CINEMA A BOMBA!

mercoledì 31 agosto 2016

VENEZIA 2016. I FILM IN E FUORI CONCORSO

Dall'alto: Ryan Gosling ed Emma Stone si librano in volo nel film di apertura della Mostra, La La Land di Damien Chazelle; una scena di Arrival di Denis Villeneuve; un'immagine tratta da Hacksaw Ridge di Mel Gibson. 


La 73a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (31 Agosto - 10 Settembre 2016) promette fuochi d'artificio.

Dopo anni di magra, la rassegna cinematografica più longeva al mondo potrebbe tornare sotto le luci della ribalta internazionale che si addicono al suo grande prestigio: il programma questa volta non presenta più quelli che potevano sembrare scarti degli altri festival, ma opere di artisti di primo piano e di autori promettenti.

In particolare, la giuria della sezione principale - presieduta dal regista inglese Sam Mendes (American Beauty, Era mio padre, Revolutionary Road, Skyfall, Spectre) e comprendente l'artista Laurie Anderson (in concorso l'anno scorso), le attrici Gemma Arterton, Chiara Mastroianni, Nina Hoss, Zhao Wei, lo scrittore/sceneggiatore Giancarlo De Cataldo, il documentarista Joshua Oppenheimer, il vincitore del Leone d'Oro 2015 Lorenzo Vigas - avrà l'arduo compito di assegnare premi a lavori molto diversi tra di loro e tutti potenzialmente molto interessanti.

Anche le pellicole fuori concorso e nelle sezioni collaterali sembrerebbero in gran parte accattivanti, così come i tanti documentari e cortometraggi.

Vi presenteremo nel prossimo post le nostre valutazioni preliminari, ma possiamo già anticiparvi che un cartellone così è da leccarsi i baffi: opere dei maestri Terrence Malick (un ambizioso documentario), Wim Wenders, Emir Kusturica, Mel Gibson; pellicole dei meno noti ma molto talentuosi Damien Chazelle (che avrà l'onore di aprire la kermesse con l'attesissimo e promettentissimo La La Land) Derek Cianfrance, Pablo Larraín, François Ozon, Denis Villeneuve; film potenzialmente sorprendenti (teniamo d'occhio il documentario italiano Spira Mirabilis, tra gli altri) e di intrattenimento (come il nuovo I Magnifici 7)...

E poi occhio alla sfida al femminile tra le due dive Amy Adams e Natalie Portman, entrambe presenti al Lido con due pellicole ciascuna (e che pellicole!), così come il cantautore australiano Nick Cave.

Insomma, pare proprio che quest'anno ci sarà da divertirsi, come potrete constatare anche voi dando un'occhiata a trailer, trame, interviste con i registi, curiosità... che abbiamo cercato per voi e che potete trovare nei link seguenti.

Si accendano i riflettori, si azionino i proiettori: la Mostra di Venezia 2016... si mostra al mondo nel suo splendore!








FILM IN CONCORSO

La La Land, regia di Damien Chazelle (USA) [Film di apertura], con Ryan Gosling, Emma Stone, John Legend, J.K. Simmons
The Bad Batch, regia di Ana Lily Amirpour (USA), con Jason Momoa, Keanu Reeves, Jim Carrey
Une vie, regia di Stéphane Brizé (Francia, Belgio)
The Light Between Oceans, regia di Derek Cianfrance (USA, Australia, Nuova Zelanda), con Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz
El ciudadano ilustre, regia di Mariano Cohn, Gastón Duprat (Argentina, Spagna)
Spira mirabilis, regia di Massimo d'Anolfi, Martina Parenti (Italia, Svizzera) [Documentario]
The Woman Who Left (Ang babaeng humayo), regia di Lav Diaz (Filippine)
La región salvaje, regia di Amat Escalante (Messico)
Nocturnal Animals, regia di Tom Ford (USA), con Jake Gyllenhaal, Amy Adams, Michael Shannon
Piuma, regia di Roan Johnson (Italia)
Paradise (Rai), regia di Andrei Konchalovsky (Russia, Germania)
Brimstone, regia di Martin Koolhoven (Paesi Bassi, Germania, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Svezia), con Dakota Fanning, Guy Pearce, Kit Harington, Carice Van Houten
On the Milky Road (Na mlijecnom putu), regia di Emir Kusturica (Serbia, Gran Bretagna), con Monica Bellucci, Emir Kusturica
Jackie, regia di Pablo Larraín (Usa, Cile), con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, John Hurt
Voyage of Time, regia di Terrence Malick (Usa, Germania) [Documentario], con le voci di Brad Pitt e Cate Blanchett e la colonna sonora di Ennio Morricone
El Cristo ciego, regia di Christopher Murray (Cile, Francia)
Frantz, regia di François Ozon (Francia, Germania)
Questi giorni, regia di Giuseppe Piccioni (Italia), con Margherita Buy, Filippo Timi
Arrival, regia di Denis Villeneuve (USA), con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker
Les beaux jours d'Aranjuez, regia di Wim Wenders (Francia, Germania), con Nick Cave








