CINEMA A BOMBA!

sabato 31 ottobre 2020

I CLASSICI: BUBBA HO-TEP, NON SI SCHERZA COL RE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2002
92'
Regia: Don Coscarelli
Interpreti: Bruce Campbell, Ossie Davis, Ella Joyce, Reggie Bannister, Larry Pennell, Bob Ivy.


Elvis Presley (Campbell) è vivo: sta passando la vecchiaia in un ospizio di provincia facendosi chiamare Sebastian Haff, che in realtà è il nome del sosia che molti anni prima lo aveva sostituito, morendo al suo posto.

La sua rassegnata e deprimente esistenza viene scossa dall'arrivo di Bubba Ho-Tep (Ivy), malvagia mummia-cowboy intenzionata a nutrirsi delle anime degli anziani ospiti della struttura.

Il Re si assicura l'aiuto dell'ex presidente John F. Kennedy (Davis) - anch'egli vivo e vegeto, ma diventato afroamericano - e si appresta ad affrontare l'antica minaccia...



2013: Halloween.
2014: Nightmare.
2015: Venerdì 13 - Jason X.
2016: Plan 9 From Outer Space.
2017: Lo Squalo.
2018: Auguri per la tua Morte.
2019: Dal Tramonto all'Alba.

Come ogni 12 mesi negli ultimi 7 anni, oggi vi presentiamo una pellicola da vedere - preferibilmente in compagnia - durante la veglia di Ognissanti.

Quest'anno la nostra scelta è ricaduta su un cult movie a bassissimo budget, la cui trama da sola dovrebbe essere sufficiente a destare l'interesse di tutti gli appassionati del genere horror, anzi "horror-comico" (che, per inciso, è la sottocategoria che noi preferiamo).

Adattamento di un racconto del romanziere pulp Joe Lansdale, Bubba Ho-Tep è la prima - e finora unica - collaborazione tra Coscarelli, regista del fanta-classico Phantasm, e Campbell, indimenticato protagonista di Evil Dead (la notissima trilogia composta da La Casa, La Casa 2 e L'Armata delle Tenebre).



Proprio la presenza di quest'ultimo, popolarissimo e amatissimo B-movie actor, è stata determinante per il successo del film in ambito underground, in termini tanto di critica quanto di pubblico.

Reduce da una sequenza di pellicole di livello veramente basso, il nostro ha inziato proprio da qui una seconda vita artistica: negli anni successivi ha recitato nei tre Spider-Man della Sony, è comparso ne Il Grande e Potente Oz ed è tornato a impersonare il personaggio che l'ha reso celebre nella serie tv Ash vs. Evil Dead (tutti con la regia dell'amico Sam Raimi).

La sua interpretazione in BHT è probabilmente la più intensa e misurata della sua lunga carriera; non c'è da stupirsi che l'abbia portato a vincere il prestigioso Independent Spirit Award (una specie di premio Oscar del cinema indie).


Per quanto concerne i contributi tecnici, oltre ad una bella colonna sonora e ad una solida regia, sono apprezzabili trucchi e costumi.
Tra questi ultimi in particolare quello del mostro, opera degli artigiani della premiata ditta KNB (gli stessi di Dal Tramonto all'Alba e dei film di zombi di George A. Romero, per dire).

Ai cinefili più curiosi segnaliamo invece un paio di riferimenti "colti" ad altre storiche pellicole di genere: i geroglifici nei bagni dell'ospizio sono un chiaro omaggio a L'Inquilino del Terzo Piano di Roman Polanski (l'horror preferito da Bruce, non a caso); la scena finale col cielo stellato è simile a quella che chiude Carrie di Brian De Palma.

Bubba Ho-Tep è una commedia orrorifica con l'accento sul sostantivo: diverte molto, spaventa poco e nel terzo atto diventa quasi epica.
Raccomandata per una serata come questa.

A proposito, BUON HALLOWEEN da tutta la Redazione di CINEMA A BOMBA!


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domenica 25 ottobre 2020

I CLASSICI. BORAT, KAZAKI AMARI PER IL POLITICALLY CORRECT USA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 


Regno Unito/USA, 2006
84'
Regia: Larry Charles
Interpreti: Sacha Baron Cohen, Pamela Anderson, Ken Davitian, Luenell Campbell


Borat Sagdiyev (Baron Cohen) è un reporter della televisione del Kazakistan che vive in un villaggio miserrimo e arretrato sia economicamente che culturalmente.

Essendo un giornalista di punta dell'emittente nazionale, viene mandato negli Stati Uniti per studiarne usi e costumi.

