CINEMA A BOMBA!

lunedì 29 settembre 2014

ROBIN WILLIAMS. HOOK-CAPITAN UNCINO, QUANDO GLI ADULTI NON VOLANO PIU'

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1991
144'
Regia: Steven Spielberg
Con: Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts, Bob Hoskins, Maggie Smith, Charlie Korsmo, Gwyneth Paltrow, Glenn Close, Phil Collins, David Crosby, George Lucas, Carrie Fisher.


Che cosa accadrebbe se Peter Pan crescesse e diventasse un adulto con moglie e figli?
Probabilmente diventerebbe un uomo in carriera, troppo incentrato sul lavoro per prendersi cura adeguatamente della sua famiglia e per ricordarsi della sua infanzia spensierata sull'Isola-che-non-c'è.

Ed è quello che effettivamente gli succede.
Ma non ha fatto i conti con il suo vecchio nemico, Capitan Uncino (l'Hook - cioè "Uncino" - del titolo), pronto a tutto pur di prendersi una rivincita definitiva nei confronti di chi l'ha battuto in passato.

Ci voleva un regista coraggioso per poter fare un seguito della storia del bambino che non vuole crescere e un attore convincente per personificare un adulto che riscopre il bambino che è in sé.

Le scelte di Steven Spielberg come regista e di Robin Williams come protagonista sembravano molto promettenti: da una parte uno dei cineasti più popolari di Hollywood; dall'altra uno dei comici più amati del mondo, capace di performance recitative superbe, come in L'Attimo Fuggente del 1989.

Come se non bastasse, ad affiancare il buon Robin era stato ingaggiato un cast fresco di eclatanti successi recenti: Dustin Hoffman (Oscar nel 1991 per Rain Man), superlativo nella parte del cattivo; Bob Hoskins (recentemente scomparso, ma allora reduce dai fasti di Chi ha incastrato Roger Rabbit?, 1988), simpatico Spugna; Julia Roberts (Pretty Woman è del 1990) come Campanellino; il giovanissimo Charlie Korsmo (a fianco di Warren Beatty in Dick Tracy, 1990).

Per non parlare delle mini comparsate di Glenn Close (nella parte del pirata!), Phil Collins (commissario di polizia), George Lucas e Carrie Fisher (due innamorati che prendono letteralmente il volo) e dell'allora giovanissima Gwyneth Paltrow.

Nonostante le premesse, però, la pellicola - pur avendo avuto un buon riscontro di pubblico - non incassò ai botteghini quanto sperato e fu stroncata dai critici.

In effetti Hook non convince fino in fondo: indugia troppo sui Bambini Sperduti, è un po' ruffiano in certe scene, concede troppo spazio ad una Roberts non in gran spolvero (durante le riprese le sue vicende personali hanno avuto un'influenza negativa sulla sua recitazione) e non abbastanza al duello tra Peter Pan e Capitan Uncino, vero motivo d'interesse del film.

Però non si può negare che, visto 13 anni dopo, resti uno spettacolo gradevole, grazie a immaginifici costumi e scenografie, alle musiche del solito John Williams, alla consueta magistrale regia di mastro Spielberg, che ancora una volta incentra la vicenda sul rapporto-conflittuale-ma-poi-risolto-positivamente tra padre e figlio, una costante della sua filmografia.

E grazie soprattutto alle straordinarie interpretazioni di Dustin Hoffman - che pur coperto da un pesante trucco riesce a rendere il suo personaggio davvero memorabile - e Robin Williams, perfetto nel ruolo dell'adulto che, ritrovandosi a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, lo scopre molto migliore di quanto si era abituato a vederlo.

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lunedì 15 settembre 2014

ROBIN WILLIAMS. L'ATTIMO FUGGENTE, TUTTI A SCUOLA DAL "CAPITANO"!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1989
124'
Regia: Peter Weir
Con: Robin Williams, Ethan Hawke, Robert Sean Leonard, Josh Charles, Gale Hansen, Melora Walters.


"Tradizione. Onore. Disciplina. Eccellenza".
Questi sono i quattro pilastri sui quali si fonda il prestigio della Welton Academy (il nome è di fantasia), scuola privata immersa in una natura quieta e dai colori suggestivi, frequentata dai rampolli di famiglie molto benestanti e/o ambiziose.

Ma questa oasi di conservatorismo, rigore e serietà verrà scombussolata dall'arrivo del professor John Keating (Williams), ex alunno della stessa scuola e ora insegnante piuttosto poco convenzionale.
Sarà lui a far riscoprire ai suoi allievi la bellezza della letteratura e della vita, a spingerli a pensare con la propria testa.
E riuscirà a far breccia nei loro cuori e nelle loro menti, come mostrato nello struggente e indimenticabile finale.