FILM FUORI CONCORSO

One More Time with Feeling, regia di Andrew Dominik (Gran Bretagna), con Nick Cave
The Bleeder, regia di Philippe Falardeau (USA, Canada), con Liev Schreiber, Naomi Watts, Ron Perlman
I magnifici 7 (The Magnificent Seven), regia di Antoine Fuqua (USA), con Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D’Onofrio
Hacksaw Ridge, regia di Mel Gibson (USA, Australia), con Andrew Garfield, Vince Vaughn, Teresa Palmer, Sam Worthington
The Journey, regia di Nick Hamm (Gran Bretagna), con Timothy Spall, Colm Meaney, Freddie Highmore, John Hurt
À jamais, regia di Benoît Jacquot (Francia, Portogallo), con Mathieu Amalric
Gantz:O, regia di Yasushi Kawamura (Giappone) [Film d'animazione]
The Age of Shadows (Miljeong), regia di Jee Woon Kim (Corea del Sud)
Monte, regia di Amir Naderi (Italia, USA, Francia), con Anna Bonaiuto
Tommaso, regia di Kim Rossi Stuart (Italia), con Kim Rossi Stuart, Jasmine Trinca, Cristiana Capotondi
The Young Pope, regia di Paolo Sorrentino (Italia, Francia, Spagna, USA) - [Serie Tv. Episodi I e II], con Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando
Planetarium, regia di Rebecca Zlotowski (Francia, Belgio), con Natalie Portman








DOCUMENTARI

Our War, regia di Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia, Benedetta Argentieri (Italia, USA)
I called him Morgan, regia di Kasper Collin (Svezia, USA)
Austerlitz, regia di Sergei Loznitsa (Germania)
Assalto al cielo, regia di Francesco Munzi (Italia)
Safari, regia di Ulrich Seidl (Austria, Danimarca)
American Anarchist, regia di Charlie Siskel (USA)








CORTOMETRAGGI

Le reste est l'oeuvre de l'homme, regia di Doria Achour (Francia, Tunisia)
Dadyaa, regia di Bibhusan Basnet, Pooja Gurung (Nepal, Francia)
Stanza 52, regia di Maurizio Braucci (Italia)
Molly Bloom, regia di Chiara Caselli (Italia)
Samedi Cinema, regia di Mamadou Dia (Senegal)
Colombi, regia di Luca Ferri (Italia)
On the Origin of Fear, regia di Bayu Prihantoro Filemon (Indonesia)
Good News, regia di Giovanni Fumu (Corea del Sud, Italia)
Ruah, regia di Flurin Giger (Svizzera)
Ce qui nous éloigne, regia di Wei Hu (Francia), con Isabelle Huppert
Good Luck, Orlo! (Srecno, Orlo!), regia di Sara Kern (Slovenia, Croazia, Austria)
Amalimbo, regia di Juan Pablo Libossart (Svezia, Estonia)
Midwinter, regia di Jake Mahaffy (USA, Nuova Zelanda)
La voz perdida, regia di Marcello Martinessi (Paraguay, Venezuela, Cuba)
500.000 years (500.000 pee), regia di Chai Siris (Tailandia)
First Night (Prima noapte), regia di Andrei Tanase (Romania, Germania)








Questi sono invece le opere che più ci paiono interessanti nella vasta sezione ORIZZONTI:

King of the Belgians, regia di Peter Brosens, Jessica Woodworth (Belgio, Paesi Bassi, Bulgaria)
Through the Wall (Laavor et Hakim), regia di Rama Burshtein (Israele)
Liberami, regia di Federica Di Giacomo (Italia)
Dawson City: Frozen Time, regia di Bill Morrison (USA, Francia)
Réparer les vivants, regia di Katell Quillévéré (Francia, Belgio), con Tahar Rahim, Emmanuelle Seigner
Dark Night, regia di Tim Sutton (USA)
Il più grande sogno, regia di Michele Vannucci (Italia)