Accompagnato dal fido collaboratore Azamat Bagatov (Davitian), egli si sconterà con una civiltà completamente diversa dalla sua e non priva di contraddizioni, che egli stesso, con la sua ingenuità, porterà a galla, lasciando esterrefatti i suoi interlocutori.

Ma la situazione deflagrerà quando vedrà in Tv Pamela Anderson, nei (succinti) panni della bagnina di Baywatch.



Borat - Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan - questo il titolo completo - è stato un vero e proprio caso.

Irriverente, dissacrante, volgare, politicamente molto scorretto, quando è uscito ha suscitato reazioni indignate da parte di tantissime persone: ebrei, cristiani, musulmani, zingari, omosessuali, femministe, Americani del Sud, kazaki, repubblicani a stelle e strisce...

Girato come un documentario, esso ha visto il coinvolgimento anche di persone ignare, che hanno denunciato i produttori per violazione della privacy e sfruttamento non autorizzato dell'immagine.

Le tante grane giudiziarie sono seguite al grande successo di critica e soprattutto di pubblico che ha suscitato un po' a sorpresa la pellicola, che ha così consacrato a livello globale l'umorismo cinico e cattivo di Sacha Baron Cohen (di origini ebraiche), precedentemente noto in Tv per il personaggio del gangsta-rapper Ali G.

Il comico britannico ha ottenuto per questo film un Golden Globe come miglior attore in una commedia e una nomination agli Oscar per la sceneggiatura (non originale) e, successivamente, parti in opere importanti, quali Hugo Cabret di Martin Scorsese e Les Misérables di Tom Hooper.

Ha portato poi sul grande schermo altri personaggi del suo repertorio, come il giornalista di moda austriaco gay Brüno e il dittatore mediorientale Hafez Aladeen, con buon successo - sebbene non clamoroso come quello di Borat.

Perché questo ha avuto un impatto così prorompente e duraturo?

Sicuramente c'è stato l'elemento novità: pochissime volte prima di allora c'era stato un attacco tanto esplicito alla società americana, che se da una parte si dimostra tollerante e aperta, dall'altra, nei fatti, non lo è così tanto nei confronti di afroamericani, ebrei, omosessuali, donne, poveri...

Attraverso un linguaggio scurrile si scoperchia così il vaso di Pandora delle contraddizioni dell'America profonda e non, tra bigottismo e un perbenismo di facciata da una parte e razzismo e superficialità dall'altra.

Gli Stati Uniti ne escono malissimo, da questa feroce satira; ma il fatto che l'industria cinematografica di Hollywood abbia osannato questa pellicola dimostra che probabilmente il messaggio non è stato recepito molto bene.

Gli sviluppi recenti riguardo alle regole per gli Oscar - un film è eleggibile solo se rispetta un'equa rappresentanza di genere, origine, orientamento sessuale... - non fanno che dimostrare che l'Academy sarà sì vicina agli ambienti intellettuali e sociali cosiddetti liberal, ma non si è accorta (o finge di non accorgersi) della crisi di rigetto nei confronti del politically correct di larga parte della popolazione statunitense - rigetto che probabilmente è stato alla base nel 2016 della clamorosa (e, per molto versi, scioccante) vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali.

Hollywood è isolata nel suo mondo solo a prima vista fantastico (la sua realtà però è fatta anche di personaggi eufemisticamente controversi - Harvey Weinstein e Jeffrey Epstein sono solo i nomi più noti), ma tale rifiuto è ormai sempre più diffuso e un film come quello che stiamo recensendo, probabilmente, può essere portato a vessillo dalla ribellione allo stucchevole e ipocrita star system imperante.

Il rischio è, per il futuro, che si spinga sempre più in là la sottile linea di demarcazione tra umorismo greve e cattivo gusto - e a proposito di quest'ultimo, come non pensare a Scemo & + Scemo 2 e Holy Motors?

Se le provocazioni dovessero farsi più estreme, tuttavia, rimpiangeremo quel personaggio un po' naif e ingenuo come in fondo è il vituperatissimo Borat.

Vedrete.


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lunedì 19 ottobre 2020

I CORTI: THIS MESS, L'HORROR-PUNK DEI FIVE NORTH

(Clicca sulla locandina per vedere il cortometraggio). 

USA, 2020
9'
Regia: Jeremy Danger
Con: Tyler Posey, Kyle Murphy, Scott Ectel, Jesse Posey.


Quattro amici stanno girovagando per il deserto con una decapottabile.
Fermi a un distributore, uno di loro (T. Posey) ha la sensazione che qualcuno li stia osservando.

Di notte l'auto ha un guasto e si pianta davanti a una villetta isolata.
Ne esce un killer mostruoso, incappucciato e con una mannaia, che si appresta ad uccidere i ragazzi uno ad uno...



