esempio, sono stati premiati Faust di Aleksander Sokurov e un regista cinese).

Non avendo potuto assistere alla visione di alcun film, ecco che, arrivato a Venezia per fare la cronaca degli ultimi scampoli della Mostra, la possibilità di vedere film interessanti era legata esclusivamente ai gusti di una giuria quanto mai eterogenea: i registi Michael Mann, Matteo Garrone, Peter Ho-Sun Chan, Ari Folman, Ursula Meier, Pablo Trapero, le attrici Laetitia Casta e Samantha Morton, l'artista Marina Abramovic.

Data per certa la vittoria del coreano Pietà di Kim Ki-duk (Kim è il cognome), che in effetti ha conquistato il Leone d'Oro ma che non avevo particolare voglia di vedere, non mi restava che sperare nel Leone d'Argento.

Un urlo di terrore mi si è strozzato in gola quando hanno annunciato che il premio per la migliore regia era stato assegnato a... Ulrich Seidl, autore di un film-scandalo che molto ha fatto discutere (e proprio il suo film era l'unico che mi ero riproposto di non vedere assolutamente), mentre un contentino, il Premio Speciale della Giuria, era andato a The Master di Paul Thomas Anderson (che avrei visto volentieri).

Bene, ho pensato, mi tocca scegliere tra due film che non mi interessano.
Ma mentre mi stavo mettendo il cuore in pace e incamminando per andare ad acquistare il biglietto per il film coreano che ero sicuro avrebbe vinto (tuttavia chi ha assitito alla proiezione mi ha confidato che si tratta di una pellicola veramente bella ed importante: magari in futuro potrei vederla lo stesso), colpo di scena!

Durante il discorso di ringraziamento di Seidl, si alza Laetitia Casta, si scusa e annuncia che gli ultimi due premi sono stati invertiti!

Che gaffe! Ma meno male che è andata così: CINEMA A BOMBA! ha così potuto fare la recensione di un film del quale sentiremo ancora parlare.

Comunque, un motivo in più per ammirare la stupenda modella corsa.

Qui di seguito tutti i premi, assegnati tra le immancabili polemiche, che hanno investito soprattutto il giurato Matteo Garrone, reo di non essersi imposto sufficientemente per far vincere un premio importante ad uno dei film italiani in concorso.

Polemiche stupide: a Garrone la nostra piena solidarietà.


LEONE D’ORO per il miglior film a PIETA di Kim Ki-duk (Corea del Sud)

LEONE D’ARGENTO per la migliore regia a THE MASTER di Paul Thomas Anderson (Stati Uniti)

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a PARADIES GLAUBE di Ulrich Seidl (Austria, Germania, Francia)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione maschile a Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix nel film THE MASTER di Paul Thomas Anderson (Stati Uniti)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione femminile a Hadas Yaron nel film FILL THE VOID-LEMALE ET HA’CHALAL di Rama Bursthein (Israele)

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI a un giovane attore o attrice emergente a Fabrizio Falco
nel film BELLA ADDORMENTATA di Marco Bellocchio (Italia) e nel film È STATO IL FIGLIO di Daniele Ciprì (Italia)

PREMIO OSELLA PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a Olivier Assayas per il film APRES MAI di Olivier Assayas (Francia)

PREMIO OSELLA PER IL MIGLIORE CONTRIBUTO TECNICO, PER LA FOTOGRAFIA, a Daniele Ciprì per il film È STATO IL FIGLIO di Daniele Ciprì (Italia)

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