Nuova, ma particolarmente accattivante, la rassegna non competitiva CINEMA NEL GIARDINO, che prevede incontri ed approfondimenti con autori, interpreti, personalità del mondo della cultura.
Questi titoli, in particolare, ci sembrano meritevoli di attenzione:

Inseparables, regia di Marcos Carnevale (Argentina)
Franca: Chaos and Creation, regia di Francesco Carrozzini (Italia) - documentario
In Dubious Battle, regia di James Franco (USA), con Bryan Cranston, Ed Harris, James Franco, Josh Hutcherson, Robert Duvall, Sam Shepard, Selena Gomez
The Net (Geumul), regia di Kim Ki-Duk (Corea del Sud)
L'estate addosso, regia di Gabriele Muccino (Italia)
Pets - Vita da animali (The Secret Life of Pets), regia di Chris Renaud, Yarrow Cheney (USA)
Robinù, regia di Michele Santoro (Italia) - documentario
My Art, regia di Laurie Simmons (USA)

Etichette: , , , , , , , , , , , , ,

lunedì 29 agosto 2016

I CLASSICI: LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT, CUORE E ACCIAIO ITALIANI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Italia, 2016
118'
Regia: Gabriele Mainetti
Interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Antonia Truppo.


Enzo (Santamaria), piccolo criminale "de borgata", per sfuggire alla polizia, si immerge nel Tevere.

Qui si infanga con una melma tossica che, inaspettatamente, gli provoca una forza e una resistenza sovrumane.

Le responsabilità dei nuovi poteri e nei confronti di una ragazza orfana con problemi psichici (Pastorelli), lo renderanno conscio di dover dare una svolta alla propria vita, anche perché dovrà fare i conti con lo Zingaro (Marinelli), bandito psicopatico, ambizioso e senza remore morali.

Estate. Tempo (anche) di cinema all'aperto.
Se nel vostro luogo di villeggiatura hanno in programma questo film, beh, vi consigliamo di prenderlo in considerazione.

Lungometraggio di esordio di Gabriele Mainetti - precedentemente aveva diretto dei cortometraggi, tra i quali il pluripremiato Tiger Boy -, Lo chiamavano Jeeg Root è stato uno dei casi cinematografici degli ultimi 6 mesi: incassi molto buoni, ottimi riscontri di critica, parecchi premi vinti - tra i quali 8 David di Donatello (su 17 nomine. Vinti, tra gli altri, premi per il miglior regista esordiente e per tutti e quattro gli attori principali).

E il sollucchero di vedere una pellicola italiana, di genere (in questo caso, di genere piuttosto insolito per la nostra cinematografia: quello supereroistico), ben fatta (nonostante un budget non all'altezza delle grandi produzioni a stelle e strisce).

Non aspettatevi quindi un kolossal tutto combattimenti coreografati ed effetti speciali come Batman v Superman, Captain America-Civil War o X-Men:Apocalisse.

Ma un film fatto artigianalmente con passione, originalità, un film che offre divertimento - anche "nero" -, ritmo, vivacità, colpi di scena e una regia pimpante che sa coniugare i necessari tòpoi del genere con un linguaggio e un immaginario pulp, anime (cioè, tipico dell'animazione di produzione giapponese) e poliziesco dal sapore un po' rétro stile anni Ottanta, continuamente richiamati con rimandi più o meno palesi.

Peccato che l'aderenza all'ambientazione si manifesti in un marcato e diffuso utilizzo della parlata romanesca, non sempre comprensibile a chi romano non è.
Peccato di provincialismo perdonabile, tutto sommato, riscattato comunque dai tanti punti di forza del film.

Detto della regia, non possiamo non rimarcare l'ottima prova del cast.

Santamaria è convincente: tormentato, scontroso, impacciato nei rapporti con le persone, solitario, dà al suo personaggio di antieroe un tono di dolente malinconia e di credibile umanità.

La Pastorelli, che ha un passato nel Grande Fratello, è al suo esordio e se la cava, calcando la scena con un passo leggero che fa contrasto con l'ambiente violento che la circonda.