Alcuni di voi potrebbero riconoscere il giovane Tyler Posey come il licantropo protagonista della serie tv Teen Wolf (ispirata a sua volta a Voglia di Vincere, commedia degli anni 80 con Michael J. Fox) o per il suo breve ruolo in Yoga Hosers.

Pochi invece sanno che questo giovanotto, idolo delle ragazzine, è anche il cantante e chitarrista del neonato trio pop-punk Five North.

Insieme all'amico d'infanzia Kyle Murphy (basso) e all'australiano Scott Ectel (batteria) ha rilasciato quest'anno il dischetto d'esordio della band, co-scritto e registrato dal potente produttore John Feldmann (sì, proprio il leader dei Goldfinger apparso nel documentario Behind the Mask).

Per accompagnare il singolo di lancio This Mess il "cantattore" californiano ha avuto un'idea: perché - anziché realizzare il solito, scontato videoclip - non girare un vero e proprio cortometraggio che triplichi il minutaggio della canzone?



Ecco allora questo divertente slasher in miniatura, la cui componente grandguignolesca è opportunamente bilanciata da una massiccia dose di autoironia e accompagnata da un citazionismo post-modernista che pare creato ad arte per incuriosire i cinefili.

L'inquietante e innominato antagonista sembra una combinazione tra il Michael di Halloween e il Jason di Venerdì 13, ma gli appassionati del genere possono scorgere nella breve pellicola altri sottili riferimenti: da Non Aprite quella Porta a Thanksgiving.

Quando poi nel finale proprio Tyler tenta - con risultati disastrosi - di affrontare il malvagio, è facile che venga alla mente il mitico Bruce Campbell nei panni di Ash, l'iconico protagonista del franchise di culto Evil Dead.

This Mess è un corto simpatico e senza pretese, consigliabile ai fan del cinema dell'orrore e agli amanti di musica punk e dintorni (ascoltate a parte la canzone: è gradevolmente orecchiabile).

Tenete d'occhio Posey e i suoi Five North: potrebbero fare strada.
In un ambito o nell'altro.


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martedì 13 ottobre 2020

I CLASSICI: L'ESORCISTA II, UNA RISATA VI LIBERERÀ

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1977
102'
Regia: John Boorman
Con: Linda Blair, Richard Burton, Louise Fletcher, James Earl Jones, Max von Sydow.


Alcuni dirigenti della Warner si recano in limousine all'auditorium dove si sta per tenere l'anteprima di L'Esorcista II - L'Eretico.

Si fanno lasciare all'ingresso e concedono all'autista una pausa al più vicino fast food.
Quando entrano, il film è già iniziato da 10 minuti.

Una persona del pubblico si alza in piedi, si guarda intorno, punta il dito contro di loro ed esclama: "I responsabili di 'sta cag*** sono in questa sala!"

Mentre una dozzina di spettatori si avvicina loro minacciosamente, gli executive battono in ritirata, ma all'uscita si accorgono di non avere alcuna auto per fuggire (l'autista l'aveva presa per andare a mangiare).

Risultato: i nostri si ritrovano a correre a gambe levate lungo la strada, inseguiti da una folla inferocita.



Non sappiamo se questa storia sia vera, ma così è stata raccontata da William Friedkin, regista dell'originale, indimenticabile, disturbante L'Esorcista.

Il confronto tra le due pellicole è impietoso: L'Esorcista II - L'Eretico, considerato dalla critica unanime come il secondo peggior film di tutti i tempi (il primato resta di Plan 9 from Outer Space, che però era una produzione zero budget) nonché il peggior seguito di sempre, ha ben poco a che spartire con l'originale.

Ritroviamo la giovane Regan (Blair), ormai cresciuta ma ancora alle prese con le attenzioni, non richieste, del Maligno.
Ad aiutarla un prete poco convinto (Burton) e una psicoterapeuta dai metodi quantomeno bizzarri (Fletcher).

Se l'incipit africano non vi pare abbastanza autoparodistico, aspettate di arrivare alla sequenza del "sincronizzatore"!
Da questo punto in avanti, è un'unica, inesorabile, esilarante discesa nel ridicolo involontario: dialoghi risibili, espedienti assurdi, effetti speciali non così speciali (anche per i tempi) e - dulcis in fundo - una pletora di locuste di cui ancora oggi si ignora il significato.



C'è seriamente da chiedersi perché un cast di tale livello si sia lasciato convincere a partecipare a un simile disastro produttivo.
Fletcher (pochi anni prima oscarizzata per Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo), Jones (indimenticabile voce di Darth Vader in Star Wars) e il compianto von Sydow fanno del proprio meglio, ma paiono pesci fuor d'acqua.