Dead Poets Society, nel film è tradotto come "La Setta dei Poeti Estinti", è il titolo originale di quello che è probabilmente - e giustamente - il lavoro più celebre del talentuoso regista australiano Peter Weir (prima, aveva diretto Picnic ad Hanging Rock, L'Ultima Onda, Gli Anni Spezzati, Un Anno Vissuto Pericolosamente, Witness-Il Testimone, Mosquito Coast; successivi sono Green Card-Matrimonio di Convenienza, The Truman Show, Master and Commander).

Baciata da un successo di pubblico (ottimo: fu un inatteso campione d'incassi) e critica (buono; purtroppo ottenne un solo Oscar, per la miglior sceneggiatura originale di Tom Schulman), quest'opera si inserisce nel filone delle pellicole di formazione, ma con molti tratti distintivi.

Innanzitutto, il disegno dei personaggi: i ragazzi sono ben caratterizzati ed è facile immedesimarsi nelle loro aspirazioni, nelle loro ansie, nei loro piccoli e grandi problemi.
I giovani attori che li interpretano, ai tempi tutti sconosciuti, sono veramente molto bravi: Ethan Hawke - l'unico che successivamente ha saputo costruirsi una carriera di tutto rispetto (si veda, per esempio, Before Midnight) - è stato lanciato dal ruolo dell'introverso Todd Anderson, Robert Sean Leonard (Neil Perry) ha la faccia e la personalità giusta, così come Josh Charles (Knox Overstreet) e Gale Hansen (che nel ruolo di Charlie "Nuwanda" Dalton offre una prova decisamente convincente, benché in seguito sia scomparso dal grande schermo).

Più difficile trovare nella realtà, invece, uno come il Professor Keating.
Il vero protagonista del film è l'insegnante che tutti abbiamo sognato: appassionato, coinvolgente, simpatico, fuori dagli schemi, disponibile, rispettoso, aperto al dialogo, onesto, conscio del proprio ruolo educativo.

Robin Williams offre qui una prova attoriale memorabile ed è perfetto nella parte: il nostro correva il rischio di fare del suo personaggio una macchietta o - peggio ancora - uno stereotipo o un modello ideale; ha invece saputo renderlo buffo e convincente, divertente e profondo, evitando i cliché del genere.
Gli hanno dato l'Oscar per Will Hunting-Genio Ribelle, per un ruolo simile.
Ma lo meritava maggiormente per L'Attimo Fuggente.

Altri punti di forza della pellicola sono la regia di Weir (uno che gli attori sa dirigerli bene) e la splendida fotografia di John Seale.
Senza dimenticare la sunnominata sceneggiatura di Schulman, con citazioni da Thoreau, Whitman ("Oh Capitano! Mio Capitano!", ma non solo), Tennyson, Emerson, Shakespeare e con la locuzione-tormentone "Carpe Diem", presa da Orazio e qui un po' liberamente tradotta come "cogli l'attimo" (il significato letterale sarebbe "cogli il giorno", cioè vivi il presente senza curarti troppo del futuro).

Risultato? Un film indimenticabile, che emoziona e tocca nel profondo.
Un'ode ad un anticonformismo che non sia di facciata, ma cominci dal pensiero: più eversivo e potenzialmente esplosivo.

Per la redazione di CINEMA A BOMBA!, una delle opere cinematografiche - e pedagogiche - migliori di tutti i tempi.
Più che consigliato: imperdibile.

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domenica 7 settembre 2014

VENEZIA 2014. I VINCITORI, LA DELUSIONE CONTINUA

(Il regista svedese Roy Andersson bacia il Leone d'Oro) 


Proprio così, la delusione continua.
Dove la parola "continua" può essere intesa sia come forma verbale sia come aggettivo.

La 71a Mostra del Cinema di Venezia verrà ricordata tra le meno significative degli ultimi anni: come avevamo tristemente constatato nel nostro precedente post, quella del Lido è una rassegna superata ormai a sinistra e a destra.
Quando anche il programma del Festival di Telluride è più intrigante, vuol dire che c'è qualcosa che non va.

Pochissimi i film di alto profilo, ancor meno quelli imperdibili.
E il fatto che un'opera come Birdman - se non la migliore, quantomeno la più attesa e interessante pellicola in concorso - non abbia ricevuto nessun riconoscimento, non fa che confermare la mediocrità della kermesse.
Snobbare il grandissimo ex-Batman Michael Keaton (qui alle prese con un ruolo quasi autobiografico) per girare la Coppa Volpi allo sconosciuto Adam Driver è insensato, se non folle.