Il migliore, tuttavia, è Marinelli.
Appassionato di canzoni italiane anni 70/80 cantate da donne - memorabile la sua esibizione sulle note di Un'emozione da poco di Anna Oxa, ma canta anche Non sono una signora di Loredana Bertè e con il sottofondo di Ti stringerò di Nada compie un'irruzione dagli esiti piuttosto cruenti, mentre Latin Lover di Gianna Nannini è la colonna sonora del mancato assalto ad un furgone portavalori - il suo Zingaro è spietato, sessualmente ambiguo, egocentrico e malato di protagonismo.

Un cattivo a tutto tondo, degno antagonista di un supereroe - anzi, quasi sempre ruba la scena agli altri con il suo maramaldeggiare e gigioneggiare a tutto spiano: un villain esagerato che però ben si adatta ad un film tutt'altro che sobrio.
Una sorta di Joker più Jack Nicholson nel Batman burtoniano che Heath Ledger in The Dark Knight-Il Cavaliere Oscuro o Jared Leto nel recentissimo Suicide Squad, ma coatto.

Solitamente, quando pensi a "film italiano" vengono in mente sciape commedie, film comici di bassa o bassissima lega, pellicole d'autore spesso noiosissime e/o inutili (però lodevoli eccezioni sono state per esempio, negli ultimi anni, i notevoli La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, vincitore di un Oscar come miglior film straniero e Mia Madre di Nanni Moretti, in concorso a Cannes 2015).

C'è chi prova, invero, a discostarsi dal già-visto, ma non sempre gli esiti sono felici, come insegna l'infausta incursione nel fantasy di un cineasta pur talentuoso come Matteo Garrone con il suo Il Racconto dei Racconti.

Tuttavia, qualcosa nel cinema italiano sembra si stia finalmente muovendo e nuovi nomi e volti stanno emergendo, così come nuove e fresche idee.
C'è ancora penuria di capitali, ma l'auspicio è che l'italica creatività nel campo della Settima Arte riesca a risvegliarsi.

Mainetti - al suo esordio, ricordiamolo! - ce l'ha fatta invece a dimostrare che cambiare si può e che i film cosiddetti "di genere" hanno una propria dignità e possono suscitare l'interesse di una vasta platea.

Per questo il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot è una bella notizia e una speranza - quella che il cinema nostrano si riavvicini ai gusti del suo pubblico.
Sarebbe ora...







Etichette: , , , , , , , , , , , ,

venerdì 26 agosto 2016

SUICIDE SQUAD, QUELLA SPORCA (E CATTIVA) MEZZA DOZZINA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2016
123'
Regia: David Ayer
Interpreti: Margot Robbie, Will Smith, Jared Leto, Viola Davis, Joel Kinnaman, Jai Courtney, Jay Hernandez, Scott Eastwood, Cara Delevingne, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Karen Fukuhara, Common, Ezra Miller, Ben Affleck.


Superman è un alieno dotato di poteri ben superiori a quelli degli uomini. Però - per fortuna - sta dalla loro parte.
Ma cosa succederebbe se la Terra dovesse affrontare un'entità altrettanto potente ma più ostile?

Naturalmente, è proprio ciò che accade: una strega malvagia entra nel corpo di un'archeologa (Delevingne) e decide di distruggere la razza umana.

Per fermarla, un'agente governativa senza scrupoli (Davis) fa allestire a o' surdato 'nnamurato Rick Flagg (Kinnaman, già inespressivo nuovo RoboCop) una squadra composta di supercriminali pronti a tutto: alcuni umani, altri solo per metà (infatti sono chiamati "metaumani").

Ecco allora il cecchino infallibile Deadshot (Smith, con un look alla Isaac Hayes), la squinternata Harley Quinn (Robbie) - fidanzata del Joker (Leto) -, l'australiano Captain Boomerang (Courtney), la giapponese Katana (Fukuhara), l'incendiario El Diablo (Hernendez) e l'uomo-coccodrillo Killer Croc (Akinnuoye-Agbaje; il Mr. Eko di Lost, per intenderci).

Suicide Squad è il terzo film del franchise DC Extended Universe, il primo non diretto da Zack Snyder.
Prima c'erano stati Man of Steel-L'Uomo d'Acciaio del 2013 e Batman v Superman: Dawn of Justice di pochi mesi fa. Questo è invece una sorta di spin-off: i protagonisti sono quasi tutti antagonisti dell'Uomo Pipistrello & C.