E se si può concedere alla giovane Linda Blair una presunzione di innocenza, che dire invece di Richard Burton?
Il grande (altrove) attore britannico recita con lampante distrazione e malcelato disinteresse, e per tutta la durata sembra che non aspetti altro che incassare il proprio assegno e spenderselo in un pub.

L'irlandese John Boorman è un regista di qualche merito (Senza un Attimo di Tregua, Excalibur), ma qui ha mancato completamente il bersaglio.
Di certo non lo ha aiutato una sceneggiatura tra le più stupide mai scritte per Hollywood.

Se vi interessa l'argomento, vi consigliamo di andare a ripescare la pellicola capostipite (ovvio) e/o il documentario The Devil and Father Amorth, anch'esso diretto da Friedkin.

A proposito, il Maestro è colui che meglio di chiunque altro ha saputo descrivere questo malaugurato sequel.
Vi lasciamo pertanto con la sua accorata "recensione":

Ero alla Technicolor e un tale mi ha chiesto "Abbiamo appena finito una copia di L'Esorcista II, vuoi darci un'occhiata?" Ne ho guardato mezz'ora e ho pensato che fosse tanto brutta quanto la vista di un incidente stradale. Era orribile. Solo una stupida porcheria ad opera di un cretino di nome John Boorman, qualcuno che non dovrebbe avere un nome, ma in questo caso dev'essere nominato. Scurrile. Una pellicola orribile. [...] La peggior stron***a che abbia mai visto. [...] Una terribile disgrazia. [...] Quel film è stato realizzato da un demente.


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martedì 6 ottobre 2020

I DOC: THE DECLINE OF WESTERN CIVILIZATION, QUANDO IL PUNK DIVENNE HARDCORE

(Clicca sulla locandina per vedere il film intero in italiano). 

USA, 1981
100'
Regia: Penelope Spheeris


Il punk - inteso come musica, cultura, etica ed estetica - è sempre stata una faccenda essenzialmente americana.
Nasce a metà degli anni 70 sulla East Coast come evoluzione del rock'n'roll (Ramones, Johnny Thunders), emigra in Gran Bretagna dove viene codificato da gruppi come Sex Pistols e The Clash, infine ritorna Oltreoceano, ma stavolta sulla costa occidentale.

Tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli 80, il punk-rock lascia spazio al cosiddetto hardcore punk.
La velocità è raddoppiata, avvicinandosi a quella di certo heavy metal, ma senza la stessa perizia tecnica; la protesta sociale (esplicita soprattutto in Inghilterra) è diventata un nichilismo disfattista e senza via d'uscita; lo sberleffo si è fatto disgusto.






Documentarista ambiziosa e interessata, Penelope Spheeris ha indagato su questo fenomeno dilagante, sottoproletario, estremo.
Ha filmato diverse band durante i loro concerti-rissa a Los Angeles, intervistando off-stage musicisti, proprietari dei locali, avventori.
Ha realizzato quindi un film che ha fatto epoca, più o meno l'equivalente yankee del britannico Punk Rock Movie.

Si vedono all'opera alcuni gruppi francamente atroci; altri ancora acerbi, come Black Flag (pre-Henry Rollins, purtroppo) e Circle Jerks (ancora orfani di Zandler Schloss); i più impressionanti sono Germs, X e Fear.

I Germs registrarono un solo album più la colonna sonora di Cruising, sordido giallo urbano diretto da William Friedkin (leggenda vuole che il Maestro pogasse durante le registrazioni!).
Più che negli intellegibili sermoni dello strafattissimo cantante Darby Crash (che infatti morì di overdose subito dopo le riprese), la loro forza risiede nei riff "sporchi" di Pat Smear, futuro chitarrista di Nirvana e Foo Fighters.






Gli X sono "punk" per modo di dire: le loro palesi influenze country e rockabilly tradiscono una preparazione tecnica di gran lunga superiore a quella degli altri complessi.
I due cantanti - la poetessa beat Exene Cervenka e il carismatico bassista John Doe - si cimenteranno anche nella recitazione, senza risultati eclatanti.

Originari di San Francisco, i Fear sono gli unici "esterni" all'ambiente losangelino.
Il grande comico John Belushi ne rimase affascinato dopo averli visti in questo film, divenne loro amico e cercò senza successo di lanciarli a Hollywood, prima di morire - anche lui - di overdose, l'anno successivo.
L'aggressivo frontman Lee Ving riuscì successivamente a riciclarsi come attore di seconda fila.

Pur con alcuni evidenti limiti (inclinazione al sensazionalismo, malcelato disprezzo verso il soggetto trattato), The Decline of Western Civilization resta un documento fondamentale per comprendere un'epoca, una società, un mondo rimasto spesso lontano dai riflettori.
Da guardare senza pregiudizi.




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