L'unico (apparente) criterio con cui è stato assegnato l'ambito Leone d'Oro sembra essere la stranezza del titolo.
Probabilmente solo pochi appassionati correranno al cinema a vederlo, ma volete mettere quanto fa figo premiare un film che si intitola Un Piccione Seduto su un Ramo che Riflette sull'Esistenza?

Tra i pochi riconoscimenti degni di nota, segnaliamo invece la Coppa Volpi femminile conquistata dalla connazionale Alba Rohrwacher (che fa il paio col Gran Prix vinto dalla sorella Alice pochi mesi fa al Festival di Cannes) e il premio speciale Glory To The Filmaker andato all'onnipresente James Franco, vecchio compagno di proiezioni della redazione di CINEMA A BOMBA! e abitué della Mostra.

E un altro anno è andato.
Vedremo il prossimo...


LEONE D’ORO per il miglior film a A Pidgeon Sat on a Branch Reflecting on Existence di Roy Andersson (Svezia)

LEONE D’ARGENTO per la migliore regia ad ANDREJ KONčALOVSKIJ per The Postman's White Nights (Russia)

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a The Look of Silence di Joshua Oppenheimer (Gran Bretagna)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione maschile a ADAM DRIVER nel film Hungry Hearts di Saverio Costanzo (Italia)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione femminile a ALBA ROHRWACHER nel film Hungry Hearts (Italia)

PREMIO OSELLA PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a RAKHSHAN BANIETEMAD e FARID MOSTAFAVI per Tales (Iran)

PREMIO JAEGER-LeCOULTRE GLORY TO THE FILMAKER a JAMES FRANCO

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martedì 2 settembre 2014

ROBIN WILLIAMS. GOOD MORNING VIETNAM, CRONACHE DA UNA RADIO LIBERA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1987
122'
Regia: Barry Levinson
Con: Robin Williams, Forest Whitaker, J.T. Walsh, Bruno Kirby, Robert Wuhl, Noble Willingham, Tung Thanh Tran, Chintara Sukapatana.


L'aviere Cronauer (Williams), esperto intrattenitore radiofonico dell'esercito, viene mandato a Saigon a fare il DJ, allo scopo di tenere alto il morale delle truppe USA in guerra coi Vietcong.
Qui si scontra con un superiore (Walsh), si intruppa con altri commilitoni tra cui un autista black (Whitaker) e soprattutto si innamora di una mite ragazza del posto, facendo anche amicizia col di lei fratello.

Dopo aver dato un breve sguardo ai primi anni della carriera di Robin Williams, abbiamo scelto questo film per iniziare a parlare dei suoi film più significativi.
Non solo perché è quello che ha fatto conoscere al mondo il comico di Chicago, ma anche perché è il primo in cui - ovviamente nella versione italiana - lo si ascolta con la voce di Carlo Valli, che da qui in poi sarà il suo doppiatore ufficiale (soltanto occasionalmente sostituito dal non meno bravo Marco Mete).

Ispirata molto liberamente alla vita del vero Adrian Cronauer (che era sì un DJ, ma certo non un comico né un pacifista: repubblicano convinto, nel 2004 era nello staff per la rielezione di George W. Bush e Dick Cheney), la pellicola sembra scritta apposta per Williams e il suo istrionismo vulcanico, anche se - inevitabilmente, data l'ambientazione - non mancano le tonalità drammatiche; una novità per l'attore, al tempo.

Le parti più memorabili e spassose sono ovviamente quelle dei monologhi radiofonici, interamente improvvisate da Robin con abilità e velocità uniche (se ci fate caso, le risate del resto del cast in queste sequenze sembrano autentiche).

Il nostro è il mattatore assoluto del film: travolgente nei momenti comici quanto credibile in quelli seri, ma è ben spalleggiato dai non protagonisti.
Tra questi emergono in particolare il giovane Forest Whitaker - futuro vincitore di un meritatissimo Oscar per L'Ultimo Re di Scozia - e Robert Wuhl, l'indimenticabile Alexander Knox nel Batman di Tim Burton (che recensiremo a breve!).

Non è facile realizzare un'opera di genere bellico che faccia ridere e al contempo riflettere sull'assurdità della guerra, senza stereotipi né manicheismi.
Levinson e i suoi collaboratori ci sono riusciti: Good Morning, Vietnam è una delle pellicole più riuscite sul conflitto asiatico.
E per tutti rimane una bella occasione per riscoprire un Robin Williams d'antan.

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