L'idea di fondo era quindi stuzzicante: mettere insieme una squadra di super cattivoni per vedere se insieme riescono a combinare qualcosa di buono.

Ovviamente era facile prevedere un piacevole intrattenimento: si sa, i buoni dormono meglio, ma i cattivi da svegli si divertono di più (cit. Woody Allen).
Tuttavia, il risultato complessivo è un po' al di sotto delle aspettative.

La trama sembra un semplice pretesto per presentare la squadra e mettere in piedi una baraonda fracassona e confusionaria condita con una scatenata colonna sonora pop.

L'anello debole è la sceneggiatura, riscritta: quella precedente era più "seria", ma dopo il mezzo flop di BvS, a cui era stato imputato di essere poco divertente, i produttori hanno deciso di dare alla pellicola un tocco più brillante.

Ma la fretta, com'è noto, è una cattiva consigliera: Ayer - che già aveva scritto Training Day e diretto gli apprezzati End of Watch e Fury - ha dovuto in fretta e furia rimettere mano allo script, con il risultato che questo, alla fine, conserva delle sequenze drammatiche che mal si amalgamano con quelle più scanzonate, risultando poco fluido e non molto coerente.
Guardando il film con attenzione si possono quasi distinguere quali scene sono state girate prima della revisione e quali dopo.

Anche lo spazio dato ai singoli personaggi probabilmente risente del cambio.

Compaiono molto, giustamente, il Deadshot di Will Smith - un protagonista di tipo tradizionale, cioè carismatico e trascinatore - e la Harley Quinn di Margot Robbie.

Ci permettiamo, a proposito, di spendere due parole a favore della bellissima australiana, lanciata da Martin Scorsese in The Wolf of Wall Street e ora attrice molto richiesta.

Nel suo ruolo non mette in mostra solo il fisico statuario, ma anche una vitalità esuberante da bad girl innamorata, "maledetta" e imprevedibile, risultando il vero motore comico del film.

Una scelta azzeccata, quella di affidarle la parte e di fare del suo personaggio - già iconico - l'effettivo fulcro della pellicola, ma che ha portato al risultato di oscurare il suo partner sullo schermo: il Joker in versione metrosexual di Jared Leto.

L'attore premio Oscar per Dallas Buyers Club ha cercato di distinguersi dai predecessori Jack Nicholson (nel Batman di Tim Burton) e Heath Ledger (in The Dark Knight-Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan): il suo villain è meno esuberante e oscuro dei suoi antecedenti, semmai più dandy, romantico e decadente.

Tuttavia i suoi sforzi sono stati vanificati dai tanti tagli in fase di montaggio che ne riducono il ruolo a semplice comparsa, tra l'altro superflua ai fini narrativi. Con suo grande disappunto, rimarcato più volte nelle interviste.
Non possiamo giudicarlo appieno: compare troppo poco.

Non così necessarie, ma funzionali alla continuità dell'universo DC, sono invece le brevi apparizioni di Ben Affleck nei panni di Batman (quattro in tutto) e di Ezra Miller in quelli di Flash (una, giustamente molto... rapida).
Il Batfleck è ormai oggetto di culto, le sue comparsate sono spesso accompagnate da vere e proprie ovazioni; il velocista rosso è trainato dalla popolare serie tv (dove però è interpretato da un altro attore).

E gli altri?
Praticamente non pervenuto il personaggio di Slipknot, trovano troppo poco spazio Captain Boomerang e Killer Croc, mentre è adeguato quello riservato all'agente Waller e a El Diablo e Katana.

Eccessivo, al contrario, quello concesso al Rick Flagg di Kinnaman e alla spietata Incantatrice della celebre top model Cara Delevingne, che ancheggia e bamboleggia senza costrutto per metà film ed è surclassata in ogni campo dalla Robbie.

Detto questo, tuttavia, non ce la sentiamo di stroncare del tutto Suicide Squad come la stragrande maggioranza dei critici cinematografici, e neppure di incensarlo come hanno fatto Kevin Smith e i fan oltranzisti.
Questi ultimi hanno addirittura promosso una petizione per chiedere la chiusura del sito di aggregazione di recensioni Rotten Tomatoes, reo di aver bocciato senza appello la pellicola.

Insomma, siamo di fronte pur sempre ad un tipico prodotto hollywoodiano di intrattenimento senza impegno, benché certamente, a livello di spasso goliardico, I Guardiani della Galassia e Deadpool siano un'altra cosa.

Però il divertimento alla fine c'è, l'azione pure, i personaggi sono sufficientemente accattivanti e simpatici.
Da una pellicola espressamente pensata per la stagione estiva non si può pretendere molto di più.

Anche perché quella sporca mezza dozzina, in fondo, tanto cattiva non è.




Etichette: , , , , , , , , , , , , , , ,

mercoledì 17 agosto 2016

I CLASSICI: L'ANNO DEL DRAGONE, VIVERE E MORIRE A CHINATOWN

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1985
145'
Regia: Michael Cimino
Interpreti: Mickey Rourke, John Lone, Ariane, Raymond J. Barry, Eddie Jones, Victor Wong.


New York. Il giovane e rampante gangster Joey Tai (Lone) tenta la scalata ai vertici della mafia cinese di Chinatown.
Ma a contrastare i suoi piani trova Stanley White (Rourke), pluridecorato reduce del Vietnam divenuto capitano di polizia.

Entrambi hanno già altri problemi: il primo nel rendersi credibile agli occhi degli anziani della propria comunità, il secondo nei rapporti con la moglie e i colleghi.
Lo scontro tra i due sarà senza esclusione di colpi.

A 5 anni di distanza dal disastro finanziario de I Cancelli del Cielo, che portò alla bancarotta la United Artists, Michael Cimino tornava dietro la macchina presa.
E lo faceva col suo film più scattante, inatteso e - forse, nel complesso - più riuscito.

Scritto a quattro mani con Oliver Stone, sceneggiatore di qualche merito (è suo il copione di Scarface diretto da Brian DePalma) e futuro regista di successo (Platoon, Wall Street, JFK), L'Anno del Dragone è - insieme a Vivere e Morire a Los Angeles del maestro William Friedkin, uscito nello stesso anno - il miglior poliziesco degli anni 80.

Nella cornice di una New York interamente ricreata in studio (così accurata nella sua finzione da aver tratto in inganno persino Stanley Kubrick, originario del Bronx), viene descritta una sorta di caccia al topo, una sfida tra due individui diversi e complementari, due ideologie, due culture.

Da un lato un "cattivo" senza molti scrupoli che però possiede una certa eleganza, una certa dignità tragica.
Dall'altro il "buono" più egoista, razzista e politicamente scorretto della storia di Hollywood.

Mickey Rourke - invecchiato dal trucco e, nella versione italiana, dalla voce bellissima di Ferruccio Amendola - è eccezionale nel rendere il proprio personaggio anche fragile, insicuro, umano.
Senza dubbio, una delle sue migliori interpretazioni.

Adattando liberamente un romanzo un po' fiacco di Robert Daley, Cimino e Stone scrivono i dialoghi più brillanti e sfacciati della propria carriera, iniettano un po' di ironia sarcastica e inseriscono alcune scene d'azione da antologia del cinema.

Due sparatorie in particolare - quella al ristorante e quella finale sui binari del treno - bastano a esprimere la maestria registica del cineasta italo-americano.

Come e forse più de Il Cacciatore, che pure gli aveva dato una repentina quanto effimera gloria, L'Anno del Dragone è il film che meglio ha saputo esprimere le qualità di Michael Cimino, autore poco prolifico e fuori da ogni schema.

Un piccolo artista incompreso che Hollywood aveva rinnegato e che adesso, inevitabilmente, rimpiangerà.




Etichette: , , , , , , , , ,

mercoledì 10 agosto 2016

I CLASSICI: IL CACCIATORE, IL COLPO VINCENTE DI CIMINO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA/Regno Unito, 1978
182'
Regia: Michael Cimino
Interpreti: Robert De Niro, Christopher Walken, Meryl Streep, John Savage, John Cazale, George Dzundza.


Lavoro (in una fonderia), hobby (la caccia al cervo), amori, il matrimonio di uno di loro.

La vita di un gruppo di ragazzi alla vigilia della partenza per il Vietnam di tre di loro scorre spensierata e allegra, ma la realtà della guerra si dimostrerà traumatica.

Al ritorno, nulla sarà mai più come prima.

Il 2 Luglio scorso ci ha lasciato Michael Cimino.

Noto per la sua (per molti eccessiva) meticolosità e per i suoi comportamenti bizzarri, egli verrà ricordato soprattutto per questo film.

Era il 1978 quando questo uscì, il regista - ex sceneggiatore - aveva trentanove anni e una sola precedente esperienza dietro alla cinepresa (Una Calibro 20 per lo Specialista del 1974, con Clint Eastwood e Jeff Bridges).

Eppure, nonostante ciò, alla cerimonia degli Oscar dell'anno successivo la pellicola si aggiudicò 5 statuette - migliori film, regia, attore non protagonista (Walken), montaggio e sonoro - su 9 nomination che comprendevano anche sceneggiatura originale, fotografia (Vilmos Zsigmond), attore protagonista (De Niro, intenso e bravissimo) e attrice non protagonista (Streep, alla prima di una lunghissima serie di nomine: al momento siamo a quota 19!).

E il quasi esordiente si aggiudicò le due più prestigiose, forte di un grosso apprezzamento da parte di critica e pubblico.

Si parlò di un nuovo prodigio della cinematografia mondiale, di un autore potenzialmente in grado di lasciare un'impronta duratura, assieme ad altri talenti emergenti del periodo come Steven Spielberg, Francis Ford Coppola, George Lucas, Martin Scorsese.

Ma l'entusiasmo fu tuttavia effimero: nel 1980 uscì, dopo una travagliata produzione dai costi spropositati, I Cancelli del Cielo, uno dei flop più epocali della storia del cinema - tanto che fu tra le cause principali della bancarotta della gloriosa casa di produzione United Artists -, stroncato senza appello da critica e pubblico.

La reputazione di Cimino ne uscì distrutta: al contrario di William Friedkin - che dopo il boom di Il Braccio Violento della Legge e L'Esorcista aveva subito una rovinosa caduta con il pur ottimo Il Salario della Paura, ma poi ha saputo riprendersi con pellicole quali Vivere e Morire a Los Angeles, Bug e Killer Joe - egli non riuscì più a risollevarsi del tutto (nonostante L'Anno del Dragone del 1985).

Sì, Il Cacciatore è rimasto il suo esito più fortunato.

I forti contrasti tra i diversi tempi del film si scontrano violentemente e creano sensi di straniamento e disorientamento, proprio come quelli vissuti dai personaggi.

La prima parte è gioiosa laddove mostra il matrimonio (con rito ortodosso, quindi particolarmente suggestivo) e la successiva festa scatenata, e bucolica quando segue la caccia al cervo.

La seconda parte è angosciosa - soprattutto nella scena della tortura della "roulette russa" (che consiste nell'inserire un solo proiettile nel tamburo di una rivoltella, nel chiudere l'arma, puntarla verso la propria testa e premere il grilletto, sperando che non parta il colpo) - e "infernale" quando descrive il "dopo" dei bassifondi di Saigon.

La terza parte è triste e malinconica, con due dei protagonisti che tornano a casa - cambiati - e non riescono ad adattarsi alla quieta quotidianità: le tragedie che hanno vissuto (anche sulla propria pelle) sono ferite che non si rimargineranno mai.

Ad unire i tre contesti differenti c'è un filo rosso.
Rosso come il fuoco, i colori vividi e surreali della Saigon notturna, il sangue.

È il filo della violenza, che cova, esplode e, una volta che sembra passata, è pronta a ridestarsi da sotto la cenere.

È quella sensazione di star camminando in equilibrio su un filo - quando basta un niente per precipitare -, quella sensazione che il pubblico statunitense aveva bene a mente nel 1978 (la guerra del Vietnam era finita definitivamente solo tre anni prima).

Nella scena finale i vecchi amici sopravvissuti si riuniscono, ormai irrimediabilmente cambiati, e intonano in modo struggente l'inno patriottico God bless America, con la speranza che uniti il male e il dolore si riescano ad affrontare meglio.

Cimino riesce a commuovere toccando i nervi scoperti di una Nazione ancora traumatizzata, ma il suo è un grido contro la barbarie, contro la solitudine - soli con sé stessi i reduci non riescono più a trovare la pace; anzi, sono assaliti dai propri demoni personali - che va ben al di là della critica ai soli eventi bellici in Indocina e si fa grido di dolore universale contro la brutalità di tutte le guerre, ognuna delle quali è una "roulette russa" per civili incolpevoli e militari allo sbaraglio.

Proprio per questo Il Cacciatore è da considerarsi ancora attuale.
Purtroppo.





Etichette: , , , , , , ,